giovedì 26 giugno 2014

Il dolce amore di Gesù per la Vergine

S. Brigida, ora pro nobis.

MARIA

«Io sono il Creatore del cielo e della terra, una sola cosa, divina, con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono co­lui che parlava ai patriarchi e ai profeti, colui che essi attendevano. È per soddisfare i loro desideri, secondo la mia promessa, che mi sono fatto uomo senza peccato né concupiscenza, entrando nel seno della Vergine, simile a un sole splendente che attraversa il vetro puro e tra­sparente. E, così come il sole attraversa il vetro senza danneggiarlo, la carne di Maria non è stata lesa né offe­sa, quando ho assunto attraverso lei la mia umanità. Ora, ho assunto l'umanità senza tuttavia smettere di es­sere divino. E sebbene fossi nel ventre della Vergine come essere umano, non di meno ero una cosa sola, divina, con il Padre e con lo Spirito Santo, guidando e colmando tut­te le cose, tanto che, così come lo splendore non si se­para mai dal fuoco, allo stesso modo la mia natura divi­na non si è mai separata dalla natura umana, nemmeno nella morte». Libro 1, 1

Maria intercede per i peccatori

...Allora la Madre di Dio, la Santa Vergine Maria, che all'inizio era rimasta in silenzio, parlò in questi ter­mini: «Mio Signore e amatissimo Figlio, nel mio ventre sei stato vero Dio e vero uomo; mi hai santificata con la tua bontà, io che ero un semplice vaso di terra. Ti pre­go, abbi pietà di loro ancora una volta». Allora nostro Signore rispose alla Madre: «Benedet­te siano le parole della tua bocca! Essa si è innalzata verso Dio come un profumo aromatico. Tu sei la gloria e la Regina degli angeli e dei santi, poiché hai in un cer­to qual modo consolato la divinità e rallegrato tutti i santi. E poiché la tua volontà è stata, sin dall'inizio della tua giovinezza, unita alla mia, farò ancora una volta quello che mi chiedi». E disse all'amata celeste: «Poiché hai combattuto con generosità, mi placherò di nuovo grazie alla tua carità. Salverò e guarirò chi è stato op­presso dalla violenza, l'onorerò con una forza cento vol­te superiore alle calunnie espresse nei suoi confronti. Darò la pace e la misericordia a quanti si faranno vio­lenza e mi chiederanno misericordia; e quelli che li di­sprezzeranno sentiranno e proveranno su di sé la mia giustizia». Libro 1, 5

Come lodare Maria e suo Figlio

«Io sono la Regina del cielo. Bisogna cercare con cu­ra il modo in cui lodarmi. Siate certi che qualsiasi lode a mio Figlio è una lode anche a me, e che quanti l'onora­no onorano anche me. Infatti ci siamo amati vicendevol­mente con tanto fervore che siamo stati un cuore solo; egli ha onorato in modo particolare me che ero un sem­plice vaso di terra, e mi ha esaltata al di sopra degli an­geli. È questo dunque il modo in cui dovete lodarmi: Benedetto sii tu, Dio! Creatore di tutte le cose, che ti sei degnato di scendere nel seno della Vergine Maria senza disagio, e di assumere da lei una carne umana sen­za peccato! Benedetto sii tu, Dio! che ti sei incarnato nella Vergine Santa e sei nato da lei senza peccato, col­mando di sussulti di gioia ineffabile la sua anima e tutte le sue membra! Benedetto sii tu, Dio! che hai rallegrato la Vergine Maria, tua Madre, dopo l'Ascensione, dando­le tante meravigliose consolazioni, e che l'hai visitata consolandola in modo divino! Benedetto sii tu, Dio! che hai portato in cielo il corpo e l'anima della Vergine Ma­ria, tua Madre, e che l'hai posta con onore accanto alla divinità, al di sopra di tutti gli angeli. Abbi misericordia di me grazie alle mie preghiere innamorate». Libro 1, 8

Il dolce amore di Gesù per la Vergine

«Io sono la Regina del cielo. Amate mio Figlio, poi­ché è onestissimo; e quando egli sarà in voi, sarete one­sti. Egli è amabilissimo; e quando sarà in voi, avrete tut­to ciò che è amabile. Amatelo perché è virtuosissimo; e quando sarà in voi, avrete ogni virtù. Desidero dirvi con quante delizie ha amato il mio corpo e la mia anima, e quanto ha onorato il mio nome. Ora, avendo io un corpo, Dio, al momento di creare la mia anima, l'ha calata nel mio corpo, e d'un tratto la mia anima e il mio corpo sono stati santificati, anima che gli angeli hanno custodito e conservato giorno e notte non appena è stata creata; e quando la mia anima è stata santificata e unita al mio corpo, mia madre ha provato così tanta gioia che è impossibile esprimere a parole. Dopo avere compiuto la mia esistenza, per pri­ma cosa egli ha innalzato la mia anima, che dominava il corpo, verso Dio, in grado sommamente superiore agli altri, e poi il mio corpo, tanto che il corpo di nessuna creatura è così vicino a Dio come il mio. Potete vedere, dunque, quanto mio Figlio abbia amato il mio corpo e la mia anima. Eppure alcuni hanno uno spirito maligno, e negano che io sia stata elevata verso Dio nel corpo e nell'anima. Potete vedere anche quanto mio Figlio abbia onora­to il mio nome: il mio nome è Maria, come si legge nei Vangeli. Quando gli angeli odono il mio nome, si ralle­grano in cuor loro e rendono grazie a Dio, che ha con­cesso loro una grazia e un favore tali che, attraverso me e con me, essi vedono l'umanità di mio Figlio glorificata in Dio. Quando gli angeli buoni sentono pronunciare il mio nome, si avvicinano subito agli uomini giusti di cui sono i custodi, e gioiscono meravigliosamente dei progressi dei loro protetti. [...] Anche i diavoli temono il nome di Maria e lo riveri­scono, poiché, quando lo odono, abbandonano imme­diatamente l'anima che tengono prigioniera, come un uccello rapace che stringe la preda fra gli artigli e nel becco, e la lascia se viene disturbato». Libro 1. 10

La Vergine Maria parla di sé a sua figlia Brigida

«Io sono la Regina del cielo, la Madre di Dio... Da quando, all'inizio dell'infanzia, conobbi il Signore, fui sempre attenta e timorosa per la mia salvezza e la mia obbedienza a lui. Quando seppi che Dio era il mio crea­tore e il giudice di tutte le mie azioni, l'amai intimamen­te; in ogni momento temetti di offenderlo con le mie parole e le mie azioni. Poi, quando seppi che aveva dato la legge e i suoi comandamenti al popolo, e che con essi aveva compiuto molte meraviglie, decisi risolutamente nella mia anima di non amare altri che lui; e le cose del mondo mi davano grande amarezza. Quando, venni a conoscenza anche del fatto che Dio avrebbe riscattato il mondo e sarebbe nato da una Vergine, mi sentii com­mossa e animata da così tanto amore nei suoi confronti, che pensavo solo a lui e non desideravo altri che lui. Mi allontanai il più possibile dai discorsi di tutti i giorni, e dalla presenza di genitori e amici; diedi ai poveri tutto ciò che avevo, e tenni per me solo un abito semplice e poche cose per vivere. Non mi piaceva nulla che non fosse Dio. Nel mio cuore nutrivo il desiderio incessante di vivere fino al giorno della sua nascita, per meritare di essere la serva della Madre di Dio, sebbene non mi rite­nessi degna di ciò. Dentro di me feci voto di rimanere vergine, se ciò era gradito a Dio, e di non possedere nient'altro al mondo. Ora, se la volontà di Dio fosse stata diversa, avrei desiderato che fosse fatta la sua volontà, non la mia, perché temevo che egli non potesse e non volesse niente che fosse utile per me; per questo, dunque, mi rimisi al­la sua volontà. Poiché si avvicinava il tempo della pre­sentazione delle vergini al Tempio, secondo la legge, che i miei genitori rispettavano, venni presentata con le altre fanciulle; dentro di me pensavo che nulla fosse im­possibile a Dio; e poiché egli sapeva che non desideravo né volevo altri che lui, poteva conservarmi nella vergi­nità, se ciò gli era gradito; diversamente, che fosse fatta la sua volontà. Dopo avere udito al Tempio ogni disposizione ed essere tornata a casa, bruciavo ancora di più dell'amore di Dio, ed ogni giorno ero accesa da un nuovo fuoco e da nuovi desideri di lui. Per questo mi allontanai più del consueto da tutti, rimanendo sola giorno e notte, con il grande timore che la mia bocca dicesse e che le mie orecchie udissero qualcosa contrario all'amore di Dio, o che i miei occhi vedessero qualcosa di delizioso. Temevo, inoltre, che il mio silenzio mi impedisse di esprimere quello che invece dovevo dire, ed ebbi cura di non fare quest'errore; essendo così turbata nel mio cuore e riponendo ogni mia speranza in Dio, d'un tratto mi ricordai di pensare all'immensa potenza divina, al modo in cui gli angeli e tutto il creato lo servono, e a quanto la sua gloria sia ineffabile e infinita. In estasi, vidi tre meraviglie: un astro, ma non come quello che splende in cielo; una luce, ma non come quel­la che brilla nel mondo; e sentii un profumo, ma non co­me quello delle erbe o di qualche sostanza aromatica, bensì soavissimo e ineffabile, un profumo di cui fui col-ma; ed ebbi un fremito di grande gioia. A quel punto, udii una voce profonda, ma non era una voce umana; e, dopo averla sentita, ebbi il timore che fosse stata un'illu­sione. D'improvviso mi apparve un angelo, simile a un uomo bellissimo, ma non di carne, che mi disse: «Ti salu­to, piena di grazia...». Dopo averne udito le parole, cer­cai di capirne il significato, o il motivo per cui mi avesse salutato in questo modo, poiché ero persuasa di essere indegna di una cosa simile e di qualsiasi bene mi venisse offerto, ma non ignorai il fatto che nulla era impossibile a Dio, e che egli poteva fare di me ciò che desiderava. Allora l'angelo mi disse per la seconda volta: «Colui che nascerà da te è santo, e si chiamerà Figlio di Dio (cfr. Lc 2); e sarà fatta la sua volontà». Io non credevo di esserne degna, e non chiesi all'angelo perché o quan­do si sarebbe compiuto tale mistero; tuttavia mi infor­mai sul modo in cui sarebbe avvenuto, poiché ero inde­gna di essere la Madre del Signore, e non conoscevo uo­mo; come ebbi pronunciato queste parole, l'angelo mi rispose che nulla era impossibile a Dio, e che ogni suo desiderio si sarebbe realizzato. Dopo aver udito l'angelo, provai un immenso desi­derio di essere la Madre di Dio, e mi sentii ricolma di un grande amore; la mia anima parlava con uno smisu­rato amore incomparabile. Per questo pronunciai le pa­role: 'Sia fatta in me la tua volontà'. A queste parole, il Figlio di Dio fu immediatamente concepito nel mio seno; la mia anima avvertì una gioia ineffabile e tutte le membra del mio corpo ebbero un sussulto. Lo custodivo in me e lo portavo senza dolore, senza pesantezza, senza disagio; mi umiliavo in ogni co­sa, sapendo che colui che portavo in me era onnipotente. Quando lo diedi alla luce, lo partorii senza dolore e senza peccato, così come l'avevo concepito, ma con una tale gioia nello spirito e nel corpo che i miei piedi quasi non toccavano la terra. E così come era entrato in tutte le mie membra con la gioia universale della mia anima, allo stesso modo ne uscì senza ledere la mia verginità, mentre le mie membra e la mia anima trasalivano di gioia ineffabile. Considerando e ammirando la sua bel­lezza, la mia anima era colma di gioia, poiché sapevo che ero indegna di un simile Figlio. Quando guardavo le sue mani e i suoi piedi nel pun­to in cui sarebbero stati conficcati i chiodi, poiché ave­vo sentito che, secondo i profeti, sarebbe stato crocifis­so, i miei occhi si scioglievano in lacrime, e la tristezza mi straziava il cuore. E quando mio Figlio mi vedeva così sconsolata e lacrimosa, si rattristava tantissimo. Ma quando pensavo alla potenza divina, mi consolavo di nuovo, poiché sapevo che Dio voleva ciò e che era op­portuno che le profezie si avverassero; allora conforma­vo la mia volontà alla sua; così il mio dolore si fondeva sempre con la gioia». Libro 1, 9

