lunedì 16 gennaio 2023

LA DONNA IDEALE

 

RE LEMUÈL E LA DONNA IDEALE

A Lemuèl, re di Massa


Caro Lemuèl,

la Bibbia vi nomina come autore del celebre poema in lode

della donna ideale. Nient’altro si sa di Voi.

Posso dire, però, che fate da rimpettaio a Cornelia, madre

dei Gracchi. Questa infatti mostrava alle amiche i propri figli e

diceva: «Ecco i miei gioielli!». Voi rovesciate la posizione e mostrate

vostra madre, affermando: «Si levano i suoi figli a chiamarla

beata e suo marito ad encomiarla».

Un’altra cosa è certa: che il magnifico vostro carme alfabetico

viene opportunamente a proposito ai nostri giorni, in cui la

promozione della donna costituisce problema sentitissimo.

Volete sentirne una? L’altro giorno una fanciulla di quinta

elementare mi ha posto in imbarazzo, affermando: «È giusto che

Gesù abbia istituito sette sacramenti e poi solo sei di essi siano

messi a disposizione di noi donne?». Si riferiva, evidentemente,

all’ordine sacro, cui per prassi di sempre vengono ammessi solo

i maschi.

Che cosa potevo rispondere? Dopo essermi guardato attorno,

ho detto: «In questa classe vedo ragazzi e ragazze. Voi, ragazzi,

potete dire: “Uno fra tutti i maschi del mondo è padre di Gesù?».

Risposta dei ragazzi: “No, perché san Giuseppe era solo padre

putativo». Ma voi, ragazze – ripresi io – potete dire: “Una di noi

donne è madre di Gesù?». Risposta: “Sì”. Ed io: “Avete detto

bene, ma riflettete: se nessuna donna è papessa o vescovessa o

sacerdotessa, ciò è mille volte compensato dalla maternità divina,

che onora straordinariamente sia la donna sia la maternità”».

La piccola contestatrice parve persuasa.

* * *

Alle magnifiche lodi del vostro carme, oppongono alcuni la

«grettezza» di san Paolo, che comandò: «Le donne stiano zitte

nelle adunanze» (1Cor 14,34).

Io opìno che san Paolo quella proibizione di parlare l’abbia

data soltanto alle donne di Corinto e solo per quel dato momento.

Succedeva infatti a Corinto che ci fosse un fiorire straordinario

di carismi e di carismatici; molti, uomini e donne, durante

le riunioni si alzavano a parlare o a pregare investiti dallo

Spirito del Signore: qualche donna si alzava forse senza un vero

carisma, portando confusione e disagio. Perché l’inconveniente

non si ripetesse, Paolo giudicò – per quell’assemblea – di togliere

la parola a tutte. Poco sopra, nella stessa lettera ai Corinzi, egli

aveva riconosciuto che le donne possono «profetare», purché lo

facciano a capo coperto.

Una volta, trovandosi a Cesarea, era andato per più giorni

con san Luca in casa di Filippo, diacono e missionario, e non

aveva mosso difficoltà alcuna sul fatto che le quattro figlie di

Filippo «profetassero» (At 21,8-9). Negli ultimi suoi anni, infine,

egli raccomandava a Tito di istruire donne anziane, perché

«fossero maestre nel bene e... sapessero insegnare alle giovani»

(Tt 2,3-4).

D’altronde, non aveva il profeta Gioele annunciato solennemente

che nel tempo messianico avrebbero profetato sia i figli

che le figlie d’Israele? (Gl 2,28-29). E non aveva san Pietro, nel

giorno della Pentecoste, dichiarato che la profezia di Gioele stava

avverandosi e che il Signore spandeva il suo Spirito sui suoi servi

e sulle sue ancelle? (At 2,18).

Anche prima della venuta di Cristo non era mancato un

profetismo di donne: sacerdoti erano stati sempre ed esclusivamente

i maschi, ma il manto profetico s’era poggiato talvolta su

spalle femminili.

