lunedì 1 luglio 2019

Magnificat (5)

<< Quia respexit humilitatem ancillae suae >>
Per ben comprendere questo versetto, bisogna unirlo al precedente di cui è il seguito, in questo modo: «Il mio spirito è tutto rapito e trasportato di gioia in Dio mio Salvatore, perché egli ha guardato l’umiltà della sua serva; poiché ecco che tutte le generazioni mi diranno beata».
Questo versetto contiene due cose principali, di cui la prima è espressa in queste parole: «Ha guardato l’umiltà della sua serva». Qual è quest’u­miltà di cui la Vergine parla qui? Le opinioni dei santi Dottori sono divise a questo proposito. Qualcuno dice che tra tutte le virtù, l’umiltà è la sola che non si considera e non conosce affatto se stessa, poiché Colui che si crede umile è superbo, ragion per cui, quando la Beata Vergine dice che Dio ha guardato la sua umiltà, Ella parla non della virtù dell’umiltà, ma della sua bassezza e della sua abiezione.

Ma gli altri dicono che l’umiltà di un’anima non consiste nell’ignorare le grazie che Dio le ha fatto e le virtù che le ha donato, ma nel ricondurre a Lui questi doni, senza attribuire a sé nulla se non il peccato, e che lo Spirito Santo, parlando per bocca di questa Divina Vergine, ci vuol far comprendere che, tra tutte le virtù, Egli ha guardato, amato e si è compiaciuto principalmen­te della sua umiltà, perché, essendosi abbassata al di sotto di tutto, quest’umiltà ha portato la Divina Maestà ad elevarla al di sopra di tutte le cre­ature, rendendola Madre del Creatore. 
«Oh vera umiltà - esclama sant’Ago­stino-, che ha generato Dio agli uomini e che ha donato la vita ai mortali. L’umiltà di Maria è la scala del Cielo per la quale Dio è disceso in terra. Perché che cosa vuol dire, respexit, se non approbabit, ossia: ha approvato? Ve ne erano molti che sembravano umili di fronte agli uomini, ma la loro umiltà non è considerata da Dio, poiché, se essi fossero veramente umili, non si compiacerebbero delle lodi degli uomini, e il loro spirito non si ralle­grerebbe affatto negli applausi di questo mondo, ma soltanto in Dio» (Sermone 2 sull'Assunzione).

«Vi sono due specie di umiltà - dice san Bernardo -. La prima è figlia della verità, e questa è fredda e priva di calore. La seconda è figlia della cari­tà, e questa ci infiamma. La prima consiste nella conoscenza, la seconda nell’affetto. Attraverso la prima conosciamo di essere nulla ed impariamo ciò da noi stessi e dalla nostra propria miseria ed infermità. Attraverso la seconda calpestiamo la gloria del mondo, e lo impariamo da Colui che ha an­nientato se stesso, il quale è fuggito allorquando l’hanno cercato per elevarlo alla gloria della regalità e che, invece di fùggire, si è offerto volontariamente quando l’hanno cercato per crocifiggerlo e per immergerlo in un abisso di obbrobri e di ignominie» (Sermo 42 super Cantica).

La Beata Vergine ha posseduto in sommo grado questi due tipi di umil­tà, specialmente la seconda. Sant’Agostino, san Bernardo, sant’Alberto Ma­gno, san Bonaventura, san Tommaso e tanti altri, ritengono che le parole che lo Spirito Santo ha pronunciato per bocca di questa Santissima Vergine: «Respexit humilitatem» si riferiscano alla vera umiltà.

Se domandate il motivo per cui Dio ha guardato all’umiltà della Santis­sima Vergine, piuttosto che alla sua purezza e alle altre virtù, visto che esse erano tutte presenti in Lei in un grado altissimo, sant’Alberto Magno vi ri­sponderà, con sant’Agostino, che Egli ha guardato piuttosto alla sua umiltà, perché essa gli era più gradita della purezza (Sant'Alberto M. Serm. 2 de Nat.Dom.)
«La verginità è molto lodevo­le - dice san Bernardo -, ma l’umiltà è necessaria. Quella consigliata, que­sta è comandata. Potete salvarvi senza la verginità, ma non vi è affatto sal­vezza senza umiltà. Senza umiltà oso dire che la verginità di Maria non sa­rebbe stata gradita a Dio. Se Maria non fosse stata umile, lo Spirito Santo non sarebbe disceso in Lei, e se non fosse disceso in Lei, Ella non sarebbe la Madre di Dio. Ella è piaciuta a Dio per la sua verginità, ma ha concepito il Figlio di Dio per la sua umiltà, per cui bisogna dedurre che la sua umiltà ha reso la sua verginità gradita alla Divina Maestà» (Omelia 1 super Missus est).

