Combinazione di nobile e uomo del popolo, egli ci mostra una singolare via per raggiungere la santità, amando Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, e il prossimo come noi stessi.
Suor Maria Teresa Ribeiro Matos, EP
Le vastità del Nuovo Mondo meravigliavano l'uomo europeo nella lontana alba del XVI secolo. Terre fertili, abbondanti ricchezze naturali e la speranza di un futuro promettente diventarono in poco tempo un'attrazione irresistibile per i nobili iberici, che vedevano nelle Americhe un'opportunità di espandere la Chiesa di Dio, i domini del Re e illuminare l'onore della sua stirpe.
Timothy Ring |
“San Martino de Porres” Parrocchia di Santa Beatrice, Lima |
L'entusiasmo che li animava non era privo di fondamento, poiché Dio sembrava sorridere ai bravi pionieri, soffiando un vento favorevole nelle vele delle loro fragili navi e coronando con il successo temerarie imprese, mosse molte volte dal desiderio di conquistare anime a Cristo, ma molte altre anche per motivi ben meno elevati.
Che cosa riservava la Provvidenza a queste terre senza fine, abitate da popoli delle più diverse indoli? Che cosa desiderava Essa per quei nativi, ora pacifici, ora bellicosi, ora di temperamento selvaggio, ora dotati di cultura e tecniche molto sviluppate? Qualcosa di più elevato di qualsiasi considerazione politica o sociologica: dare loro il tesoro della Fede, la Celebrazione Eucaristica, la grazia santificante infusa attraverso i Sacramenti.
Frutto dell'eroica azione dei missionari, cominciarono subito a sorgere nel Nuovo Continente Santi dei più illustri, che profumavano con il buon odore di Gesù Cristo i nuovi domini e facevano espandere in loro, con la preghiera o con l'apostolato, le sementi del Regno. Pensiamo, per esempio, alla Lima del Cinquecento. In essa convivevano Santa Rosa, terziaria domenicana, oggi patrona dell'America Latina, San Giovanni Macías, evangelizzatore infaticabile, o quel Pastore esemplare che fu San Turibio di Mongrovejo.
Contemporaneo di tutti loro, superandoli nel dono dei miracoli e in manifestazioni soprannaturali, brillò nel convento domenicano del Santo Rosario un umile frate laico di nome Martino de Porres. "Combinazione di nobile e uomo del popolo, le sue virtù splendenti contribuirono a conferire alla civiltà peruviana del suo tempo una bellezza e un ordine cattolici a tutt'oggi insuperabili".1
Desiderio di servire, a imitazione dello stesso Cristo
Egli nacque il 9 dicembre 1579 nella fiorente Lima del tempo coloniale, capitale del vice-regno del Perù, figlio naturale di Giovanni de Porres, cavaliere spagnolo, e Anna Velázquez, panamense libera, di origine africana.
Nella sua infanzia, sperimentò ora le larghezze e le esigenze della vita nobile al fianco del padre, a Guayaquil - attuale Ecuador -, ora la semplicità e il lavoro insieme alla madre, a Lima, senza votarsi a questo modo di vita né esigere dall'altro. Ma tanto nell'una come nell'altra circostanza egli si sentiva attratto dalla vita di devozione, servendo come chierichetto nelle Messe parrocchiali o passando notti in bianco, in ginocchio, pregando davanti a Gesù Crocifisso.
A soli 14 anni si diresse al Convento del Rosario e fece una richiesta al provinciale dei Predicatori, Fra Giovanni di Lorenzana. Cosa desiderava lui bussando alla porta di quella casa di Dio? Diventare un servitore dei frati, in qualità di "donato", come allora erano designati coloro che si dedicavano ai compiti domestici ed erano alloggiati nelle dipendenze dei domenicani. Il superiore, discernendo in lui una chiamata autentica, lo accolse di buon grado.
