domenica 1 gennaio 2017

GESU'

Sermone sulla Circoncisione

Questo dunque è il nome santo e glorioso “che è stato invocato sopra di noi” (Ger 14,9), e non c’è altro nome – dice Pietro – sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati (cf. At 4,12).
Per la virtù di questo nome ci salvi Dio, Gesù Cristo nostro Signore, che è benedetto sopra tutte le cose nei secoli dei secoli. Amen.

III. sermone allegorico

8. “Sefora prese una pietra molto tagliente e circoncise il prepuzio del suo figlio” (Es 4,25). E anche nella Genesi leggiamo: “Abramo chiamò col nome di Isacco il figlio che Sara gli aveva partorito e lo circoncise il giorno ottavo [dalla nascita] come Dio gli aveva comandato” (Gn 21,3-4). Non la madre Maria, non Giuseppe che era il suo custode, ma Abramo, cioè l’Eterno Padre, impose al Figlio suo unigenito il nome di salvezza. Dov’è la salvezza c’è il sorriso. Isacco significa “sorriso”, e il nostro sorriso è Gesù, nome che significa “salvezza” e “salvatore”.
Esiste una certa erba chiamata in lat. salutaris(che risana), perché allevia il mal di testa e mitiga il brucio­re di stomaco (strychnos, morella, erba mora). Il mal di testa simboleggia la superbia della mente, della quale si legge nel quarto libro dei Re che il sole con il suo calore colpì alla testa un fanciullo, che disse a suo padre: “Mi duole la testa, mi duole la testa!” (4Re 4,19). E nel libro di Giuditta si narra che Manasse “morì nei giorni della mietitura dell’orzo. Sorvegliava quelli che legavano i covoni nella campagna, e fu colpito alla testa da insolazione” (Gdt 8,2-3).
Manasse, che s’interpreta “smemorato”, è figura di colui che è amico del mondo: egli, dimentico dell’eternità, esce a mietere l’orzo. Nell’orzo, che è foraggio per gli animali, sono indicati i beni terreni: mentre l’uomo materiale (bestialis) si affanna ad accumularli e a legarli in covoni, cioè a metterli nel suo tesoro, si abbatte sulla sua mente il colpo di sole della vanagloria, dalla quale nasce poi l’altezzosità della superbia e quindi la morte dell’anima. Allo stesso modo il bruciore di stomaco simboleggia il bollore dell’ira, di cui dice Isaia: “Gli empi sono come un mare ribollente che non può calmarsi e i cui flutti portano su melma e fango” (Is 57,20). Quando un uomo s’infiamma d’ira, diventa come un mare ribollente: perché ha crudezza nel cuore, confusione nel cervello, accecamento nella mente, rancore contro il fratello; perciò è detto empiocioè senza pietà: calpesta gli uni, bestemmia gli altri.
Ma il nostro salvatore, Gesù, ha risanato questi mali quando ha detto: “Beati i poveri nello spirito” (Mt 5,3), contro coloro che cercano i beni della terra, e “Beati i miti” (Mt 5,4), contro gli iracondi. Perciò gloria al Padre che ci ha mandato la salvezza, il salvatore; lode alla Vergine che l’ha dato alla luce e oggi l’ha portato alla circoncisione.
“Sefora prese...” Sefora s’interpreta “colei che lo guarda”. È figura della beata Vergine, la quale guardò, faccia a faccia, adagiato nella mangiatoia, avvolto in fasce e mentre vagiva nella culla, colui che regna nei cieli e nel quale gli angeli bramano fissare lo sguardo (cf. 1Pt 1,12).

9. “Sefora prese una pietra molto tagliente”. I Giudei dicono che da questo momento ha avuto inizio l’uso di circoncidere con coltelli di pietra; altri dicono che iniziò da Giosuè, in Galgala (cf. Gs 5,2 ss.). Tuttavia, dove noi abbiamo scritto pietra, gli Ebrei hanno acies, ferro tagliente, che chiamano novacula, rasoio; quindi i Giudei circoncidono con il rasoio.
Che la circoncisione del Signore sia stata fatta con il coltello di pietra o con quello di metallo, sia stata praticata da Maria o da Giuseppe o dai loro parenti, non ha molta importanza e non è il caso di appurarlo: sappiamo con certezza che come oggiGesù fu circonciso. Quello che dice la Scrittura, che Sefora “circoncise il prepuzio del suo figlio”, va inteso nel senso che Sefora, o fece la circoncisione lei stessa, o la fece eseguire da altri, secondo il comando del Signore.
E ricorda che tutta la vita di Cristo fu segnata dal sangue. Ebbe inizio nel sangue nell’ottavo giorno dalla nascita, e nel sangue si concluse. E questo fu necessario proprio per noi perché, come dice l’Apostolo: “Tutto viene purificato con il sangue e senza spargimento di sangue non c’è perdono” (Eb 9,22). Ricordiamo quindi che cinque volte Cristo sparse il sangue. La prima volta fu nella circoncisione che oggi commemoriamo; la seconda nel sudore di sangue all’orto degli Ulivi; la terza nella flagellazione; la quarta nella crocifissione e la quinta con il colpo di lancia ricevuto nel costato sopra la croce. Il sole al suo sorgere e al suo tramonto si mostra di color rosso: così Cristo al principio e alla fine della sua vita fu sanguineus, rosso sangue.
Sia egli benedetto nei secoli dei secoli. Amen.

