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lunedì 9 luglio 2018

Il Pater e l'Ave

   

Dai Quadernetti
  • Il Pater è la preghiera al Padre. L’Ave è la preghiera alla Madre.
    La prima parte del Pater è lode a Dio, la prima parte dell’Ave è lode a Maria.
  • La seconda parte del Pater è richiesta al Padre per tutti i vostri bisogni di figli di Dio in temporanea sosta sulla Terra, ma destinati al Cielo. 
  • La seconda dell’Ave è la richiesta alla Madre per i vostri bisogni di mortali e di immortali nello spirito. Va invocata come il Padre, la Madre vostra. Non dovete pensare che Ella abbia assenza di Misericordia e di Potere e non possa soccorrervi nei vostri combattimenti, nelle vostre pene, nelle necessità e nelle tentazioni. 

  • Bisogna saper pregare e bisogna pregare nei momenti di pace, per invocare l’aiuto per le ore di lotta. 44.7
AMDG et DVM

lunedì 20 febbraio 2017

Tutti gli eretici preferirebbero portare addosso un serpe ma non il rosario

Santo Rosario: 
segno infallibile di eterna salvezza


[50] Gli eretici, figli tutti del demonio che portano segni evidenti della loro riprovazione, hanno in orrore l'Ave Maria. 
Imparano, magari, il Pater, ma l'Ave Maria no: preferirebbero portare sopra di sé un serpe piuttosto che la corona o un rosario. 

Anche fra i cattolici coloro che purtroppo recano il marchio della riprovazione non si curano della corona e del Rosario, ne trascurano la recita oppure lo dicono con tiepidezza e in fretta. 


Quand'anche non prestassi fede alcuna alle rivelazioni fatte al beato Alano, basterebbe la mia personale esperienza per convincermi di questa terribile e pur consolante verità. 
Io non so, e nemmeno vedo chiaramente come avvenga, che una devozione di così poco valore in apparenza, possa essere segno infallibile di eterna salvezza e il non averla sia segno di riprovazione. 
Tuttavia, nulla di più vero: vediamo, invero, i seguaci delle nuove dottrine condannate nel nostri tempi dalla Chiesa, trascurare assai, nonostante l'apparente loro grande pietà, la devozione al Rosario e adoperarsi con i più speciosi pretesti a levarla dalla mente e dal cuore delle persone che li avvicinano. Certo, essi si guardano bene dal condannare apertamente, come usano i Calvinisti, la corona, il Rosario, lo scapolare, ma il loro modo di procedere per riuscire nell'intento è tanto più dannoso quanto è più scaltro. Ne parleremo in seguito. 


[51] La mia Ave Maria, il mio Rosario o la mia corona è la mia preghiera preferita, è la mia pietra di paragone sicura per distinguere quelli che sono condotti dallo spirito di Dio da quelli che sono nell'illusione dello spirito maligno. 


Ho conosciuto anime che sembrava volassero come aquile fino alle nubi con la loro sublime contemplazione, ed erano, invece, disgraziatamente ingannate dal demonio; ed ho potuto scoprire la loro illusione soltanto con l'Ave Maria ed il Rosario ch'essi rigettavano come non meritevoli della loro stima.


L'Ave Maria è una rugiada celeste e divina che cadendo nell'anima di un predestinato, le comunica una fecondità meravigliosa per produrre ogni sorta di virtù. E più l'anima è irrigata da questa preghiera, più diviene illuminata nello spirito, infiammata nel cuore e fortificata contro ogni suo nemico. 


L'Ave Maria è una freccia penetrante ed infocata: se un predicatore la fa precedere alla parola di Dio che annuncia, acquista la forza di trafiggere, commuovere e convertire i cuori più induriti, anche se egli non sia dotato di molti talenti naturali  per la predicazione. Fu questa la saetta segreta che la Vergine santa come ho già detto suggerì a san Domenico e al beato Alano come la più efficace per convertire gli eretici e i peccatori. Da qui è nata l'abitudine di chi predica - l'afferma sant'Antonio - di recitare un'Ave Maria all'inizio del discorso. 

AVE MARIA!

lunedì 23 giugno 2014

La SS. Consolata



Sta per incominciare la novena della nostra cara Madre. [La festa ricorre il 20 giugno] Per noi, figli prediletti della Consolata, è importante questa festa? È tutto!... A Torino, novena solennissima; tutta la città si commuove. Quante Comunioni! Quante persone vengono a pregare!

Vi farei un torto ad invitarvi a far bene questa novena e ad indicarvi come dovete farla. Basta sapere che ci avviciniamo a festeggiare la nostra cara Mamma per dire tutto!... Non è infatti la SS. Vergine, sotto questo titolo della Consolata, la nostra Madre, e non siamo noi i suoi figli? Sì, nostra Madre tenerissima, che ci ama come pupilla degli occhi suoi, che ideò il nostro Istituto, lo sostenne in tutti questi anni materialmente e spiritualmente, sia qui in Casamadre e sia in Africa, ed è sempre pronta a tutti i nostri bisogni. Che se celebriamo con trasporto tutte le feste della Madonna, specialmente quelle dell'Immacolata e dell'Assunta, con quanto più trasporto dobbiamo celebrare questa, che è la " nostra " festa, nostra cioè in modo tutto particolare.

No, non voglio dirvi che vi prepariate; sono certo che siete tutti ben disposti a far bene questa novena, a celebrare con entusiasmo questa festa. Se vi fosse fra voi chi non ha questi sentimenti, preghi la Madonna che glieli infonda; altrimenti è cattivo segno.

Non v'ha dubbio che tutto quello che si è fatto qui, tutto è opera della SS. Consolata. Ella ha fatto per questo Istituto dei miracoli quotidiani; ha fatto parlare le pietre; ha fatto piovere denari. Nei momenti dolorosi, la Madonna intervenne sempre in modo straordinario... Ho visto molto, molto... E se voi steste attenti, vedreste e comprendereste che il buon spirito che c'è in tutto l'andamento della Casa, lo stesso desiderio di farvi buoni, tutto, tutto è grazia della SS. Consolata. E ciò, senza parlare delle grazie concesseci lungo l'anno, anche d'ordine temporale, come il pane quotidiano. Sì, anche per questo lascio l'incarico alla Madonna. Per le spese ingenti dell'Istituto e delle Missioni non ho mai perduto il sonno o l'appetito. Dico alla SS. Consolata: " Pensaci tu! Se fai bella figura, sei tu!

La Madonna, sotto tutti i titoli, è una sola; ma voi dovete esserle divoti in modo speciale sotto questo titolo. La " Consolata " è in modo speciale nostra e noi dobbiamo essere gloriosi di avere una tale Patrona, essere santamente superbi che il nostro Istituto s'intitoli " della Consolata ". Noi siamo Consolatini.

Vi furono due persone che volevano fondare delle Suore ed ambedue volevano

dare alle loro istituzioni il nome della Consolata. Vennero da me, perché decidessi la questione. Dissi loro: " Io sono il proprietario di questo titolo e non voglio che lo prendiate voi, né l'una né l'altra ". Una disse: " Prima non conoscevo questo titolo, ora l'ho conosciuto e mi piace e non voglio lasciarlo ". Anche l'altra insisteva nello stesso senso. Ripetei loro: " vi proibisco di tenerlo! ". Vollero tenerlo ugualmente, facendo un po' di prepotenza, ma sapete che avvenne? Siccome non avevano la benedizione della Consolata, una, che era Suora, finì con dare dispiaceri e anche scandalo. L'altra fondò bensì delle Suore, ma poi l'istituzione non continuò... Però vedete come apprezzavano il nome della Consolata!

Congratuliamoci e gloriamoci di essere i figli prediletti della SS. Consolata e non lasciamo che gli altri ci portino via tutte le grazie. Si, lo ripeto: dobbiamo essere santamente superbi di appartenere alla Madonna sotto questo titolo invidiato da molti. E quanti ci vogliono bene, perché ci chiamiamo " I Missionari della Consolata! ". Perciò dobbiamo corrispondere e portarlo degnamente. Il nome che portate, deve spingervi a divenire ciò che dovete essere. Se voi aveste altri titoli, come per esempio quello di Giuseppini, dovreste essere divoti in modo particolare del Santo di cui portate il nome. Perciò dovete portare bene quello che avete, di Missionari della Consolata, con una grande divozione alla Madonna sotto questo titolo.

Le facciamo quasi un torto a rivolgerle quelle parole: Monstra te esse Matrem. Oh, non ha bisogno davvero che glielo ricordiamo! Piuttosto Essa potrebbe dire a noi: Monstra te esse filium! Siamo figli della Consolata e figli prediletti; ma praticamente ci dimostriamo sempre tali, con onorarla in tutti i modi possibili, con ricorrere a Lei colla confidenza di figli amatissimi, con procurare di ascoltarne i comandi e anche i desideri, che sono di farci buoni e santi?...