Piacevole conversazione fra Maria e suo Figlio

La Madre di Dio dice al Figlio: «Figlio mio, sei re della gloria; sei Signore su tutti i signori; hai creato il cielo, la terra e tutto ciò che contengono: per questo si compia il tuo desiderio e sia fatta la tua volontà». Risponde il Figlio: «Come dice il vecchio proverbio, quello che si è imparato in gioventù, lo si ricorda nella vecchiaia. Così per te, Madre mia! In gioventù hai im­parato a seguire la mia volontà, rinunciando alla tua per amore mio; è per questo che hai detto bene: 'Sia fatta la tua volontà'. Sei come l'oro prezioso che viene adagiato e sagomato sull'incudine, poiché sei stata forgiata da ogni sorta di tribolazioni e hai sofferto mille mali duran­te la mia indicibile Passione; infatti, quando il mio cor­po era spezzato sulla croce dall'intensità del dolore, il tuo cuore ne era ferito come se fosse stato trafitto con un ferro che strazia, e avresti permesso che fosse lacera­to, se solo lo avessi voluto; in verità, ti saresti opposta alla mia Passione e avresti desiderato la mia vita solo se ciò fosse stato conforme alla mia volontà. Perciò dici a ragion veduta: 'Sia fatta la tua volontà'». Libro 1, 20

La Chiesa riceve la misericordia di Dio per intercessione della Vergine Maria

Il Padre eterno rivolse le seguenti parole all'intera corte celeste che lo ascoltava: «Davanti a voi mi lamen­to: ho dato mia figlia (la Chiesa) a un uomo che l'afflig­ge troppo e la tiene miseramente in ceppi, tanto che tut­to il suo midollo scorre ai suoi piedi». Il Figlio gli rispo­se: «È colei che ho riscattato con il mio sangue e che ho sposato per amore; ma ora mi viene sottratta con violen­za?». Poi la Madre di Dio disse: «Voi siete mio Dio e mio Signore, e il mio corpo ha accolto le membra di tuo Figlio e del mio vero Figlio. Ora, non vi ho rifiutato nulla quando ero sulla terra: per questo abbiate pietà di vostra figlia per amore delle mie preghiere». Allora il Padre rispose al Figlio: «Figlio mio, le tue lamentele sono le mie, le tue parole le mie, le tue opere le mie. Sei in me ed io sono in te in modo inseparabile. Sia fatta la tua volontà». Poi, disse alla Vergine Santa, Madre di Dio: «Poiché non mi hai rifiutato nulla quan­do eri sulla terra, io non voglio rifiutarti nulla ora che sei in cielo. Sia fatta la tua volontà». Libro 1, 24

La Vergine Maria parla dell'umiltà

(Nel paragrafo precedente, la Vergine parla della su­perbia che paragona a una signora seduta su uno scanno molto alto, dove può sedere soltanto da sola,' per raggiun­gerlo bisogna passare per tre porte che corrispondono a tre livelli d'orgoglio sempre maggiori) «Io che sono umilissima», dice la Vergine Maria, «siedo in un luogo spazioso, e sopra di me non ci sono né la luna né il sole, bensì una serenità inestimabile e meravigliosa, che deriva dalla maestà divina. Sotto di me non ci sono né terra né pietre, ma un incomparabile riposo in seno alla divina verità. Accanto a me non ci sono mura, ma la gloriosa compagnia degli angeli e del­le anime beate. Sebbene io sia seduta così in alto, odo i gemiti e vedo le lacrime dei miei amici sulla terra. Vedo che le loro pene e la loro forza sono più grandi di quelle di chi combatte per signora Superbia; per questo andrò a visitarli e li metterò sul mio trono, che è spazioso e può contenerli tutti. Tuttavia essi non possono ancora raggiungermi fin tanto che due muri ci separano, muri attraverso cui li condurrò di sicuro, affinché arrivino al mio trono. Il primo muro è il mondo stretto e severo; perciò consolerò i miei servitori. Il secondo è la morte: ma io sono la loro cara Signora e Madre, li guiderò; li assisterò durante il trapasso affinché, nella morte, trovi­no conforto e consolazione. Li terrò accanto a me sul trono della gioia celeste, perché, con dilettazione perpe­tua e gloria eterna, riposino per sempre con gioia ine­sprimibile». Libro 1, 29

La Vergine adorna di una corona e di altri ornamenti

La Santa sposa Brigida vede la Madre di Dio, Regi­na del cielo, che porta sul capo una corona inestimabile. I suoi capelli, luminosi e bellissimi, ricadono sulle spal­le. La Vergine indossa una tunica d'oro scintillante e un mantello blu come il cielo; Brigida cade in un'estasi contemplativa, come se la vita interiore l'alienasse da se stessa. D'un tratto le appare San Giovanni Battista, che le dice: «Ascolta con attenzione: sto per rivelarti il signi­ficato di tutto ciò. La corona indica che la Santa Vergine è Regina, Si­gnora, Madre del Re degli angeli. I capelli sparsi signifi­cano che è vergine purissima e assolutamente perfetta. Il suo mantello blu come il cielo denota che per lei tutte le cose temporali sono morte. La sua tunica d'oro sim­boleggia che ha provato un amore e una carità ardenti, sia interiormente che esteriormente. Suo Figlio ha posto nella sua corona sette gigli, il primo è la sua umiltà; il secondo il timore; il terzo l'ob­bedienza; il quarto la pazienza; il quinto la serenità; il sesto la dolcezza, poiché dare a chiunque chieda si addice a coloro che sono dolci; il settimo è la misericordia nel bisogno: in qualsiasi necessità si trovino gli uomini, essi si salvano se la invocano. Il Figlio di Dio ha posto fra questi sette gigli sette pietre preziose: la prima è la sua eminente virtù, poi­ché negli spiriti non c’è virtù tale che questa Vergine Santa non abbia in sé in sommo grado; la seconda è una purezza perfetta, poiché questa Regina del cielo è stata così pura che in lei non c'è mai stata la minima macchia di peccato, e nessun demone è riuscito a tro­vare in lei alcuna impurità. Ella è davvero purissima, perché era opportuno che il Re della gloria riposasse unicamente in un vaso purissimo e di prima scelta, al di sopra degli angeli e degli uomini. La terza pietra preziosa è la bellezza, tanto che i santi lodano Dio per la bellezza di sua Madre, e si compie così la gioia di tutti gli angeli, di tutti i santi e di tutte le sante. La quarta pietra preziosa della corona è la saggezza della Vergine Madre, poiché, essendo adorna di fulgore e di bellezza, ella è stata colmata e dotata di ogni saggezza da Dio. La quinta è la forza, poiché ella è così forte at­traverso Dio che può distruggere e disperdere tutto ciò che è stato creato. La sesta pietra è il suo sfavillìo e la sua luminosità, poiché gli angeli, i cui occhi sono più chiari della luce, ne sono illuminati, e i demoni, abbacinati dalla sua bellezza, non osano guardare il suo splendore. La settima pietra è la pienezza di ogni dilettazione, di ogni dolcezza spirituale, presente in lei con tale ricchezza che non c'è gioia che non sia accre­sciuta dalla sua, né dilettazione che non si completi con la sua vista beata; poiché ella è stata colmata di grazia al di sopra di tutti i santi; poiché è vaso di pu­rezza in cui si trovano ogni dolcezza e ogni bontà. Suo Figlio ha posto queste pietre fra i gigli che erano sulla corona della Vergine. Onorala, dunque, sposa del Fi­glio! e lodala con tutto il cuore, perché ella è degna di ogni onore e di ogni lode». Libro 1, 31