IV. sermone morale

10. “Sefora prese una pietra molto tagliente”. Leggiamo anche in Giosuè: “Disse il Signore a Giosuè: Fabbricati dei coltelli di pietra e circoncidi di nuovo i figli d’Israele. Giosuè fece ciò che il Signore aveva comandato” (Gs 5,2-3). Quindi il Signore disse: “Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto” (Gs 5,9).
Il nome Sefora ha varie interpretazioni: “uccello”, “che scruta”, “che piace”, “che aderisce”. Sefora è figura dell’anima fedele, la quale se sarà uccello sarà anche in gra­do di scrutare; se scruterà piacerà, e se piacerà aderirà: così una cosa scaturirà dall’altra. Sarà uccello rinuncian­do alle cose terrene; scruterà con la contemplazione delle cose celesti; piacerà con l’amore; aderirà con l’unione perfetta. Quando si innalza scruta, quando scruta si infiamma d’amore; quando si infiamma di amore si unisce. Con­sideriamo i singoli punti.
Nell’uccello ci sono due ali, nell’anima c’è la fede e la speranza. La fede e la speranza riguardano le cose invisibili, e quindi dalle cose visibili innalzano a quelle invisibili. Ma coloro che hanno la fede solo a parole, che pongono la loro speranza solo in se stessi e nelle loro cose e pongono la fiducia nell’uomo, costoro bramano avidamente le cose terrene e gustano solo quelle. Perciò dice Giobbe: “L’uomo”, che sa di terra, di humus, che vive nel fradicio della gola e della lussuria, “nasce alla fatica” della mola d’asino (Gb 5,7). Il contadino benda gli occhi all’asino e lo batte con il bastone, e così l’asino trascina intorno una mola di grande peso. Il contadino è il diavolo e il suo asino è il monda­no. Il diavolo gli chiude gli occhi quando gli acceca l’in­telletto e la ragione; e allora lo colpisce con il bastone della cupidigia perché trascini con sé la mola della vanità mondana. “Gli empi camminano in circolo” (Sal 11,9). “Mio Dio, rendili come una ruota” (un turbine) (Sal 82,14).
Invece “l’uccello nasce per il volo” (Gb 5,7). Dice la Storia Naturale che quanto più l’uccello ha il petto stretto e penetrante, tanto più è idoneo al volo, perché se il petto fosse largo muoverebbe molta più aria e il volo risulterebbe più faticoso. Dice il Signore: “Forse che al tuo comando l’aquila si leverà in alto e su luoghi ardui porrà il suo nido? Essa resta tra le pietre e dimora tra selci scoscese e su rupi inaccessibili. Di là scorge la preda e lontano scrutano i suoi occhi” (Gb 39,27-29). L’aquila è figura dell’anima fortunata che, rifiutata la larghezza delle cose temporali, restringe il suo petto, cioè i pensieri del suo cuore, per poter così, sollevata al di sopra delle cose terrene, fare il nido del suo soggiorno sulle ardue vette. “La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20), dice l’apostolo.
E osserva bene che non dice nel cielo, ma “nei cieli”. 
I cieli sono tre. Il primo, l’acutezza dell’intelligenza; il secondo, lo splendore della giustizia (della santità); il terzo, la sublimità della gloria. 

Nel primo c’è la contemplazione della verità; nel secondo c’è l’amore della giustizia; nel terzo la pienezza del gaudio eterno. Nel primo l’igno­ranza viene illuminata, nel secondo viene estinta la concupiscenza, nel terzo viene eliminata ogni inquietudine. 
Se sei avvolto nella luce della verità, possiedi il primo cielo. Se sei bruciato dalla fiamma dell’amore abiti nel secondo. Se hai assaporato un qualche gaudio di soavità interiore, sei ammesso al terzo cielo. E questo gaudio è appunto l’unione dello sposo e della sposa. Chi si unisce al Signore, forma con lui un solo spirito (cf. 1Cor 6,17).
Questi tre cieli possono essere individuati anche nella pietra, nella selce e nella rupe, di cui parla Giobbe a proposito dell’aquila. 
Nella pietra, per la sua solidità, possiamo riconoscere la contemplazione della verità; 
nella selce, l’amore della giustizia: poiché dalla selce sprizza il fuoco, ciò raffigura anche l’amore del Creato­re; 
nella rupe, per la sua stabilità, si riconosce la pienezza dell’eterna beati­tudine.
Queste tre cose possono anche simboleggiare le potenze angeliche, confermate in eterno nell’amore del Creatore: esse sono dette “selci scoscese” e “rocce inaccessibili”, perché, mentre altri angeli caddero, esse resistettero irremovibili; ad esse gli apostati non possono né salire, né avvicinarsi. E da queste rocce Sefora, aquila alata, cioè anima contemplativa, contempla Dio, suo cibo e suo nutrimento.

