CCCLVI. Verso Gadara. Le eresie di Giuda Iscariota e le rinunce di Giovanni che vuole solo amare.
10 dicembre 1945.
356.1Gesù è già nell’Oltre-Giordano. E da quello che comprendo è, questa che si vede in alto di una collina tutta verde, la città di Gadara, e anche è la prima città che toccano dopo essere sbarcati sulla sponda sud-orientale del lago di Galilea, perché lì sono sbarcati, lasciando di scendere a Ippo dove erano stati preceduti dalle barche portanti gli ostili a Gesù. Penso siano sbarcati perciò proprio di fronte a Tarichea, allo sbocco del Giordano dal lago.
«Tu la sai la via più breve per andare a Gadara, non è vero?
Te la ricordi?», chiede Gesù.
«E come! Quando saremo alle sorgenti calde sul Yarmoc non avremo che seguire la via», risponde Pietro.
«E le sorgenti dove le trovi?», chiede Tommaso.
«Oh! basta avere naso per trovarle. Puzzano qualche miglio avanti di esserci!», esclama Pietro arricciando con disgusto il naso.
«Non sapevo che tu soffrivi di dolori…», osserva Giuda Iscariota.
«Dolori io? E quando mai?».
«Eh! sei così pratico delle sorgenti calde sul Yarmoc che ci devi essere stato».
«Mai avuto bisogno di sorgenti, io, per stare bene! I veleni dalle ossa mi sono usciti colle sudate dell’onesto lavoro… e del resto, avendo più lavorato che goduto, dei veleni ne sono entrati pochi, sempre pochi in me…» «Questa è per me, non è vero? Già! Io sono colpevole di tutte le cose!…», dice inquieto Giuda.
«Ma chi ti ha morso? Tu chiedi, io rispondo, a te come avrei risposto al Maestro o a un compagno. E credo che nessuno di loro, neppure Matteo che… è stato un gaudente, se ne sarebbe avuto a male».
«Ebbene, io me ne ho a male!».
«Non ti sapevo così delicato. Ma della supposta insinuazione te ne chiedo scusa. Per amore del Maestro, sai? Del Maestro che ha già tante afflizioni dagli estranei senza avere bisogno di averne altre da noi. Guardalo, invece di correre dietro alle tue sensibilità, e vedrai che ha bisogno di pace e di amore».
Gesù non parla. Guarda soltanto Pietro e gli sorride riconoscente.
356.2Giuda non risponde in merito all’osservazione giusta di Pietro. È chiuso e inquieto. Vuole mostrarsi cortese, ma la stizza, il malumore, la delusione che ha in cuore gli trapelano dallo sguardo, dalla voce, dall’espressione e persino dall’andatura prepotente, che fa un grande sbatacchio di suole come per sfogarsi, percuotendo con ira il suolo per dare uno sfogo a tutto quello che gli bolle dentro.
Ma si sforza a parere calmo e a voler fare il cortese, non ci riesce, ma tenta… Chiede a Pietro: «E allora come conosci questi luoghi? Forse ci sei stato per tua moglie?».
«No, ci sono passato quando nell’etamin siamo venuti in Auranite col Maestro. Io ho accompagnato la Madre e le discepole sino alle terre di Cusa. E perciò, venendo da Bozra, sono passato di qui», risponde sinceramente e prudentemente Pietro.
«Tu solo eri?», chiede ironico Giuda.
«Perché? Credi che io non valga da solo molti, quando è il caso di valere e c’è un lavoro di fiducia da fare e lo si fa con amore, per di più?».
«Oh! quanta superbia! Vorrei averti visto!».
«Avresti visto un uomo serio che accompagnava delle donne sante».
«Ma eri proprio solo?», chiede con vero atto da inquisitore Giuda.
«Ero coi fratelli del Signore».
«Ah! ecco! Cominciano le ammissioni!».
«E cominciano a tirarmi i nervi! Si può sapere che hai?».
«È vero. È una vergogna», dice il Taddeo.
«Ed è ora di finirla», rincara Giacomo di Zebedeo.
«Non ti è lecito schernire Simone», rimprovera Bartolomeo.
«Che, te lo dovresti ricordare, è il capo di noi tutti», termina lo Zelote.
Gesù non parla.
«Oh! io non schernisco nessuno, non ho proprio nulla. Solo mi piace stuzzicarlo un po’…».
«Non è vero! Tu menti! Tu fai domande astute perché vuoi arrivare a stabilire qualcosa. Il subdolo crede tutti subdoli. Qui non ci sono segreti. C’eravamo tutti, abbiamo fatto tutti la stessa cosa: quella ordinata dal Maestro. E non c’è altro. Lo capisci?», grida proprio irato l’altro Giuda.
