Santa Maria Egiziaca > Jacopo da Varazze, Legenda aurea LVI, XIII secolo
Il frate domenicano e arcivescovo di Genova Jacopo da Varazze (o da Varagine; 1228-1298) scrisse in latino diverse opere storiche e religiose, tra cui la raccolta di vite di santi intitolata Legenda aurea (in originale Legenda sanctorum) che lo occupò per quasi quarant’anni. Tradotta in volgare, la Legenda aurea ebbe grande diffusione – tuttora ne esistono oltre 1200 manoscritti – e fu la fonte principale di molte narrazioni religiose e di opere artistiche. Organizzata secondo l’anno liturgico, raccoglie circa centocinquanta vite di santi, quasi tutti antichi, e la spiegazione delle principali feste. Le fonti furono molte: la Sacra Scrittura, i testi dei Padri della Chiesa e dei più autorevoli esponenti della tradizione monastica, agiografie (come le legendae novaecompilate all’interno dell’ordine domenicano, l’Abbreviatio in gestis sanctorum di Giovanni da Mailly e il Liber epilogorum in gesta sanctorum di Bartolomeo da Trento), storie (tra cui l’Historia scholastica di Pietro Comestore, loSpeculum historiale di Vincenzo di Beauvais, la Chronica di Martino Polono), testi per predicatori (Tractatus de diversis materiis praedicabilibus di Stefano di Borbone), teologici, filosofici, giuridici, oltre a qualche autore profano. La Chiesa cattolica lo venera come beato dal 1816.
Maria Egiziaca detta la Peccatrice passò quarantasette anni nel deserto in una austera penitenza. Vi entrò verso l’anno del Signore 270, al tempo di Claudio. Un abate, chiamato Zozima, avendo passato il Giordano e percorso un grande deserto per trovare qualche santo padre, vide una figura camminare e il cui corpo nudo era nero e bruciato dall’ardore del sole. Era Maria Egiziaca. Immediatamente ella fuggì e Zozima si mise a correre in fretta dietro a lei. Allora Maria disse a Zozima: «Abate Zozima, perché mi correte dietro? Perdonate, io non posso voltare il mio viso verso di voi, perché sono una donna; e poiché sono nuda, datemi il vostro mantello, affinché possa guardarvi senza arrossire». Sentendosi chiamare per nome, egli ne fu colpito: le dette il suo mantello, si prosternò e la pregò di concedergli la sua benedizione. «Siate piuttosto voi, padre mio, gli disse, a benedirmi, voi che siete investito della dignità sacerdotale». Egli, all’udire che ella sapeva il suo nome e il suo ministero, aumentò la propria ammirazione e insistette a essere benedetto. Ma Maria gli disse: «Benedetto sia il Dio redentore delle nostre anime». Poiché pregava a mani alzate, Zozime vide che era sollevata da terra d’un cubito. Allora il vegliardo cominciò a dubitare che ella fosse uno spirito che faceva finta di pregare. Maria gli disse: «Che Dio vi perdoni per avere preso una donna peccatrice per uno spirito immondo!»
Allora Zozima la scongiurò in nome del Signore di obbligarsi a dirgli la sua vita. Ella riprese: «Perdonatemi, padre mio, perché se io vi racconto la mia situazione voi ve fuggirete da me tutto spaventato come alla vista di un serpente. Le vostre orecchie saranno insudiciate dalle mie parole e l’aria lordata dall’immondizia». Poiché il vegliardo insisteva con forza, ella disse: «Fratello mio, io sono nata in Egitto; all’età di 12 anni io andai ad Alessandria, dove, per diciassette anni, mi sono consegnata pubblicamente alla libertinaggio, e non mi sono mai rifiutata di fare ciò.