Il dolore della Vergine accanto alla Croce

«Pensa, figlia mia», diceva la Vergine Maria, «alla Passione di mio figlio, le cui membra sono state quasi le mie membra, e il cui cuore è stato quasi il mio cuore: poiché lui, come gli altri figli, ha abitato nel mio seno, ma è stato concepito con un amore fervente per amore divino. San Giovanni, suo cugino, dice a ragion veduta 'il Verbo si è fatto carne', perché con incomparabile ca­rità egli è venuto ed è restato in me. Ora, la Parola e l'Amore lo hanno creato in me. Avevo l'impressione che metà del mio cuore uscisse da me, e quando egli soffri­va, provavo il suo dolore, come se il mio cuore soppor­tasse i suoi tormenti. Infatti, così come, se si punge la parte esterna di una persona, ne risente anche il suo in­terno, così quando mio Figlio veniva percosso e flagella­to, lo stesso provava anche il mio cuore. Io sono stata anche colei che gli è rimasta più vicino durante la Passione. Non mi sono mai separata da lui e sono restata accanto alla croce; così come ciò che è più vicino al cuore è afflitto più duramente, così il suo dolo­re era più amaro per me che per chiunque altro. Quan­do egli mi ha guardato dall'alto della croce ed io gli ho restituito lo sguardo, dai miei occhi sgorgavano fiumi di lacrime; e quando ha visto che ero spezzata dal dolore delle sue piaghe, gli è parso che la sua sofferenza si cal­masse. Perciò oso dire che il suo dolore era il mio dolo­re, poiché il suo cuore era il mio cuore; così come Ada­mo ed Eva hanno venduto il mondo per una mela, così il mio caro Figlio ed io lo abbiamo riscattato con il no­stro cuore». Libro I, 35

Tutte le virtù e tutte le grazie sono custodite nella Vergine Maria

«Ci sono tre cose in particolare per cui sono pia­ciuta a mio Figlio», diceva la Madre di Dio alla sposa: «- l'umiltà, tanto che nessun uomo, nessun angelo e nessuna creatura era più umile di me; - ho eccelso nell'obbedienza, perché mi sono sforzata di obbedire a mio Figlio in ogni cosa; - ho avuto in sommo grado una carità singolare, e per questo sono stata onorata tre volte tanto da lui, poiché per prima cosa sono stata onorata dagli angeli e dagli uomini, tanto che non c’è virtù divina che non risplenda in me, sebbene egli sia l'origine e il Creatore di tutte le cose. Io sono la creatu­ra cui egli ha concesso una grazia più eminente che a tutte le altre creature. In secondo luogo, ho ottenuto una grande potenza, grazie alla mia obbedienza, tanto che non c'è peccatore, per quanto corrotto, che non ottenga il suo perdono se si rivolge a me con cuore contrito e il fermo proposito di fare ammenda. In terzo luogo, attraverso la mia carità, Dio si avvicina a me a tal punto che chi vede Dio, vede me, e chi vede me, può vedere in me, come in uno specchio più perfetto di quello degli altri, la divinità e l'umanità, e me in Dio; infatti chiunque vede Dio, vede in lui tre Persone; e chiunque vede me, vede tre Persone, dato che il Si­gnore mi ha rinchiuso dentro di sé con la mia anima e il mio corpo, e mi ha colmato di ogni genere di virtù, tanto che non c’è virtù in Dio che non risplenda in me, sebbene Dio sia il Padre e l'autore di tutte le virtù. Quando due corpi si uniscono, l'uno riceve quello che riceve l'altro: lo stesso succede tra me e Dio, poiché in lui non c'è dolcezza che non sia per così dire in me, come colui che ha il gheriglio di una noce e ne dà metà a un altro. La mia anima e il mio corpo sono più puri del sole e più lucidi di uno specchio. Così come in uno specchio si possono vedere tre persone, se fossero pre­senti, allo stesso modo è possibile vedere nella mia pu­rezza il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, poiché ho portato il Figlio nel mio seno; ora lo si vede in me con Dio e l'umanità come in uno specchio, perché sono pie­na di gloria. Sforzati dunque, sposa di mio Figlio! di se­guire la mia umiltà e di non amare altri che mio Figlio». Libro I, 42

Parole di lode scambiate fra la Madre e il Figlio in presenza della sposa

La Vergine Maria parlava a suo Figlio, dicendo: «Sii benedetto, Figlio mio, tu che sei senza inizio e senza fi­ne; tu che sei stato l'uomo più abile e più virtuoso che sia mai esistito; tu che sei stato la creatura più degna del mondo!». Il Figlio rispose dicendo: «Madre mia, le parole che escono dalla tua bocca mi sono gradite, e nutrono i pen­sieri più segreti del mio cuore in modo dolce e soave; tu per me sei più dolce di qualsiasi altra creatura. Sebbene io ami i santi, amo te con amore ancora più ardente, più singolare e più eccelso, perché sono stato generato dalla tua carne. Sei come la mirra di prima qualità, il cui pro­fumo sale fino a Dio e lo conduce nel tuo corpo: lo stes­so profumo ha attirato a sé il tuo corpo e la tua anima. Sii benedetta, perché gli angeli si rallegrano per la tua bellezza; e, grazie alla tua virtù, chiunque ti invochi con cuore puro sarà liberato. Tutti i demoni tremeranno da­vanti alla tua luce». Libro 1, 46

Parole di lode e di benedizione scambiate tra la Madre e il Figlio

La Madre di Dio parlava a suo Figlio, dicendo: «Ca­ro Figlio mio, che il tuo nome sia benedetto in eterno con la tua divinità infinita! Nella tua divinità ci sono tre cose meravigliose: la tua potenza, la tua saggezza e la tua virtù. La tua potenza infinita è come un fuoco che arde, davanti a cui tutto ciò che è forte e rigido si spezza e si rompe, come la paglia seccata dal fuoco. La tua saggez­za imperscrutabile è come il mare, che non può inaridir­si tale è la sua grandezza, che copre le valli e le monta­gne; e come i flutti impetuosi salgono e scendono, allo stesso modo, nessuno può giungere alla conoscenza della tua saggezza, né può trovare la strada per sondarla ed arrivarci. Con quanta saggezza hai creato l'uomo e l'hai formato e messo al di sopra di ogni creatura! Con quan­ta saggezza hai disposto 'gli uccelli nell'aria, gli animali sulla terra, i pesci nel mare, dando ad ognuno di loro un tempo e un ordine! Con quanta saggezza hai reso saggi gli stolti, e stolti i superbi! La tua virtù, insigne e prodi­giosa, è come la luce del sole che splende in cielo e colma la terra del suo splendore, così come la tua virtù, che sazia le cose del cielo e della terra e le ricolma tutte. Per questo tu sii benedetto, caro Figlio mio! Tu che sei il mio Dio gentile e il mio Signore maestoso!». il Figlio rispose: «Madre amatissima, le tue parole sono dolci e piacevoli per me, perché sono pronunciate dalla tua anima, assolutamente bella e pura. Come la bella e bionda aurora, ti alzi al mattino con luminosità e serenità gettando i tuoi raggi su tutti i cieli, e la tua luce e il tuo fulgore superano ogni angelo. Con la grazia inef­fabile, hai dolcemente attirato a te il sole, ossia la mia divinità, e poiché il sole della mia divinità è giunto a te, si è legato e unito a te; e sei stata riscaldata più di chiun­que altro dal suo calore attraverso il mio amore, e grazie alla mia saggezza divina sei stata illuminata, più di chiunque altro, dal suo splendore. Per merito tuo si so­no dissipate le spesse tenebre della terra e tutti i cieli si sono illuminati. In verità ti dico che la tua incomparabi­le purezza, che mi è piaciuta più di quella degli angeli, ti ha valso la mia adorabile divinità, affinché tu fossi in­fiammata dal fuoco di questo Spirito divino, con il qua­le hai rinchiuso in te il vero Dio e il vero uomo, e attra­verso cui ogni uomo è stato illuminato e gli angeli si so­no rallegrati. Madre mia! Sii dunque benedetta dal tuo Figlio be­nedetto. Per questo non domanderai nulla che non ti sia concesso; e per merito tuo chi mi chiederà misericordia con il desiderio di correggere i propri errori, riceverà la mia grazia, perché, così come il calore proviene dal sole, allo stesso modo attraverso te giungerà ogni misericordia: perché tu sei come una fontana che si espande ovunque e dalla quale la misericordia sgorga sui malvagi». La Madre rispose nuovamente al Figlio: «Figlio mio, che ogni gloria e ogni virtù siano con te. Tu sei mio Dio e mia misericordia. Tutto ciò che mi è caro è tuo. Tu sei come il seme che non è stato seminato, e che tuttavia è cresciuto e ha fatto frutti cento, mille volte tanto. Ogni misericordia trae origine da te; ed essendo indicibile e infinita, può giustamente essere espressa con il numero simbolico cento, sinonimo di perfezione, perché qual­siasi perfezione e qualsiasi beneficio dipende da te». Allora il Figlio disse alla Madre: «Madre mia, mi hai paragonato a ragion veduta al seme che non è stato se­minato, e che tuttavia è cresciuto, perché sono cresciuto in te con la mia divinità e la mia umanità, ed essa non è stata seminata con mescolanza, eppure è cresciuta in te, e da essa è sgorgata in abbondanza la mia misericordia in tutti e per tutti; per questo ti sei espressa bene. Ora, quindi, chiedi tutto ciò che vuoi, e ti sarà dato, perché tu invochi la mia infinita misericordia con la forza e con le dolci parole della tua bocca». La Madre gli rispose dicendo: «Figlio mio, poiché ho ricevuto ed ottenuto la tua misericordia, oso chie­derti misericordia e soccorso per i poveri miserabili. Fi­glio mio e mio Signore, concedi loro la tua misericordia attraverso le mie preghiere». Il Figlio rispose: «Chiunque invochi il tuo nome e abbia fiducia nelle tue preghiere, con la volontà di cor­reggersi e fare ammenda dei suoi errori, dapprima rice­verà queste tre cose, e poi il regno celeste, perché avver­to così tanta dolcezza nelle tue parole, che non posso ri­fiutare quello che mi chiedi; poiché anche tu desideri solo ciò che voglio io. Infine, sei come una fiamma lu­minosa e ardente, attraverso la quale le luci spente si so­no accese e il cui ardore cresce: così, grazie alla tua ca­rità, che è salita al mio cuore e mi ha attirato verso te, chi è stato sorpreso nel peccato dalla morte, rivivrà nel­la vita vivente del mio amore infinito». Libro 1, 50


