Il vescovo di Palermo, Mons. Lorefice, ha ceduto in comodato l’antico Oratorio di Santa Maria del sabato all’Unione delle comunità ebraiche italiane, che ne faranno un “luogo di studio e di culto”.
di Cristiano Lugli
Il sincretismo rampante che da quasi sessant’anni spopola in Roma, definito dal documento conciliare Nostra ætate e confermato con gli incontri “ecumenici” di Assisi – dal 1986 fino ad ora e senza eccezioni – oggi fa un ulteriore e siginificativo passo avanti.
Come mi insegnava un bravo sacerdote con una metafora – che potrebbe forse risultare un po’ cruda a chi è debole di stomaco – la situazione attuale è simile ad un corpo morto il quale, appena morto, risulta ancora totalmente intatto, composto nella bellezza che lo ha distinto in vita, quasi occupato a dormire; man mano che il tempo passa però, il corpo (non più intatto) perde il vigore e la bellezza, lasciando spazio alla decomposizione organica che ne consegue.
L’odierna situazione non dà spazio ad interpretazioni diverse, purtroppo.
Ma tutto questo, per arrivare a parlare di cosa? Del trionfo sincretista celebrato a Palermo, con imprimatur di Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo della città siciliana.
La bella novità riguarda i “fratelli maggiori” ebrei, che a più di cinquecento anni dall’espulsione decretata dagli spagnoli torneranno ad avere una sinagoga nel capoluogo di Sicilia.
Il luogo di culto tanto amato dai “dialogatori” del nouvelle ecumenisme avrà sede non in un edificio nuovo o vomunque precedentemente laico ma in un oratorio cattolico, precisamente nell’Oratorio di Santa Maria del Sabato, una piccola chiesa da tempo inutilizzata, divenuta dimora “del ragno e della lucertola”, situato proprio nella zona dove un tempo si trovavano gli antichi quartieri ebraici della Guzzetta e della Meschita.
Il vescovo Lorefice (che certamente non ignora che i “fratelli maggiori” definiscono i cristiani “goyim” maiali, o bestiame in senso lato), visti i presupposti che tanto ci accomunano (!) agli ebrei, ha deciso di accogliere una richiesta di un luogo di studio e di “culto” per l’intera comunità ebraica di Palermo, suggerita da Evelyne Aouate, presidente dell’Istituto Siciliano di Studi Ebraici e ha ceduto in comodato l’Oratorio alla comunità ebraica.
La data scelta per dare l’annuncio ufficiale è proprio oggi, così da rimarcare – per non farsi mancare nulla – l’anniversario del decreto datato 12 gennaio 1493, con cui gli spagnoli applicarono anche in Sicilia il provvedimento con il quale Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona, solo un anno prima, avevano ordinato l’espulsione degli ebrei dai loro possedimenti.
L’importante notizia sarebbe dovuta rimanere riservata proprio fino ad oggi, però le comunità ebraiche nazionali (e si può immaginare pure sovranazionali) non sono riuscite a mantenere nascosto l’entusiasmo per aver “acquisito” un luogo di culto cattolico, cosicché la Jewish Telegraphic Agency, una delle maggiori agenzie di informazione del mondo ebraico, ne ha prontamente dato notizia due giorni fa.
Per l’inaugurazione odierna non sarà tuttavia presente l’arcivescovo di Palermo, per un viaggio già programmato a Gerusalemme, dove si recherà ovviamente in visita al muro del Pianto, insieme a una piccola delegazione proveniente dalla Sicilia.
I festeggiamenti a Palermo avranno comunque luogo senza di lui, nella sede dell’Archivio Storico Comunale, poco lontano dalla chiesa in questione; proprio qui si terrà una cerimonia pubblica sulla storia dell’esilio degli ebrei siciliani, alla presenza del vicario episcopale monsignor Raffaele Mangano, della storica Serena Di Nepi e di Pierpaolo Pinhas Punturello, rappresentante per l’Italia dell’associazione ebraica Shavei Israel.
Per quanto riguarda la “cessione” della piccola e storica chiesetta, tutto è stato fatto per bene, visto che l’Oratorio di Santa Maria del Sabato sarà ceduto in comodato d’uso all’Unione della Comunità ebraiche italiane, in attesa che a Palermo si costituisca una vera e propria comunità ebraica, ad oggi non ancora consolidatasi in città.
