Il popolo d'Israele da lungo tempo ormai era oppresso dai nemici Filistei, e levava preghiere al Signore perché venisse in suo aiuto. Il Signore intervenne mandando nel popolo d'Israele Sansone, un uomo che Egli si era riservato prima ancora che nascesse. Il segno che egli era tutto di Dio era questo: fin dalla nascita non doveva mai tagliarsi i capelli. In cambio, il Signore gli dava una forza straordinaria per combattere i Filistei. La sua forza era davvero grande: un giorno, in campagna, gli venne incontro ruggendo un leone, e Sansone senza armi afferrò il leone e lo squarciò.
Qualche tempo dopo ripassò da quelle parti, e volle andare a vedere i resti del leone; vide che uno sciame di api vi si era installato e aveva già cominciato a produrre miele, tanto che Sansone poté prenderne e cibarsene. Il fatto del leone e del miele gli diede spunto per proporre un indovinello a trenta giovani Filistei. Disse loro: «Se me lo spiegate entro sette giorni, vi darò trenta vesti con il loro cambio; altrimenti sarete voi a darle a me». Essi acconsentirono, ed egli propose l'indovinello: «Dal divoratore è uscito il cibo; dal forte è uscito il dolce». Risolsero l'enigma, e vi riuscirono soltanto con un imbroglio, allo scadere del settimo giorno. Gli risposero: «Che cosa è più dolce del miele? Che cosa è più forte del leone?» Sansone doveva dunque dare a ciascuno di loro una veste con il suo cambio: se le procurò uccidendo altri trenta Filistei. Così cominciò a combattere contro i nemici.
Un'altra volta, al tempo della mietitura del grano, catturò trecento volpi, le legò a due a due per la coda con una fiaccola accesa nel mezzo e le lasciò andare nei campi di grano dei Filistei, distruggendo il raccolto, le vigne e gli oliveti. I Filistei, furenti, marciarono in gran numero contro il popolo di Israele, che si impaurì. Ma Sansone disse: «Non preoccupatevi: consegnate me stesso, legato, ai Filistei, ed essi se ne andranno». Così fu fatto; ma appena fu in mezzo ai Filistei, Sansone fece forza e spezzò le funi con cui era stato legato, poi trovò una mascella d'asino e con essa si mise a colpire i nemici, uccidendone un migliaio.
Un'altra volta Sansone si trovava nascostamente a Gaza, una città filistea; i soldati di Gaza lo vennero a sapere, e si misero in guardia per sorprenderlo e ucciderlo. Ma Sansone li prevenne: a mezzanotte si alzò per andarsene e, poiché le porte della città erano sbarrate, con la sua forza afferrò i due battenti di una porta, li divelse con anche gli stipiti, se li pose sulle spalle e li portò fin sulla cima di un colle vicino.
Poiché non riuscivano a catturarlo in altro modo, i Filistei decisero di ricorrere all'inganno. A Sansone piaceva una donna filistea di nome Dalila, ed ella, d'accordo nascostamente con i capi del suo popolo, chiese a Sansone da dove provenisse la sua forza prodigiosa. Egli non voleva rivelarglielo, ma Dalila tanto insistette che alla fine Sansone le disse: «La forza mi viene dal Signore mio Dio; io mi sono consacrato a lui, come dimostrano i miei capelli che non sono mai stati tagliati». Allora, una notte, mentre Sansone dormiva, Dalila gli fece tagliare i capelli e lo fece legare con salde funi. Sansone pensò di potersi facilmente liberare dalle funi, ma si accorse che non aveva più i lunghi capelli, e con essi era svanita tutta la sua forza. Così i Filistei lo catturarono; gli cavarono gli occhi e lo chiusero in una prigione dove lo misero a girare la macina. Lentamente, però, i suoi capelli ripresero a crescere, e con essi la forza.
Dopo qualche tempo, nella ricorrenza di una festa di Dagon, la divinità che essi adoravano, i Filistei si radunarono numerosi nel loro tempio, e con grande giubilo si rallegravano di non avere più da temere il pericolo di Sansone. «Il nostro dio ci ha dato nelle mani il nostro nemico» si dissero, e decisero di far venire Sansone al tempio, per divertirsi vedendolo ormai vinto. Lo mandarono a prendere nella prigione, e Sansone venne nel tempio, accompagnato per mano da un ragazzo, perché era cieco. Nel tempio e sul terrazzo c'erano tutti i capi dei Filistei e una grande folla, circa tremila tra uomini e donne, che guardavano incuriositi quell'uomo di cui avevano avuto tanta paura. Sansone, senza dar nell'occhio, chiese al ragazzo che lo accompagnava: «Fammi toccare le due colonne che reggono questo edificio, perché possa appoggiarmi ad esse». Poi rivolse una preghiera al Signore: «Signore, ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, o Dio!» Subito dopo toccò le due colonne per rendersi ben conto di dov'erano; poi, facendo forza con le braccia contro di esse, gridò: «Che io muoia insieme con i Filistei!» Sansone riuscì a spostare le colonne; l'edificio allora crollò rovinando addosso a tutti i presenti. Furono più i nemici che Sansone uccise con la sua morte, di quanti ne aveva uccisi durante la sua vita. Giudici 13-16.
Nessun commento:
Posta un commento