AVE MARIA PURISSIMA!

mercoledì 25 giugno 2014

Gustiamo la Bibbia con Sant'Antonio di Padova

I. La preparazione della cena e gli inviti 


3. “Un uomo fece una grande cena”. Considera che c’è una duplice cena: la cena della penitenza e la cena della gloria. E poiché senza la prima non si arriva alla seconda, prepariamo la prima e vediamo quali siano gli alimenti necessari.
Qui abbiamo la concordanza con il primo libro dei Re, dove si racconta che Anna “allattò il figlio (Samuele) fino al tempo dello svezzamento. Dopo averlo svezzato, lo condusse con sé portando tre vitelli, tre misure di farina e un’anfora di vino; e lo condusse alla casa del Signore a Silo” (1Re 1,23-24).

Anna, che s’interpreta “grazia”, è figura della grazia dello Spirito Santo, la quale con le due mammelle della grazia preveniente e della grazia “susseguente” (cooperante), allatta il penitente finché lo svezza totalmente dal latte della concupiscenza della carne e della vanità del mondo.

E osserva che come la madre che vuole svezzare il figlio si bagna le mammelle di liquido amaro, affinché il bambino che cerca il dolce trovi invece l’amaro e quindi venga distolto dal dolce, così la grazia dello Spirito Santo cosparge le mammelle dei beni temporali con il liquido amaro della tribolazione, affinché l’uomo rifugga da questa dolcezza cosparsa di amarezze, e ricerchi la dolcezza vera.

“E dopo averlo svezzato lo prese con sé, insieme con tre vitelli”. Ecco i cibi che si devono preparare per la cena della penitenza. La grazia porta con sé il penitente insieme con tre vitelli, nei quali è indicata la triplice offerta.

Il vitello di un cuore contrito e afflitto, come dice il Salmo: “Allora porranno vitelli sopra il tuo altare” (Sal 50,21). Sopra l’altare, cioè nella contrizione del cuore, i penitenti pongono i vitelli, vale a dire bruciano i piaceri e i pensieri immondi.

Il vitello della confessione. Dice Osea: “Prendete con voi le parole, convertitevi al Signore e dite: Togli ogni iniquità e accetta il bene, e ti offriremo i vitelli delle nostre labbra” (Os 14,3). Prende con sé le parole colui che si sforza di praticare ciò che ascolta, e così si converte al Signore. E al Signore dice anche: “Togli ogni iniquità”, che io ho commesso, “e accetta il bene” che tu stesso hai dato. “Non a me, Signore, non a me, ma al tuo nome dà gloria” (Sal 113B,1). E così io ti renderò “i vitelli delle mie labbra”, farò cioè la confessione del mio crimine e a te innalzerò la lode.

Il vitello del corpo, castigato con la penitenza. “Vitello e vitella sono così chiamati per la loro “verde” età. Vitello e vitella sono figura della nostra carne, la quale nella verde età della giovinezza si sbizzarrisce spensieratamente per i prati di una colpevole sfrenatezza. Di essa dice Sansone: “Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste decifrato il mio enigma” (Gdc 14,18). Sansone è figura dello spirito; la giovenca rappresenta la nostra carne: se ariamo su di essa, facendola soffrire con la penitenza, decifreremo l’enigma, che è questo: “Che cos’è più dolce del miele? Che cos’è più forte del leone” della tribù di Giuda? (Gdc 14,18). Che cosa c’è di più dolce del miele, cioè della contemplazione? Che cosa c’è di più forte del leone, cioè del predicatore, al cui ruggito tutti gli animali devono fermare il passo? Che cos’è più dolce del miele della mansuetudine? Che cos’è più forte delle leone della severità? Giustamente quindi è detto: “E lo portò con sé, insieme con tre vitelli”.

“E con tre misure di farina”. Il grano si macina e si riduce in farina. La farina, impastata con l’acqua, si solidifica in pane, il quale sostiene il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15). Allo stesso modo il grano delle nostre opere dev’essere macinato per mezzo di una severa critica, triturato con un attento esame, per risultare purificato come la farina.

Questo esame poi dev’essere triplice, come è indicato dalle tre misure. Si deve esaminare la natura dell’opera che compiamo, la sua origine e la sua finalità. Quindi l’opera dev’essere mescolata con l’acqua delle lacrime, per implorare l’irrigazione inferiore e l’irrigazione superio­re (cf. Gdc 1,15): e l’opera dev’essere offerta o per il riscatto delle opere cattive del passato, o per il deside­rio dell’eterna felicità; e questo era prefigurato nelle due tortore che si offrivano sotto la Legge, una delle quali veniva offerta per il peccato, e l’altra veniva bruciata in olocausto (cf. Lv 12,8).

Quindi con la farina e con l’acqua si impasta il pane, che sostenta il cuore dell’uomo, perché con le opere buone mescolate alle lacrime si nutre e si arricchisce la co­scienza dell’uomo.
“E un’anfora di vino”, la quale ha tre misure (Glossa). Nel vino è raffigurata la letizia della mente, che consiste in tre cose: nel testimonio della buona coscienza, nell’edi­fi­ca­zione del prossimo e nella speranza della felicità eterna.

Con tutte queste cose la madre Anna, vale a dire la grazia dello Spirito Santo, conduce il suo figlio, il giusto, alla casa del Signore a Silo, che significa “tra­sferita”, lo guida cioè fino alla vita eterna, alla quale i santi vengono trasferiti dal pellegrinaggio di questo mondo, e alla cui cena di gloria banchettano insieme con gli spiriti beati.

3. “Un uomo fece una grande cena”. Considera che c’è una duplice cena: la cena della penitenza e la cena della gloria. E poiché senza la prima non si arriva alla seconda, prepariamo la prima e vediamo quali siano gli alimenti necessari.

Qui abbiamo la concordanza con il primo libro dei Re, dove si racconta che Anna “allattò il figlio (Samuele) fino al tempo dello svezzamento. Dopo averlo svezzato, lo condusse con sé portando tre vitelli, tre misure di farina e un’anfora di vino; e lo condusse alla casa del Signore a Silo” (1Re 1,23-24).

Anna, che s’interpreta “grazia”, è figura della grazia dello Spirito Santo, la quale con le due mammelle della grazia preveniente e della grazia “susseguente” (cooperante), allatta il penitente finché lo svezza totalmente dal latte della concupiscenza della carne e della vanità del mondo.

E osserva che come la madre che vuole svezzare il figlio si bagna le mammelle di liquido amaro, affinché il bambino che cerca il dolce trovi invece l’amaro e quindi venga distolto dal dolce, così la grazia dello Spirito Santo cosparge le mammelle dei beni temporali con il liquido amaro della tribolazione, affinché l’uomo rifugga da questa dolcezza cosparsa di amarezze, e ricerchi la dolcezza vera.

“E dopo averlo svezzato lo prese con sé, insieme con tre vitelli”. Ecco i cibi che si devono preparare per la cena della penitenza. La grazia porta con sé il penitente insieme con tre vitelli, nei quali è indicata la triplice offerta.