La “parola diocesana” su questo fatto è stata lasciata a don Pietro Magro, già Direttore dell’Ufficio per la pastorale dell’Ecumenismo e del dialogo interreligioso (e chi meglio di lui, dunque), che ha però voluto sottolineare come questa decisione sia partita prima ancora dal Vescovo:
«È stato un gesto voluto personalmente dall’arcivescovo Lorefice. Il senso vuole essere proprio quello di ridare una casa agli ebrei che da qui vennero espulsi. E si inserisce nel cammino più ampio di dialogo e amicizia che a Palermo vede una grande sintonia tra la comunità cattolica e le altre comunità religiose».
Nel complesso in cui è situato l’Oratorio, ricordiamolo, ora “in comodato d’uso agli ebrei”, fino al 1493 sorgeva invece una sinagoga, che dopo i decreti sopra menzionati lasciò il posto alla fede cattolica, in Roma (un tempo) solennemente rappresentata.
Don Pietro Magro ha tenuto a sottolineare che il nome dell’Oratorio rimanda all’ebraismo:
«Il riferimento al sabato nel nome è dovuto al fatto che i confratelli di quell’oratorio raccoglievano di sabato le offerte per la confraternita. Non c’è dunque un legame diretto con la presenza ebraica precedente. Ma è ugualmente bello che nella sua storia questo luogo abbia mantenuto un nome che evoca lo shabbat».
Volentieri ricordiamo agli instancabili sostenitori del dialogo ciò che pensano i “fratelli maggiori” di noi cristiani cattolici, ma prima ancora quel che pensano di Nostro Signore Gesù Cristo e della Santa Vergine, come riportato nel Talmud, che forse dovrebbero avere la decenza di leggersi. Qui è scritto che Gesù era un bastardo e figlio di una donna impura (Trattato Kallah 1 b (18 b)). Che aveva in sé l’anima di Esaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore e idolatra. Ancora vien detto nel Talmud che fu crocifisso e sepolto nell’inferno, divenendo l’idolo dei cristiani. Nel Sanhedrin 67 a, si legge che Gesù era figlio di una meretrice, che fu crocifisso la sera di Pasqua, che sua madre fu la prostituta Maria Maddalena. La Madonna è chiamata meretrix o «Stada» poiché secondo i perfidi giudei aveva tradito il marito con adulterio.
Ancora nello Schabbath 104 b, Gesù è chiamato stolto e demente, prestigiatore, mago. Lo Zohar 282 b dice che Gesù morì come una bestia e fu sepolto tra le bestie. Nello Iore Dea 150, 3. Hagah e 141, 1 Hagah si parla del disprezzo da portare alla Croce, che «dev’essere ritenuta come un idolo e non è lecito usarne prima di distruggerla». Nell’Abhoda Zarah 6 a. Toseph si afferma che il cristiano è chiunque «segue l’errore di colui che comandò di santificare il primo giorno dopo il Sabato».
È davvero penoso (e ce ne scusiamo con i lettori) riportare queste cose, peraltro scritte e mai mutate dagli stessi a cui oggi vengono date chiese, in nome del “dialogo” e della “pace”; tuttavia, nel caso in cui non fosse ancora sufficiente quanto riportato dal libro del Talmud, rimandiamo Lorefice &Co. agli approfonditi studi riportati qui http://www.crisinellachiesa.it/articoli/giudaismo/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud.htm ad opera del fine teologo Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis, profondo conoscitore della storia e del linguaggio ebraico.
In conclusione, ciò che è certo è il messaggio, forte e chiaro: non c’è più posto per i cattolici nelle chiese e del resto pare proprio non esserci più posto per il Cattolicesimo nella Chiesa. Il tutto ha una sua logica nei progetti di questa nefanda neo-chiesa che si adopera per sgretolare le fondamenta della Verità dall’interno, costituendosi e manifestandosi in un modo ingannevole tipico di Satana, scimmiottando e tentando di deridere la Sposa di Cristo. Il tutto con il beneplacito di coloro che dovrebbero spendere tutto per difenderla, perfino il sangue rappresentato dal color porpora che, quando capita, indossano.
Un nuovo scempio è stato compiuto; ancor meglio potremmo parlare di profanazione del Tempio di Dio, ceduto a coloro che quel Dio, l’unico Dio, ancora non l’hanno riconosciuto, né mostrano di pensare diversamente dal loro antenato, Caifa.
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