sabato 2 gennaio 2021

La conversione di Alphonse Ratisbonne

La conversione di Alphonse Ratisbonne

L’istantanea conversione dell’ateo

Alphonse Marie Ratisbonne


http://www.veritatemincaritate.com/wp/wp-content/uploads/2015/11/Conversione-Ratisbonne.pdf

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https://www.madonnadelmiracolo.it/2018/11/28/la-conversione-di-alphonse-ratisbonne-per-mezzo-della-medaglia-miracolosa/

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https://sites.google.com/site/roventlistprofex2/9788889757215-27provamGEprobuan71

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http://www.santipietroepaolo.net/Alfonso_M._Ratisbonne_l__ebreo_convertito_da_Maria_.pdf

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https://www.notedipastoralegiovanile.it/images/Newsletter2019/ratisbonne.pdf




La storia della Chiesa è piena di conversioni, ma alcune sono più imprevedibili di altre.

Così si può dire della conversione dell’avvocato Alphonse Marie Ratisbonne, di famiglia

ebrea, ateo, scettico, cinico e fortemente anticlericale, trascorse la vita nell’ozio e nei

piaceri ma in pochissimi istanti e attraverso esperienze apparentemente casuali

abbandonò tutta la sua vita passata per dedicarsi a ciò che per tutta la vita aveva odiato:

Dio e la Chiesa.

Partiamo dall’inizio di questa imprevedibile storia: siamo nel 1839, Alphonse ha 27 anni, è

laureato in giurisprudenza e già avviato alla carriera di banchiere. E’ fidanzato con Flore,

sua cugina, e i due vorrebbero sposarsi rapidamente. La fidanzata però, è ancora in età

minore, e gli anziani di famiglia, per guadagnar tempo, decidono di far allontanare

Alphonse da Strasburgo con un lungo viaggio turistico, ovunque gli sia gradito. Egli

decide per l'Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l'Italia, Malta e l'Egeo. Costantinopoli

sarà la meta conclusiva.

In questi momenti gli torna alla mente suo fratello, Theodore. Non lo sente da molti anni,

infatti Theodore si è fatto sacerdote cattolico! Che ironia! Alphonse non poteva

sopportare la scelta del fratello, perciò aveva troncato i rapporti con lui. Ma a sua

insaputa, il fratello sacerdote lo affidava tutti i giorni all’Immacolata Concezione, affinché

potesse cambiar vita (e pensare che il dogma dell’Immacolata verrà proclamato solo anni

dopo!).

Come tappa del suo lungo viaggio Alphonse giunse il 5 gennaio a Roma, dove constatò

con dolore le condizioni degli ebrei nel ghetto. Nella Città Eterna incontrò fortuitamente

un suo vecchio compagno di scuola di Strasburgo, Gustavo de Bussières, protestante

pietista. Con gioia rinnovarono la loro amicizia e proseguirono insieme la visita alla città.

Gustavo propose a Ratisbonne anche una visita al fratello, barone Teodoro.

Alphonse non voleva accettare quest'ultimo invito, anzitutto perché il barone si era

convertito al cattolicesimo ed era un neofito oltremodo fervente e poi perché si era fatto

amico di suo fratello sacerdote. Tuttavia non poté esimersi, pur adducendo impegni da

assolvere e protestando che doveva ritornare a Napoli, come aveva promesso agli amici,

per ripartire il giorno 20 gennaio per Malta.

Alla fine decise di recarsi alla casa del barone il 15 gennaio, semplicemente per

presentare un biglietto di scuse e andarsene via ma aprì la porta un domestico, che, non

comprendendo una parola di francese, lo annunciò e lo introdusse subito nel salotto.

Alphonse fu accolto con gentilezza e con gioia dalla famiglia de Bussières. Era presente

anche un altro ospite, il Conte De Caroli.

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Dopo i primi convenevoli, la conversazione fu portata sul piano religioso. Alphonse fu

letteralmente assalito, ma si difese, contrattaccando e formulando giudizi sarcastici contro

il Cattolicesimo ed il governo papale, che lasciava gli ebrei di Roma nella miseria e nel

degrado. Poi vomitò veleno e bestemmie contro la Religione Cattolica, come fosse la

superstizione più grande e deleteria, non badando che erano presenti anche le bambine

del barone. Protestò di essere nato ebreo e di voler morire ebreo, e terminò esclamando

seccamente che era tempo perso volerlo convertire, perché sarebbero stati necessari due

miracoli: uno per persuaderlo del suo errore e un altro per muoverlo.