Il vitello di un cuore contrito e afflitto, come dice il Salmo: “Allora porranno vitelli sopra il tuo altare” (Sal 50,21). Sopra l’altare, cioè nella contrizione del cuore, i penitenti pongono i vitelli, vale a dire bruciano i piaceri e i pensieri immondi.

Il vitello della confessione. Dice Osea: “Prendete con voi le parole, convertitevi al Signore e dite: Togli ogni iniquità e accetta il bene, e ti offriremo i vitelli delle nostre labbra” (Os 14,3). Prende con sé le parole colui che si sforza di praticare ciò che ascolta, e così si converte al Signore. E al Signore dice anche: “Togli ogni iniquità”, che io ho commesso, “e accetta il bene” che tu stesso hai dato. “Non a me, Signore, non a me, ma al tuo nome dà gloria” (Sal 113B,1). E così io ti renderò “i vitelli delle mie labbra”, farò cioè la confessione del mio crimine e a te innalzerò la lode.

Il vitello del corpo, castigato con la penitenza. “Vitello e vitella sono così chiamati per la loro “verde” età. Vitello e vitella sono figura della nostra carne, la quale nella verde età della giovinezza si sbizzarrisce spensieratamente per i prati di una colpevole sfrenatezza. Di essa dice Sansone: “Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste decifrato il mio enigma” (Gdc 14,18). Sansone è figura dello spirito; la giovenca rappresenta la nostra carne: se ariamo su di essa, facendola soffrire con la penitenza, decifreremo l’enigma, che è questo: “Che cos’è più dolce del miele? Che cos’è più forte del leone” della tribù di Giuda? (Gdc 14,18). Che cosa c’è di più dolce del miele, cioè della contemplazione? Che cosa c’è di più forte del leone, cioè del predicatore, al cui ruggito tutti gli animali devono fermare il passo? Che cos’è più dolce del miele della mansuetudine? Che cos’è più forte delle leone della severità? Giustamente quindi è detto: “E lo portò con sé, insieme con tre vitelli”.

“E con tre misure di farina”. Il grano si macina e si riduce in farina. La farina, impastata con l’acqua, si solidifica in pane, il quale sostiene il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15). Allo stesso modo il grano delle nostre opere dev’essere macinato per mezzo di una severa critica, triturato con un attento esame, per risultare purificato come la farina.

Questo esame poi dev’essere triplice, come è indicato dalle tre misure. Si deve esaminare la natura dell’opera che compiamo, la sua origine e la sua finalità. Quindi l’opera dev’essere mescolata con l’acqua delle lacrime, per implorare l’irrigazione inferiore e l’irrigazione superio­re (cf. Gdc 1,15): e l’opera dev’essere offerta o per il riscatto delle opere cattive del passato, o per il deside­rio dell’eterna felicità; e questo era prefigurato nelle due tortore che si offrivano sotto la Legge, una delle quali veniva offerta per il peccato, e l’altra veniva bruciata in olocausto (cf. Lv 12,8).

Quindi con la farina e con l’acqua si impasta il pane, che sostenta il cuore dell’uomo, perché con le opere buone mescolate alle lacrime si nutre e si arricchisce la co­scienza dell’uomo.
“E un’anfora di vino”, la quale ha tre misure (Glossa). Nel vino è raffigurata la letizia della mente, che consiste in tre cose: nel testimonio della buona coscienza, nell’edi­fi­ca­zione del prossimo e nella speranza della felicità eterna.


Con tutte queste cose la madre Anna, vale a dire la grazia dello Spirito Santo, conduce il suo figlio, il giusto, alla casa del Signore a Silo, che significa “tra­sferita”, lo guida cioè fino alla vita eterna, alla quale i santi vengono trasferiti dal pellegrinaggio di questo mondo, e alla cui cena di gloria banchettano insieme con gli spiriti beati.

martedì 24 giugno 2014

13 giugno 2014 – Quello sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva


13 giugno 2014 – Quello sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva

Mia amata figlia diletta, il Mio Tempo è molto vicino, perciò è importante che ogni singola persona nel mondo si prepari come se dovesse essere presa da questa vita da un momento all’altro. Non ignorate la Mia Chiamata, perché chi non riuscirà a prepararsi per il Grande Giorno sarà abbandonato alla più grande angoscia.
Nel Giorno della Mia Seconda Venuta, che sarà preceduta dall’Avvertimento, in cui Io dimostrerò al mondo Chi Io Sono, dovrete essere pronti.Vengo per tutti voi, per portarvi nello splendido, nuovo e glorioso Paradiso. Io non voglio escludere nessuno. Ognuno di voi è un figlio amato da DioColoro che non sono consapevoli della loro discendenza, sapranno immediatamente Chi Io Sono, poiché ciò scaturirà da un istinto umano, radicato in loro, proprio come quello di un bambino che viene separato dal suo genitore naturale; egli riconoscerà la propria carne e il proprio sangue anche se ci dovesse volere una vita per potersi riunire l’unl’altro. Sarà una cosa naturale e, per coloro che hanno un cuore caloroso, il momento finale sarà riempito da un amore esaltante.Non avrete nulla da temere.
Coloro che scelgono di credere in falsi dèi e che non riconoscono il Dio Uno e Trino, non Mi accetteranno prontamente, perché Mi hanno sempre rifiutato. Eppure, Io vi attirerò a Me e vi accoglierò. Il Potere di Dio scenderà su di voi grazie al Dono dello Spirito Santo, e farete fatica a voltarMi le spalle, e quindi, per quelli di voi che Mi vedranno, compresi quelli che Mi hanno respinto in questa vita, a quel punto si realizzerà la Verità. Voi lascerete che Io vi attiri nelle Mie Sante Braccia.
Innalzerò tutti voi, in un attimo, in un batter d’occhio, nel Mio Nuovo Regno e poi comincerà l’inizio della fine. Quelle anime che idolatravano la bestia e che si sono dedicate corpo, mente e anima a Satana, divenendo suoi agenti volontari, non avranno nessun luogo ove andare, né per nascondersi e saranno lasciati senza alcun aiuto, poiché Satana li avrà abbandonati. Infatti da quel momento, Satana sarà gettato nell’abisso ed il suo potere cesserà completamente.A quelle anime, dico questo: “Anche in quel momento vi mostrerò Misericordia,dovete solo invocarMi e dire: Gesù, aiutami.Gesù, perdonami per tutti i miei peccati ed Io innalzerò anche voi, nel Mio Nuovo Paradiso.
Io salverò ogni anima che Mi invoca anche poco prima che i cieli si chiudano; le montagne crolleranno, il mare inonderà la Terra e poi i Cieli spariranno insieme ad essa. Sorgerà allora il Mio Nuovo Paradiso, il Nuovo Cielo e la Nuova Terra, così come erano stati creati per Adamo ed Eva, e tutto si rallegrerà, poiché questo sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva. Non perdete mai la speranza e ricordate le Parole che vi dico adesso.
La Mia Misericordia è talmente Grande che anche coloro che hanno venduto l’anima al diavolo saranno salvati, se lo desiderano, invocandoMi nell’Ultimo Giorno. Anche loro potranno vivere una Vita Eterna di grande gloria, con tutti i figli di Dio. Questo Nuovo Paradiso è la vostra legittima eredità. Non sperperatela per seguire le false e vuote promesse di Satana.
Io vi amo tutti. Tenete sempre il Mio Amore rinchiuso nei vostri cuori ed Io vi proteggerò sempre dal male.
Il vostro Gesù



lunedì 23 giugno 2014

La SS. Consolata



Sta per incominciare la novena della nostra cara Madre. [La festa ricorre il 20 giugno] Per noi, figli prediletti della Consolata, è importante questa festa? È tutto!... A Torino, novena solennissima; tutta la città si commuove. Quante Comunioni! Quante persone vengono a pregare!

Vi farei un torto ad invitarvi a far bene questa novena e ad indicarvi come dovete farla. Basta sapere che ci avviciniamo a festeggiare la nostra cara Mamma per dire tutto!... Non è infatti la SS. Vergine, sotto questo titolo della Consolata, la nostra Madre, e non siamo noi i suoi figli? Sì, nostra Madre tenerissima, che ci ama come pupilla degli occhi suoi, che ideò il nostro Istituto, lo sostenne in tutti questi anni materialmente e spiritualmente, sia qui in Casamadre e sia in Africa, ed è sempre pronta a tutti i nostri bisogni. Che se celebriamo con trasporto tutte le feste della Madonna, specialmente quelle dell'Immacolata e dell'Assunta, con quanto più trasporto dobbiamo celebrare questa, che è la " nostra " festa, nostra cioè in modo tutto particolare.

No, non voglio dirvi che vi prepariate; sono certo che siete tutti ben disposti a far bene questa novena, a celebrare con entusiasmo questa festa. Se vi fosse fra voi chi non ha questi sentimenti, preghi la Madonna che glieli infonda; altrimenti è cattivo segno.

Non v'ha dubbio che tutto quello che si è fatto qui, tutto è opera della SS. Consolata. Ella ha fatto per questo Istituto dei miracoli quotidiani; ha fatto parlare le pietre; ha fatto piovere denari. Nei momenti dolorosi, la Madonna intervenne sempre in modo straordinario... Ho visto molto, molto... E se voi steste attenti, vedreste e comprendereste che il buon spirito che c'è in tutto l'andamento della Casa, lo stesso desiderio di farvi buoni, tutto, tutto è grazia della SS. Consolata. E ciò, senza parlare delle grazie concesseci lungo l'anno, anche d'ordine temporale, come il pane quotidiano. Sì, anche per questo lascio l'incarico alla Madonna. Per le spese ingenti dell'Istituto e delle Missioni non ho mai perduto il sonno o l'appetito. Dico alla SS. Consolata: " Pensaci tu! Se fai bella figura, sei tu!

