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giovedì 30 ottobre 2014

PER LA SUA BONTA'



CAPITOLO XI. - DELL'ANIMA DEL FRATELLO S. CONVERSO, CHE DOPO LA MORTE FU PREMIATO PER LA SUA BONTA'



Durante l'agonia del fratello Seg, Geltrude, occupata in altro, dimenticò di pregare per lui. Quando gliene annunciarono la morte, ricordò con rimpianto che egli aveva ampiamente meritato le preghiere della Comunità, perché, nel suo ufficio, si era dimostrato più fedele e premuroso degli altri conversi. Perciò incominciò a supplicare il Signore perché, secondo la moltitudine delle sue misericordie, degnasse ricompensare quell'anima per i buoni servigi resi al convento.

Le rispose Gesù: « A motivo delle preghiere delle tue consorelle, ho già premiato in tre maniere la fedeltà di questo fratello. 

La sua bontà naturale gli procurava tanta gioia quando poteva far piacere a qualcuno; adesso tutte quelle gioie si sono riunite nell'anima sua e gode di tutte insieme. 

Possiede anche tutta la felicità dei cuori ai quali ha prodigato i suoi benefici, cioè la felicità del povero al quale dava l'elemosina, del bimbo a cui faceva un regaluccio, del malato che sollevava e rallegrava con un frutto, o con un dolce. 

Infatti ha il gaudio immenso di sapere che le sue azioni mi erano care; se ci fosse qualche cosa ancora per rendere completa la sua beatitudine, sarei pronto ad accordargliela tosto ».

sabato 6 luglio 2013

Perché lo spirito umano, o meglio mondano, rientra e prende il sopravvento sullo spirito religioso?

Beato Giuseppe Allamano, prega per noi!

NECESSITA' DELLA FORMAZIONE                 

Fervore e decadenza nelle Religioni

Gli Istituti religiosi nei loro primordi furono per lo più fervorosi. Gli individui attendevano singolarmente alla propria santificazione, univano una soda virtù allo zelo dell'altrui salvezza, presentavano quella vicendevole unione che è uno dei più sicuri indizi dell'interiore carità. S. Atanasio così descrive il fervore dei discepoli del grande S. Antonio: "Regnava la concordia, nessuno recava danno, nessun maledico che andasse sparlando, ma una moltitudine di astinenti e una gara di sante opere". E conclude pieno di ammirazione con le parole Scritturali: Quanto son belli i tuoi padiglioni, o Giacobbe! E i tuoi tabernacoli, o Israele! Son come valli ubertose, come orti presso ad un fiume irriguo, come cedri vicini alle acque. La tua stirpe crescerà in grandi acque! (91).

S. Bonaventura scrive dei primi discepoli di S. Francesco: "In tutto e per tutto osservavano gl'insegnamenti del nostro santo Padre. La povertà li faceva pronti ad ogni obbedienza, forti nelle fatiche, lesti nei viaggi. L'amore del Vangelo li aveva resi tanto pazienti, da cercar sempre nuove sofferenze corporali".

Lo stesso dicasi di tanti altri Istituti nei loro inizi, come dell'Ordine di S. Benedetto, dell'Ordine Cistercense e, in tempi più recenti, dell'Ordine della Visitazione.

Ma non tutti continuarono nel fervore. Lo spirito umano, o meglio mondano, rientrò e prese il sopravvento sullo spirito religioso. Ed ecco: all'osservanza succedere la trascuratezza, al fervore la tiepidezza, all'unione i partiti e le scissioni. Già se ne lamentava S. Girolamo; più tardi S. Bernardo scriveva all'Abate Guglielmo: "Ormai l'economia è reputata avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza. Invece la rilassatezza è detta discrezione, lo sperpero è scambiato con la liberalità, la loquacità con l'affabilità e cortesia. Vien detto allegria lo sghignazzare, decoro il lusso, pulizia la soverchia cura dei letti" (92).