A questo punto, con un'invadenza oggi difficilmente comprensibile, Teodoro de Bussières

intervenne, cercando di smorzare il tono della conversazione e facendo una proposta:

- Giacché lei detesta la superstizione - disse il barone -, e professa dottrine tanto liberali,

e poiché è uno spirito forte e cosi illuminato, avrebbe il coraggio di sottoporsi ad una

prova molto innocente?

- Quale prova?

- Sarebbe di portare su di sè un oggetto che ora le darò. Eccolo; è una medaglia della

Santa Vergine. Le par cosa proprio ridicola, non è vero? Ma in quanto a me, io dò molto

valore a questa medaglia.

“La proposta” - afferma il Ratisbonne nel suo racconto -, “mi stupì per la sua puerile

singolarità. Non mi aspettavo di cadere in una simile facezia. Il mio primo impulso fu di

ridere stringendomi nelle spalle, ma poi mi venne in mente che quella scena poteva

divenire un delizioso capitolo delle mie impressioni di viaggio e consentii a prendere la

medaglia, come una prova autentica che avrei offerto alla mia fidanzata.

Detto fatto: mi si mette la medaglia al collo non senza sforzo, perché il cordone era

troppo corto e la testa non vi passava. Infine, tira tira, avevo la medaglia sul petto ed

esclamai con uno scoppio di risa: - Ah! eccomi cattolico, apostolico, romano!".

Non era ancor tutto finito. Il de Bussières, si direbbe "santamente importuno", volle

anche che l'amico accettasse, prima di andarsene, copia della preghiera di S. Bernardo

alla Vergine, il Memorare, in versione francese.

Secondo la "Relazione autentica" del barone, il Ratisbonne uscendo mormorò tra se:

“Ecco un individuo originale e molto indiscreto! Vorrei vedere che cosa direbbe, se io lo

tormentassi per fargli recitare una preghiera ebraica!”.

Tuttavia, giunto in albergo, Alphonse lesse più volte la preghiera, non trovandovi nulla di

straordinario, e la imparò quasi a memoria.

Lo stesso Ratisbonne nella deposizione del 18 febbraio 1842, affermò: “Fino a 23 anni

sono vissuto senza alcuna religione, perfino senza credere in Dio... Ho sempre riso delle

apparizioni e ho sempre rifiutato di credere ai miracoli”. Era quindi ben lontano dal

pensare che proprio lui avrebbe dovuto farne esperienza, nei pochi giorni che aveva

deciso di passare ancora a Roma.

Il 20 gennaio andò ad accomiatarsi dal barone Teodoro de Bussieres. Lo trovò per strada

in carrozza. Il barone lo fece salire e lo pregò di accompagnarlo un momento alla vicina

chiesa di Sant'Andrea delle Fratte, per predisporre i funerali di un amico, il Conte

Augusto La Ferronay, deceduto improvvisamente il giorno 17.

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Erano ormai le 12,45, quando il superiore, P Giuseppe Mantineo, fu avvertito dal

sacrestano che il de Bussières voleva parlargli. L'assenza di Teodoro non durò più di 10-12

minuti ed il Ratisbonne ingannò l'attesa gironzolando per la chiesa ed osservando

distrattamente marmi e dipinti.

L'attuale cappella dell'Apparizione era allora dedicata a S. Michele Arcangelo e all'Angelo

Custode, ma vi era anche un piccolo quadro che rappresentava l'Arcangelo Raffaele,

guida del giovane Tobia. Tobia era uno dei nomi di Alfonso.

Terminata la sua commissione, Teodoro ritornò in chiesa, ma non vide l'amico. Solo in un

secondo momento lo trovò inginocchiato nella cappella di S. Michele come in estasi.

“Dovetti toccarlo tre o quattro volte - affermerà nella lettera a Teodoro Ratisbonne, il

fratello sacerdote di Alfonso, scritta due giorni dopo, il 22 gennaio 1842 -, e poi

finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un

espressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la medaglia miracolosa, la

coprì di baci e di lacrime, e proferì queste parole: - Ah, come sono felice, quanto è buono

Dio, che pienezza di grazia e di felicità, come sono infelici coloro che non sanno niente!”

