IL FUTURO DELLA CHIESA – E con questo siamo arrivati al nostro oggi e ad uno sguardo sul domani. Il futuro della Chiesa può venire e anche oggi verrà solo dalla forza di coloro, che hanno profonde radici e vivono con una pienezza pura della loro fede. Esso non verrà da coloro che prescrivono soltanto ricette. Esso non verrà da coloro che di volta in volta si adeguano al momento che passa. Esso non verrà da coloro che criticano ...
soltanto gli altri, ma che ritengono se stessi una misura infallibile. E neppure verrà da coloro che scelgono solo il cammino più comodo, che evitano la passione della fede e che dichiarano falso e sorpassato, tirannia e legalismo tutto ciò che impone sacrifici all’uomo e lo obbliga ad abbandonare se stesso. Diciamo questo in forma positiva: anche questa volta, come sempre, il futuro della Chiesa verrà fuori dai nuovi santi. E dunque da uomini, la cui capacità di percezione va al di là delle frasi e proprio per questo sono moderni. Da uomini, che sanno vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. L’altruismo, che rende libero l’uomo, si acquista solo nella pazienza delle piccole rinunce quotidiane a se stessi. In questa passione quotidiana, che sola permette all’uomo di sperimentare quanto il suo io lo leghi, in questa passione quotidiana e solo in essa l’uomo progressivamente si apre. Egli vede solo nella misura in cui ha amato e sofferto. Se oggi ci è difficile percepire ancora Dio, questo dipende dal fatto che ci è diventato troppo facile evitare noi stessi e fuggire davanti alla profondità della nostra esistenza nello stordimento di una qualsiasi comodità. Se è vero che si vede bene solo con il cuore come siamo ciechi noi tutti!
Che cosa significa questo per la nostra questione? Significa che le grandi parole di quelli che ci profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede, sono vuota chiacchiera. Una chiesa , che celebra il culto dell’azione in “preghiere” politiche, non ci serve. E’ del tutto superflua. E per questo tramonterà da sé. Rimaniamo la Chiesa di Gesù Cristo, la chiesa, che crede in Dio che si è fatto uomo e che ci promette la vita oltre la morte. Parimenti il prete, che sia soltanto un funzionario sociale, può essere sostituito da psicoterapeuti e da altri specialisti. Ma sarà ancora necessario il prete, che non è specialista, che non tiene se stesso fuori gioco, quando per ragioni d’ufficio dà consigli, ma che in nome di Dio si mette a disposizione degli uomini e per essi è nella loro tristezza, nella loro gioia, nella loro speranza e nella loro angoscia.
Procediamo oltre. Anche questa volta dalla crisi di oggi verrà fuori domani una chiesa, che avrà perduto molto. Essa diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici, che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione. Essa come piccola comunità solleciterà molto più fortemente l’iniziativa dei suoi singoli membri. Certame4nte essa conoscerà anche nuove forme di ministero e ordinerà sacerdoti dei cristiani provati, che esercitano una professione: in molte delle comunità più piccole e in gruppi sociali omogenei la cura d’anime sarà normalmente esercitata in questo modo. Ma accanto a queste forme sarà indispensabile la figura principale del prete, che esercita il ministero come lo ha fatto finora. Ma, nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio unitrino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Essa riconoscerà di nuovo nella fede e nella preghiera il suo proprio centro e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.
Sarà una chiesa interiorizzata, che non mena vanto del suo mandato politico e non flirta né con la sinistra né con la destra. Esso farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione le costerà anche talune buone forze. La renderà povera, la farà diventare una chiesa dei piccoli. Il processo sarà tanto più difficile, in quanto dovrà essere segregata da una parte una mentalità da setta, dall’altra un tronfio arbitrio. Si può prevedere che tutto questo richiederà del tempo. Il processo sarà lungo e faticoso, proprio come fu molto lungo il cammino che portò dai falsi estremismi alla vigilia della rivoluzione francese, quando anche per i vescovi era diventato di moda mettere in ridicolo dei dogmi e forse lasciare persino intendere che non si riteneva sicura neppure l’esistenza di Dio, fino al rinnovamento del XIX secolo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini infatti saranno indicibilmente solitari in un mondo totalmente pianificato. Essi sperimenteranno, quando Dio sarà per loro interamente sparito, la loro totale e spaventosa povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo. Come una speranza, che li riguarda, come una risposta a domande, ch’essi da sempre di nascosto si sono poste. A me sembra certo che si stanno preparando per la chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la chiesa del culto politico, che ha già fatto fallimento con Gobel, ma la chiesa della fede. Certo essa non sarà mai più la forza dominante della società, nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria, che ad essi dà vita e speranza oltre la morte.
Joseph Ratzinger, 1969, Fede e Futuro
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Ad una settimana dal clamoroso annuncio [11.2.2013] di Benedetto XVI affiora un suo significativo pronunciamento
Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.
La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona.
Come teologo si era trovato isolato, dopo aver rotto con gli amici “progressisti” Küng, Schillebeeckx e Rahner sull’interpretazione del Concilio. E’ in quel periodo che si consolidano per lui nuove amicizie con i teologi Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, con i quali darà vita a una rivista, “Communio”, che diventa presto la palestra per alcuni giovani sacerdoti “ratzingeriani” oggi cardinali, tutti indicati come possibili successori di Benedetto XVI: Angelo Scola, Christoph Schönborn e Marc Ouellet.
In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati tempo fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.
Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti.
Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.
Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.
Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.
Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.
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