Maria, sorella di Mosè e Aronne, timpano in mano, durante

una funzione religiosa dirige con il titolo di profetessa i cantici

delle donne (Es 15,20) e, più tardi, chiama a testimone il popolo

che «Dio aveva parlato con lei» (Nm 12,2). Debora, al tempo del

Giudice Barak, è una specie di Giovanna d’Arco o, meglio, un

Pierre l’Ermite in sottana, che predica la guerra santa e predice

l’immancabile vittoria; essa dà udienza sul monte Efraim, sotto

la «palma di Debora», e vengono a lei «i figlioli d’Israele per

tutte le loro liti» (Gdc 4,4-5). Il sommo sacerdote Helkia, 621

anni prima di Cristo, per ordine del re Giosia, va, con altri insigni

personaggi, a consultare «la profetessa Hulda... che abitava

a Gerusalemme nel quartiere nuovo». E la profetessa apre bocca

proprio alla maniera dei profeti: «Così dice il Signore!» (2Re

22,14-20). Anche Anna, la vedova di ottantaquattro anni, che si

fa incontro a Gesù portato al tempio, e dappertutto va parlando

di lui, è chiamata profetessa (Lc 2,36-39).

* * *

La vostra donna ideale è laboriosa, un’ape instancabile, una

vera Marta: «Si cinge i fianchi con energia e si rafforza le braccia...

Si leva ch’è ancor notte... e non si spegne neppur di notte

la sua lucerna».

E il suo lavoro lo intride di letizia: «Si procura lino e lana e

li lavora volentieri..., vede con gusto che va bene il suo traffico...

ridente va incontro all’avvenire». Rivela così un’altra qualità: la

gaiezza, data come sorella alla bontà, alla tenerezza, al lavoro e

all’amore.

Suo marito ha bisogno di quella gaia serenità, quando torna

stanco dal lavoro; anche i figli ne hanno bisogno, essendo la

letizia il clima necessario di ogni sistema efficace di educazione.

Mantenere questa gaiezza a ogni costo, anche nelle giornate critiche;

mostrarla anche quando le fatiche materiali ininterrotte,

minute, monotone, sembrano rompere la schiena, svegliando

rimpianti e richiamando agli occhi lacrime, è grande virtù; è fortezza

cristiana; è penitenza che – a certe condizioni – può equivalere

alle rinunce e alle preghiere prolungate di suore e monache.

Essa però non impedisce di vedere acuto e lontano: «Adocchiato

un podere lo compra, col frutto del suo lavoro pianta una

vigna..., lavora una bella camicia e la vende e dà una fascia al

mercante». Davvero non si può dire della sua casa: «casa senza

amministrazione, nave senza timone»! E si capisce come suo marito

le abbia messo fiduciosamente in mano le chiavi della cantina,

degli armadi, sicuro che tutto sarebbe andato bene! Marito

simile a re Malcom di Scozia, che, illetterato, baciava il libro di

preghiere della sposa santa Margherita: il libro, diceva, in grazia

del quale Margherita è tanto saggia e tanto brava!

* * *

La vostra donna ideale è anche socialmente aperta: «Allarga

il pugno all’infelice e stende la mano al povero»; fa lavorare servi

e ancelle, ma li precede nella fatica e non lascia loro mancare

niente; anche in caso di rigido inverno, tira fuori dalle casse vesti

calde, perché «tutti i suoi di casa hanno doppio vestito».

Oggi, illustre re Lemuèl, la giustizia e la carità sociale vanno

coltivate in altra maniera: le nostre donne sono più spesso impiegate

e lavoratrici dipendenti che padrone. Per esse, lanciate

ormai a tutti i posti della politica, dell’amministrazione e del

lavoro, non è più elogio il domi mansit, lanam fecit.

Ai tempi vostri i figli e la famiglia venivano difesi dalla donna

sulla porta di casa; oggi vengono difesi anche lontano da casa:

nella cabina elettorale, nei sindacati, nelle organizzazioni. Le

suore stesse devono saper sfruttare fino all’ultimo le nuove libertà

civiche, e le signore che occupano posti pubblici devono saper

assolvere il loro compito come gli uomini, mettendo in più la

diligenza, il tatto, la finezza, la finitezza, che son proprie della

donna.

Se il piccolo generale Bonaparte risentenziasse oggi – come

allora, in pieno Terrore – che non gli piace sentir le donne parlare

di politica, si troverebbe non una, ma mille donne che lo rimbeccherebbero con le parole di Madama de Staël: 

«Generale! La

Repubblica oggi taglia la testa anche alle donne; è dunque giusto

che le donne si chiedano almeno il perché di quel taglio!».

* * *

Il vostro carme – è stato osservato – concede appena un’allusione

all’amore coniugale. Certi scrittori cattolici odierni, parlando

di donna ideale, darebbero spazio ben più largo a questo

discorso! È da preferirsi, però, il vostro metodo, che è quello della

prudenza cristiana, di cui ci ha dato bell’esempio il Manzoni.