«Silenzio. Siete pari a femmine litigiose. Avete tutti torto. E mi vergogno di voi», dice severo Gesù.
356.3Si fa un silenzio fondo mentre vanno verso la città sulla collina.
Rompe il silenzio Tommaso dicendo: «Che cattivo odore!».
«Sono le sorgenti. Quello è lo Yarmoc e quelle costruzioni le terme dei romani. Oltre quelle è una bella via tutta lastricata che va a Gadara. I romani vogliono viaggiare bene. Bella è Gadara!», dice Pietro.
«Sarà anche più bella perché qui non ci troveremo certi…
esseri, in abbondanza almeno», brontola fra i denti Matteo.
Passano il ponte sul fiume fra acri odori di acque solforose. Rasentano le terme, passano fra i veicoli romani, prendono una bella via, pavimentata a larghi lastroni, che conduce alla città in cima alla collina, bella fra la sua cinta di mura.
Giovanni si fa presso al Maestro: «È vero che dove sono quelle acque lì è stato in antico precipitato nelle viscere del suolo un dannato? Mia madre ce lo diceva da piccini, per farci capire che non si deve peccare, se no l’inferno si apre sotto i piedi del maledetto da Dio e lo inghiotte. E poi, per ricordo e ammonizione, restano delle fessure dalle quali esce odore, calore e acque d’inferno. Io avrei paura a bagnarmi in esse…».
«Di che, fanciullo? Non ne saresti corrotto. Più facile è essere corrotti da quegli uomini che hanno dentro l’inferno e ne emanano fetore e veleni. Ma si corrompono solo quelli che hanno già tendenza a farlo da loro».
«Ne potrei essere corrotto io?».
«No. Anche tu fossi in una turba di demoni, no».
«Perché? Cosa ha di diverso dagli altri, lui?», chiede subito Giuda di Keriot.
«Ha che è puro in tutti i modi, e perciò vede Dio», risponde Gesù. E Giuda ride malignamente.
Giovanni torna a chiedere: «Allora non sono bocche dell’inferno quelle sorgenti?».
«No. Sono all’opposto cose buone messe dal Creatore per i suoi figli. L’inferno non è chiuso nella Terra. È sulla Terra, Giovanni. Nel cuore degli uomini. E oltre si completa».
356.4«Ma c’è proprio l’inferno?», chiede l’Iscariota.
«Ma che dici?», gli chiedono i compagni scandalizzati.
«Dico: c’è proprio? Io, e non sono solo, non ci credo».
«Pagano!», urlano con orrore.
«No. Israelita. Siamo in molti a non credere certe fole, in Israele».
«Ma allora come fai a credere al Paradiso?», «E alla giustizia di Dio?», «Dove metti i peccatori?», «Come spieghi Satana?», urlano in tanti.
«Dico quello che penso. Mi è stato rimproverato di essere un mentitore poco fa. Io dimostro che sono sincero anche se questo vi scandalizza di me e mi rende odioso agli occhi vostri. Del resto non sono solo in Israele, da quando Israele si è progredito nel sapere col contatto degli ellenisti e dei romani, che crede così. Né il Maestro, l’unico del quale rispetto il giudizio, può rimproverare né me né Israele, Lui che protegge ed è palesemente amico di greci e romani… Io parto da questo concetto filosofico. Se tutto è controllato da Dio, tutto ciò che facciamo è per sua volontà, e perciò ci deve premiare tutti a un modo perché non siamo che automi mossi da Lui. Noi siamo esseri privi di volontà. Lo dice anche il Maestro: “La volontà dell’Altissimo. La volontà del Padre”. Ecco l’unica Volontà. Ed è tanto infinita che schiaccia e annulla la volontà limitata delle creature. Perciò tanto il bene che il male, che sembra che noi facciamo, lo fa Dio, perché ce lo impone. Perciò non ci punirà del male e sarà così esercitata la sua giustizia, perché le nostre colpe non sono volontarie ma imposte da chi vuole che le facciamo perché bene e male siano sulla Terra. Chi è cattivo è il mezzo espiativo dei meno cattivi. E per sé soffre di non poter essere considerato buono, e così espia la sua parte di colpa. Gesù l’ha detto. L’inferno è sulla Terra e nel cuore degli uomini. Satana io non lo sento. Non c’è. Lo credevo un tempo. Ma da qualche tempo sono sicuro che tutto è fola. E credere così è giungere alla pace».
Giuda sciorina queste… teorie con una sicumera talmente formidabile che gli altri restano senza fiato…
356.5Gesù tace. E Giuda lo stuzzica: «Non ho ragione, Maestro?».
«No». Il “no” è così secco che pare uno scoppio.