La Madonna, sotto tutti i titoli, è una sola; ma voi dovete esserle divoti in modo speciale sotto questo titolo. La " Consolata " è in modo speciale nostra e noi dobbiamo essere gloriosi di avere una tale Patrona, essere santamente superbi che il nostro Istituto s'intitoli " della Consolata ". Noi siamo Consolatini.

Vi furono due persone che volevano fondare delle Suore ed ambedue volevano

dare alle loro istituzioni il nome della Consolata. Vennero da me, perché decidessi la questione. Dissi loro: " Io sono il proprietario di questo titolo e non voglio che lo prendiate voi, né l'una né l'altra ". Una disse: " Prima non conoscevo questo titolo, ora l'ho conosciuto e mi piace e non voglio lasciarlo ". Anche l'altra insisteva nello stesso senso. Ripetei loro: " vi proibisco di tenerlo! ". Vollero tenerlo ugualmente, facendo un po' di prepotenza, ma sapete che avvenne? Siccome non avevano la benedizione della Consolata, una, che era Suora, finì con dare dispiaceri e anche scandalo. L'altra fondò bensì delle Suore, ma poi l'istituzione non continuò... Però vedete come apprezzavano il nome della Consolata!

Congratuliamoci e gloriamoci di essere i figli prediletti della SS. Consolata e non lasciamo che gli altri ci portino via tutte le grazie. Si, lo ripeto: dobbiamo essere santamente superbi di appartenere alla Madonna sotto questo titolo invidiato da molti. E quanti ci vogliono bene, perché ci chiamiamo " I Missionari della Consolata! ". Perciò dobbiamo corrispondere e portarlo degnamente. Il nome che portate, deve spingervi a divenire ciò che dovete essere. Se voi aveste altri titoli, come per esempio quello di Giuseppini, dovreste essere divoti in modo particolare del Santo di cui portate il nome. Perciò dovete portare bene quello che avete, di Missionari della Consolata, con una grande divozione alla Madonna sotto questo titolo.

Le facciamo quasi un torto a rivolgerle quelle parole: Monstra te esse Matrem. Oh, non ha bisogno davvero che glielo ricordiamo! Piuttosto Essa potrebbe dire a noi: Monstra te esse filium! Siamo figli della Consolata e figli prediletti; ma praticamente ci dimostriamo sempre tali, con onorarla in tutti i modi possibili, con ricorrere a Lei colla confidenza di figli amatissimi, con procurare di ascoltarne i comandi e anche i desideri, che sono di farci buoni e santi?...

Questo non è per farvi un torto; è perché alle volte non ci si pensa. Questo amore di figli è di sua natura tenero; bisogna ricorrere lungo il giorno a Lei, proprio come ad una Madre... Chi non ha un po' di sentimento e di amore particolare alla SS. Consolata, non ha cuore; e noi dobbiamo averlo il cuore!

Non aggiungo altro. In questa novena sappiate fare sacrifici, vincervi, studiare con energia; anche se fa caldo, scuotete la noia e non lasciatela dominare. Il cuore dice ciò che bisogna fare per una Madre!... Felici voi se, il giorno della festa, avrete un gran mazzo di fiori preziosi, di opere buone da presentarLe!

Dunque, impegno a farLe onore. Domanderemo tante grazie per noi e per l'Istituto: quella in primo luogo che, crescendo in numero, cresciate anche in grazia per corrispondere, sì che la Madonna sia contenta. Se noi ci diportiamo da figli, abbiamo dei diritti e, direi, possiamo anche pretendere. Il frutto pertanto di questa festa sia di cercare di piacere sempre più alla Madonna e farle tutti gli ossequi dei migliori dei suoi figli.



L'Ufficio della Madonna Consolata

L'Ufficio della Madonna è la preghiera ufficiale dell'Istituto, composta a lode di Dio e della SS. Vergine. Nelle Comunità dove non si recita l'Ufficio Divino si dice quello della Madonna.

Si legge nella vita di S. Brunone, fondatore dei Certosini, che, chiamato a Roma dal Papa in aiuto nella cura della Chiesa, i suoi discepoli nella Certosa di Grenoble, si trovavano combattuti da varie tentazioni, specie di scoraggiamento per quella vita dura e austera. Dietro consiglio del loro Priore, il Beato Laodovino, essi ricorsero alla SS. Vergine con fervorose preghiere. Orbene, una notte mentre stavano in chiesa salmodiando, la Madonna apparve al B. Laodovino e gli disse: " Recitate il mio Ufficio ed avrete la stabilità del vostro monastero fino alla fine del mondo " (964). Infatti ora i Certosini recitano l'Ufficio Divino e quello della Madonna; ed è proprio da quest'ultimo che riconoscono la stabilità dell'Ordine, e più dello spirito, per cui non ebbero mai bisogno di riforma.

Anche il nostro Istituto, dall'Ufficio della Madonna ben recitato, otterrà tutte le grazie per andar avanti bene e durare nello spirito per cui è sorto. Quello che la Madonna fece per i Certosini lo farà anche per noi. Ella benedirà l'Istituto.

Ecco perché fin da principio, quando non era ancor prescritto dalle Costituzioni, l'Ufficio della Madonna si è sempre recitato nell'Istituto. Io vi dò grande importanza. Voglio che sia la prima cosa dopo la S. Messa e la S. Comunione.

È la preghiera della Comunità, dell'Istituto, una preghiera nostra particolare con la quale potete ottenere le grazie anche grandi di cui abbisogniamo qui e nelle Missioni. A questo Ufficio attribuisco molte grazie, e ne aspetto molte altre.

In principio lo facevo recitare ogni giorno da tutti i chierici. Indotto dalla necessità (durante la guerra) con molto rincrescimento dovetti dispensarne i professi, lasciandolo solo ai Novizi ed ai Professi del primo anno (Confer. 28 Sett. 1916). Ma non sono ancor morto, e spero che potrò nuovamente farlo recitare da tutti: questo mi sta molto a cuore.

Coloro che hanno la consolazione di recitarlo, procurino di dirlo bene, con attenzione. Siete i rappresentanti dell'Istituto presso la Madonna, ed anche se pochi, otterrete le grazie necessarie per l'Istituto.

Qualcuno dirà: " Perché far recitare, nell'Istituto, l'Ufficio della Madonna da giovani che non sono ancora obbligati dalla Chiesa al Divino Ufficio, mentre hanno tanto da studiare? E poi, non sarebbe meglio altra preghiera che capiscono di più? ". Rispondo che chi così parlasse, non sa che cosa si dica.

L'Ufficio della Madonna, dopo quello Divino, è la prima e più eccellente preghiera: sia per la sua sostanza, che per l'autore e per la sua efficacia.

Sostanzialmente venne composto da S. Pier Damiani secondo alcuni, e secondo altri da S. Bonaventura. Il Salterio, di cui essenzialmente è composto, è una raccolta di Salmi, di Inni, di Cantici, con cui la nazione Giudaica lodava Dio e tramandava ai figli la memoria dei grandi avvenimenti dei padri; in essi si concentra quanto sta scritto negli altri libri del Vecchio Testamento. Specialmente Davide, che è l'autore della maggior parte dei Salmi, quale profeta, espresse in essi i caratteri del vero Messia e del suo regno, che è la Chiesa; sì che vien detto dai Padri: " la bocca della Chiesa ". La Chiesa si servì sin da principio del Salterio per celebrare le lodi di Dio.

I Salmi scelti per l'Ufficio della Madonna sono applicabili a Lei, e ne proclamano le glorie.

Non crediate che la recita dell'Ufficio sia una cosa inutile, un riempitivo del tempo. Ah no! L'Ufficio, come il Rosario, è una preghiera molto cara alla Madonna. Recitare l'Ufficio è una delle cose più belle. Dall'Ufficio della Madonna dipendono tante grazie, e mi sta proprio tanto a cuore.

Voglio che l'Ufficio si reciti possibilmente in chiesa: così si tiene compagnia a Nostro Signore, e si sta più raccolti. Basterebbe ad invogliare l'animo alla recita dell'Ufficio della Madonna il fatto che esso ci dà occasione di fare frequenti visite a Gesù Sacramentato, mentre, senza di esso, vi si andrebbe solo il mattino e la sera.

Si dica bene: non troppo adagio, non mangiar le sillabe, fare l'asterisco. Non importa se siete pochi: anche solo due rappresenterebbero la comunità. Vi sono i Sacramentini ed altre Istituzioni di adorazione perpetua, che stanno per turno, uno alla volta, in adorazione davanti al SS. Sacramento: quell'uno rappresenta tutti gli altri... Laus perennis: ecco quello che ottiene tante grandi grazie al Cottolengo!

Prepariamoci fin dal primo segno della campanella, e poi diciamolo con fervore, senza temere di rovinarci la salute a recitare tutti a voce alta.

Facciamo il proposito di recitare sempre l'Ufficio pie, attente ac devote. Piamente: prepararsi quando si viene in Chiesa, con un atto di contrizione e di amore Attentamente: recitare bene tutte le parole; attenti all'asterisco, alle pause; non in fretta; non pensare ad altro; fare profitto anche del senso di ciò che si dice, in quanto potete capire. Divotamente: attenzione interna ed esterna; presenza di Dio e della Madonna; tenere una posizione esterna conveniente, non mai le gambe fuori posto. Via le distrazioni; certe volte non si possono impedire, ma cacciarle via con un sguardo al tabernacolo.