O santa umiltà, sei tu che ci hai donato l’Uomo-Dio e la Madre di Dio e, di conseguenza, sei tu che ci hai donato tutte le grazie, tutti i favori, tutte le benedizioni, tutti i privilegi e tutti i tesori che possediamo sulla terra e che speriamo di possedere un giorno in Cielo. 

Sei tu che hai distrutto tutti i mali e che sei la fonte di tutti i beni! Oh! Quanto dobbiamo stimare, amare e de­siderare questa santa virtù! Oh! Con quale fervore dobbiamo chiederla a Dio! Oh! Con quale ardore dobbiamo ricercare ed abbracciare tutti i mezzi necessari per acquistarla! 

Chi non ha l’umiltà non ha nulla e chi ha l’umiltà possiede tutte le altre virtù. Ne consegue che, sentendo parlare lo Spirito Santo per bocca della Chiesa, sembra che l' Eterno Padre non abbia inviato suo Figlio in questo mondo per incarnarsi ed essere crocifisso, se non al fine d’insegnarci l’umiltà con il suo esempio. 

È quanto dice la Santa Chiesa a Dio in questa orazione della domenica delle Palme: «Omnipotens sempiterne Deus, qui humano generis, ad imitandum humilitatis exemplum, Salvatorem nostrum carnem sumere et crucem subire fecisti». Dice, inoltre, un Santo Padre: «Quod diabolus, per superbiam dejecit, Christus per humilitatem erexit: Ciò che il demonio ha distrutto con la superbia, il Salvatore l’ha rista­bilito con l’umiltà».

Impariamo da ciò quanto è terribile e detestabile la superbia. Come l’umiltà è la fonte di tutti i beni, l’orgoglio è il principio di tutti i ma- li-.«Initium peccati» e, secondo il testo greco: «Initìum omnis peccati», o secondo la dizione siriaca: «Fons peccati superbia: L’inizio e il principio del peccato e di tutto il peccato è la superbia» (San Cesario di Arles, Omelia 18), che lo Spirito Santo chia­ma una apostasia, «apostatare a Deo» (Siracide 10,14). 
 Ne deriva che bisogna attribuire tutti i mali e tutte le disgrazie della terra alla superbia, che è la fonte del peccato. Figuratevi un numero incalcolabile di angeli che Dio aveva creato all’inizio del mondo, più belli e più splendenti del sole, mutati in tanti dia­voli orribili, cacciati dal Paradiso, precipitati nell’inferno e condannati ai supplizi eterni. Qual è la causa di questa sventura? È la superbia di questi spiriti apostati.

Considerate tutte le bestemmie che queste creature ribelli al loro Creato­re vomiteranno eternamente contro di Lui nell’inferno, con tanti milioni e miliardi di peccati che hanno fatto commettere e che faranno commettere agli uomini in tutto l’universo, fino alla fine del mondo, attraverso le loro ten­tazioni. Qual è la causa di tutti questi mali? È la superbia.

Ponetevi davanti agli occhi tanti e tanti milioni di anime che si sono perdute per l’empietà di Maometto, per l’eresia di Ario che è durata trecento anni, per quelle di Nestorio, di Pelagio, di Lutero, di Calvino e di molti altri eresiarchi. Chi ha fatto perdere tutte queste anime? È la superbia, che è la madre di tutte le eresie, dice sant’Agostino: Mater hceresum superbia. 
Infi­ne, immaginatevi tanti miliardi di anime che bruceranno eternamente nelle fiamme divoranti dell’inferno. Qual è la causa di un sì spaventoso disastro, se non la superbia del primo angelo e del primo uomo, che sono le due fonti di tutti i crimini e, di conseguenza, di tutti i mali che ne derivano? Non si è mai potuto - dice san Prospero -, non si può e non si potrà mai commettere alcun peccato senza superbia, poiché ogni peccato non è altro che il disprez­zo di Dio: «Nullum peccatum fieri potest, potuit, aut poterit, sine superbia; siquidem nihil alìud est omne peccatum, nisi contemptus Dei» (De Vita contemplativa, lib 3, capp 3 e 4).