Da allora le sue funzioni sarebbero state spazzare sale, chiostri, l'infermeria, il coro e la chiesa della grande proprietà, che ospitava all'incirca 200 religiosi, tra novizi, frati laici e dotti sacerdoti. Fra Martino non si vergognava affatto di questa condizione. La sua visione sovrannaturale delle cose gli faceva comprendere bene la gloria che c'è nel servire, a imitazione dello stesso Cristo Gesù, che S'incarnò per darci un esempio di completa sottomissione.
Dopo due anni nell'esercizio di questi ardui compiti, vincolato alla comunità soltanto come terziario, un frate lo chiamò alla portineria. Lì lo stavano aspettando il superiore e suo padre che, ritornando da un lungo periodo a servizio del vice-re, nel Panamà, voleva incontrare il figlio.
Fotos: Gustavo Kralj |
Frutto dell’eroica azione dei missionari, presto cominciarono a sorgere nel Nuovo Continente Santi tra i più illustri San Giovanni Macías e Santa Rosa, convento di San Domenico, Lima; San Turibio de Mongrovejo, Palazzo Arcivescovile di Lima |
Indignato nel vederlo occupato in una posizione così umile, il nobile pretese dal provinciale che promuovesse suo figlio per lo meno a frate laico. Il priore annuì, ma gli occhi di Fra Martino, invece di illuminarsi di contentezza, diventarono umidi di lacrime. Era la sua umiltà che parlava a voce più alta, portandolo a implorare al superiore che non lo privasse della gioia di potersi dedicare alla comunità come aveva fatto fino ad allora.
Vocazione di rimediare ai mali altrui
Il 2 giugno del 1603 egli fece la professione solenne dei voti religiosi, ricevendo, oltre alle funzioni di campanaro, barbiere e incaricato della biancheria, la cura dell'infermeria. Lì esercitava anche, in mancanza del medico, il compito di chirurgo, i cui rudimenti aveva appreso prima di entrare nel convento.
Le sue diagnosi sicure sul vero stato dei malati cominciarono presto ad essere confermate dai fatti, molte volte contro le apparenze. Per esempio, a un infermo che tutti avevano considerato ormai alle porte della morte annunciò che questa volta non sarebbe morto; e infatti, in pochi giorni era guarito. In un'altra occasione, vedendo Fra Lorenzo de Pareja che camminava nel chiostro, gli comunicò che di lì a poco avrebbe lasciato il suo corpo mortale e chiamò un sacerdote per amministrargli i Sacramenti. Istanti dopo averli ricevuti, il frate esalò nel suo letto l'ultimo respiro.
Innumerevoli guarigioni miracolose da lui realizzate fecero sì che la sua fama valicasse i muri del Convento del Rosario. Piccoli e grandi, spagnoli e indi, ricchi e poveri venivano a chiedere aiuto al santo infermiere.
Cominciò così a manifestarsi la vocazione di Martino, che "sembra esser stata quella di rimediare ai mali altrui",2 non risparmiando sforzi per dare loro il buon esempio, conforto fisico e spirituale nell'esercizio delle sue funzioni.