Da parte sua Alfonso scrive nella sua lettera autobiografica quanto segue: “Ogni

descrizione, sia pur sublime, non sarebbe che una profanazione dell'ineffabile verità. Ero

là, prosteso, irrorato dalle mie lacrime, ed il cuore mi batteva forte quando il Signor de

Bussières mi richiamò alla vita. Non potevo rispondere alle sue domande incalzanti. Alla

fine afferrai la medaglia che mi pendeva dal collo e baciai con effusione l'immagine della

Vergine raggiante di grazie... Oh! era Lei, sì era Lei!”

Calmata alquanto la prima emozione, Alfonso chiede all'amico di condurlo subito da un

confessore, che lo prepari a ricevere il Battesimo, protestando che avrebbe parlato

soltanto dopo che il sacerdote gliene avesse dato il permesso.

Viene accompagnato prima in albergo e poi al “Gesù”, dal P Filippo Villefort, il quale gli

ordina di raccontare quanto aveva visto e sperimentato.

"Maria non ha parlato, ma io ho compreso tutto!"

Alfonso Ratisbonne stringe in mano la medaglia miracolosa e, quando la commozione gli

spezza la parola, la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”

Dominandosi a stento, riesce a fare il seguente racconto, secondo la "Relazione

autentica" di Teodoro de Bussières:

"Stavo da poco in chiesa, quando all'improvviso l'intero edificio è scomparso dai miei

occhi e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è

apparsa in piedi, sull’ailtare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine

Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di

Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi:

- Così va bene!-. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!".

Il barone prosegue il suo scritto dicendo: “Per condurre a termine questo breve racconto,

Ratisbonne aveva dovuto interrompersi di frequente per riprendere fiato, per

padroneggiare la commozione che l'opprimeva. Noi lo ascoltavamo con un santo

spavento misto di gioia... ".

“Nello spazio di tre minuti - commenta sempre Teodoro de Bussières - Alfonso aveva

fatto un'esperienza in cui gli era stato dato tutto. Egli accettò di essere afferrato da Dio,

con un cambiamento radicale, totale e definitivo di tutto il suo essere”. Per tutta la vita

Alfonso Ratisbonne vivrà di questa illuminazione di un istante, pur “conservando - dice un

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suo biografo - le debolezze, la vivacità e le asprezze di un carattere appassionato,

impetuoso, indipendente e perfino originale”.

Alfonso stesso, nella deposizione del Processo canonico del 1819 febbraio 1842, proverà

a spiegare ciò che, in quel momento di illuminazione della grazia, aveva istantaneamente

capito: “Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi

l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione

Cattolica: in una parola capii tutto!”

La notizia della conversione miracolosa dell'ebreo Alfonso Ratisbonne si diffuse subito,

non solo a Roma, ma in tutta Europa. Già la sera del 23 gennaio 1842, domenica, dal

pulpito di Nostra Signora delle Vittorie a Parigi, il fratello, Don Teodoro, narrò

l'apparizione dell'Immacolata a Roma e la conversione dell'ebreo.

Il P Villefort che si prese l'incarico di prepararlo al Battesimo constatò una nuova

meraviglia, che tutti attribuirono alla SS. Vergine. Alfonso apparve inaspettatamente già

ben preparato nella dottrina cattolica. "Si trovò in lui - attestò il P Roothaan -, dopo la sua

conversione, il senso della fede in maniera concreta ed efficace, facendogli comprendere,

penetrare e ritenere con facilità quanto gli veniva proposto, al punto che in pochissimi

giorni fu istruito in modo più che sufficiente”. In particolare si manifestò in Alfonso, una

fede vivissima nella presenza reale di Gesù nell'Eucaristia.

Il 29 gennaio pertanto, egli subì l'esame dal Card. Mezzofanti, a cui era commessa la cura

del Catecumenato, e fu ammesso a ricevere in forma solenne il Battesimo, nella chiesa

del Gesù, il mattino del 31 gennaio.

La chiesa era gremita di gente, tra cui spiccava il fior fiore della nobiltà romana. Il nome di

Battesimo prescelto dall'interessato fu quello di "Maria" e il suo padrino fu il barone

Teodoro de Bussiéres.

