sabato 23 marzo 2019

Dominica III in Quadragesima ~


Lettura 4
Dal libro di sant'Ambrogio Vescovo sul santo Giuseppe

La vita dei Santi è una regola di vita pel resto degli uomini. Perciò troviamo nella Scrittura una serie di racconti dettagliati : affinché leggendoli impariamo a conoscere Abramo, Isacco, Giacobbe e gli altri giusti, e possiamo percorrere, camminando sulle loro tracce, il sentiero dell'innocenza segnato dalla loro virtù. Io ho già trattato frequentemente di essi, e oggi si offre alla nostra attenzione la storia del santo Giuseppe: il quale se ebbe moltissime virtù, rifulse principalmente per la sua insigne castità. Pertanto è giusto che dopo aver riconosciuto in Abramo l'eroico ossequio alla fede, in Isacco la purezza d'un animo sincero, in Giacobbe un coraggio singolare e una grande pazienza nelle traversie, voi passiate da questa idea generale delle virtù ad osservarne attentamente i caratteri particolari.


Il santo Giuseppe ci sia dunque proposto come specchio di castità. La purezza splende nei suoi costumi, nei suoi atti, insieme allo splendore d'una certa grazia ch'è la compagna della castità. Onde anche i genitori l'amavano più degli altri figli. Ma ciò fu causa d'invidia: il che non devesi tacere: perché essa fu l'origine dei fatti che formano il seguito della storia di Giuseppe: e perché insieme impariamo che un uomo perfetto non si lascia trasportare mai dal desiderio di vendicare l'offesa, o di rendere male per male. Onde Davide dice: «Se ho reso male a chi me ne faceva».


In che Giuseppe avrebbe meritato d'esser preferito agli altri, s'egli avesse offeso quelli che l'offendevano, o se non avesse amato che coloro che l'amavano? Questo lo fanno molti. Ma ciò ch'è mirabile si è di amare il proprio nemico, come insegna il Salvatore. Giuseppe è dunque veramente degno d'ammirazione perché perdonando i suoi offensori, dimenticando l'ingiuria fattagli, non prendendo vendetta di coloro che l'avevano venduto, ma rendendo benefìci per l'oltraggio, egli praticò prima del Vangelo un precetto che dopo il Vangelo noi lo apprendiamo tutti senza poterlo osservare. Sappiamo dunque che i Santi han dovuto sopportare la gelosia, affinché ne imitiamo la pazienza: e riconosciamo ch'essi non furono d'una natura più eccellente della nostra, ma più osservante (dei doveri): e che non ignorarono le cattive tendenze, ma si corressero dei loro difetti. Che se la fiamma dell'invidia ha toccato anche i Santi, quanto più si deve badare che non bruci i peccatori?
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

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Lettura 7
Lettura del santo Vangelo secondo Luca
Luca 11:14-28
In quell'occasione: Gesù stava scacciando un demonio ch'era muto. E scacciato il demonio, il muto parlò, e le turbe si meravigliarono. Eccetera.

Omelia di san Beda, il Venerabile, Prete
Libr. 4 cap. 48 al cap. 11 di Luca


Questo indemoniato da Matteo ci viene presentato non solo muto, ma anche cieco: e si dice che il Signore lo guarì in modo che ricuperò la parola e la vista. Tre miracoli furono dunque operati insieme in un sol uomo: cieco vede, muto parla, posseduto dal demonio ne viene liberato. Ciò che avvenne allora non ebbe, è vero, che effetti corporali, ma un fatto analogo si compie invisibilmente) ogni giorno nella conversione di (quelli che diventano) credenti: prima viene scacciato il demonio dalla loro anima, scorgono la luce della fede; e poi la loro bocca, muta fino allora, s'apre per lodare Dio. Ma alcuni di loro dicevano: « Egli scaccia i demoni per l'aiuto di Beelzebub, principe dei demoni» (Luc. 11,16. Quelli che lo calunniavano così non erano del popolo, ma dei farisei e degli scribi, come l'attestano gli altri Evangelisti.


La folla del popolo, ch'era più semplice, ammirava sempre i miracoli del Signore; mentre quelli o si sforzavano di negarli, o, se non potevano negarli, di alterarli con una spiegazione sfavorevole, come se questi miracoli fossero stati l'opera non della divinità, ma dello spirito immondo. «E altri, per metterlo alla prova, gli chiedevano un segno dal cielo» Luc. 11,16. Essi desideravano che facesse discendere il fuoco dal cielo alla maniera d'Elia, ovvero che, per un prodigio simile a quello di Samuele, a un tratto in un bel giorno d'estate, rumoreggiassero i tuoni, balenassero i fulmini, scrosciasse la pioggia: come se non avessero potuto ricorrere ancora alle loro calunnie ordinarie, e attribuire questi fatti a cause occulte, e alle diverse perturbazioni atmosferiche. E tu che snaturi ciò che vedi coi tuoi occhi, ciò che tocchi con mano, ciò che sperimenti utile, che faresti de' prodigi che ti venissero dal cielo? Tu non mancheresti di rispondere, che anche i maghi in Egitto hanno fatto molti prodigi nell'aria.

Ma egli vedendo i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso contro se stesso andrà in rovina e le sue case cadranno una sull'altra » Luc. 11,17. Egli non rispose alle loro parole, ma ai pensieri: perché almeno così fossero obbligati a credere alla potenza di lui, che vedeva i segreti del loro cuore. Or, se ogni regno diviso contro se stesso va in rovina, dunque il regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo non è punto diviso; perché senza contestazione alcuna e senza alcuna scossa rimarrà in un'eterna stabilità. «Or poiché dite che scaccio i demoni per l'aiuto di Beelzebub, se anche satana è discorde in se stesso, il suo regno come si reggerà?» Luc. 11,18. Parlando così, egli voleva far loro comprendere, dalla loro stessa confessione, che rifiutandosi di credere in lui, si sceglievano di essere sorto il dominio del diavolo, il cui regno discorde contro se stesso non potrà evidentemente reggersi.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

AMDG et DVM

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