S. Bonaventura a sua volta, divenuto Generale dell'Ordine, lagnavasi che notevoli disordini si fossero introdotti nelle Comunità. Il P. Consolatino, dell'Oratorio, nella sua vecchiaia piangeva non vedendo più nella Congregazione quello spirito di fervore che regnava vivente S. Filippo. E intanto alcune di queste istituzioni scomparvero, mentre altre si ridussero a poca cosa, avendo perduto quello splendore d'opere, quel fervore di vitalità che li distingueva nel loro inizio. Quali le cause del decadimento degli Istituti religiosi? Sulla scorta di S. Alfonso (93), le riduco a cinque.

1 - IL NUMERO: multitudo intrantium. E la ragione che porta il Santo è questa: che quando son molti, non si possono più formare così bene come quando son pochi. Per essere precisi si dovrebbe dire: la moltitudine di quelli che entrano senz'essere chiamati o che non corrispondono, privi perciò delle necessarie doti per lo stato abbracciato. Quante volte mi avete già udito dire: guai a spalancare la porta d'entrata! guai alla paura di mandar via!... Vi ripeto sempre le stesse cose; ma lo ripeto perché il numero mi spaventa, quando non sia accompagnato dalle necessarie virtù nei singoli membri. E' per questo che nei Monasteri del Carmelo, della Visitazione, ecc. è fissato il numero delle Suore d'ogni casa. E S. Vincenzo proibì ai suoi Religiosi di far proseliti.

2 - LA DEFICIENZA NEI SUPERIORI - Grande motivo questo! Può avvenire, infatti, che i Superiori non siano essi stessi debitamente formati e allora come possono formare gli altri allo spirito della Congregazione? Oppure che essi per i primi non siano osservanti, e come possono inculcare agli altri l'osservanza? E senza osservanza a che cosa si riduce una comunità? Diceva S. Giuseppe Calasanzio: "Guai a quel Superiore che con le parole esorta a ciò che con l'esempio distrugge!". Il Superiore in una Comunità è come la città posta sopra il monte; non può sottrarsi agli sguardi indagatori dei sudditi. S. Alfonso fa sua la sentenza del P. Doria, Carmelitano Scalzo: "che le Religioni decadono più per male di emicrania che di podagra". Cioè più per difetto di quelli che sono a capo, che non dei sudditi.

Come avviene questo?... Ah, quel Capitolo, quelle elezioni! Ne ho un po' di esperienza, sapete! Si prega, sì, davanti al SS. Sacramento, s'invocano i lumi dello Spirito Santo, ma poi invece di seguire i lumi celesti, si seguono quelli dell'amor proprio, dei gusti individuali, dello spirito di parte... e ne vengono fuori di tali Superiori e di tali Superiore!

Speriamo che nel nostro Istituto questa deficienza non abbia mai a riscontrarsi. Le Costituzioni parlano chiaro. I Capitolari s'impegnano con giuramento di eleggere quelli che stimano doversi eleggere davanti a Dio, e sono inoltre espressamente proibiti di procurare, sia direttamente che indirettamente, dei voti sia per sé e sia per gli altri. Stando alle Costituzioni, si eviteranno gli inconvenienti di cui parliamo.

3 - MUTAMENTO DI FINE - Ogni istituzione, e l'abbiamo veduto, ha il proprio fine particolare. Purtroppo alcune istituzioni non hanno più che il nome ad indicare il fine per cui vennero fondate. Il fine particolare del nostro Istituto è la conversione degli infedeli; se un giorno si dovessero aprir collegi, supponiamo in America, dovrebbero essere sempre e solo per questo fine: le Missioni fra gli infedeli.

4 - L'INTRODURSI DI ABUSI: e cioè lasciar introdurre a poco a poco usanze che non sono secondo lo spirito dei Fondatori. S'incomincia ad allungare le ricreazioni, si cambia il vitto, si trascura la puntualità d'orario... ed ecco la comunità cambiata. Si dice: "Son altri tempi!". No, è lo spirito che è un altro. Si dice: "Lo spirito è sempre quello"; invece lo spirito non c'è più.