 «Gli altri vizi - dice san Gregorio Magno - combattono soltanto le virtù che sono loro contrarie; ma la superbia, che è la radice di tutti i vizi, non si ac­contenta di distruggere una virtù, è una peste generale che le fa morir tutte» (Moral. Lib. 34,cap.18)
«Come la superbia - dice san Bernardo -, è l’origine di tutti i crimini, così è an­che la rovina di tutte le virtù». «L’ambizione - dice lo stesso Santo -, è un male sottile, un veleno segreto, una peste nascosta, un’opera d’inganno, la fonte dell’ipocrisia, la madre dell’invidia, l’origine dei vizi, il focolare dei crimini, la ruggine delle virtù, la tignola della santità, l'accecamento dei cuori, che cambia i rimedi in mali e la medicina in veleno. Quante anime sono state soffocate da questa peste? Quanti cristiani ha spogliato della veste nuziale, per gettarli nelle tenebre esteriori?» (Serm. 6, in Psal. Qui habitat).

• «Quando la superbia, - dice san Gregorio Magno -, ha preso possesso di un cuore, lo abbandona tosto al furore e al saccheggio dei sette vizi prin­cipali, che sono i capitani della sua armata» (Moral. Lib. 31, cap.31). Ma essa l’assoggetta princi­palmente alla tirannia dell’impudicizia, poiché lo Spirito Santo ci dichiara che la superbia è stata la causa delle abominazioni e della perdizione dei So­domiti: «Haec fuìt iniquìtas Sodomae [...] superbia» (Ez. 16, 49).

«Ogni superbo - dice un santo Padre - è ripieno del demonio: Quisquís superbus est, daemone plenus est» (San Cesario Arles, omelia 23). Non si distinguono più i figli di Dio dai figli del diavolo, se non per l’umiltà e per la superbia: <<Non discernitur filii Dei et filii diaboli, nisi humilitate atque superbia» ( Idem, omelia 18). Quando vedrete un su­perbo, non dubitate che sia un figlio di Satana, ma quando vedrete un uomo umile, credete sicuramente che è un Figlio di Dio: «Quemcumque superbum videris, diaboli esse filium non dubites; quemcumque humilem conspexeris, Dei esse filium confidenter credere debes».

Se, dunque, temiamo d’essere nella schiera degli schiavi di satana e se desideriamo d’essere del numero dei figli di Dio, dobbiamo avere in orrore l’ambizione, l’orgoglio, la superbia, la presunzione e la vanità; dichiariamo una guerra mortale a questi mostri d’inferno e non permettiamo che abbiano mai parte nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti, nelle nostre parole e nelle nostre azioni, ma sforziamoci, per quanto potremo, con la grazia di Dio, di stabilirvi il regno della santissima umiltà di Gesù e di Maria.

O Gesù, Re degli umili, fateci la grazia, se così vi piace, di imparare be­ne la divina lezione che ci avete impartito attraverso queste sante parole: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore»: "Discite a Me quia mitis sum et humilis corde" (Mat. 11, 29)


O Maria, Regina degli umili, è a Voi che spetta stroncare/schiacciare la testa del serpente, che è l’orgoglio e la superbia. Schiacciatela dunque interamente nei nostri cuori e rendeteci parcecipi della vostra santa umiltà, affinché pos­siamo cantare eternamente con Voi: «Respexit humilìtatem ancillae suae»per rendere grazie alla Santissima Trinità di essersi talmente compiaciuta della vostra umiltà da rendervi, per essa, degna di essere la Madre del Salva­tore dell’universo e cooperare con Lui alla salvezza di tutti gli uomini.






"MEMENTO, DOMINA, VERBI TUI SERVO TUO

IN QUO MIHI SPEM DEDISTI"

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