martedì 2 aprile 2019

Dominica II Passionis seu in Palmis ~

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Sermone di san Leone Papa
Sermone 11 sulla Passione del Signore
La solennità della passione del Signore, desiderata da noi, fratelli dilettissimi, e desiderabile al mondo intero è giunta, ed essa non ci permette di starcene silenziosi tra l'esultanza delle gioie spirituali (che spande in noi). Perché sebbene sia difficile di parlare spesso in maniera degna e giusta di tale solennità; tuttavia un vescovo non è libero di privare il popolo fedele del discorso che gli deve su questo gran mistero della divina misericordia: tanto più che. la stessa materia per ciò stesso ch'è ineffabile fornisce abbondantemente di che parlare; né possono mancare le parole dal momento che non se ne potrà dire mai abbastanza. 
La debolezza umana si riconosca dunque sopraffatta dalla gloria di Dio, e sempre incapace di spiegare le opere della sua misericordia. La nostra intelligenza faccia sforzi, il nostro spirito resti in forse, ci venga pur meno l'espressione: è bene per noi (vedere) come quel che di più alto possiamo avere della maestà del Signore, è ben poca cosa paragonata alla realtà.


Avendo detto il profeta: «Cercate il Signore, e siate forti, cercate sempre la sua faccia» Ps. 104,4, nessuno deve presumere d'aver trovato quello che cerca, affinché, cessando d' andare avanti, non rinunci ancora ad avvicinarsi. Fra tutte le opere di Dio, che l'ammirazione umana si sforza di contemplare, qual altra tocca tanto l'anima nostra, e sorpassa la portata della nostra intelligenza, quanto la passione del Salvatore? Il quale per sciogliere il genere umano dai lacci d'una mortifera prevaricazione, occultò la potenza della sua maestà al diavolo che incrudeliva, e non gli mostrò che l'infermità della nostra bassezza umana. Perché se questo crudele e superbo nemico avesse potuto conoscere il disegno della misericordia di Dio, avrebbe cercato piuttosto di addolcire gli animi dei Giudei, che accenderli d'un odio ingiusto, per non perdere, perseguitando la libertà di chi non gli doveva niente, i suoi diritti su tutti quelli che (per il peccato) erano diventati suoi schiavi.


Il diavolo fu dunque ingannato dalla sua malignità, fece soffrire al Figlio di Dio un supplizio ch'è divenuto il rimedio di tutti i figli degli uomini. Sparse il sangue innocente che doveva essere il prezzo della riconciliazione del mondo, e la (nostra) bevanda. Il Signore soffrì (il genere di morte) che s'era scelto, conforme al disegno della sua volontà. 
Permise a dei furiosi che mettessero su di lui l'empie lor mani: le quali, nel compiere un crimine enorme, han servito all'esecuzione dei disegni del Redentore. 
La tenerezza del suo amore era sì grande anche verso i suoi uccisori, che supplicando il Padre dalla croce, gli domandò non di vendicarlo, ma di perdonar loro.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


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Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 21:1-9
In quell'occasione: Come Gesù fu vicino a Gerusalemme, e arrivato a Betfage, presso il monte Oliveto, allora mandò due discepoli, dicendo loro. Eccetera.


Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Libr. 9 su Luca
È da notare che il Signore, abbandonati i Giudei, sale al tempio, egli che doveva abitare nei cuori dei Gentili. Perché il vero tempio è quello ove il Signore è adorato, non secondo la lettera, ma in ispirito. Il tempio di Dio è quello, che s'è stabilito non su una struttura di pietre, ma sulla connessione delle verità della fede. 
  Egli abbandona dunque quelli che l'odiano: e sceglie quelli che devono amarlo. Perciò andò al monte Oliveto, per piantare colla sua divina virtù queste giovani piante d'olivo che hanno per madre la celeste Gerusalemme. Su questo monte egli stesso è il celeste agricoltore: così che tutti quelli che sono piantati nella casa di Dio, possano dire, ciascuno: «Ma io son come un olivo fruttifero nella casa del Signore» Ps. 51,8.


E forse Cristo stesso è ancora questo monte. Chi altri infatti (fuori di lui) produrrebbe tale raccolto d'olive, non di quelle che si piegano sotto l'abbondanza dei loro frutti, ma di quelle (che mostrano la loro fecondità comunicando) ai Gentili la pienezza dello Spirito Santo? Esso è colui per cui ascendiamo, ed a cui ascendiamo. Esso è la porta, esso è la via; (la porta) che si apre, ed è lui che l'apre: a cui picchiano quelli che vogliono entrare, ed è lui che adorano quelli che hanno meritato d'entrare. 
 Egli era dunque in un villaggio, e c'era un asinello legato con un'asina: il quale non poteva essere sciolto che per ordine del Signore. La mano d'un Apostolo lo scioglie. Tali sono le azioni, tale è la vita, tale la grazia. Sii tale anche tu, onde possa sciogliere quelli che sono legati.

Consideriamo ora chi sono quelli che, dopo essere stati convinti di peccato, furono cacciati dal paradiso, e relegati in un villaggio. Ed osserva in qual maniera la vita richiama quelli che la morte aveva esiliati. 
Leggiamo in Matteo, ch'egli ordinò si sciogliesse un'asina e il suo puledro: affinché come l'uno e l'altro sesso era sta espulso dal paradiso nella persona dei nostri progenitori, così mostrasse col simbolo dei due animali ch'egli veniva a richiamare i due sessi.         L'asina dunque figurava Eva colpevole: e il puledro designava la generalità del popolo Gentile: e perciò egli siede sul puledro dell'asina. Giustamente è detto che nessuno l'aveva ancora cavalcato: perché nessuno, prima di Cristo, aveva chiamato i popoli della gentilità ad entrare nella Chiesa. In Marco difatti si ha: «Su cui ancora non è montato alcuno» (Marc.11,2.)


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


AMDG et DVM

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