Fotos: Gustavo Kralj |
Il superiore, discernendo in lui una chiamata autentica alla vita religiosa, lo accolse di buon grado Fra Giovanni de Lorenzana e San Martino de Porres, quadri del Monastero di San Domenico, Lima. Al centro: vista attuale del chiostro del convento |
"Scusava le colpe degli altri; perdonava dure ingiurie, convinto di essere degno di pene maggiori per i suoi peccati; cercava con tutte le sue forze di portare sulla retta via i peccatori; assisteva volentieri gli infermi; offriva cibo, vestiario e medicine ai deboli; favoriva con tutte le sue forze i contadini, i neri, i meticci che in quel tempo svolgevano i compiti più umili, in tal maniera che fu chiamato dalla voce popolare Martino della Carità".3
Frequenti manifestazioni soprannaturali
Da dove venivano queste straordinarie qualità? Senza dubbio, da un'intensa spiritualità, poiché "una vita come quella di Martino, consacrata interamente a servizio del prossimo, con perfetto oblio di sé, non si spiega senza un'intensa vita interiore, senza lo stimolo della carità che, [...] anche sotto il peso della fatica, non arriva a sentire la stanchezza".4
Una sera, quando era già tardi, il chirurgo Marcello Rivera, ospite del convento, lo cercò senza riuscire a trovarlo. Chiese a questo, chiese a quello, ma nessuno lo aveva visto. Lo trovò, infine, nella sala capitolare, "sospeso in aria, con le braccia in croce, con le sue mani incollate a quelle di un Santo Cristo crocifisso, su un altare. E teneva tutto il corpo vicino a quello del Santo Crocifisso, come abbracciandoLo. Era elevato a circa tre metri dal suolo".5
Numerosi testimoni presenziarono fatti simili. Così, per esempio, una sera in cui pochi riuscivano a prendere sonno nell'edificio del noviziato, a causa di un'epidemia che prostrava con alte febbri la maggioranza dei frati, si sentì da una delle celle:
- O, Fra Martino! Vorrei avere una tunica per cambiarmi!
Era Fra Vincenzo che, rigirandosi nel letto, tra i sudori della febbre, chiamava l'infermiere, senza speranza di esser sentito, perché le porte di quell'edificio erano già chiuse a chiave e Fra Martino viveva fuori dallo stesso. Ma, non appena finito di parlare, vide il frate infermiere vicino a lui, con in mano una camicia pulita e ben stirata. Spaventato, gli chiese come aveva fatto a entrare.
- Non spetta a voi saperlo - rispose con bontà Fra Martino, facendo con il dito il segno di silenzio.
Non lontano da lì il maestro di novizi, Fra André de Lisón, sentì la voce di Fra Martino e si mise nel corridoio per verificare da dove fosse entrato. Passò il tempo, e niente! Decise allora di aprire la porta della cella del malato: era solo e dormiva un sonno profondo... Lo stupore si estese per tutto il convento.
Fra Francesco Velasco, Fra Giovanni de Requena e Fra Giovanni de Guia ricevettero anche loro visite simili. In un'altra occasione, un frate, camminando nel chiostro, vide passare in aria un fascio luminoso, fissò lo sguardo e distinse Fra Martino che volava avvolto nella luce.
Una mattina presto, al tocco della campana, tutta la comunità si riunì in chiesa, come al solito, per cantare il Mattutino. All'improvviso, un chiarore proveniente dal fondo illuminò tutto il luogo sacro. I religiosi si girarono e scoprirono l'origine di quella così intensa luminosità: il volto di Frate Martino che, sceso ad aiutare il sacrestano, era lì che ascoltava il canto sacro.
"Dio sia lodato perché utilizza un così vile strumento"
Fatti come questi ne succedettero in quantità e diventarono pubblici e noti a tutti. A poco a poco la fama del Santo si sparse per tutta Lima, giungendo anche alle orecchie del vicerè e dell'Arcivescovo.
Nulla di ciò, tuttavia, turbò la sua umiltà. In nessun modo acconsentì a perdere la convivenza con il soprannaturale, tornando a sé stesso per sfruttare una gloria umana che passa "come un sogno del mattino" (Sl 89, 5).
San Martino de Porres e il Concilio Vaticano II
Fin da bambino, Martino amò Dio, Padre dolcissimo di tutti, con tali caratteristiche di innocenza e semplicità che non avrebbero potuto non farGli piacere. Quando, in seguito, entrò nell'Ordine Domenicano, arse in tal modo di devozione che più di una volta, mentre pregava con la mente libera da ogni cosa, sembrava essere rapito in Cielo. [...]