Questo non è per farvi un torto; è perché alle volte non ci si pensa. Questo amore di figli è di sua natura tenero; bisogna ricorrere lungo il giorno a Lei, proprio come ad una Madre... Chi non ha un po' di sentimento e di amore particolare alla SS. Consolata, non ha cuore; e noi dobbiamo averlo il cuore!

Non aggiungo altro. In questa novena sappiate fare sacrifici, vincervi, studiare con energia; anche se fa caldo, scuotete la noia e non lasciatela dominare. Il cuore dice ciò che bisogna fare per una Madre!... Felici voi se, il giorno della festa, avrete un gran mazzo di fiori preziosi, di opere buone da presentarLe!

Dunque, impegno a farLe onore. Domanderemo tante grazie per noi e per l'Istituto: quella in primo luogo che, crescendo in numero, cresciate anche in grazia per corrispondere, sì che la Madonna sia contenta. Se noi ci diportiamo da figli, abbiamo dei diritti e, direi, possiamo anche pretendere. Il frutto pertanto di questa festa sia di cercare di piacere sempre più alla Madonna e farle tutti gli ossequi dei migliori dei suoi figli.



L'Ufficio della Madonna Consolata

L'Ufficio della Madonna è la preghiera ufficiale dell'Istituto, composta a lode di Dio e della SS. Vergine. Nelle Comunità dove non si recita l'Ufficio Divino si dice quello della Madonna.

Si legge nella vita di S. Brunone, fondatore dei Certosini, che, chiamato a Roma dal Papa in aiuto nella cura della Chiesa, i suoi discepoli nella Certosa di Grenoble, si trovavano combattuti da varie tentazioni, specie di scoraggiamento per quella vita dura e austera. Dietro consiglio del loro Priore, il Beato Laodovino, essi ricorsero alla SS. Vergine con fervorose preghiere. Orbene, una notte mentre stavano in chiesa salmodiando, la Madonna apparve al B. Laodovino e gli disse: " Recitate il mio Ufficio ed avrete la stabilità del vostro monastero fino alla fine del mondo " (964). Infatti ora i Certosini recitano l'Ufficio Divino e quello della Madonna; ed è proprio da quest'ultimo che riconoscono la stabilità dell'Ordine, e più dello spirito, per cui non ebbero mai bisogno di riforma.

Anche il nostro Istituto, dall'Ufficio della Madonna ben recitato, otterrà tutte le grazie per andar avanti bene e durare nello spirito per cui è sorto. Quello che la Madonna fece per i Certosini lo farà anche per noi. Ella benedirà l'Istituto.

Ecco perché fin da principio, quando non era ancor prescritto dalle Costituzioni, l'Ufficio della Madonna si è sempre recitato nell'Istituto. Io vi dò grande importanza. Voglio che sia la prima cosa dopo la S. Messa e la S. Comunione.

È la preghiera della Comunità, dell'Istituto, una preghiera nostra particolare con la quale potete ottenere le grazie anche grandi di cui abbisogniamo qui e nelle Missioni. A questo Ufficio attribuisco molte grazie, e ne aspetto molte altre.

In principio lo facevo recitare ogni giorno da tutti i chierici. Indotto dalla necessità (durante la guerra) con molto rincrescimento dovetti dispensarne i professi, lasciandolo solo ai Novizi ed ai Professi del primo anno (Confer. 28 Sett. 1916). Ma non sono ancor morto, e spero che potrò nuovamente farlo recitare da tutti: questo mi sta molto a cuore.

Coloro che hanno la consolazione di recitarlo, procurino di dirlo bene, con attenzione. Siete i rappresentanti dell'Istituto presso la Madonna, ed anche se pochi, otterrete le grazie necessarie per l'Istituto.

Qualcuno dirà: " Perché far recitare, nell'Istituto, l'Ufficio della Madonna da giovani che non sono ancora obbligati dalla Chiesa al Divino Ufficio, mentre hanno tanto da studiare? E poi, non sarebbe meglio altra preghiera che capiscono di più? ". Rispondo che chi così parlasse, non sa che cosa si dica.

L'Ufficio della Madonna, dopo quello Divino, è la prima e più eccellente preghiera: sia per la sua sostanza, che per l'autore e per la sua efficacia.

Sostanzialmente venne composto da S. Pier Damiani secondo alcuni, e secondo altri da S. Bonaventura. Il Salterio, di cui essenzialmente è composto, è una raccolta di Salmi, di Inni, di Cantici, con cui la nazione Giudaica lodava Dio e tramandava ai figli la memoria dei grandi avvenimenti dei padri; in essi si concentra quanto sta scritto negli altri libri del Vecchio Testamento. Specialmente Davide, che è l'autore della maggior parte dei Salmi, quale profeta, espresse in essi i caratteri del vero Messia e del suo regno, che è la Chiesa; sì che vien detto dai Padri: " la bocca della Chiesa ". La Chiesa si servì sin da principio del Salterio per celebrare le lodi di Dio.

I Salmi scelti per l'Ufficio della Madonna sono applicabili a Lei, e ne proclamano le glorie.

Non crediate che la recita dell'Ufficio sia una cosa inutile, un riempitivo del tempo. Ah no! L'Ufficio, come il Rosario, è una preghiera molto cara alla Madonna. Recitare l'Ufficio è una delle cose più belle. Dall'Ufficio della Madonna dipendono tante grazie, e mi sta proprio tanto a cuore.

Voglio che l'Ufficio si reciti possibilmente in chiesa: così si tiene compagnia a Nostro Signore, e si sta più raccolti. Basterebbe ad invogliare l'animo alla recita dell'Ufficio della Madonna il fatto che esso ci dà occasione di fare frequenti visite a Gesù Sacramentato, mentre, senza di esso, vi si andrebbe solo il mattino e la sera.

Si dica bene: non troppo adagio, non mangiar le sillabe, fare l'asterisco. Non importa se siete pochi: anche solo due rappresenterebbero la comunità. Vi sono i Sacramentini ed altre Istituzioni di adorazione perpetua, che stanno per turno, uno alla volta, in adorazione davanti al SS. Sacramento: quell'uno rappresenta tutti gli altri... Laus perennis: ecco quello che ottiene tante grandi grazie al Cottolengo!

Prepariamoci fin dal primo segno della campanella, e poi diciamolo con fervore, senza temere di rovinarci la salute a recitare tutti a voce alta.

Facciamo il proposito di recitare sempre l'Ufficio pie, attente ac devote. Piamente: prepararsi quando si viene in Chiesa, con un atto di contrizione e di amore Attentamente: recitare bene tutte le parole; attenti all'asterisco, alle pause; non in fretta; non pensare ad altro; fare profitto anche del senso di ciò che si dice, in quanto potete capire. Divotamente: attenzione interna ed esterna; presenza di Dio e della Madonna; tenere una posizione esterna conveniente, non mai le gambe fuori posto. Via le distrazioni; certe volte non si possono impedire, ma cacciarle via con un sguardo al tabernacolo.

Sebbene non sia necessario che i recitanti capiscano il senso dei Salmi, perché parlano a nome e per bocca della Chiesa, tuttavia S. Tommaso afferma che chi intende, oltre il frutto del merito, riporta anche quello della consolazione e refezione spirituale; per cui guadagna di più chi prega e intende, che non chi, pregando con la lingua, non intende quello che dice (965). Tale conoscenza accende il fervore e rende più facile e dolce l'obbligo della recitazione pel bene del recitante e della Chiesa stessa.

Nel recitare l'Ufficio della Madonna, voi pregate per voi e per la Chiesa, e anche per l'Istituto: quali membri del medesimo, lo rappresentate davanti a Dio. Quindi farete bene ad applicare i Salmi e quanto recitate, alle gioie, ai dolori, alle speranze e ai timori dell'Istituto. Specialmente loderete il Signore a nome di tutti i vostri Confratelli. Osservate come, in particolare, ben si applicano in questo senso i Salmi: Laudate Dominum omnes gentes, il Benedixisti di Prima e l'In Convertendo Dominus di Nona.

Ho letto, nella vita di una sant'anima, un pensiero che mi piace molto. Essa diceva che tutto quello che non poteva ottenere con altre preghiere, l'otteneva con la recita dell'Ufficio della Madonna. Vedete l'importanza che la Madonna dà al suo Ufficio!

Colla recita dell'Ufficio della Madonna voi chierici vi preparate a ben recitare l'Ufficio Divino. Se ben recitato, essa vi otterrà di ben prepararvi in questo tempo di formazione, e ad avere poi sempre nelle Missioni il vero spirito dell'Istituto; inoltre otterrà tante grazie anche speciali per i benefattori.