L’amore di Renzo e Lucia, fidanzati, è puro, legittimo, virtuoso,

ma di quale delicatezza intessuto! Lucia, in casa di donna

Prassede, rifugge dal parlare dei propri guai, perché in essi

«c’era mescolato per tutto un sentimento, una parola, che non

le pareva possibile di proferire parlando di sé; e alla quale non

avrebbe mai trovato da sostituire una perifrasi che non le paresse

sfacciata: l’amore!». La stessa Lucia «stupisce e arrossisce» e prova

un «confuso spavento» davanti alle domande investigatrici della

monaca Gertrude; arrossisce in altri casi e il suo fidanzato nella

capanna del lazzaretto cerca invano i suoi occhi.

Lo stesso Renzo, la notte della fuga, nello scendere a terra

dalla barca, dà bensì la mano ad Agnese, ma, per pudore, non la

dà a Lucia. Poco prima, camminando fuor di strada, aveva offerto,

nei passi malagevoli, aiuto alla fidanzata, ma questa l’aveva

scansato «dolcemente e con destrezza..., vergognosa in sé, anche

in tal turbamento d’essere stato già tanto sola con lui, e tanto

familiarmente, quando s’aspettava di diventar sua moglie, tra

pochi momenti».

Simile delicata prudenza si riscontra anche nei romanzi del

protestante Walter Scott. Il fidanzato di Caterina di Perth, ad

esempio, lamenta col futuro suocero l’estremo riserbo dell’amata.

«Quella lì – dice – si figura che tutto il mondo sia un gran

monastero e che tutti gli abitanti del mondo debbano stare come

se assistessero ad una eterna messa cantata!».

La «bella fanciulla di Perth» esagerava forse un pochino. Ma

la nostra «società permissiva» esagera dall’altra parte. E quanto!

* * *

La vostra donna ideale è tutta dedita alla famiglia, respira e

diffonde bontà: «Saggezza apre la bocca a lei e nella sua lingua

sotto i dettami della bontà; a lei si affida il cuore del suo consorte

»; in grazia sua «bella figura fa suo marito alle porte, quando

siede con gli anziani del luogo».

Mi viene in mente Sisto V papa, che avrebbe detto: «Datemi

una donna, di cui il marito non si è mai lamentato in nessuna

cosa, e io ve la canonizzo subito!». Tale donna non solo si santifica

nella famiglia, ma insieme alla famiglia, elevando con sé il

marito e i figli.

Quando ho sentito ch’era introdotta la causa di beatificazione

dei genitori di santa Teresa del Bambino Gesù, ho detto:

«Finalmente una causa a due! San Luigi IX è santo senza la sua

Margherita, santa Monica senza il suo Patrizio; Zelia Guérin,

invece, sarà santa con Luigi Martin suo sposo e con Teresa sua

figliola!».

* * *

La donna ideale – Voi lo dite – tiene all’eleganza, alla grazia e

alle comodità: «Ella si fa coperte; bisso e porpora è il suo vestire...

di vigore e decoro si abbiglia». Ma soggiungete subito: “...è un

soffio la bellezza; la donna timorata di Dio, quella è da lodare».

La bellezza è un dono di Dio anch’essa; l’arte di vestire con

buon gusto ed eleganza è lodevole, specialmente nella donna;

la stessa cosmesi in molti casi non è riprovevole. Ma si tratta di

cose passeggere; trovarsi amici di Dio, legati a lui con vita buona

e sincera pietà, è cosa più sicura e duratura; da coltivare quindi

insieme alle altre sopra ricordate e più delle altre.

Lo diceva Maria Cristina di Savoia, giovane, graziosa e colta

regina di Napoli, in una sua poesiola:

«Bench’io sia sana, ricca e bella... E poi?

E che possegga oro e argento... E poi?

E sia da fortuna in alto posta... E poi?

Unica quasi per spirito e sapere... E poi?

Se pur godessi il mondo per mill’anni... E poi?

Presto si muore e nulla resta poi.

Servi il tuo Dio e tutto avrai dappoi!».

Potrà sembrare, quello della giovane regina, pensiero un po’

mesto. Ma è invincibilmente vero, re Lemuèl!

Febbraio 1973

Papa Luciani/ P.P.Giovanni Paolo I

AMDG ET DVM

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