5 - IL DISPREZZO DEI FERVOROSI: quando cioè s'incomincia a tacciare di scrupolosi, di esagerati coloro che sono fervorosi, che osservano il silenzio, la disciplina, la regola, ecc.

AVE GRATIA PLENA!

venerdì 12 aprile 2013

PRIVILEGI DELLA VITA RELIGIOSA


 PRIVILEGI DELLA VITA RELIGIOSA. 


Gesù Cristo, quando l'apostolo Pietro Gli domandò che cosa avrebbe dato di particolare a loro che avevano tutto abbandonato per seguire Lui, gli rispose che nel giorno della rigenerazione li avrebbe fatti sedere su dodici troni e li avrebbe fatti giudici delle dodici tribù d'Israele. E, soggiunse, chiunque lascerà la casa, la parentela, i beni per amor mio, riceverà cento volte più di quello che ha lasciato, e insieme la vita eterna (MATTH. XIX, 27-29). Ecco il privilegio concesso a quelli che professano la vita religiosa! 

A ­loro più particolarmente convengono quegli elogi di S. Pietro: «Voi siete una casta privilegiata, un sacerdozio reale, una gente santa, un popolo scelto, affinché proclamiate le virtù di colui che dalle te­nebre vi ha chiamati all'ammirabile sua luce» (1 PETR. II, 9).



La vocazione alla vita religiosa è grazia insigne, rara e specialissima... 

Le anime consacrate a Dio in un ordine religioso sono la porzione più nobile, più onorevole, più pura della Chiesa di Gesù Cristo; ne formano il più vago ornamento... Stanno più che tutte le altre vicino a Dio... Costituiscono il corteo e, direi, la corona dell'Altissimo. Seguono l'Agnello dovunque vada... Avranno in cielo un seggio più elevato, un luogo distinto... Hanno più meriti per essere esaudite in quello che domandano... Sono parafulmini che arrestano i colpi della giustizia di Dio; sono altri Mosè che s'interpongono tra la collera di Dio e i delitti dei popoli; placano il cielo e salvano la terra. Ah! Dio non ha trattato così tutte le anime (Psalm. CXL VII, 20)


Voi ben potete, o anime privile­giate, dire con la Sposa dei Cantici
«La voce del mio diletto che bussa alla porta, dice: Aprimi, mia sorella, mia amica, mia colomba, mia immacolata» (Cant. V, 2). Mia sorella per la creazione e l'incarnazione, mia amica e mia sposa per la fede e per i voti, mia colomba per il battesimo e la rigenerazione, mia immacolata per la carità.

IMMACOLATA MIA
MIO TUTTO!

martedì 9 aprile 2013

LA VITA DI UN BUON RELIGIOSO È VITA SUBLIME E PIENA DI MERITI. ­


LA VITA DI UN BUON RELIGIOSO 
È 
VITA SUBLIME E PIENA DI MERITI. ­ 

Il re Profeta parla nei suoi Salmi di una regina che sta alla de­stra del re del Cielo, in veste d'oro e vagamente ornata, così che il re è invaghito di tanta bellezza (Psalm. XLIV, 10-12). 

Questa regina così splendidamente vestita, così riccamente e variamente adorna, che siede alla destra del Re, è in primo luogo la Santissima Vergine, Madre di Dio; poi è l'anima reli­giosa consacrata a Dio, vivente unicamente di Dio e per Iddio... «Io mi studierò, essa dice, di piacere al Signore nella terra dei viventi» (Psalm. CXIV, 9). 

Il buon re­ligioso è come un olivo carico di frutti nella casa del Signore (Psalm. LI, 10). Egli crescerà come la palma, si moltiplicherà come il cedro del Libano. Piantato nella casa del Signore, fiorirà negli atrii del nostro Dio; porterà frutti nella sua vecchiezza e abbonderà di grazia e di vita (Psalm. XCI, 13-15).


«Preparate i vostri cuori al Signore» - Praeparate corda vestra Domino (1 Reg. VII, 3). I buoni religiosi consacrano interamente i loro cuori al Signore, e si uniscono a Dio così strettamente, che nel linguaggio della Scrittura sono detti sposati a lui... 


