venerdì 5 aprile 2019

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI in cui annuncia che "Dio viene"

La Santa Sede
CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI 
DELLA DOMENICA I DI AVVENTO
OMELIA DI 
SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Sabato, 2 dicembre 2006

Cari fratelli e sorelle!

La prima antifona di questa celebrazione vespertina si pone come apertura del tempo di Avvento e
risuona come antifona dell'intero anno liturgico. Riascoltiamola: "Date l'annunzio ai popoli: Ecco,
Dio viene, il nostro Salvatore". All'inizio di un nuovo ciclo annuale, la liturgia invita la Chiesa a
rinnovare il suo annuncio a tutte le genti e lo riassume in due parole: "Dio viene". Questa
espressione così sintetica contiene una forza di suggestione sempre nuova. Fermiamoci un
momento a riflettere: non viene usato il passato - Dio è venuto -, né il futuro - Dio verrà -, ma il
presente: "Dio viene". Si tratta, a ben vedere, di un presente continuo, cioè di un'azione sempre in
atto: è avvenuta, avviene ora e avverrà ancora. In qualunque momento, "Dio viene". Il verbo
"venire" appare qui come un verbo "teologico", addirittura "teologale", perché dice qualcosa che
riguarda la natura stessa di Dio. Annunciare che "Dio viene" equivale, pertanto, ad annunciare
semplicemente Dio stesso, attraverso un suo tratto essenziale e qualificante: il suo essere il Dioche-viene.

L'Avvento richiama i credenti a prendere coscienza di questa verità e ad agire in conseguenza.
Risuona come un appello salutare nel ripetersi dei giorni, delle settimane, dei mesi: Svegliati!
Ricordati che Dio viene! Non ieri, non domani, ma oggi, adesso! L'unico vero Dio, "il Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe", non è un Dio che se ne sta in cielo, disinteressato a noi e alla
nostra storia, ma è il-Dio-che-viene. È un Padre che mai smette di pensare a noi e, nel rispetto
estremo della nostra libertà, desidera incontrarci e visitarci; vuole venire, dimorare in mezzo a noi,
restare con noi. Il suo "venire" è spinto dalla volontà di liberarci dal male e dalla morte, da tutto ciò
che impedisce la nostra vera felicità. Dio viene a salvarci.

I Padri della Chiesa osservano che il "venire" di Dio - continuo e, per così dire, connaturale al suo
stesso essere - si concentra nelle due principali venute di Cristo, quella della sua Incarnazione e
quella del suo ritorno glorioso alla fine della storia (cfr Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 15, 1: PG
33, 870). Il tempo di Avvento vive tutto di questa polarità. Nei primi giorni l'accento cade sull'attesa
dell'ultima venuta del Signore, come dimostrano anche i testi dell'odierna celebrazione vespertina.
Avvicinandosi poi il Natale, prevarrà invece la memoria dell'avvenimento di Betlemme, per
riconoscere in esso la "pienezza del tempo". 

Tra queste due venute "manifeste" se ne può
individuare una terza, che san Bernardo chiama "intermedia" e "occulta", la quale avviene
nell'anima dei credenti e getta come un "ponte" tra la prima e l'ultima. 

"Nella prima - scrive san
Bernardo - Cristo fu nostra redenzione, nell'ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è
nostro riposo e nostra consolazione" (Disc. 5 sull'Avvento, 1). Per quella venuta di Cristo, che
potremmo chiamare "incarnazione spirituale", l'archetipo è sempre Maria. Come la Vergine Madre
custodì nel suo cuore il Verbo fatto carne, così ogni singola anima e l'intera Chiesa sono
chiamate, nel loro pellegrinaggio terreno, ad attendere il Cristo che viene e ad accoglierlo con fede
ed amore sempre rinnovati.

La liturgia dell'Avvento pone così in luce come la Chiesa dia voce all'attesa di Dio profondamente
inscritta nella storia dell'umanità; un'attesa purtroppo spesso soffocata o deviata verso false
direzioni. Corpo misticamente unito a Cristo Capo, la Chiesa è sacramento, cioè segno e
strumento efficace anche di questa attesa di Dio. In una misura nota a Lui solo la comunità
cristiana può affrettarne l'avvento finale, aiutando l'umanità ad andare incontro al Signore che
viene. E fa questo prima di tutto, ma non solo, con la preghiera. Essenziali e inseparabili dalla
preghiera sono poi le "buone opere", come ricorda l'orazione di questa Prima Domenica
d'Avvento, con la quale chiediamo al Padre celeste di suscitare in noi "la volontà di andare
incontro con le buone opere" al Cristo che viene. In questa prospettiva l'Avvento è più che mai
adatto ad essere un tempo vissuto in comunione con tutti coloro - e grazie a Dio sono tanti - che
sperano in un mondo più giusto e più fraterno. In questo impegno per la giustizia possono in
qualche misura ritrovarsi insieme uomini di ogni nazionalità e cultura, credenti e non credenti. Tutti
infatti sono animati da un anelito comune, seppure diverso nelle motivazioni, verso un futuro di
giustizia e di pace.

La pace è la meta a cui aspira l'intera umanità! Per i credenti "pace" è uno dei più bei nomi di Dio,
che vuole l'intesa di tutti i suoi figli, come ho avuto modo di ricordare anche nel pellegrinaggio dei
giorni scorsi in Turchia. Un canto di pace è risuonato nei cieli quando Dio si è fatto uomo ed è nato
da donna, nella pienezza dei tempi (cfr Gal 4, 4). Iniziamo dunque questo nuovo Avvento - tempo
donatoci dal Signore del tempo - risvegliando nei nostri cuori l'attesa del Dio-che-viene e la
speranza che il suo Nome sia santificato, che venga il suo Regno di giustizia e di pace, che sia
fatta la sua Volontà come in Cielo, così in terra.

Lasciamoci guidare, in questa attesa, dalla Vergine Maria, Madre del Dio-che-viene, Madre della
Speranza. Ella, che tra pochi giorni celebreremo Immacolata, ci ottenga di essere trovati santi e
immacolati nell'amore alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo, al quale, con il Padre e lo Spirito
Santo, sia lode e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et DVM

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