Quando gli abitanti di quella città s’imbarcarono per Gerusalemme per andare ad adorare la santa Croce, io pregai i marinai di lasciarmi partire con loro, ma, poiché mi chiedevano il prezzo del passaggio, io dissi: “Non ho altro denaro da darvi oltre a consegnarvi il mio corpo per il mio passaggio”. Mi presero dunque ed ebbero il mio corpo in pagamento. Arrivata a Gerusalemme, andai con gli altri fino alle porte della chiesa per adorare la croce; ma improvvisamente mi sentii respinta da una mano invisibile che mi impediva di entrare. Avanzai più volte fino alla soglia della porta, e in quei momenti provai la vergogna di essere rifiutata; e tuttavia tutti entravano senza difficoltà e senza incontrare alcun ostacolo. Rientrando allora in me stessa, pensai che ciò che stavo sopportando era a causa dell’enormità dei miei crimini. Iniziai a battermi il petto con le mani, a versare lacrime molto amare, a sospirare profondamente dal fondo del cuore, e come alzai la testa vidi un’immagine della beata Vergine Maria. Allora la pregai piangendo di ottenere per me il perdono dei miei peccati, e di lasciarmi entrare ad adorare la santa Croce, promettendo di rinunciare al mondo e di condurre in futuro una vita casta. Dopo questa preghiera, provando una certa fiducia in nome della beata Vergine, andai ancora una volta alla porta della chiesa, dove sono entrata senza la minima difficoltà. Quando ebbi adorato la santa Croce con grande devozione, qualcuno mi diede tre pezzi d’argento con i quali comprai tre pani; e sentii una voce che mi diceva: “Se tu passi il Giordano, ti salverai”.
Passai dunque il Giordano, e vissi in questo deserto dove sono restata quarantasette anni senza mai aver visto uomo. I pani che portai con me diventarono col tempo duri come le pietre e bastarono al mio nutrimento per quarantasette anni; ma durante questo tempo i miei vestiti sono marciti. Per diciassette anni che trascorsi in questo deserto, fui tormentata dalle tentazioni della carne, ma adesso le ho tutte vinte per grazia di Dio. Ora che vi ho raccontato tutte le mie azioni, vi prego di offrire per me delle preghiere a Dio». Allora l’anziano si prosternò a terra, e pregò il Signore per la sua serva. Ella gli disse: «Io vi scongiuro di ritornare sulle rive del Giordano il giorno della cena del Signore, e di portare con voi il corpo di Gesù Cristo; io vi verrò incontro e riceverò dalla vostra mano il sacro corpo, perché dal giorno che sono arrivata qui, non ho ricevuto la comunione del Signore».
Il vegliardo ritornò dunque al suo monastero e, l’anno successivo, avvicinandosi il giorno della cena, prese il corpo del Signore, e andò fino alla riva del Giordano. Vide sull’altra sponda la donna che fece il segno della croce sulle acque, e giunse vicino al vegliardo; a questa vista quest’ultimo fu colto da sorpresa e si prosternò umilmente ai suoi piedi: «Guardatevi dall’agire così, gli disse, perché avete con voi i sacramenti del Signore e siete investito della dignità sacerdotale; ma, padre mio, vi supplico di degnarvi di ritornare da me l’anno prossimo»”. Allora dopo avere fatto il segno della croce, ripassò le acque del Giordano per guadagnare la solitudine del suo deserto. Il vegliardo tornò al suo monastero e l’anno seguente andò allo stesso posto dove Maria gli aveva parlato la prima volta, ma la trovò morta. Egli si mise a piangere, e non osò toccarla, ma disse a se stesso: «Seppellirei di buon grado il corpo di questa santa, temo tuttavia che ciò le dispiaccia». Durante questa riflessione vide delle parole incise sulla terra, presso la sua testa: «Zozima, seppellite il corpo di Maria; rendete alla terra la sua polvere, e pregate per me il Signore per ordine del quale ho lasciato questo mondo il secondo giorno di aprile». Allora il vegliardo acquisì la certezza che immediatamente dopo aver ricevuto il sacramento del Signore ed essere rientrata nel deserto, ella terminò la sua vita. Quel deserto che Zozima ebbe pena a percorrere nello spazio di trenta giorni, Maria lo percorse in un’ora, dopo di che andò da Dio. Quando il vegliardo cominciò la fossa e s’accorse di non riuscire, vide un leone venirgli vicino con mansuetudine e gli disse: «La santa donna ha ordinato di seppellire il suo corpo, ma io non posso scavare la terra, perché sono vecchio e non ho strumenti: scava dunque tu, affinché possiamo seppellire il suo corpo santo». Allora il leone iniziò a scavare la terra e a disporre una fossa adatta. Dopo averlo finito, il leone se ne andò tranquillo come un agnello e il vegliardo ripercorse il suo deserto glorificando Dio.
- Sofronio, Vita della Santa Maria Egiziaca, meretrice
- Jacopo da Varazze, Legenda aurea LVI
- Domenico Cavalca, Vita di Santa Maria Egiziaca
Nessun commento:
Posta un commento