Sebbene non sia necessario che i recitanti capiscano il senso dei Salmi, perché parlano a nome e per bocca della Chiesa, tuttavia S. Tommaso afferma che chi intende, oltre il frutto del merito, riporta anche quello della consolazione e refezione spirituale; per cui guadagna di più chi prega e intende, che non chi, pregando con la lingua, non intende quello che dice (965). Tale conoscenza accende il fervore e rende più facile e dolce l'obbligo della recitazione pel bene del recitante e della Chiesa stessa.

Nel recitare l'Ufficio della Madonna, voi pregate per voi e per la Chiesa, e anche per l'Istituto: quali membri del medesimo, lo rappresentate davanti a Dio. Quindi farete bene ad applicare i Salmi e quanto recitate, alle gioie, ai dolori, alle speranze e ai timori dell'Istituto. Specialmente loderete il Signore a nome di tutti i vostri Confratelli. Osservate come, in particolare, ben si applicano in questo senso i Salmi: Laudate Dominum omnes gentes, il Benedixisti di Prima e l'In Convertendo Dominus di Nona.

Ho letto, nella vita di una sant'anima, un pensiero che mi piace molto. Essa diceva che tutto quello che non poteva ottenere con altre preghiere, l'otteneva con la recita dell'Ufficio della Madonna. Vedete l'importanza che la Madonna dà al suo Ufficio!

Colla recita dell'Ufficio della Madonna voi chierici vi preparate a ben recitare l'Ufficio Divino. Se ben recitato, essa vi otterrà di ben prepararvi in questo tempo di formazione, e ad avere poi sempre nelle Missioni il vero spirito dell'Istituto; inoltre otterrà tante grazie anche speciali per i benefattori.

Desidero che la recita dell'Ufficio l'abbiate proprio a cuore, che la prendiate come un vostro dovere, una missione impostavi di rappresentanti dell'Istituto; perché tutte le grazie che il Signore vuol fare all Istituto e alle Missioni vengono per mezzo dell'Ufficio ben recitato.



L'" Ave Maria " e la " Salve Regina"

L'AVE MARIA - La più eccellente preghiera alla SS. Vergine è certamente l'Ave Maria. Ciò risulta dalla sua natura, dall'insegnamento della Chiesa e dei Santi, nonché dai beni che apporta.

Chi compose l'Ave Maria? L'Arcangelo Gabriele compose la prima parte: Ave gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus (966). Né egli parlò così a caso o di propria iniziativa, ma per mandato dell'Eterno Divin Padre. Vi concorse in secondo luogo S. Elisabetta con le parole: Benedicta tu inter mulieres et benedictus fructus ventris tui (967); e ciò disse ispirata dallo Spirito Santo, come espressamente fa notare l'Evangelista. Vi concorse in terzo luogo con le rimanenti parole la Chiesa, essa pure ispirata dallo Spirito Santo.

È poi eccellente per la stima che la Chiesa ne fa, col farcela recitare soventissimo. Quante volte si recita l'Ave Maria! Si recita nelle preghiere del mattino e della sera; poi tre volte all'Angelus del mattino, mezzogiorno e sera; poi 50 volte nella recita del Rosario (150 volte per quelli che lo recitano intero)... Quante volte, dunque, la si recita in un giorno... in un mese... in un anno! Quante Ave Maria in tutto il corso di nostra vita! Ora, se la Chiesa ce la fa recitare così sovente, segno è che la stima molto.

La sua eccellenza viene inoltre comprovata dagli effetti che questa preghiera produce, e cioè dalle grazie che per mezzo di essa si ricevono. S. Bonaventura dice che Maria SS. risponde sempre con qualche grazia a chi la saluta con l'Ave Maria: Libenter Maria salutat cum gratia, si libenter salutamus cum Ave Maria (968). Anche S. Alfonso afferma che chi saluta Maria, vien salutato da Lei. Ciò avvenne un giorno sensibilmente a S. Bernardo, il quale avendo salutato la Madonna, come al solito, con le parole: Ave Maria! udì rispondersi: Ave Bernarde!(969). S. Alfonso aggiunge che, con questo saluto, si rinnova alla Madonna, in certo qual modo, il gaudio ch'Ella provò nel momento dell'Annunziazione (970).

Proponiamo di recitarla sempre bene, facendo nostri i sentimenti dell'Angelo e di S. Elisabetta nella prima parte, e quelli della Chiesa nella seconda. Soprattutto voi che vi preparate al sacerdozio, recitate la bene per ottenere due grazie in particolare: la purezza e la corrispondenza alla vocazione. Se uno vuol essere sicuro di vincere le tentazioni cattive, ricorra sovente alla Madonna. Il Beato Alano dice che il demonio fugge, quando noi diciamo: Ave Maria! Satan fugit, cum dico: Ave Maria!...

Anche per la corrispondenza alla vocazione bisogna ricorrere alla Madonna. Ella vi darà non solo le virtù necessarie, ma anche la scienza necessaria. Così infatti si narra Ella abbia fatto con S. Alberto Magno: da principio egli non riusciva negli studi ed era tentato di lasciare il convento; ma poi essendo ricorso alla Madonna ottenne tanta scienza, da diventare il maestro di S. Tommaso d'Aquino.

Ogni volta che recitiamo l'Ave Maria, dovremmo farlo con tanto entusiasmo, che il cuore ci scappi! Quando pare che la Madonna non ci guardi, scuotiamola con un'Ave Maria. Un giorno la Madonna promise a S. Geltrude che le avrebbe dato tanti aiuti in punto di morte, quante Ave Maria essa avesse recitato in vita. Se la gustassimo, se la recitassimo con trasporto, anziché dirla in fretta, ci fermeremmo a meditare ogni parola.



LA SALVE REGINA - Dopo l'Ave Maria, la preghiera più bella e utile è la Salve Regina. Venne probabilmente composta dal monaco Ermanno Contratto. S. Alfonso la dice: " divotissima orazione, in cui si trovano mirabilmente descritte la misericordia e la potenza della SS. Vergine ". L'aureo libro da lui composto: Le glorie di Maria, non è, nella sostanza che un commento della Salve Regina. S. Bonaventura ne fece una magnifica parafrasi, che costituisce le Lezioni del nostro Ufficio della SS. Consolata. Più ancora la Chiesa l'approvò, e la prescrisse al termine del Divino Ufficio, dalla festa della SS. Trinità all'Avvento.

Questa preghiera si compone di tre parti. La prima è nelle parole: Salve Regina, Mater misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra, salve! È come un proemio, in cui si fa appello al Cuore di Maria SS., chiamandola con cinque titoli onorifici. Di questi, i primi due: Regina e Madre, le convengono per proprietà, come dicono i Teologi. La Madonna è Regina, perché Figlia, Madre e Sposa del Re dei re; e quante volte nelle Litanie la invochiamo col titolo di Regina! Così pure Ella è nostra vera Madre, dataci da Nostro Signore. Ed è Madre di misericordia, per farci del bene e placare l'ira del suo Divin Figlio. Gli altri tre titoli sono dovuti alla Madonna per appropriazione. La nostra vera vita, dolcezza e speranza è Gesù; ma la Madonna ne partecipa, essendo Madre di Gesù e, per volontà di Dio, dispensatrice di tutte le grazie.

La seconda parte va fino al " post hoc exillum ostende ". È come il corpo della supplica, un'esposizione dei bisogni dell'anima. Nella prima parte prepariamo la supplica, nella seconda la esponiamo. Diciamo cioè alla Madonna che ci aiuti in questa valle di lacrime, che ci soccorra nelle nostre tribolazioni, che ci faccia da Avvocata presso il suo Divin Figlio, per impetrarci le grazie di cui abbiamo bisogno quaggiù, e poter così un giorno vedere e godere il frutto benedetto del suo seno, Gesù!...

S. Giuseppe Cafasso un giorno diede ad un condannato a morte una commissione da portare subito alla Madonna. " Ma non andrò prima da Nostro Signore? " domandò il barabba convertito. " No - gli rispose il Santo - passerete prima dalla Madonna, perché è lei la commissioniera " (971).

Viene poi la terza parte, che è come la perorazione, per muovere la Madonna ad ascoltarci: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria! Quest'ultima parte si dice abbia avuto origine da questo fatto: Si cantava in una chiesa la Salve Regina e, giunti alla fine, S. Bernardo, che era presente, alzò un grido: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria! Era un Santo e il popolo ripetè quelle parole, aggiungendole alla Salve Regina (972). Le parole: Dignare me, ecc. sono un versetto aggiunto.

I Santi erano innamorati di questa preghiera, come dell'Ave Maria. Cerchiamo dunque di recitarla veramente bene, pensando a quello che diciamo. Non dico di meditare parola per parola, ma se uno pensa a quello che dice, i sentimenti vengono da sé. Facciamo tesoro di queste preghiere e dei sentimenti che le compongono, allora non le troveremo lunghe, ma le reciteremo con fervore e otterremo maggior abbondanza di grazie.



Il santo Rosario

Tante volte avete udito parlare dell'eccellenza del santo Rosario: sia in se stesso, sia nella stima che ne fecero i Sommi Pontefici e i Santi, sia per i grandi benefici che arreca. Questi beni sono numerose grazie spirituali e temporali, per noi e per gli altri, per il tempo e per l'eternità; sono inoltre le innumerevoli indulgenze di cui il santo Rosario è stato arricchito dai Sommi Pontefici.