Desidero che la recita dell'Ufficio l'abbiate proprio a cuore, che la prendiate come un vostro dovere, una missione impostavi di rappresentanti dell'Istituto; perché tutte le grazie che il Signore vuol fare all Istituto e alle Missioni vengono per mezzo dell'Ufficio ben recitato.



L'" Ave Maria " e la " Salve Regina"

L'AVE MARIA - La più eccellente preghiera alla SS. Vergine è certamente l'Ave Maria. Ciò risulta dalla sua natura, dall'insegnamento della Chiesa e dei Santi, nonché dai beni che apporta.

Chi compose l'Ave Maria? L'Arcangelo Gabriele compose la prima parte: Ave gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus (966). Né egli parlò così a caso o di propria iniziativa, ma per mandato dell'Eterno Divin Padre. Vi concorse in secondo luogo S. Elisabetta con le parole: Benedicta tu inter mulieres et benedictus fructus ventris tui (967); e ciò disse ispirata dallo Spirito Santo, come espressamente fa notare l'Evangelista. Vi concorse in terzo luogo con le rimanenti parole la Chiesa, essa pure ispirata dallo Spirito Santo.

È poi eccellente per la stima che la Chiesa ne fa, col farcela recitare soventissimo. Quante volte si recita l'Ave Maria! Si recita nelle preghiere del mattino e della sera; poi tre volte all'Angelus del mattino, mezzogiorno e sera; poi 50 volte nella recita del Rosario (150 volte per quelli che lo recitano intero)... Quante volte, dunque, la si recita in un giorno... in un mese... in un anno! Quante Ave Maria in tutto il corso di nostra vita! Ora, se la Chiesa ce la fa recitare così sovente, segno è che la stima molto.

La sua eccellenza viene inoltre comprovata dagli effetti che questa preghiera produce, e cioè dalle grazie che per mezzo di essa si ricevono. S. Bonaventura dice che Maria SS. risponde sempre con qualche grazia a chi la saluta con l'Ave Maria: Libenter Maria salutat cum gratia, si libenter salutamus cum Ave Maria (968). Anche S. Alfonso afferma che chi saluta Maria, vien salutato da Lei. Ciò avvenne un giorno sensibilmente a S. Bernardo, il quale avendo salutato la Madonna, come al solito, con le parole: Ave Maria! udì rispondersi: Ave Bernarde!(969). S. Alfonso aggiunge che, con questo saluto, si rinnova alla Madonna, in certo qual modo, il gaudio ch'Ella provò nel momento dell'Annunziazione (970).

Proponiamo di recitarla sempre bene, facendo nostri i sentimenti dell'Angelo e di S. Elisabetta nella prima parte, e quelli della Chiesa nella seconda. Soprattutto voi che vi preparate al sacerdozio, recitate la bene per ottenere due grazie in particolare: la purezza e la corrispondenza alla vocazione. Se uno vuol essere sicuro di vincere le tentazioni cattive, ricorra sovente alla Madonna. Il Beato Alano dice che il demonio fugge, quando noi diciamo: Ave Maria! Satan fugit, cum dico: Ave Maria!...

Anche per la corrispondenza alla vocazione bisogna ricorrere alla Madonna. Ella vi darà non solo le virtù necessarie, ma anche la scienza necessaria. Così infatti si narra Ella abbia fatto con S. Alberto Magno: da principio egli non riusciva negli studi ed era tentato di lasciare il convento; ma poi essendo ricorso alla Madonna ottenne tanta scienza, da diventare il maestro di S. Tommaso d'Aquino.

Ogni volta che recitiamo l'Ave Maria, dovremmo farlo con tanto entusiasmo, che il cuore ci scappi! Quando pare che la Madonna non ci guardi, scuotiamola con un'Ave Maria. Un giorno la Madonna promise a S. Geltrude che le avrebbe dato tanti aiuti in punto di morte, quante Ave Maria essa avesse recitato in vita. Se la gustassimo, se la recitassimo con trasporto, anziché dirla in fretta, ci fermeremmo a meditare ogni parola.



LA SALVE REGINA - Dopo l'Ave Maria, la preghiera più bella e utile è la Salve Regina. Venne probabilmente composta dal monaco Ermanno Contratto. S. Alfonso la dice: " divotissima orazione, in cui si trovano mirabilmente descritte la misericordia e la potenza della SS. Vergine ". L'aureo libro da lui composto: Le glorie di Maria, non è, nella sostanza che un commento della Salve Regina. S. Bonaventura ne fece una magnifica parafrasi, che costituisce le Lezioni del nostro Ufficio della SS. Consolata. Più ancora la Chiesa l'approvò, e la prescrisse al termine del Divino Ufficio, dalla festa della SS. Trinità all'Avvento.

Questa preghiera si compone di tre parti. La prima è nelle parole: Salve Regina, Mater misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra, salve! È come un proemio, in cui si fa appello al Cuore di Maria SS., chiamandola con cinque titoli onorifici. Di questi, i primi due: Regina e Madre, le convengono per proprietà, come dicono i Teologi. La Madonna è Regina, perché Figlia, Madre e Sposa del Re dei re; e quante volte nelle Litanie la invochiamo col titolo di Regina! Così pure Ella è nostra vera Madre, dataci da Nostro Signore. Ed è Madre di misericordia, per farci del bene e placare l'ira del suo Divin Figlio. Gli altri tre titoli sono dovuti alla Madonna per appropriazione. La nostra vera vita, dolcezza e speranza è Gesù; ma la Madonna ne partecipa, essendo Madre di Gesù e, per volontà di Dio, dispensatrice di tutte le grazie.

La seconda parte va fino al " post hoc exillum ostende ". È come il corpo della supplica, un'esposizione dei bisogni dell'anima. Nella prima parte prepariamo la supplica, nella seconda la esponiamo. Diciamo cioè alla Madonna che ci aiuti in questa valle di lacrime, che ci soccorra nelle nostre tribolazioni, che ci faccia da Avvocata presso il suo Divin Figlio, per impetrarci le grazie di cui abbiamo bisogno quaggiù, e poter così un giorno vedere e godere il frutto benedetto del suo seno, Gesù!...

S. Giuseppe Cafasso un giorno diede ad un condannato a morte una commissione da portare subito alla Madonna. " Ma non andrò prima da Nostro Signore? " domandò il barabba convertito. " No - gli rispose il Santo - passerete prima dalla Madonna, perché è lei la commissioniera " (971).

Viene poi la terza parte, che è come la perorazione, per muovere la Madonna ad ascoltarci: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria! Quest'ultima parte si dice abbia avuto origine da questo fatto: Si cantava in una chiesa la Salve Regina e, giunti alla fine, S. Bernardo, che era presente, alzò un grido: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria! Era un Santo e il popolo ripetè quelle parole, aggiungendole alla Salve Regina (972). Le parole: Dignare me, ecc. sono un versetto aggiunto.

I Santi erano innamorati di questa preghiera, come dell'Ave Maria. Cerchiamo dunque di recitarla veramente bene, pensando a quello che diciamo. Non dico di meditare parola per parola, ma se uno pensa a quello che dice, i sentimenti vengono da sé. Facciamo tesoro di queste preghiere e dei sentimenti che le compongono, allora non le troveremo lunghe, ma le reciteremo con fervore e otterremo maggior abbondanza di grazie.



Il santo Rosario

Tante volte avete udito parlare dell'eccellenza del santo Rosario: sia in se stesso, sia nella stima che ne fecero i Sommi Pontefici e i Santi, sia per i grandi benefici che arreca. Questi beni sono numerose grazie spirituali e temporali, per noi e per gli altri, per il tempo e per l'eternità; sono inoltre le innumerevoli indulgenze di cui il santo Rosario è stato arricchito dai Sommi Pontefici.

S. Alfonso narra che una volta la SS. Vergine disse a S. Domenico, in riferimento alla regione di Linguadoca infestata dall'eresia degli Albigesi: " Questo terreno sarà sempre sterile, sino a che non vi cadrà la pioggia ". Domandando il Santo quale fosse questa pioggia, la Vergine rispose: " La divozione del Rosario " (973). Gli uomini avrebbero pensato che, per vincere gli eretici, si sarebbe dovuto studiare, studiare, studiare... Non così la pensa Iddio. Per vincere gli eretici fa d'uopo anzitutto pregare, pregare, pregare!

S. Geltrude ebbe un giorno questa visione: vide Gesù fanciullo che, seduto ai piedi di Maria SS., raccoglieva tanti grani d'oro e glieli porgeva. Ella li infilzava e ne faceva una bella corona. Avendo domandato che cosa ciò significasse, le fu risposto che quei grani d'oro rappresentavano le Ave Maria che la Santa recitava nel suo Rosario (974).

