domenica 28 febbraio 2021

Come può attirarci il dolore estremo di Gesù crocifisso?

 Il Vultus Misericordiæ è un Volto sofferente(III)

 

 

La paradossale bellezza del Crocifisso

Può essere bello il volto di uno che soffre? Che connotazione ha la bellezza in questo caso?

L’essere umano è attratto dalla bellezza. Il "bello" è uno degli attributi trascendentali dell’essere, insieme al "buono" e al "vero". È dunque una delle caratteristiche che appartengono all’essenza di Dio. Ecco perché la bellezza, insieme alla bontà e alla verità, ci attirano. Ma questi tre attributi o stanno insieme o non stanno. Per cui la "bellezza" è autentica quando è, contemporaneamente, "vera" e "buona". Ma l’essere umano, attratto dalla bellezza in ogni sua scelta, spesso la scambia per i suoi surrogati, e quindi non raggiunge la felicità. Sbaglia obiettivo. Il figlio che partì da casa, con la sua parte di eredità, cercava la libertà, la felicità. Si ritrovò come sappiamo. Anche il giovane Agostino cercava la verità e la bellezza e una volta trovata quella autentica ammetteva: "Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create… Mi tenevano lontano da te quelle creature che, se non fossero in te, neppure esisterebbero".

Paradossale contraddizione della nostra condizione umana! La esprime molto bene, con uno dei suoi detti provocatori, Umberto Ecco, scomparso di recente, nella sua ultima intervista al quotidiano Avvenire: "Adoro il falso, ma cerco il vero".

Trovo molto interessanti, in proposito, le parole di un autore contemporaneo: "Tutte le volte che l’uomo si lancia a capofitto nella bellezza, in fondo a essa cerca Dio, anche le volte in cui quella bellezza anelata è frutto del cuore curvato su se stesso che, investendo di assoluto quel poco che gli resta da amare, lo fa diventare un’illusione di Dio: proprio allora, quel cuore deluso e spaccato, può aprirsi al Dio misericordioso… il Dio misericordioso che lo seduce proprio lì, nell’ultimo tentativo auto-inventato dall’uomo per essere tutt’uno con ciò che ama, salvo poi esserne fatalmente e dolorosamente respinto per insufficienza di eternità di quella briciola di bellezza. Forse proprio a quel capolinea abita Dio, per questo ‘pubblicani e prostitute’ precedono chi si crede giusto, perché hanno toccato il fondo e oltre il fondo c’è il profondo, il sottosuolo teologico di Dostoevskij, cioè o la salvezza o la distruzione"1.

Proprio Dostoevskij fa dire al principe Miskin, in uno dei suoi capolavori, la famosa frase: "La bellezza salverà il mondo". Ma di quale bellezza si tratta?

«La bellezza salverà il mondo, è una frase di Dostojevskij – dice Josef Ratzinger – ma pochi si ricordano che la famosa frase ha un seguito che le dà un senso pieno. Chi non ha conosciuto questa frase? Tutti la conosciamo, ci si dimentica, però, nella maggior parte dei casi, di ricordare che Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice di Cristo… Dobbiamo imparare a vedere questa bellezza redentrice di Cristo, se noi lo conosciamo non più solo a parole ma veniamo colpiti dallo strale della sua paradossale bellezza – la Croce è una paradossale bellezza –, allora facciamo veramente la sua conoscenza e sappiamo di lui non solo per averne sentito parlare da altri, allora abbiamo incontrato veramente la bellezza della verità che è Cristo… Nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo del bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei Santi, attraverso la quale diventa visibile la Sua propria luce"2.

Nella Dives in misericordia leggiamo: "L’amore è più potente della morte, più potente del peccato". "La Croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza dell’uomo" (cap. V, n. 8). Dunque questa bellezza nasce paradossalmente dalla Croce, perché in essa c’è già la gloria di Cristo che sfolgora pienamente nella Resurrezione.

Sembra incredibile, secondo i normali parametri, che la bellezza possa nascondersi e risplendere nella sofferenza. Come può attirarci il dolore estremo di Gesù crocifisso? Quale verità racchiude la sua parola: "E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me"? (Gv 12,32).

