Beato Giuseppe Allamano, prega per noi!
NECESSITA' DELLA
FORMAZIONE
Fervore e decadenza nelle
Religioni
Gli Istituti religiosi nei loro
primordi furono per lo più fervorosi. Gli individui attendevano singolarmente
alla propria santificazione, univano una soda virtù allo zelo dell'altrui
salvezza, presentavano quella vicendevole unione che è uno dei più sicuri
indizi dell'interiore carità. S. Atanasio così descrive il fervore dei
discepoli del grande S. Antonio: "Regnava la concordia, nessuno recava
danno, nessun maledico che andasse sparlando, ma una moltitudine di astinenti e
una gara di sante opere". E conclude pieno di ammirazione con le parole
Scritturali: Quanto son belli i tuoi padiglioni, o Giacobbe! E i tuoi
tabernacoli, o Israele! Son come valli ubertose, come orti presso ad un fiume
irriguo, come cedri vicini alle acque. La tua stirpe crescerà in grandi acque!
(91).
S. Bonaventura scrive dei primi
discepoli di S. Francesco: "In tutto e per tutto osservavano
gl'insegnamenti del nostro santo Padre. La povertà li faceva pronti ad ogni
obbedienza, forti nelle fatiche, lesti nei viaggi. L'amore del Vangelo li aveva
resi tanto pazienti, da cercar sempre nuove sofferenze corporali".
Lo stesso dicasi di tanti altri
Istituti nei loro inizi, come dell'Ordine di S. Benedetto, dell'Ordine
Cistercense e, in tempi più recenti, dell'Ordine della Visitazione.
Ma non tutti continuarono nel
fervore. Lo spirito umano, o meglio mondano, rientrò e prese il sopravvento
sullo spirito religioso. Ed ecco: all'osservanza succedere la trascuratezza, al
fervore la tiepidezza, all'unione i partiti e le scissioni. Già se ne lamentava
S. Girolamo; più tardi S. Bernardo scriveva all'Abate Guglielmo: "Ormai
l'economia è reputata avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza.
Invece la rilassatezza è detta discrezione, lo sperpero è scambiato con la
liberalità, la loquacità con l'affabilità e cortesia. Vien detto allegria lo
sghignazzare, decoro il lusso, pulizia la soverchia cura dei letti" (92).
S. Bonaventura a sua volta,
divenuto Generale dell'Ordine, lagnavasi che notevoli disordini si fossero
introdotti nelle Comunità. Il P. Consolatino, dell'Oratorio, nella sua
vecchiaia piangeva non vedendo più nella Congregazione quello spirito di
fervore che regnava vivente S. Filippo. E intanto alcune di queste istituzioni
scomparvero, mentre altre si ridussero a poca cosa, avendo perduto quello
splendore d'opere, quel fervore di vitalità che li distingueva nel loro inizio.
Quali le cause del decadimento degli Istituti religiosi? Sulla scorta di S.
Alfonso (93), le riduco a cinque.
1 - IL NUMERO: multitudo
intrantium. E la ragione che porta il Santo è questa: che quando son molti, non
si possono più formare così bene come quando son pochi. Per essere precisi si
dovrebbe dire: la moltitudine di quelli che entrano senz'essere chiamati o che
non corrispondono, privi perciò delle necessarie doti per lo stato abbracciato.
Quante volte mi avete già udito dire: guai a spalancare la porta d'entrata!
guai alla paura di mandar via!... Vi ripeto sempre le stesse cose; ma lo ripeto
perché il numero mi spaventa, quando non sia accompagnato dalle necessarie
virtù nei singoli membri. E' per questo che nei Monasteri del Carmelo, della
Visitazione, ecc. è fissato il numero delle Suore d'ogni casa. E S. Vincenzo
proibì ai suoi Religiosi di far proseliti.
2 - LA DEFICIENZA NEI SUPERIORI -
Grande motivo questo! Può avvenire, infatti, che i Superiori non siano essi
stessi debitamente formati e allora come possono formare gli altri allo spirito
della Congregazione? Oppure che essi per i primi non siano osservanti, e come
possono inculcare agli altri l'osservanza? E senza osservanza a che cosa si
riduce una comunità? Diceva S. Giuseppe Calasanzio: "Guai a quel Superiore
che con le parole esorta a ciò che con l'esempio distrugge!". Il Superiore
in una Comunità è come la città posta sopra il monte; non può sottrarsi agli
sguardi indagatori dei sudditi. S. Alfonso fa sua la sentenza del P. Doria,
Carmelitano Scalzo: "che le Religioni decadono più per male di emicrania
che di podagra". Cioè più per difetto di quelli che sono a capo, che non
dei sudditi.
Come avviene questo?... Ah, quel
Capitolo, quelle elezioni! Ne ho un po' di esperienza, sapete! Si prega, sì,
davanti al SS. Sacramento, s'invocano i lumi dello Spirito Santo, ma poi invece
di seguire i lumi celesti, si seguono quelli dell'amor proprio, dei gusti
individuali, dello spirito di parte... e ne vengono fuori di tali Superiori e
di tali Superiore!
Speriamo che nel nostro Istituto
questa deficienza non abbia mai a riscontrarsi. Le Costituzioni parlano chiaro.
I Capitolari s'impegnano con giuramento di eleggere quelli che stimano doversi
eleggere davanti a Dio, e sono inoltre espressamente proibiti di procurare, sia
direttamente che indirettamente, dei voti sia per sé e sia per gli altri.
Stando alle Costituzioni, si eviteranno gli inconvenienti di cui parliamo.
3 - MUTAMENTO DI FINE - Ogni
istituzione, e l'abbiamo veduto, ha il proprio fine particolare. Purtroppo
alcune istituzioni non hanno più che il nome ad indicare il fine per cui
vennero fondate. Il fine particolare del nostro Istituto è la conversione degli
infedeli; se un giorno si dovessero aprir collegi, supponiamo in America,
dovrebbero essere sempre e solo per questo fine: le Missioni fra gli infedeli.
4 - L'INTRODURSI DI ABUSI: e cioè
lasciar introdurre a poco a poco usanze che non sono secondo lo spirito dei
Fondatori. S'incomincia ad allungare le ricreazioni, si cambia il vitto, si
trascura la puntualità d'orario... ed ecco la comunità cambiata. Si dice:
"Son altri tempi!". No, è lo spirito che è un altro. Si dice:
"Lo spirito è sempre quello"; invece lo spirito non c'è più.
5 - IL DISPREZZO DEI FERVOROSI:
quando cioè s'incomincia a tacciare di scrupolosi, di esagerati coloro che sono
fervorosi, che osservano il silenzio, la disciplina, la regola, ecc.
AVE GRATIA PLENA!