S. Francesco di Sales, a Parigi, fece voto di recitarlo tutti i giorni di sua vita: se non intero, almeno una terza parte; e, per non scordarsene, teneva la corona attorno al braccio. Gli avveniva talora di dover star alzato sino a mezzanotte per non tralasciarlo. Era stanco e i servi gli dicevano che si accontentasse di dire tre Ave Maria, ma egli non si accontentava di ciò, lo recitava tutto. A Parigi, con la fedeltà a questo voto, ottenne la liberazione da grave tentazione (975).

S. Alfonso lo dice l'ossequio più gradito alla SS Vergine (976). S. Filippo diceva che se un sol giorno avesse tralasciato la recita del Rosario intero, non avrebbe tenuto quel giorno per grato a Dio. Questo Santo viene dipinto con la corona del Rosario in mano. Una delle sue corone si conserva quale reliquia in Torino, nella chiesa di S. Filippo; con la benedizione data a mezzo di questa corona si ottengono tante grazie, specialmente guarigioni di infermi, ai quali essa viene recata. Quando, nel 1900, mi ammalai a morte, la portarono anche a me.

Tutti gli Istituti Religiosi o semplici comunità cattoliche, determinano nei loro orari il tempo per la recita del S. Rosario. Da noi, mentre i Sacerdoti ne recitano la terza parte, quasi aggiunta al Breviario, i Coadiutori e le Suore lo dicono intero ogni giorno. E quante grazie discendono per esso sul nostro Istituto!

Facciamo noi la debita stima di sì grande divozione? Lo amiamo il santo Rosario e lo diciamo sempre con fervore di volontà e con gusto? O non piuttosto, come purtroppo tanti cristiani, lo troviamo una divozione noiosa, e potendo, lo lasciamo perché non strettamente obbligatorio... Non siete obbligati a recitarlo, neppure sotto pena di peccato veniale, ma è una pratica di Regola e si dice per amore di Dio e della Madonna. Quando poi non si recita con la comunità, non si cerchino scuse per ometterlo.

Alcuni obiettano: " Si ripete sempre la stessa preghiera! ". E con questo? L'amore, disse già il Lacordaire, non ha che una parola; più si ripete, più è dolce e sempre nuova. Quando uno vuol bene alla mamma, non ha bisogno di tante diverse parole. Nostro Signore poteva insegnarci molte preghiere, eppure, alla domanda degli Apostoli, non rispose che con le parole del Padre Nostro, e gli Apostoli si tennero per soddisfatti (977).

Intanto notiamo come anche il Padre Nostro faccia parte del santo Rosario. S. Agostino, parlando del Padre Nostro, dice che è bensì una preghiera breve, ma che non v'è grazia da chiedere, che no n vi sia inclusa (978). È una supplica al Divin Padre composta, non da un avvocato, non da un semplice ministro, ma dallo stesso Figlio del Re, che ben conosce il cuore del Padre suo.

Il P. Bruno soleva dire che il Padre Nostro, con le sue sette domande è come un compendio del Vangelo (979). Ognuna di queste domande, insegnava a noi Mons. Bertagna, è un atto di perfetto amor di Dio.

Si legge di S. Brunone ch'era gravemente infermo, ma poiché aveva la mente libera, una notte recitò molte volte il Padre Nostro. Consigliato di non pregar tanto e solo di unirsi in spirito alle preghiere degli assistenti, rispose: a Mi è di tanto sollievo la recita del Padre Nostro! ".

Dell'Ave Maria abbiamo già parlato; cielo e terra concorsero a comporre questa preghiera. E noi la diciamo come se nulla fosse! Possibile che uno si stanchi a ripetere: Ave Maria? Si starebbe in estasi anche tutto il giorno, solo a meditare queste parole: Ave Maria!... È noioso il ripeterla per chi non ama la Madonna, per chi non ha spirito. Se la prima volta l'ho detta con fervore, la seconda la dirò con entusiasmo.

Queste due preghiere contengono quanto di meglio c'è per pregare il Signore e la Madonna. Sebbene non siano da riprovare le tante preghiere approvate dalla Chiesa, queste due sono da preferire. Noi non gustiamo il santo Rosario, perché non vi poniamo la dovuta attenzione. La Madonna non può restar né sorda né indifferente alla nostra preghiera tante volte ripetuta. Se anche non volesse, alla fine deve pure ascoltarci, dopo che tante volte la lodiamo e la invochiamo! Quale madre, sentendosi così supplicata dal figlio, non l'ascolterebbe!

Il Rosario è una preghiera vocale e mentale. Come preghiera vocale, dobbiamo procurare di pronunziare bene le singole parole, senza mozzicarle, senza ometterne alcuna, altrimenti perdiamo le indulgenze annesse; e le faremo perdere agli altri se, mentre facciamo la parte da soli, la recitiamo incompleta. Invece pregando assieme, se qualcuno non pronuncia qualche parola, gli altri le avranno pronunziate, e così la preghiera è ugualmente intera. Ecco uno dei benefici di pregare in comune! Procurate sempre di essere in buon numero, più che sia possibile.

Un bravo sacerdote, nel guidare la recita del Rosario al Santuario della Consolata, saltò un Mistero. Ritornato in sacrestia, glielo si fece osservare. Il poverino se la prese così a cuore, che quella sera, prima di andare a letto, volle recitare tante Ave Maria, per supplire almeno in parte a quelle che aveva fatto omettere agli altri...

Stare attenti a pronunziare tutte le parole. Disse una volta la Madonna a S. Eulalia, che più gradiva cinque poste del Rosario dette con pausa e divozione che quindici dette in fretta e con minor divozione (980).

Il Rosario è inoltre una preghiera mentale; è la miglior meditazione sulla vita di Nostro Signore e della Madonna: meditazione che rende soave la recita e che è necessaria per l'acquisto delle sante indulgenze. Non è necessario meditare tutto il tempo per ogni Mistero; ma se si può, è meglio. Non è neppure necessario tenersi ai Misteri assegnati per questo o per quel giorno; nella recita privata uno può fare come vuole. Per esempio, durante la Quaresima, posso recitare e meditare ogni giorno i Misteri dolorosi; acquistando ugualmente le indulgenze.

All'annunzio del Mistero, ravviviamo la fede, pensiamo subito a quello che tale Mistero significa e proponiamo d'imitare qualche virtù o chiedere qualche grazia relativa al Mistero stesso. Per esempio, nel primo Mistero gaudioso la Madonna esercitò più in particolare tre virtù: l'umiltà, la castità e l'amore al sacrificio. Orbene, recitando le dieci Ave Maria di questo Mistero, possiamo meditare or l'una or l'altra di queste virtù e intanto le chiediamo per noi. Così di tutti gli altri Misteri. È difficile questo? Quando si medita, dice S. Agostino, bisogna lasciarci condurre dalla pietà (981). Se reciteremo così il Rosario, non lo troveremo più lungo, arido e noioso, ma caro e soave. Come passa veloce quel quarticello d'ora. Il Rosario così recitato appaga il cuore e lo spirito, e sentiamo in noi nuovo impulso verso questa santa divozione.

Ecco dunque il nostro fermo proposito: non mai omettere il S. Rosario, anche se non abbiamo potuto dirlo con la comunità. Recitarlo volentieri e bene. Se non possiamo dirlo intero, almeno una terza parte, ma con gusto. Taluni ritengono che basti per un buon sacerdote la recita del Breviario. No, il Breviario costituisce il puro necessario. Ogni buon sacerdote ritiene il S. Rosario come un dovere, subito dopo il Breviario, e non lo lascia mai. Per noi, inoltre, è una Regola.

Prendete amore e stima a questa pia pratica; non ritenetela un peso. I Sommi Pontefici, in casi particolari, come di pubbliche calamità, hanno raccomandato e raccomandano la devota recita del Rosario; e quante grazie ne son già venute alla Chiesa, al mondo! Non fate, no, il voto di recitarlo ogni giorno; però imprimete nei vostri cuori e inserite nei vostri propositi questa divozione, proprio come se ne aveste il voto.




CUORE IMMACOLATO DI MARIA!

TU

la fiducia, la salvezza, la vittoria

e la gioia mia!

Dacci il Tuo Cuore Mamma

per amare Gesù come L'ami Tu!"

AMDG et BVM

venerdì 21 giugno 2013

Storia della Vergine della Rivelazione. 3. «SONO LA VERGINE DELLA RIVELAZIONE»


3. «SONO LA VERGINE DELLA RIVELAZIONE»

A un tratto la Bella Signora incomincia a parlare, dando inizio a una lunga rivelazione. Si presenta immediatamente: «Sono colei che sono nella Trinità divina... Sono la Vergine della Rivelazione... Tu mi perseguiti, ora basta! Entra nell'ovile santo, corte celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa, prima di iniziare la via dell'errore, ti hanno salvato!»

