UN ROSARIO... FA SEMPRE
BENE!
La corona, di oro o di plastica, conservata come ricordo
caro o appena acquistata, ci stà in qualunque tasca o borsetta. Possiamo
portarla sempre con noi. È anche un segno di protezione da parte della
Madonna, per cui fanno bene coloro che l'appendono nella camera da letto o allo
specchietto retrovisore della loro vettura.
Il Rosario potrebbe essere recitato anche senza corona,
o usando quella specie di anello dentato che chiamano «rosario basco, o
semplicemente contando le Ave Maria con le dita, quando non si potesse fare
diversamente.
Non ha controindicazioni
Il Rosario può essere recitato in qualunque luogo di
questo mondo, purché ci si trovi sereni e si operi nel santo timor di Dio.
Può essere recitato a qualunque ora del giorno e
della notte, da qualunque persona, sana o malata, dotta o senza cultura,
buonissima o ingolfata nei peccati da cui vorrebbe liberarsi.
In qualunque situazione spirituale ti trovi: di
gioia e di riconoscenza, di paura o di dolore, di entusiasmo, di desolazione o
smarrimento, puoi rivolgerti a cuore aperto alla tua Mamma del cielo.
Se una persona malata o stanchissima si addormenta,
magari dopo poche Ave Maria?
Ebbene, invece di svegliarla io ne proverei invidia;
chiedo a Dio la grazia di addormentarmi per l'ultima volta anch'io recitando
l'Ave Maria, sì, nell'ora della mia morte. E se una persona, dopo una decina di
Ave Maria, ha la sensazione di essere già stanca? Prima valuti che non si
tratti di pigrizia o di una tentazione del Maligno che odia queste preghiere e
che ci suggerisce mille altre cose, in se stesse buone. Chi ritiene che si
tratti di vera stanchezza, non abbia scrupoli a sospendere il Rosario,
convinto che la Madonna è la Mamma più indulgente ed è comprensiva delle nostre
situazioni concrete.
All'opposto, chi potendolo fare senza mancare ad
altri doveri e senza creare noie al prossimo, dopo un bel Rosario, ne volesse
recitare un secondo, un terzo, ascolti la buona ispirazione, sicuro che non si
prega mai abbastanza, quando si prega con fede.
I Santi insegnano
Su questo punto i Santi ci danno buon esempio.
Quanti e quali Rosari recitava ogni giorno l'attivissimo don Bosco? Ed il
santo Curato d'Ars, posto a modello di tutti i parroci? Il Papa di venerata
memoria, Giovanni XXIII, confidava con tutto candore che trovava ogni giorno
il tempo per recitare il Rosario intero, cioè le tre corone.
Di Padre Pio da Pietralcina dicono che recitasse una
dozzina di Rosari al giorno. Io non lo so, anche perché non immagino come ne
trovasse il tempo nelle sue giornate tutte «mangiate dall'Apostolato; ricordo
però di averlo visto sempre - tranne quando celebrava la santa Messa - con la
corona del Rosario in mano. Ora, scendendo a capofitto dalle vette della santità
fino alla mia povera vita, rammento che nei giorni di maggiori impegni o di
grande sofferenza, il numero dei Rosari lo lasciavo contare all'Angelo Custode.
Non è questione di tempo, miei cari, ma di volontà e
di fede!
Dove riuscivano a ricreare le forze morali, e talvolta
anche fisiche, tanti papà, mamme, preti e suore che vivevano una carità
meravigliosa ma estenuante, se non nell'Eucaristia e in tante belle corone di
Rosari? Le offrivano al Signore e alla Mamma del Cielo, camminando, lavorando
in casa o nei campi e persino in officina, oppure in ginocchio nella solitudine
di una chiesa o di una cameretta.