S. Alfonso narra che una volta la SS. Vergine disse a S. Domenico, in riferimento alla regione di Linguadoca infestata dall'eresia degli Albigesi: " Questo terreno sarà sempre sterile, sino a che non vi cadrà la pioggia ". Domandando il Santo quale fosse questa pioggia, la Vergine rispose: " La divozione del Rosario " (973). Gli uomini avrebbero pensato che, per vincere gli eretici, si sarebbe dovuto studiare, studiare, studiare... Non così la pensa Iddio. Per vincere gli eretici fa d'uopo anzitutto pregare, pregare, pregare!

S. Geltrude ebbe un giorno questa visione: vide Gesù fanciullo che, seduto ai piedi di Maria SS., raccoglieva tanti grani d'oro e glieli porgeva. Ella li infilzava e ne faceva una bella corona. Avendo domandato che cosa ciò significasse, le fu risposto che quei grani d'oro rappresentavano le Ave Maria che la Santa recitava nel suo Rosario (974).

S. Francesco di Sales, a Parigi, fece voto di recitarlo tutti i giorni di sua vita: se non intero, almeno una terza parte; e, per non scordarsene, teneva la corona attorno al braccio. Gli avveniva talora di dover star alzato sino a mezzanotte per non tralasciarlo. Era stanco e i servi gli dicevano che si accontentasse di dire tre Ave Maria, ma egli non si accontentava di ciò, lo recitava tutto. A Parigi, con la fedeltà a questo voto, ottenne la liberazione da grave tentazione (975).

S. Alfonso lo dice l'ossequio più gradito alla SS Vergine (976). S. Filippo diceva che se un sol giorno avesse tralasciato la recita del Rosario intero, non avrebbe tenuto quel giorno per grato a Dio. Questo Santo viene dipinto con la corona del Rosario in mano. Una delle sue corone si conserva quale reliquia in Torino, nella chiesa di S. Filippo; con la benedizione data a mezzo di questa corona si ottengono tante grazie, specialmente guarigioni di infermi, ai quali essa viene recata. Quando, nel 1900, mi ammalai a morte, la portarono anche a me.

Tutti gli Istituti Religiosi o semplici comunità cattoliche, determinano nei loro orari il tempo per la recita del S. Rosario. Da noi, mentre i Sacerdoti ne recitano la terza parte, quasi aggiunta al Breviario, i Coadiutori e le Suore lo dicono intero ogni giorno. E quante grazie discendono per esso sul nostro Istituto!

Facciamo noi la debita stima di sì grande divozione? Lo amiamo il santo Rosario e lo diciamo sempre con fervore di volontà e con gusto? O non piuttosto, come purtroppo tanti cristiani, lo troviamo una divozione noiosa, e potendo, lo lasciamo perché non strettamente obbligatorio... Non siete obbligati a recitarlo, neppure sotto pena di peccato veniale, ma è una pratica di Regola e si dice per amore di Dio e della Madonna. Quando poi non si recita con la comunità, non si cerchino scuse per ometterlo.

Alcuni obiettano: " Si ripete sempre la stessa preghiera! ". E con questo? L'amore, disse già il Lacordaire, non ha che una parola; più si ripete, più è dolce e sempre nuova. Quando uno vuol bene alla mamma, non ha bisogno di tante diverse parole. Nostro Signore poteva insegnarci molte preghiere, eppure, alla domanda degli Apostoli, non rispose che con le parole del Padre Nostro, e gli Apostoli si tennero per soddisfatti (977).

Intanto notiamo come anche il Padre Nostro faccia parte del santo Rosario. S. Agostino, parlando del Padre Nostro, dice che è bensì una preghiera breve, ma che non v'è grazia da chiedere, che no n vi sia inclusa (978). È una supplica al Divin Padre composta, non da un avvocato, non da un semplice ministro, ma dallo stesso Figlio del Re, che ben conosce il cuore del Padre suo.

Il P. Bruno soleva dire che il Padre Nostro, con le sue sette domande è come un compendio del Vangelo (979). Ognuna di queste domande, insegnava a noi Mons. Bertagna, è un atto di perfetto amor di Dio.

Si legge di S. Brunone ch'era gravemente infermo, ma poiché aveva la mente libera, una notte recitò molte volte il Padre Nostro. Consigliato di non pregar tanto e solo di unirsi in spirito alle preghiere degli assistenti, rispose: a Mi è di tanto sollievo la recita del Padre Nostro! ".

Dell'Ave Maria abbiamo già parlato; cielo e terra concorsero a comporre questa preghiera. E noi la diciamo come se nulla fosse! Possibile che uno si stanchi a ripetere: Ave Maria? Si starebbe in estasi anche tutto il giorno, solo a meditare queste parole: Ave Maria!... È noioso il ripeterla per chi non ama la Madonna, per chi non ha spirito. Se la prima volta l'ho detta con fervore, la seconda la dirò con entusiasmo.

Queste due preghiere contengono quanto di meglio c'è per pregare il Signore e la Madonna. Sebbene non siano da riprovare le tante preghiere approvate dalla Chiesa, queste due sono da preferire. Noi non gustiamo il santo Rosario, perché non vi poniamo la dovuta attenzione. La Madonna non può restar né sorda né indifferente alla nostra preghiera tante volte ripetuta. Se anche non volesse, alla fine deve pure ascoltarci, dopo che tante volte la lodiamo e la invochiamo! Quale madre, sentendosi così supplicata dal figlio, non l'ascolterebbe!

Il Rosario è una preghiera vocale e mentale. Come preghiera vocale, dobbiamo procurare di pronunziare bene le singole parole, senza mozzicarle, senza ometterne alcuna, altrimenti perdiamo le indulgenze annesse; e le faremo perdere agli altri se, mentre facciamo la parte da soli, la recitiamo incompleta. Invece pregando assieme, se qualcuno non pronuncia qualche parola, gli altri le avranno pronunziate, e così la preghiera è ugualmente intera. Ecco uno dei benefici di pregare in comune! Procurate sempre di essere in buon numero, più che sia possibile.

Un bravo sacerdote, nel guidare la recita del Rosario al Santuario della Consolata, saltò un Mistero. Ritornato in sacrestia, glielo si fece osservare. Il poverino se la prese così a cuore, che quella sera, prima di andare a letto, volle recitare tante Ave Maria, per supplire almeno in parte a quelle che aveva fatto omettere agli altri...

Stare attenti a pronunziare tutte le parole. Disse una volta la Madonna a S. Eulalia, che più gradiva cinque poste del Rosario dette con pausa e divozione che quindici dette in fretta e con minor divozione (980).

Il Rosario è inoltre una preghiera mentale; è la miglior meditazione sulla vita di Nostro Signore e della Madonna: meditazione che rende soave la recita e che è necessaria per l'acquisto delle sante indulgenze. Non è necessario meditare tutto il tempo per ogni Mistero; ma se si può, è meglio. Non è neppure necessario tenersi ai Misteri assegnati per questo o per quel giorno; nella recita privata uno può fare come vuole. Per esempio, durante la Quaresima, posso recitare e meditare ogni giorno i Misteri dolorosi; acquistando ugualmente le indulgenze.

All'annunzio del Mistero, ravviviamo la fede, pensiamo subito a quello che tale Mistero significa e proponiamo d'imitare qualche virtù o chiedere qualche grazia relativa al Mistero stesso. Per esempio, nel primo Mistero gaudioso la Madonna esercitò più in particolare tre virtù: l'umiltà, la castità e l'amore al sacrificio. Orbene, recitando le dieci Ave Maria di questo Mistero, possiamo meditare or l'una or l'altra di queste virtù e intanto le chiediamo per noi. Così di tutti gli altri Misteri. È difficile questo? Quando si medita, dice S. Agostino, bisogna lasciarci condurre dalla pietà (981). Se reciteremo così il Rosario, non lo troveremo più lungo, arido e noioso, ma caro e soave. Come passa veloce quel quarticello d'ora. Il Rosario così recitato appaga il cuore e lo spirito, e sentiamo in noi nuovo impulso verso questa santa divozione.

Ecco dunque il nostro fermo proposito: non mai omettere il S. Rosario, anche se non abbiamo potuto dirlo con la comunità. Recitarlo volentieri e bene. Se non possiamo dirlo intero, almeno una terza parte, ma con gusto. Taluni ritengono che basti per un buon sacerdote la recita del Breviario. No, il Breviario costituisce il puro necessario. Ogni buon sacerdote ritiene il S. Rosario come un dovere, subito dopo il Breviario, e non lo lascia mai. Per noi, inoltre, è una Regola.

Prendete amore e stima a questa pia pratica; non ritenetela un peso. I Sommi Pontefici, in casi particolari, come di pubbliche calamità, hanno raccomandato e raccomandano la devota recita del Rosario; e quante grazie ne son già venute alla Chiesa, al mondo! Non fate, no, il voto di recitarlo ogni giorno; però imprimete nei vostri cuori e inserite nei vostri propositi questa divozione, proprio come se ne aveste il voto.




CUORE IMMACOLATO DI MARIA!

TU

la fiducia, la salvezza, la vittoria

e la gioia mia!

Dacci il Tuo Cuore Mamma

per amare Gesù come L'ami Tu!"

AMDG et BVM