Bruno ricorda che la voce della Bella Signora era «così melodiosa, sembrava una musica che entrava dentro gli orecchi; la sua bellezza nemmeno si può spiegare, la luce, smagliante, qualcosa di straordinario, come se il sole fosse entrato dentro la grotta».

La conversazione è lunga; dura un'ora e venti minuti circa. 
Gli argomenti toccati dalla Madonna sono molteplici. 
Alcuni riguardano direttamente e personalmente il veggente. 
Altri riguardano la Chiesa intera, con un particolare riferimento ai sacerdoti. 

Poi c'è un messaggio da consegnare personalmente al papa.



A un certo punto la Madonna muove un braccio, il sinistro, e punta l'indice verso il basso..., indicando qualcosa ai suoi piedi... Bruno segue con l'occhio il gesto e vede per terra un drappo nero, una veste talare da prete e accanto una croce spezzata. «Ecco», spiega la Vergine, «questo è il segno che la Chiesa soffrirà, sarà perseguitata, spezzata; questo è il segno che i miei figli si spoglieranno... Tu, sii forte nella fede!...». La celeste visione non nasconde al veggente che lo attendono giorni di persecuzione e di prove dolorose, ma che lei lo avrebbe difeso con la sua materna protezione. 

Poi Bruno viene invitato a pregare molto e a far pregare, recitare il rosario quotidiano. E specifica in particolare tre intenzioni: la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'unità dei cristiani

E gli rivela il valore delle Ave Maria ripetute nel rosario: «Le Ave Maria che voi dite con fede e con amore sono tante frecce d'oro che raggiungono il Cuore di Gesù». Gli fa una bellissima promessa: «Io convertirò i più ostinati con prodigi che opererò con questa terra di peccato». 

E per quanto riguarda uno dei suoi celesti privilegi che il veggente combatteva e che ancora non era stato definito solennemente dal Magistero della Chiesa (lo sarà tre anni dopo: il messaggio personale al papa riguardava forse questa proclamazione?...), la Vergine, con semplicità e chiarezza, gli toglie ogni dubbio: «Il mio corpo non poteva marcire e non marcì. Mio Figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso». Con queste parole, Maria si presentava anche come Assunta in Cielo in anima e corpo. 



Ma occorreva dare al veggente la certezza che quella esperienza che stava vivendo e che tanto avrebbe inciso nella sua vita non era una allucinazione o un incantesimo, e tanto meno un inganno di Satana. Per questo gli dice: «Desidero darti una sicura prova della divina realtà che stai vivendo perché tu possa escludere ogni altra motivazione del tuo incontro, compresa quella del nemico infernale, come molti ti vorranno far credere. E questo è il segno: dovrai andare per le chiese e per le vie. Per le chiese al primo sacerdote che incontrerai e per le strade a ogni sacerdote che incontrerai, tu dirai: "Padre, devo parlarle!". Se costui ti risponderà: "Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?", pregalo di fermarsi, perché è quello da me scelto. A lui manifesterai ciò che il cuore ti dirà e ubbidiscilo; ti indicherà infatti un altro sacerdote con queste parole: «Quello fa per il caso tuo"»


Continuando, la Madonna lo esorta a essere «prudente, ché la scienza rinnegherà Dio», quindi gli detta un messaggio segreto da consegnare personalmente alla «Santità del Padre, supremo pastore della cristianità», accompagnato però da un altro sacerdote che gli dirà: «Bruno, io mi sento legato a te»


«Poi la Madonna», riferisce il veggente, «mi parla di ciò che sta avvenendo nel mondo, di quello che succederà nell'avvenire, come va la Chiesa, come va la fede e che gli uomini non crederanno più... Tante cose che si stanno avverando adesso... Ma molte cose si dovranno avverare...». E la celeste Signora lo conforta: «Alcuni a cui tu narrerai questa visione non ti crederanno, ma non lasciarti deprimere»


Al termine dell'incontro, la Madonna fa un inchino e dice a Bruno: «Sono Colei che sono nella Trinità divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Ecco, prima di andare via io ti dico queste parole: la Rivelazione è la Parola di Dio, questa Rivelazione parla di me. Ecco perché ho dato questo titolo: Vergine della Rivelazione». Poi fa alcuni passi, si gira ed entra dentro la parete della grotta. Termina allora quella grande luce e si vede la Vergine che si allontana lentamente. 

La direzione presa, andando via, è verso la basilica di S. Pietro. Carlo è il primo a riaversi e grida: «Papà, si vede ancora il manto verde, il vestito verde!», ed entrando di corsa nella grotta: «Io la vado a prendere!». Si trova invece a sbattere contro la roccia e comincia a piangere, perché ha urtato le mani contro di essa. 

Poi tutti riprendono i sensi. 

Per qualche attimo rimangono sbalorditi e silenziosi. 


«Povero papà», ha scritto tempo dopo Isola nel suo quaderno di ricordi; «quando la Madonna se ne è andata, era pallido e noi stavamo attorno a lui a chiedergli: "Ma chi era quella Bella Signora? Che ha detto?". Egli ci ha risposto: "La Madonna! Dopo vi dirò tutto"». 




Ancora sotto shock, Bruno molto saggiamente domanda separatamente ai bambini, cominciando da Isola: «Tu, cosa hai visto?». La risposta corrisponde esattamente a ciò che ha visto lui. La stessa cosa risponde Carlo. Il più piccolo, Gianfranco, non conoscendo ancora il nome dei colori, dice soltanto che la Signora aveva un libro in mano per fare i compiti e... masticava la gomma americana... Da questa espressione, Bruno si rende conto che lui solo aveva inteso ciò che la Madonna aveva detto, e che i bambini avevano avvertito soltanto il movimento delle labbra. 

Allora dice loro: «Beh, facciamo una cosa: puliamo dentro la grotta perché quello che abbiamo visto è qualcosa di grande... Però non lo so. Adesso stiamo zitti e puliamo dentro la grotta». E' sempre lui che racconta: «Si prendono tutte quelle porcherie e si gettano dentro i cespugli di spine... ed ecco che la palla, andata nella scarpata verso la strada dove si ferma l'autobus 223, improvvisamente riappare dove noi avevamo pulito, dove c'erano tutte quelle porcherie di peccato. La palla è lì, per terra. 




Io la prendo, la metto sopra quel taccuino dove io avevo scritto i primi appunti, ma non ero riuscito a terminare ogni cosa. «All'improvviso, tutta quella terra che noi abbiamo pulito, tutta quella polvere che abbiamo innalzato, profumava. Che profumo! Tutta la grotta... Toccavi le pareti: profumo; toccavi per terra: profumo; ti allontanavi: profumo. Insomma, ogni cosa lì profumava. Io mi asciugavo gli occhi dalle lacrime che mi scendevano e i bambini contenti, gridavano: "Abbiamo visto la Bella Signora!"». «Beh!... come già vi ho detto, stiamo zitti, per ora non diciamo nulla!», ricorda il papà ai bambini. 

Poi si siede su un masso fuori dalla grotta e mette per iscritto frettolosamente quanto gli è accaduto, fissa le sue prime impressioni a caldo, ma terminerà a casa il lavoro completo. 

Ai bambini che lo stanno guardando dice: «Vedete, papà vi ha sempre detto che 

dentro quel tabernacolo cattolico non c'era Gesù, che era una bugia, 

un'invenzione dei preti; adesso vi faccio vedere dove sta. Andiamo giù!». Tutti 

si rimettono i vestiti tolti per il caldo e per giocare e si dirigono verso l'abbazia 

dei padri trappisti. Ma prima di lasciare la grotta, Bruno toglie di tasca il suo 

temperino e con quello incide sulla parete esterna queste parole: «In questa 

grotta, il 12 aprile 1947, la Vergine della Rivelazione è apparsa al protestante 

Bruno Cornacchiola e ai suoi figli».




AVE 

GIGLIO BIANCO DELLA TRINITA'

martedì 16 aprile 2013

Santa Gertrude e l'Ave Maria


AVE  
Chiedi conforto per tutti i sofferenti.

MARIA
Prega per la perseveranza dei penitenti.

GRATIA PLENA
Chiedi il gusto della Grazia per quelli che non lo sentono.

DOMINUS TECUM
Chiedi il perdono dei peccatori.

BENEDICTA TU IN MULIERIBUS
Chiedi il progresso spirituale per gli incipienti.

ET BENEDICTUS FRUCTUS VENTRIS TUI
Chiedi la perfezione di tutti gli eletti.

IESUS,  "splendor paternae claritatis, et figura substantiae ejus" 
domanda la vera scienza e l'amore divino per quelli che non lo sentono.

+
Santa Gertrude comprese, per una speciale illuminazione, come
- ossia con quali intenzioni -
 la Vergine Maria voleva che fosse recitata l'Ave Maria
(cf Rivelaz. Lib. 2, cap. XII).
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sabato 13 aprile 2013

L'AVE MARIA!