Alfonso fu battezzato dal Card. Costantino Patrizi, Vicario Generale di Sua Santità, che gli

amministrò anche il sacramento della Cresima.

Subito dopo, Mons. Felice Dupanloup, oratore di fama e futuro vescovo di Orléans,

intrattenne l'uditorio con una commovente omelia in lingua francese.

Si passò quindi alla celebrazione della S. Messa, durante la quale il Ratisbonne poté

ricevere per la prima volta Gesù Eucaristia.

Il nuovo cristiano si fermò ancora presso i Padri Gesuiti per sei settimane e fu ricevuto in

udienza particolare dal Santo Padre, Gregorio XVI. Secondo una testimonianza della

biografia di Santa Caterina Labouré, il Papa fece vedere al Ratisbonne in quella occasione, la Medaglia Miracolosa, che egli aveva ricevuto in dono e che teneva in capo al

suo letto.

Nel frattempo il Vicariato di Roma istruì un regolare processo canonico sull'apparizione

dell'Immacolata e sulla conversione subitanea dell'ebreo. Le 17 sessioni si svolsero dal 17

febbraio 1842 al 1° aprile. Furono chiamati a deporre nove testimoni, primo dei quali il

veggente.

Dalla severa inchiesta risultò che non vi era stata traccia di allucinazione o di

autosuggestione fanatica. La cappella di S. Michele non aveva alcuna statua o quadro

della SS. Vergine, che avesse potuto colpire la fantasia del veggente.

Il Ratisbonne, secondo la testimonianza del P Villefort, ripeteva, più meravigliato degli

altri: “Quale grazia! Proprio a me che, un ora prima, bestemmiavo ancora!”

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Il 3 giugno 1842, con un decreto apposito il Card. Costantino Patrizi, Vicario dell'Urbe,

“udita la relazione, visto il processo, visti gli esami dei testi e i documenti, dopo matura

considerazione, richiesto il parere anche dei teologi e di altri uomini di pietà, secondo la

formula del Concilio Tridentino... pronunciò e dichiarò definitivamente che constava

pienamente la verità dell'insigne miracolo operato da Dio Ottimo Massimo, per

intercessione della Beata Maria Vergine, cioé la istantanea e perfetta conversione di

Alfonso Maria Ratisbonne dall’ebraismo.”

Alfonso era stato prevenuto delle sofferenze che avrebbe incontrato, anche con un segno

profetico, che manifestò in un secondo tempo al P Villefort. Nella notte dal 19 al 20

gennaio infatti, aveva sognato una croce scura, priva della figura del Cristo, che lo seguiva ovunque, e questa visione l'aveva accompagnato per gran parte della notte e del

giorno seguente, benché si sforzasse di cacciarne il ricordo.

Quando esaminò più attentamente la parte posteriore della Medaglia Miracolosa, scoprì

con gioia la croce che campeggia nel centro, ma capì anche che significava sofferenza e

sacrificio. "Questa croce che avete visto - gli aveva detto il P Roothaan, Superiore

Generale dei Padri Gesuiti, mostrandogli il Crocifisso del suo scrittoio -, quando sarete

battezzato, bisognerà non solo adorarla, ma anche portarla!”

La prima dura prova fu il martirio del cuore, degli affetti più cari. Egli cercò di spiegare a

Flora, la fidanzata, che cosa gli era accaduto, ma inutilmente. La ragazza gli rinfacciò di

aver trovato a Roma "un'altra donna"!. Lo zio gli negò la mano di sua figlia, temendo a

buon diritto un matrimonio cattolico, e gli altri parenti non ebbero che parole di

maledizione. “Dalla mia famiglia - confessò nella sessione del 1 ° marzo del Processo

canonico -, ho ricevuto soltanto lettere sprezzanti, nelle quali ero denominato assassino

della mia fidanzata, di suo padre, di mio zio e di tutte le persone a me più care. Queste

parole sarebbero state sufficienti per uccidermi di dolore, senza il conforto della Fede... ".

Ratisbonne diventò sacerdote e dopo sei anni di studi entrò prima nell’Ordine dei Gesuiti

ed in seguito andò nella Congregazione delle Religiose di Nostra Signora di Sion ad

aiutare suo fratello Theodore.

AMDG et DVM

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