Inoltre, seguendo gli insegnamenti del Divino Maestro, San Martino amò i suoi fratelli con profonda carità, nata da una fede incrollabile e da un cuore generoso. Amava gli uomini perché li considerava i suoi fratelli, per essere figli di Dio. Più ancora, li amava più di se stesso, poiché, nella sua umiltà, li riteneva tutti più giusti e migliori di lui. Amava il suo prossimo con la benevolenza propria degli eroi della Fede cristiana. [...]
Venerandi fratelli e cari figli. Come abbiamo affermato all'inizio di quest'omelia, riteniamo molto opportuno che, quest'anno in cui si deve celebrare il Concilio, Martino de Porres sia enumerato tra i Santi. Infatti la via di santità da lui seguita e gli splendori di illustre virtù di cui la sua vita brillò possono esser considerati come i salutari frutti che desideriamo per tutta la Chiesa Cattolica e per tutti gli uomini, come conseguenza del Concilio Ecumenico.
Estratto dall'omelia del Rito di Canonizzazione del Beato Martino de Porres, 6/5/1962
|
Una volta egli andò a far visita alla moglie del suo antico maestro di barbieria, che soffriva di una grave infermità. Invitandolo a sedersi ai piedi del suo letto, lei allungò discretamente il braccio fino a toccare con la mano un punto dell'abito del Santo. Nello stesso istante, si sentì guarita ed esclamò, pervasa di stupore:
- Lei è un così grande servo di Dio, Fra Martino, che persino le sue vesti hanno il potere di guarire! Con la scaltrezza propria dell'umiltà, il Santo risponde:
- Qui c'è la mano di Dio, signora. È Lui che l'ha guarita, attraverso l'abito di nostro padre, San Domenico. Dio sia lodato per aver utilizzato un così vile strumento per operare una meraviglia così grande, e perché l'abito di nostro padre non perde il suo valore e devozione, anche se indossato da un così grande peccatore come me.6
"Non sono degno di stare nella casa di Dio"
Un altro episodio, questa volta accaduto dentro le mura del convento, attesta la mansuetudine di Fra Martino nel sopportare le debolezze che a volte i suoi fratelli d'abito manifestavano. Egli le sopportava con eccezionale buon senso, ritenendole sempre come meritate e utili all'espiazione dei suoi peccati.
Accadde che un anziano religioso costretto a letto lo mandò a chiamare in infermeria, ma siccome Fra Martino era occupato in una questione urgente, ci mise del tempo ad arrivare. Mentre scorrevano i minuti il malato fu preso da impazienza e cominciò a blaterare contro il Santo, dicendo ogni specie di ingiurie, esprimendo lamentele fuori luogo, frutto dell'egoismo.
Gustavo Kralj |
Tre secoli dopo la sua morte, l’esempio di San Martino de Porres fa che i nostri pensieri si elevino al Cielo Tomba di San Martino de Porres, nella cappella eretta nel luogo dell’antica infermeria - Convento di San Domenico, Lima |
Subito lo accudì e gli chiese scusa, ma dovette ascoltare una nuova catilinaria, questa volta pronunciata ad alta voce, in modo che anche gli altri frati sentirono. Preoccupati, alcuni frati si avvicinarono e uno di loro, vedendo Fra Martino inginocchiato ai piedi del malato, gli chiese cosa stesse accadendo.