DIGNARE ME LAUDARE TE VIRGO SACRATA
DA MIHI VIRTUTEM CONTRA HOSTES TUOS


L'Ave Maria



L'Ave Maria si compone di due parti: la prima parte, biblica, è di lode, la seconda parte, di origine ecclesiale, è di supplica. La lode è espressa con le parole che le sono state rivolte dall'angelo Gabriele "Ti saluto, o Piena di Grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28) e da Elisabetta: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (Lc 1, 42).  Fu il Papa Urbano IV (1261-1264) che ordino l'aggiunta di "Gesù" come conclusione della prima parte. La seconda parte, è più recente. Solo in un breviario certosino risalente al XIII Secolo, infatti, troviamo per la prima volta l'invocazione: "Sancta Maria ora pro nobis", a cui segue, un secolo dopo, l'aggiunta "peccatoribus" e, verso il 1350,  la parte finale: "Nunc et in hora mortis. Amen." Questa parte, che ha subito diverse aggiunte e modifiche in tempi diversi, fu codificata nella forma attuale:  "Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen", da Papa San Pio V nel 1568. 
“Rallegrati Maria, Piena di grazia “



Rallegrati





San Luca, che ha scritto il suo vangelo in greco, usa il termine: Kàire. Questo termine, legato etmologicamente a Kàra (gioia) e Kàris (grazia), ha nel contesto lucano una connotazione gioiosa ed è quasi un comando a gioire, a far festa: Rallegrati, Maria! In lei, infatti, Dio fedele attuerà le sue promesse, compirà le sue profezie e, per mezzo suo, non deluderà la speranza di salvezza del suo popolo. E' lo stesso invito "obbligato" alla gioia, per la presenza salvifica del Signore, rivolto alla Figlia di Sion.
Maria
L'aggiunta del nome "Maria" alle parole dell'angelo, più che arbitraria, intende racchiudere e condensare il mistero della Donna a cui il saluto è rivolto, svelarne la natura e precisarne il senso della missione. Secondo l'interpretazione più comune il nome "Maria" ha due radici: una egizia - "Myr" - che vuol dire "amata"; l'altra ebraica - " yam" - che è l'abbreviazione di Iahvè. "Miryàm" significa, dunque, "l'amata di Iahvè", "la prediletta di Dio". Il suo nome appare, di conseguenza, già indicativo del suo destino eccezionale, della sua vita straordinaria e della sua missione singolare e unica: "Miryàm", sarà per sempre la Tuttasanta, la Figlia prediletta del Padre, la Madre amorosa e sempre vergine del Figlio, la dimora e il tempio vivo dello Spirito Santo.

Piena di grazia
L'angelo non la chiama Maria, ma "Kekaritoméne". Il termine originale greco è quasi intraducibile, perché ha un contenuto molto più profondo di quello che normalmente esprimiamo con i termini: favorita, gratificata, privilegiata, santificata da Dio. Ella è "Piena di grazia" perchè lo Spirito Santo scende in lei per innalzarla a quell'altezza sublime che le permetterà di generare il Figlio eterno del Padre secondo la carne: non poteva anche per un solo istante essere senza pienezza di grazia, colei che doveva generare Cristo, Redentore e Salvatore del mondo. In lei lo Spirito rende tangibile l'opera di amore e di redenzione di Dio per gli uomini, un Dio che eleva l'uomo, lo libera dal peccato, lo unisce nella figliolanza alla sua stessa vita divina. Come per l'antico Israele, Dio "ricordandosi della sua misericordia", farà "grazia" a Maria che così, diventa  figura e compimento di Israele e insieme archètipo e primizia della Chiesa e di ogni cristiano.


“Il Signore è con te “Nella Bibbia, la formula «il Signore è con te» ricorre in due contesti diversi: di alleanza e di vocazione. Nell'Antico Testamento il Signore si sceglie un popolo e stringe con lui un'alleanza. Si impegna ad assicurargli una propria presenza amorevole e fattiva di cui l'arca è il segno concreto e visibile. C'è un evidente parallelo fra l'arca dall'alleanza e Maria. Basta un piccolo esempio, fra i tanti: - Davide, confuso e spaventato per la vicinanza dell'arca, esclama: «come potrà venire a me l'arca dell'alleanza?». - Elisabetta si domanda stupita: «a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». Maria, invocata come «arca dell'alleanza», è il «luogo» dove lo Spirito Santo realizza in maniera perenne la propria presenza e dal quale irradia la sua azione. Maria è la donna che attualizza e garantisce la presenza del Figlio di Dio che, nel suo sangue versato sulla croce, rende perfetta e perenne l'alleanza di Dio con il suo popolo. È con te perché tu non abbia timore. Nella storia biblica il sarò con te si ritrova in racconti nei quali Dio chiama qualcuno ad una particolare missione. Un esempio. Dio chiama Mosè: «"va'! io ti mando dal Faraone Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal Faraone e per fare uscire dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose: "Io sarò con te"». Mosè incalza: «"io non sono un buon parlatore;... sono impacciato di bocca e di lingua". Il Signore gli disse "Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». Di dialoghi come questi è piena la Bibbia, e su questa linea si muove il dialogo dell'angelo con Maria. A Gabriele che chiede l'adesione ad un piano misterioso, Maria pone un'obiezione più che naturale: «Come è possibile?». Si sente piccola, povera, sproporzionata alla grandiosità di quel piano. Ma l'angelo la rassicura: non temere, abbi fiducia, non far conto su di te, ma sulla potenza del Signore!“Tu sei benedetta fra le donne”

Non appena Maria si affaccia sulla soglia di casa, Elisabetta prorompe in un grido di gioia ed esclama «a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo"». La gioia delle due madri è subito posta in riferimento ai figli: «il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo!». Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, è immediatamente introdotta nel mistero ed esclama: «Tu sei benedetta!». Nell'Antico Testamento, ricorre spesso la parola «benedizione» (bera'ha), che significa: comunicazione di vita da parte di Dio. È Dio che benedice, che dà vigore, forza, successo, discendenza numerosa, pace, sicurezza... Dove c'è la vita, c'è il Creatore in azione; così che la benedizione non è un atto sporadico, ma un'azione incessante di Dio. La benedizione è dunque il segno del favore di Dio impresso nella creatura: non un vago augurio, ma un segno efficace che raggiunge lo scopo per cui è dato. Anche l'uomo può benedire. Dio soltanto ha il potere di benedire. Quando l'uomo benedice, lo fa in nome di Dio, come suo rappresentante. Ma esiste anche una benedizione ascendente, ed è quella che l'uomo fa quando benedice nella preghiera. Diciamo nella Messa: noi ti lodiamo, ti benediciamo.E «benedirlo» significa: riconoscere che tutti i beni di cui abbiamo il possesso vengono da Lui e a Lui debbono ritornare. Tipica è la benedizione della mensa: il pane, il vino e i frutti della terra, per il fatto che esistono, sono già benedetti. E «benedirli» significa: riceverli da Dio, Donatore supremo e quindi lodarlo, ringraziarlo e impegnarsi a utilizzarli secondo il fine per cui Egli ce li ha dati... Maria è la benedetta per eccellenza. Su nessuna creatura Dio ha riversato ricchi doni di natura e di grazia come su di lei. Dio la benedice in modo singolare e Maria, a sua volta, lo benedice magnificando la grandezza della sua misericordia: «grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome!». A Lui la lode, la benedizione «nei secoli dei secoli». Maria non è Dio, ma è elevata dallo Spirito Santo a un rango divino tale da essere Madre per eccellenza, in cui è prefigurata la maternità stessa della Chiesa e svelato in immagine il volto femminile di Dio.