"La misericordia è una forma unica e ulteriore di bellezza, perché è la bellezza resa compatibile con il male, con la ferita… Si tratta di una bellezza che mostra le ferite (come accade con l’incredulo Tommaso) come credenziali di un’estetica nuova, in cui la vita ha attraversato e trasformato la morte… ‘Quando sarò elevato da terra attirerò tutti (o tutto) a me’, la massima attrazione, fascinazione, bellezza, si dispiega proprio al massimo della sconfitta"3.

 

La bellezza della misericordia nel Volto sofferente del "più bello tra i figli dell’uomo"

"Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia" (Sal 45,3).

Gesù è la rivelazione del volto del Padre in modo singolarissimo nel dramma della Passione, dove si manifesta in modo misterioso la sapienza di Dio. Qui il volto di Gesù Cristo appare straziato, umiliato, oscurato. Ma è questa kenosi misteriosa che riporterà lo splendore di Dio nel volto umano deturpato dal peccato.

"Egli indurì il volto per andare a Gerusalemme" (Lc 9,51): questa è la traduzione letterale, dall’originale greco, con cui Luca descrive la ferma decisione di Gesù di salire a Gerusalemme per affrontare la passione e la morte.

Il profeta Isaia aveva contemplato questa sofferenza misteriosa nel volto sfigurato del Servo del Signore:

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso. (Is 50, 6-7)

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
 (Is 53, 2-3)

Nella Passione e morte di Gesù si compie alla lettera il disegno di questa sofferenza inaudita, misteriosa e salvifica, quando il volto di Gesù viene sputato, bendato, percosso e schiaffeggiato:

Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: ‘Fa il profeta!’. E i servi lo schiaffeggiavano. (Mc 14, 65; cf Mt 26, 65-68; 27, 27-31).

 

Contemplare questo volto sofferente è una delle cose più importanti e salutari che possiamo fare, ed è una grazia da chiedere al Signore. Così hanno fatto tanti santi e anche i veri artisti, nelle cui opere si riflette la bellezza dell’Eterno. Come non commuoversi di fronte alla melodia "O capo insanguinato!", composta da H. L. Hassler e armonizzata da J. S. Bach:

O capo insanguinato di Cristo mio Signor,
di spine coronato, colpito per amor.
Perché sono spietati gli uomini con te?
Tu porti i miei peccati: Gesù, pietà di me.

Oppure, come non chiedere la grazia del dono delle lacrime con lo struggente Spiritual:

C’eri tu alla croce di Gesù?
C’eri tu alla croce di Gesù?
Oh! Questo pensier fa’ sì ch’io
pianga pianga pianga.
C’eri tu alla croce di Gesù?

Padre B. Bobrinskoj, professore della Facoltà Teologica Ortodossa di Parigi di San Sergio, ha scritto La compassione del Padre.4 Cristo, colui che è la bellezza stessa, si è lasciato colpire il Volto, sputare addosso, incoronare di spine. La misericordia di Dio rivelata in Cristo è in ogni spina, in ogni sputo, in ogni colpo. In Cristo la rivelazione continua inesorabilmente a rivelare la misericordia del Padre. I russi chiamano la devozione a Cristo compassionevole e misericordioso la devozione "al dolcissimo Gesù". Il "dolcissimo Gesù" è l’Amore Misericordioso del Padre rivelato nel cuore di Cristo che raggiunge l’uomo, bussa alla sua porta finché non arriva alle sue profondità più nascoste, perché è proprio lì che lo vuole raggiungere con il suo amore. E se noi gli apriamo la porta, assaporeremo la bellezza profonda e reale dell’incontro con Cristo5.

Senza dimenticare che aprire la porta a Gesù significa poi, concretamente, riconoscerlo, accoglierlo e servirlo nel volto sfigurato di tanti fratelli e sorelle che vivono accanto a noi. Madre Speranza ci ha dato un grande esempio di questa accoglienza.

 

Madre Speranza contempla il "vultus misericordiae" sofferente di Gesù

Ho parlato prima della contemplazione che i Santi hanno fatto della Passione del Signore. Una contemplazione così coinvolgente e intensa che, per grazia, diversi di loro hanno avute impressi nel proprio corpo i segni della Passione. Tra questi c’è la nostra Beata Madre Speranza. Cito di seguito alcuni testi del suo commento della Passione del Signore, che manifestano la conoscenza intima, direi l’immedesimazione che Madre Speranza ha avuto con questo volto, che soprattutto nella Passione si rivela come "Vultus misericordiae".