11. “Sefora prese una pietra molto tagliente e circoncise il prepuzio del suo figlio”. Vediamo quale significato abbiano la pietra molto tagliente, il prepuzio del figlio e la circoncisione.
La pietra è figura della penitenza. Dice Giobbe: “Chi mi concederà di ritornare com’ero nei mesi passati, quando mi lavavo i piedi nel latte, e la pietra mi versava ruscelli di olio?” (Gb 29,2.6). Nel mese è simboleggiata la perfezione, nel latte la soavità della grazia, e nei ruscelli d’olio lo sgorgare delle lacrime. 
Quindi Giobbe, che s’interpreta “dolorante”, raffigura il penitente che anela alla perfezione della prima conver­sione e del precedente comportamento: in quel tempo c’era nella sua mente la soavità della grazia che gli purificava i piedi, cioè i sentimenti e gli affetti, da ogni bruttura; in quel tempo la pietra, cioè l’austera penitenza faceva sgorgare abbondanti le lacrime. E come l’olio galleggia sopra ogni altro liquido, così le lacrime sono al di sopra di ogni opera buona. 
La lampada senza olio è l’opera senza devozione. 
Questa pietra è tagliente nella contrizione, più tagliente nella confessio­ne, e traglientissima nell’opera di soddisfazione, di riparazione, cioè nella penitenza: con essa Sefora deve circoncidere il prepuzio del suo figlio.
Il figlio è figura del corpo, il prepuzio delle cose temporali superflue, che impediscono all’uomo di meditare sulla sua miseria. Per questo il prepuzio ha questo nome, che significa “davanti al pudore”. Queste cose superflue sono raffigurate nei perizomi, dei quali è detto nella Genesi: Adamo ed Eva “accortisi di essere nudi, intrecciarono delle foglie di fico e ne fecero dei perizomi” (Gn 3,7), cioè delle fasce, come delle corte brache. 
Esuli dal paradiso terrestre, i figli di Adamo, poiché sono denudati della grazia di Dio, volentieri si coprono con le foglie di fico. Le foglie di fico producono prurito e al calore del sole si restringono, si arricciano e si disseccano: così le cose temporali producono il prurito della lussuria, e alla fiamma della morte lasciano nudi coloro che in vita se ne sono ricoperti.
Fortunata quell’anima che circoncide il prepuzio del suo figlio. Questo è il coltello di pietra, con il quale vengono circoncisi nuovamente i figli d’Israele, cioè i cristiani che sono stati circoncisi di ogni peccato la prima volta nel Battesimo. Ma poiché la malizia è aumentata e sovrabbonda l’iniquità, di nuovo vengono circoncisi da Cristo con il coltello di pietra, cioè con l’austerità della peni­tenza; e così viene allontanata l’infamia dell’Egitto, cioè il peccato mortale, che hanno contratto nelle tenebre del mondo.

12. In altro senso. La pietra è Cristo (cf. 1Cor 10,4). Dice il salmo: “La pietra è il rifugio”, il retrorifugio, “per gli iraci” (erinacei)(Sal 103,18) , cioè per i peccatori, ricoperti delle spine dell’iniquità. E di nuovo: Beato chi terrà i suoi piccoli alla pietra (cf. Sal 136,9), colui cioè che frenerà i suoi impulsi tendolo fermo alla pietra che è Cristo. L’onda del mare, quando sbatte contro la pietra, si infrange. Così anche la tempe­sta della tua tentazione, se sbatte contro Cristo, sarà infranta dalla grandezza della sua potenza e tu ne uscirai salvo.
Questa pietra fu tagliente nei castighi della misera vita presente; infatti dice la Genesi: “Maledetta la terra per causa tua: spine e cardi produrrà per te” (Gn 3,17.18). Sarà ancor più tagliente nella corruzione: Sei polvere, e in polvere ritornerai (cf. Gn 3,19). Sarà taglientissima nella proclamazione dell’ultima sentenza: “Andate, maledet­ti, nel fuoco eterno!” (Mt 25,41).
Con l’acutezza di questo timore, l’anima non separa, ma circoncide il prepuzio del suo figlio, non soltanto resti­tuendo il mal tolto, assistendo gli altri con le opere di misericordia, ma anche togliendo alla propria bocca le cose dolci, agli occhi le cose provocanti, agli orecchi le cose lusinghiere, alle mani quelle morbide e delicate, a tutto il corpo quelle piacevoli.
Lo stesso Gesù, per noi oggi circonciso, si degni di circoncidere anche noi dei vizi, affinché nel giorno ottavo della risurrezione meritiamo di esultare per la duplice stola che riceveremo. Ce lo conceda lui stesso che è benedetto nei secoli. Amen.
AMDG et BVM