“E benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.“


E benedetto è il frutto del tuo seno
Elisabetta, dopo aver proclamato Maria «benedetta fra tutte le donne», subito aggiunge: «e benedetto è il frutto del tuo grembo». L'angelo aveva già indicato le prerogative uniche di questo frutto: «Colui che nascerà sarà Santo e chiamato Figlio di Dio». E questo, grazie a un intervento che supera ogni immaginazione e possibilità umana: «lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo». Gesù, dunque, prima di essere «frutto» di Maria, è «frutto» dello Spirito Santo. E sarà Lui a proclamarlo, rifacendosi alla nota profezia di Isaia: «lo Spirito del Signore è sopra di me.. Gesù è «frutto benedetto» perché nato dall'azione dello Spirito Santo «che è colui che dà la vita»; è maturato nel seno di Maria che è tempio vivente dello Spirito; ed è la benedetta fra tutte le donne. Gesù è frutto del seno di Maria nel senso più pieno e reale. Soprannaturale è il concepimento, ma normale la gestazione. Per nove mesi, come ogni altra donna, Maria custodisce il Verbo fatto carne nel proprio utero, lo sente, lo «vede» crescere, ne avverte i movimenti, l'alimenta con le proprie viscere, gli trasmette il proprio sangue e la propria vita. Questo «frutto» meraviglioso è stato provocato dall'azione dello Spirito, ma è legato alla carne, al sangue, alla materia. Ha avuto bisogno del normale grembo di una donna. Maria non ha accolto il Verbo nella propria anima, ma nel proprio corpo. Gli ha impresso il colore della propria carne e dei propri occhi; ha trasmesso al suo bambino qualcosa dei suoi lineamenti, del suo carattere, della sua sensibilità, del suo somso... Dio sceglie la strada più naturale e vitale per crescere e svilupparsi, e si rende, per così dire, visibile, prima di tutto attraverso la rotondità di un ventre. Madre e figlio sono quindi due realtà indissolubili e complementari; due realtà che insieme realizzano ciò che nel mondo vi è di più grandioso e di più misterioso. Ciò vale quindi anche per Maria che ha portato sotto il suo cuore un Bimbo delizioso e questo bimbo delizioso si chiama Gesù

Gesù 
Siamo nel cuore dell'«Ave Maria» La prima parte della nostra preghiera si apre col nome di Maria e si chiude con quello di Gesù. Il nome di Gesù rappresenta il punto d'arrivo normale e imprescindibile. La vicenda di Maria di Nazaret porta a questo necessario sbocco per lei e per noi. Tutta la storia della salvezza prepara e irraggia questo nome santo che sta al centro del mondo, della storia e del cuore di ogni uomo.Gesù, il salvatore Gesù, nome frequente per gli Ebrei, significa letteralmente «Iahvè salva». Gesù è quindi il nome che indica «la salvezza operata dal Signore attraverso il frutto del seno di Maria». Gesù ci salva: ci redime cioè dal peccato e dalla schiavitù di Satana, ci fa passare dalla morte alla vita (sia spirituale che fisica), ci libera dallo stato di asservimento al male e ci dona la grazia, che è partecipazione alla vita divina e diritto all'eredità eterna con Lui in Paradiso. Gesù, nome che è al di sopra di ogni altro nome È il nome che è al di sopra di ogni altro nome, ma è anche il nome di un Dio che si è fatto umile e povero per salvarci tutti. Gesù è un nome da invocare di frequente, più con il cuore che con le labbra. La spiritualità orientale antica ci ha trasmesso una invocazione semplice e ricca di contenuto: «Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore». È la così detta «preghiera del cuore». È una preghiera intensa e accorata che riempie il cuore e si oppone alle preghiere prolisse, che svuotano e dissipano la mente. Sovente, in Oriente, viene sostenuta da un rosario di corde con cento nodi.

“Santa Maria, Madre di Dio “


Santa Maria
Chiamiamo Maria Santa e dobbiamo capire il significato di questo attributo. Santo è, nella Bibbia, uno dei tanti attributi di Dio; è un altro nome per dire Dio. Lo ricorda la stessa etimologia: sanctus è participio passato del verbo sancire, e significa «essere separato, distinto». «Dio Santo» è Colui che trascende l'uomo e il mondo; che «abita una luce inaccessibile» ed è distinto dall'uomo. Più che una qualità morale, il termine santo indica l'essenza di Dio e la sua autorità: Dio è totalmente diverso, superiore, distinto... anche se presente e non distaccato dalle cose. Lui solo è Santo! Il Signore, che è il solo Santo, può tuttavia partecipare, e di fatto partecipa, la sua santità. Noi vediamo infatti che sono detti santi: il popolo di Israele, i Profeti, gli Apostoli, Giovanni Battista; santa è la Chiesa e santi tutti i Cristiani, partecipi della vita e della missione di Cristo. Sante sono dette sia le persone che le cose che assumono una funzione divina: i ministri del culto, il tempio, l'altare, il sacrificio, Gerusalemme, Sion. Le cose in sé sono profane, ma siccome entrano in relazione con Dio che è santo e servono il Santo, partecipano di questa santità. Ma soprattutto la santità si ha quando si imita la santità di Dio. Nell'Antico Testamento, Dio dice di essere santi, perché Lui è santo; e nel Nuovo: «questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione»; «siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli». Gesù, il Santo di Dio in mezzo a noi, costituisce il modello di tutte le virtù, e l'imitarlo è il modo più vero per raggiungere quella perfezione che ci consente di essere uomini maturi e integrali. Alla base di questa imitazione di Dio di cui Gesù è il modello supremo c'è un dono fondamentale, che eleva la sostanza stessa dell' anima rendendola partecipe della santissima natura divina. Questo dono si chiama molto significativamente «grazia santificante». Essa è ricevuta nel battesimo e rende l'anima splendente e luminosa: per questo è simboleggiata dalla veste candida. Ora, questa grazia santificante che noi riceviamo nel battesimo è stata ricevuta con sovrabbondanza dalla Vergine Maria al momento della sua Immacolata Concezione. Per questo ella è chiamata dall'Angelo: «Piena di grazia». La sua anima dunque ha avuto sin dal primo istante una bellezza e uno splendore abbaglianti. La grazia santificante, oltre a trasformare la sostanza dell' anima fa sì che essa diventi tempio dello Spirito Santo. Quindi Maria è santa anche perché lo Spirito Santo abita in lei e l'ha assunta come strumento e luogo della sua attività divina. Ella è santa quindi non tanto e solo per la conquista di una eminente santità personale, ma perché porta in sé lo Spirito Santo. Attraverso lei, lo Spirito realizza per così dire una dimensione storica; e Maria diviene, in un certo senso, la proiezione nel tempo dell' attività specifica dello Spirito: è infatti la sua santità che in lei vive e opera. È santa anche perché assunta a servizio del disegno santo di Dio di salvare l'umanità attraverso l'incarnazione del suo Figlio. Lei è stata scelta e messa a parte per diventare la Madre del Salvatore. E come tale non poteva essere contaminata dal peccato comune a tutti gli uomini. Nella sua vita Maria ha esercitato tutte le virtù proprie di una donna e di una cristiana.

Madre di Dio 
Maria genera una Persona che è Dio dall'eternità.. Gesù non è Dio per il fatto che è stato generato da Maria (sarebbe un assurdo pensare a Maria come madre della natura divina!): Maria è madre di Dio perché nelle sue viscere e dalle sue viscere comunica al Verbo una natura umana simile alla sua. Come nella generazione umana ordinaria la donna genera una persona e non una natura, così Maria genera la Persona del Verbo, il quale, pur conservando la natura divina, diviene suo vero Figlio solo quanto alla natura umana. Maria è quindi «Theotòkos», madre di Dio, perché il Figlio eterno di Dio si fa uomo da lei e per mezzo di lei. L'espressione «Theotòkos», madre di Dio, applicata a Maria Santissima, fa sì che ella possa venire chiamata «vincitrice di tutte le eresie». Infatti le eresie, cioè gli errori che riguardano il mistero dell'incarnazione del Verbo, si possono ricondurre alla negazione o della vera divinità di Gesù, o della sua vera umanità, o dell'unione della divinità con l'umanità nell'unica Persona divina del Verbo. Ora, dicendo che Maria è madre di Dio noi riconosciamo: 1) che Gesù è veramente Dio; 2) che è veramente uomo (altrimenti Maria non sarebbe sua madre); 3) che in Lui c'è la sola Persona divina (altrimenti Maria sarebbe madre della persona umana di Gesù, e quindi non più madre di Dio). In breve, Gesù è vero Dio e vero uomo: - dicendo che Maria è madre di Dio, noi affermiamo la divinità di Gesù; - dicendo che è madre di Dio, noi affermiamo la umanità di Gesù. Nessuna creatura umana è stata pensata, «progettata», assunta, elevata a così alta dignità. Lo dice il Vaticano Il con incisive parole: «redenta in modo sublime in vista dei meriti del Figlio suo, e a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, Maria è insignita del sommo ufficio e della eccelsa dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo. Per questo dono di grazia eccezionale, precede di gran lunga tutte le creature celesti e terrestri». Ovviamente, per questa altissima dignità Dio l'ha adeguatamente preparata «arricchendola di tutti i doni consoni a tanto ufficio». «Dio volle che l'accettazione della predestinata Madre precedesse l'Incarnazione, perché, così come una donna aveva contribuito a dare la morte, così una donna contribuisse a dare la vita. Ciò vale in modo straordinario per la Madre di Gesù, la quale ha dato al mondo la Vita stessa che tutto rinnova». Noi siamo debitori a lei della vita nuova portata da Cristo; è lei che con il suo "sì" ha contribuito al disegno della redenzione, quello cioè di costituire Gesù Cristo come l'unico Mediatore e Salvatore di tutti gli uomini.
“Prega per noi peccatori, adesso”