Un «sogno» di don Bosco
Il 20 agosto 1862 erano appena tornati a Valdocco i
giovani per le ripetizioni, dopo il breve soggiorno in famiglia cominciato il
28 luglio (gli altri sarebbero tornati verso la metà di ottobre), quando don
Bosco alla «Buona Notte» prese il tono dei giorni migliori e, pur avendo
dinanzi a sé non più di un centinaio di ragazzi, raccontò un sogno che aveva
avuto probabilmente la notte del suo dì natalizio, il 16 agosto precedente.
Questa volta non fece alcun preambolo né di ordine
precauzionale né di ordine segreto; disse semplicemente che aveva avuto un
sogno e che lo voleva narrare loro perché, a pensarci bene, gli era parso che
avesse un contenuto efficace per gli ascoltatori. Prese dunque a dire che, tra
la stalla di suo fratello Giuseppe e il portico per i carri, c'era un prato,
quello precisamente dove, ai tempi della sua fanciullezza, stendeva la corda e
intratteneva i paesani, con giochi di equilibrio e di prestigio. Su quel prato
in forte declivio, a un certo punto del sonno era comparso un «personaggio».
Infatti, don Bosco non si stupì della sua presenza,
gli fece anzi atto di ossequio e avviò una conversazione che, data l'esperienza
del passato, avrebbe potuto concludersi con qualche prezioso ammaestramento,
se non addirittura con qualche rivelazione di cose. Ma il dialogo non durò a
lungo; anzi, morì subito, dinanzi a un'ingiunzione del personaggio che, dopo
avergli fatto osservare tra l'erba un serpentaccio lungo sette od otto metri,
gli mise anche tra le mani il capo di una corda con cui avrebbero dovuto
immobilizzarlo e ucciderlo.
Don Bosco non se la sentiva di fare il boia in
quella circostanza, e lo disse anche al personaggio, che invece insistette e
lo costrinse a rimanere sul luogo.
- Se non osi battere - gli disse - tieni solo duro;
batterò io e vedrai cosa ne faremo di questa bestiaccia. Infatti cominciò a
menar frustate da orbo, flagellando il serpente in maniera che, rivoltandosi
quello per vendicarsi e liberarsi nello stesso tempo, s'incagliava sempre più,
fino a restar preso come nelle maglie di una rete. Dibattendosi, le sue carni
volavano all'aria e ricadevano pesantemente sull'erba del prato, che risultò
così lordata da tutto quel sangue e popolata da tutti quei brandelli di carne
che, tra l'altro, mandavano un fetore insopportabile.
Don Bosco, che aveva legato per ordine del personaggio
misterioso il capo della corda a un albero, tirò un respiro di sollievo, quando
di tutto quel mostro non vide impigliato nella rete che uno scheletro immane ma
impotente, afflosciato come un sacco svuotato del suo contenuto.
Morto il serpente, quando credeva che tutto fosse
finito, don Bosco si sentì invece dire di stare con gli occhi bene aperti,
perché ora sarebbe succeduta cosa, che avrebbe mandato in estasi il più gran
prestigiatore di questo mondo, non diciamo poi un povero prete come lui era.
Quel personaggio prese la corda, ne fece un gomitolo
che mise in una cassetta, dove la rinchiuse. Tosto la riaprì sotto gli occhi
stupiti dei giovani, che intanto erano accorsi.
Che cosa era successo? che la corda si era disposta
in maniera da formare le parole: Ave Maria.
- Ma come può essere che la corda si sia cambiata in
una scritta così venerata?
- Il motivo è questo - rispose compiaciuto il personaggio,
dal momento che era proprio qui che voleva portare il discorso fin dal
principio. - Il motivo è che il serpente raffigura il demonio e la corda l'Ave
Maria o piuttosto il santo Rosario, che è una continuazione di Ave Maria, con
la quale, o con le quali, si possono battere, vincere e distruggere tutti i
demoni dell'inferno. (Don Enzo)
AVE MARIA PURISSIMA!
Nessun commento:
Posta un commento