«Se vedete un'anima, scrive S. Bernardo, la quale dopo di aver tutto abbandonato, sì abbraccia con tutto il cuore al Verbo, vive nel Verbo e per il Verbo, si regola secondo il Verbo, concepisce del Verbo per produrre frutti di virtù per mezzo del Verbo, cosicché possa dire: Gesù Cristo è la mia vita, ed il morire mi è guadagno, credete che quest'anima è maritata al Verbo, è sposa al Verbo? (Serm. XXXVIII, in Cant.)». Ora non è questa una vita altissima e ricolma di meriti? 

Un religioso deve, come dice Eusebio, non essere tenero del riposo, fuggire tutto ciò che sa di diletto, amare il lavoro; dev'essere paziente nell'abiezione, non sofferente degli onori, povero di denaro, ricco nella sua coscienza, umile nei meriti, severo contro i vizi (Homil. IX, ad Monach.). 

I religiosi, dice S. Pro­spero, i quali non si spogliano dei loro vecchi costumi, che non cambiano spirito, ma solamente abito, che non vivono di azioni vivificate, ma di abitudini; che insomma compaiono religiosi in parole, ma non in opere, tali religiosi vivono mondanamente in religione: vogliono sembrare virtuosi senza esserlo; predicano grandi cose senza praticarle; accusano i vizi, e non li abbandonano. (De Vita contempl.). 

Ugo da S. Vittore paragona un convento ad una città e ne distingue così le varie parti: le prime trincee di questa città degli eletti, sono il disprezzo delle cose terrene; i bastioni, la speranza; le mezzelune, la pazienza; le torri, l'umiltà; le fontane, le lagrime; la sentinella, la prudenza; il portinaio, l'obbedienza; il re, la carità; la guarnigione, la giustizia; la temperanza, la fortezza (Instit. Monast.).



IMMACOLATA MIA
MIO TUTTO!

lunedì 1 agosto 2011

Le 6 Ali Serafiche di San Francesco d'Assisi





San Francesco abbraccia Cristo crocifisso; è un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo realizzato a olio su tela 283 × 188 cm. È conservata al Museo de Bellas Artes di Siviglia.

***
La composizione simboleggia il momento culminante della vita di Francesco d'Assisi, cioè quando decise di rinunciare a tutti i suoi beni materiali per abbracciare la vita religiosa.
Accanto alla croce, due angeli reggono un libro aperto che reca in latino il passo del Vangelo secondo Luca che dice "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo". Anche il globo sul quale Francesco poggia il piede, quasi a spingerlo lontano, simboleggia il mondo terreno che egli rifiuta e abbandona per diventare discepolo di Gesù.

***

I tre capisaldi della vita Religiosa (cf. cap. I della Regola) sono:

VIVERE nell'Obbedienza, nella Povertà e nella Castità.


Sposalizio di San Francesco con la Povertà, 1316-1318, vele  Basilica inferiore di Assisi.
"Parente di Giotto"?- su disegno del maestro -

Poi il Serafico Padre San Francesco d'Assisi raccomanda altre tre cose:

* Desiderare più di ogni altra cosa di possedere lo Spirito del Signore e di agire secondo la sua santa volontà. 

* Pregare Dio con cuore puro e possedere l'umiltà e la pazienza nelle tribolazioni e malattie.

* Devono avere una predilezione speciale per quanti ci perseguitano, disprezzano e insultano (cap. X della Regola).

Praticamente San Francesco propone:

1. L'elevazione di tutto l'agire in Dio,

2. poi raccomanda L'accettazione gioiosa di 

    tutte le tribolazioni, e

3. La carità fattiva e squisita verso il

    prossimo.

COSI':

CROCIFISSI AL MONDO CON I TRE VOTI SIAMO RESI CONFORMI A DIO CON LE SUCCESSIVE TRE RACCOMANDAZIONI.

SONO LE 6 ALI SERAFICHE

   PER DISTACCARCI DAL MONDO E

   PENETRARE NELLE COSE DIVINE.                
(cfr.  S. Buonav.)

AMDG et BVM