Prega per noi peccatori
Ecco allora l'invocazione: prega! Maria, prega, fa qualcosa per noi! Dì una parola in nostro favore! Intercedi presso Dio! Intercedere significa intervenire a vantaggio di qualcuno; mediare, fare dei passi a suo vantaggio; "strappare" una grazìa. Maria può intercedere, vuole intercedere, perché è dalla parte di Dio e dalla parte nostra. È stata definita: «l'onnipotenza che intercede», «l'onnipotenza supplice». Solo Dio è onnipotente, ma la potenza di Maria consiste nell'ottenere da Dio ciò che è bene per quei figli bisognosi che Dio stesso le ha affidato. Quando ci affidiamo a lei, la nostra causa, anche se disperata, è in buone mani. Ci rivolgiamo a lei consapevoli del nostro stato di «poveri peccatorì». Non abbiamo titoli e meriti da rivendicare, se non quelli di essere «iscritti nella lista dei poveri». È questa la condizione che ci dà garanzia di essere esauditi: riconoscere che siamo bisognosi di tutto, e che nulla siamo senza l'aiuto del suo divin Figlio e senza quella intercessione che ella può caldeggiare con materno amore. Prima ancora di chiedere «una grazia», poniamoci fiduciosi davanti a lei, «rifugio dei peccatori» e «madre della divina Grazìa». Poniamo la nostra «posizione personale» nelle sue mani, e, con le nostre frequenti invocazioni, chiediamole di condurci per quelle strade che lei conosce come sicure e orientate al nostro vero bene!

Adesso Prega per noi, adesso... L'adesso dell' "Ave Maria" richiama l'oggi del "Padre nostro": «dacci oggi il nostro pane quotidiano». La nostra fragile vita ha bisogno di quel nutrimento essenziale che è il pane. Ma proprio perché la vita umana è all'insegna della fragilità e della precarietà, ha bisogno di essere coperta e assicurata in ogni momento, e quindi adesso. Troppo spesso viviamo con lo sguardo rivolto al passato, o proiettato verso il futuro... e così perdiamo gli appuntamenti decisivi, quelli dell'oggi. Viviamo di ricordi, di rimpianti, di nostalgie... Oppure di sogni vaghi o di attese illusorie. In tal modo non sappiamo afferrare l'adesso, il momento favorevole, il messaggio di oggi, la grazia di oggi. Ma l'uomo maturo e illuminato non è distratto nei confronti del presente: lo alimenta con la memoria del passato e con l'attesa del futuro, ma lo vive intensamente, responsabilmente, nella certezza che è proprio il presente ciò che conta, e che... questo presente non tornerà mai più. Non esistono solo le rare grandi occasioni della vita; esistono invece le minuscole, modeste, normali, occasioni quotidiane... E sono tutte preziose, tutte importanti; tutte da vivere e da sfruttare con intensità gelosa: momento per momento, e quindi adesso! In questo prezioso attimo presente imploriamo l'aiuto di Maria: una presenza quindi costante, abituale, lungo il filo dei giorni feriali, nell'ambito del quotidiano. Non solo nei momenti di emergenza, quando le cose si mettono male e siamo nella disperazione, perché l'intervento della Madre non può essere sporadico, occasionale, frammentario. Una presenza familiare, che ce la rende presente nella gioia e nel dolore, nei momenti nei quali vivere è facile e in quelli nei quali il cammino si fa arduo e oscuro. Pregando adesso e per l'adesso, noi chiediamo a Maria di non «abituarci alla vita», ma di scoprirla ogni giorno per quello che realmente è: uno splendido dono che si riceve e che si deve rendere. La vita è miracolo, è sorpresa. È un evento sempre nuovo, sorprendente, inaudito. È un prodigio unico e irripetibile. Il giorno che spunta oggi non è qualcosa di scontato, di banale... dal momento che c'è stato quello di ieri. La vita è creazione, è invenzione dell' «Amore». Ogni giorno è la «prima  volta». Non esistono giorni ordinari: ogni giorno è straordinario, insolito, «mai visto», ed è carico di novità e imprevedibilità a non finire. Maria, aiutaci a celebrare la vita con stupore e riconoscenza, ogni giorno e in ogni istante. Per non renderlo banale, inutile e triste. Per non disperderlo, per non svuotarlo, per non sciuparlo. Per ricuperare il senso della gratuità e della lode, per ritrovare la freschezza del canto, per gustare la felicità di donarla con amore e per amore. Aiutaci. Adesso.
“ e nell'ora della nostra morte “



L'ora della morte è l'ora più temuta e il più possibile allontanata. Ma è un'ora che inesorabilmente verrà... e per tutti. Siamo sicuri che, nella successione degli adesso, verrà un «adesso» che segnerà la fine, e, con essa, la partenza da questo mondo. A questa realtà costantemente ci richiama l'Ave Maria, anche se la recitiamo distrattamente e quasi scivolando sulla parola che non vorremmo mai pronunciare: la morte. Nell'Ave Maria quell'ora suprema si chiama proprio morte, senza camuffamenti ed eufemismi. Si chiama col suo termine immediato e vero, perché, dato la persona a cui ci rivolgiamo, non serve a nulla nascondere la realtà di un evento che è il più decisivo. Nulla ci angoscia più del pensiero della morte. Essa si presenta come una realtà assurda e scandalosa, da evitare accuratamente, da non far entrare nei discorsi abituali fra persone «normali». Ci fa paura anche se abbiamo fede Cristo, morendo, ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ha ridato a noi la vita. Col suo mistero di morte e di resurrezione, ha trasformato la morte in amore di vita immortale. Ce lo dice la Fede: e per questo sappiamo che morire non è finire, ma entrare in quella vita vera, per la quale siamo nati. Tentiamo di persuaderci che la morte, sul piano fisico, è un evento biologico normale, e, sul piano cristiano, il momento più prezioso che dà senso e coronamento alla nostra esistenza.. Anche Gesù, sulla Croce, accolse la morte con terrore gridando al Padre tutta la sua angoscla. Che cosa possiamo fare? Possiamo continuare così ad allontanare, a minimizzare, a sottovalutare l'evento più importante e decisivo della nostra esistenza? Evidentemente no! Meglio accettare la realtà delle cose: accettare fin d'ora, per allora, quello che accadrà, e, fin d'ora prepararlo con responsabilità ed equilibrio. E proprio... con l'aiuto di Maria. Con Maria, la vita illumina la morte e la morte illumina la vita Maria, invocata con fiducia, rende tutto più semplice, più comprensibile, più accettabile, più sereno. Essa ci garantisce per l'adesso una presenza materna dolce e insostituibile. Ma mentre ci sostiene nel presente, ci dispone con serenità al futuro e a quell'ora suprema. Ci prepara alla morte, insegnandoci a vivere. La morte illumina la vita, e la vita prepara la morte, perché essa, come diceva P. Kolbe, «non si improvvisa, ma si merita con tutta la vita». Il pensiero della morte richiama l'urgenza di non sciupare nulla di quello che la vita offre nel suo scorrere quotidiano e di sfruttare per il meglio ogni attimo che via via essa ci dona nel suo rapido dispiegarsi. Vita e morte così mirabilmente si intrecciano in un'armonia che dona responsabilità, impegno e serenità. L'Ave Maria, unendo nella preghiera 1' «adesso» e 1' «ora della morte» è il ricordo e lo stimolo migliore a realizzare questa armonia salutare. All'appuntamento con la morte, tutti ci lasceranno, ma non Maria. Ad aprire quella porta sarà lei e soltanto lei. Nel momento nel quale avverrà il nostro personale incontro col suo Figlio, Giudice e Salvatore, sarà lei a parlare per noi, come madre, come amica, come avvocata potente. Entreremo nella vita eterna con l'aiuto e la protezione della mamma. Anzi: in sua compagnia! Sarà lei a prenderci per mano, a facilitarci il passaggio, a parlare con noi. Non ci ricaccerà, non ci abbandonerà, perché a lei Gesù ha detto: «ecco tuo figlio!». Di una cosa siamo sicuri: che non ci deluderà, se noi l'avremo invocata, se noi l'avremo chiamata e pregata recitando ogni giorno, in vita, la preghiera dei figli: l’Ave Maria.
“Amen “


L'Ave Maria, come tutte le preghiere termina con la parola Amen. È un' acclamazione ebraica intraducibile che, dalla Bibbia, fin dai primi tempi, passò nella Liturgia cristiana. Arriva dalla radice àman, ed esprime: sicurezza e verità. Per questo, Dio è chiamato l'Amen, e Gesù è detto l'Amen perché «è il testimone della verità». Amen è anche il termine col quale esprimiamo l'assenso a ciò che altri fanno o dicono a nome di tutti, specie in un contesto liturgico. Amen: così è.