- Padre - rispose l'umile Frate -, sto ricevendo ceneri senza che sia il mercoledì santo. Questo padre mi ha offerto la polvere della mia bassezza e mi ha messo la cenere delle mie colpe davanti, e io, grato per un tale importante ricordo, non gli bacio le mani perché non sono degno di collocare su di esse le mie labbra, ma resto ai suoi piedi di sacerdote. E, mi creda, questo giorno è stato per me proficuo perché mi sono reso conto che non sono degno di stare nella casa di Dio e tra i suoi servi.7
In una fase di difficoltà per la quale passava la comunità, il padre priore era molto afflitto perché non disponeva della somma necessaria per sanare i debiti della casa, che erano numerosi. Fra Martino allora gli chiese se non volesse venderlo come schiavo, poiché doveva valere un prezzo considerevole e si sarebbe sentito molto onorato di essere utile al convento. Il sacerdote, commosso per questo gesto eroico d'amore all'Ordine, gli rispose:
- Che Dio ti renda merito, Fra Martino, ma il Signore, che ti ha portato fin qui, Si incaricherà di risolvere il problema.8
La via che Cristo ci insegna
La vita del semplice frate trascorreva serena, consumandosi in lunghe veglie di preghiera vicino al crocifisso e servizi all'apparenza molto comuni, ma sempre compiuti con l'intenzione di glorificare Dio, essendo spesso coronati da miracoli. Mancando un mese al suo sessantesimo compleanno, una febbre violenta e frequenti svenimenti lo obbligarono al riposo. Tutto indicava che la fine del suo stato di prova si stesse approssimando.
La notizia si sparse in città e la sua cella divenne subito oggetto di continuo pellegrinaggio. In quella stessa notte egli entrò in agonia. Chi gli stava intorno lo vedeva dibattersi con gesti violenti e, stringendo al petto il crocifisso, rimproverare il maligno:
- Vattene via, maledetto! Non mi vinceranno le tue minacce!
Tre giorni dopo, il 3 novembre 1639, davanti ai suoi fratelli di vocazione che insieme a lui recitavano il Credo, San Martino de Porres nacque alla vera vita, lasciando dietro di sé una scia luminosa che ancor oggi suscita la venerazione di innumerevoli fedeli.
"Questo santo uomo che, col suo esempio di virtù, ha attirato tanti alla Religione, anche ora, tre secoli dopo la sua morte, fa che si elevino al Cielo i nostri pensieri", ha ricordato il Beato Giovanni XXIII quando lo ha canonizzato. 9 Infatti, con l'esempio della sua vita egli ci dimostra che è possibile raggiungere la santità per la via che Cristo ci insegna: amando Dio, in primo luogo, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente e, secondariamente, il prossimo come noi stessi.10
1 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Estratto della conferenza. In: Dr. Plinio. São Paulo. Anno X. N.116 (Nov., 2007); p.2.
2 VARGAS UGARTE, SJ, Rubén. El santo de los pobres. San Martín de Porras. Lima: Paulinas, 2001, p.61.
3 BEATO GIOVANNI XXIII. Rito di Canonizzazione del Beato Martino de Porres, 6/5/1962.
4 VARGAS UGARTE, op. cit., p.97.
5 VELASCO, OP, Salvador. San Martín de Porres. La vida de "Fray Escoba". 10.ed. Madrid: Edibesa, 2004, p.132.
6 Cfr. VELASCO, op. cit., p.189-190.
7 VARGAS UGARTE, op. cit., p.42-43.
8 Idem, p.36.
9 BEATO GIOVANNI XXIII, op. cit.
10 Cfr. Idem, ibidem.
2 VARGAS UGARTE, SJ, Rubén. El santo de los pobres. San Martín de Porras. Lima: Paulinas, 2001, p.61.
3 BEATO GIOVANNI XXIII. Rito di Canonizzazione del Beato Martino de Porres, 6/5/1962.
4 VARGAS UGARTE, op. cit., p.97.
5 VELASCO, OP, Salvador. San Martín de Porres. La vida de "Fray Escoba". 10.ed. Madrid: Edibesa, 2004, p.132.
6 Cfr. VELASCO, op. cit., p.189-190.
7 VARGAS UGARTE, op. cit., p.42-43.
8 Idem, p.36.
9 BEATO GIOVANNI XXIII, op. cit.
10 Cfr. Idem, ibidem.
(Rivista Araldi del Vangelo, Novembre/2013, n. 127, pp. 33 - 37)
Nessun commento:
Posta un commento