[142] La tremenda agonia termina con un abbondante sudore di sangue che trasuda con violenza da tutti i pori. Le dolorose gocce di sangue che scorrono per il volto di Gesù ci danno una precisa idea della sua amara passione.

[146] Gesù si alza; il suo volto pallido mostra ancora i segni della lotta sostenuta e vinta. Il suo sguardo ritorna sereno, l’aspetto risoluto, il contegno e i gesti di chi è padrone di sé e sa dove va. Ha recuperato la tranquillità e la pace che conserverà pienamente fino alla fine. La sua voce risuona incoraggiante come sempre: «Alzatevi e andiamo».

[147] Tutto questo è frutto della preghiera, che non toglie il sacrificio voluto da Dio, ma dà coraggio e forza per offrirlo. Quante volte in un quarto d’ora di preghiera fervorosa e davanti al silenzioso tabernacolo si ottiene tale risultato!

[154] I discepoli di Gesù dormono, nonostante egli li abbia esortati calorosamente a vegliare e pregare. Dormono pur avendo vista impressa sul volto pallido del Maestro tutta la terribile gravità di quell’ora. E sono i discepoli prescelti, i tre che furono testimoni della gloria del Tabor: i figli del tuono, Giacomo e Giovanni, colui che aveva riposato sul petto di Gesù e Pietro che si era reso garante per tutti gli altri.

[162] Sia per le altezze del Tabor come per il momento cruciale dell’agonia, Gesù sceglie alcune persone. Con amorosa benevolenza vuole quali testimoni della sua debolezza solo quelli che lo furono della sua glorificazione. Soltanto i tre che avevano contemplato il suo volto risplendente come il sole dovevano vederlo ora deturpato dal sudore di sangue.

[308] La flagellazione, la coronazione di spine e gli altri maltrattamenti hanno sfigurato orribilmente Gesù. Seminudo, ricoperto solo di una clamide romana stracciata, con la corona dello scherno conficcata nel capo, il volto pallido e rigato di sangue e di sputi, appare a tutti come un lebbroso, lui «che ha dichiarato di essere il Figlio del Dio vivente». Che dolorosa metamorfosi! Così Gesù viene presentato al popolo dall’alto della gradinata esterna. «Ecco l’uomo!»; come se dicesse: guardate che uomo, quale cumulo di dolori!

[521] La santissima Madre toglie dal capo di Gesù la corona di spine e, una ad una, quelle che sono rimaste infisse nel capo. Riordina i suoi capelli, lava il suo viso regale, gli chiude le palpebre e si inabissa per l’ultima volta, con immenso dolore, nel mistero di quel sacro volto.

[90] Se qualcuno si sente col cuore indurito e carico di giustificazioni, corra ai piedi di Gesù, gli chieda perdono e umilmente gli dica: «Padre mio, non mi abbandonare. Sono malato ma voglio guarire, perciò ricorro a Te, mio medico e Signore. Non guardare se la medicina è amara o se dovrò soffrire per sradicare da me ciò che ti dispiace, perché, con il tuo aiuto, sono disposto a tutto. Però non allontanare da me il tuo volto, come hai fatto un giorno con il tuo popolo eletto, ingrato dei favori divini e troppo affezionato ai beni terreni».6


1 Alessandro D’Avenia, Bellezza, quando Dio è "attraente", in "La portAperta", mensile del Giubileo di Avvenire, febbraio 2016.

2 Cfr. J. Ratzinger, Intervento al Meeting di Rimini, 2002, in Benedetto XVI. Conosciamo il nostro papa, Ed. Paoline, 2005, 53-57.

3 Alessandro D’Avenia, o.c.

4 B. Bobrinskoy, La compassion du Père, Cerf, 2000. Versione inglese The compassion of the father, St Vladimir’s seminary, New York, 2003. I capitoli in questo libro sono espliciti: l’Agnello di Dio che prende su di sé la sofferenza umana, l’Amore per i nemici nel Vangelo, la Preghiera del cuore e la sofferenza, l’Arte dell’invocazione del nome, l’Eucarestia interiore...

5 Cf Germano Marani sj, La bellezza della misericordia che salverà il mondo. Relazione al Convegno "Eterna è la sua misericordia", Collevalenza 2005.

6 M. Speranza, Letture per Esercizi Spirituali: La Passione (1943) El Pan 7.


http://www.collevalenza.it/Riviste/2016/Riv0316/Riv0316_07.htm

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