«Eppure io… Satana non lo sento e non ammetto il libero arbitrio, il Male. E tutti i sadducei sono con me, e con me sono molti altri, d’Israele o meno. No. Satana non c’è».
Gesù lo guarda. Uno sguardo che è così complesso che non si può analizzare. È da giudice e da medico, da addolorato, da sbalordito… c’è tutto…
Giuda, ormai lanciato, termina: «Sarà perché sono meglio degli altri, più perfetto, che ho superato il terrore degli uomini per Satana».
E Gesù zitto. E lui stuzzica: «Ma parla! Perché io non ne ho terrore?». Gesù tace. «Non rispondi, Maestro? Perché? Hai paura?».
«No. Sono la Carità. E la Carità trattiene il suo giudizio fino a che non è obbligata a darlo… Lasciami e ritirati», dice in ultimo, perché Giuda cerca di abbracciarlo, e termina in un soffio, stretto per forza fra le braccia del bestemmiatore: «Mi fai ribrezzo! Satana non lo vedi e senti perché è tutt’uno con te. Va’ via, demonio!».
Giuda, sfrontato, lo bacia e ride, come se il Maestro gli avesse detto in segreto qualche lode.
Torna dagli altri, che si sono fermati esterrefatti, e dice:
«Vedete? Io so aprire il cuore al Maestro. E lo faccio felice perché gli mostro la mia confidenza e ne ho lezione. Voi invece!… Mai osate parlare. Perché siete dei superbi. Oh! io sarò quello che saprà più di tutti di Lui. E potrò parlare…».
356.6Sono raggiunte le porte della città. Vi entrano tutti insieme perché Gesù li ha attesi. Ma mentre passano l’androne Gesù ordina: «I miei fratelli e Simone vadano avanti ad adunare la gente».
«Perché non io, Maestro? Non mi dài più delle missioni? Non sono più necessarie ora? Me ne hai date due di seguito, e lunghe dei mesi…».
«E te ne sei lamentato dicendo che volevo allontanarti. Ora ti lamenti perché ti tengo vicino?».
Giuda non sa che rispondere e tace. Va avanti con Tommaso, lo Zelote, Giacomo di Zebedeo e Andrea. Gesù si ferma per lasciare passare Filippo, Bartolomeo, Matteo e Giovanni, come volesse stare solo. Lo lasciano fare.
Ma l’amoroso cuore di Giovanni, che ha avuto più volte un luccicare di lacrime negli occhi durante le dispute e le bestemmie di Giuda, fa voltare dopo poco l’apostolo, in tempo per vedere che Gesù, credendosi inosservato nella vietta solitaria e cupa per i continui archivolti che la coprono, si porta le mani alla fronte con un gesto di dolore, curvandosi come chi soffre tanto. Lascia in asso i compagni, il biondo Giovanni, e torna dal Maestro suo: «Che hai, Signor mio? Soffri di nuovo tanto, come quando ti ritrovammo ad Aczib? Oh! mio Signore!».
«Nulla, Giovanni, nulla! Aiutami tu, col tuo amore. E taci con gli altri. Prega per Giuda».
«Sì, Maestro. È molto infelice, non è vero? È nelle tenebre e non sa di esserci. Crede di avere raggiunto la pace… È pace la sua?».
«È molto infelice», dice Gesù accasciato.
«Non ti accasciare così, Maestro. Pensa a quanti peccatori, induriti nel peccato, sono tornati buoni. Così farà Giuda. Oh! Tu lo salverai certo! Questa notte la passerò in orazione per questo. Dirò al Padre di fare di me uno che sa solo amare, non voglio più che questo. Sognavo di dare la vita per Te o di fare brillare la tua potenza attraverso alle mie opere. Ora non più di questo. Rinuncio a tutto, scelgo la vita più umile e comune e chiedo al Padre di dare tutto il mio a Giuda… per farlo contento… e perché così si volga alla santità… Signore… io dovrei dirti delle cose… Io credo sapere perché Giuda è così».
«Vieni questa notte. Pregheremo insieme e parleremo».
«E il Padre mi ascolterà? Accetterà il mio sacrificio?».
«Il Padre ti benedirà. Ma ne soffrirai…».
«Oh! no! Basta che veda Te contento… e che Giuda… e che Giuda…».
«Sì, Giovanni.
356.7Guarda, ci chiamano. Corriamo».
La vietta diviene una bella via. La via diviene arteria ornata di portici e fontane. E si orna di piazze l’una più bella dell’altra. Si incrocia con un’altra arteria uguale, e certo nel fondo è un anfiteatro. E malati diversi sono già radunati in un angolo dei portici in attesa del Salvatore.
Pietro viene incontro a Gesù: «Hanno conservato la fede in ciò che dicemmo di Te in etamin. Sono venuti subito».
«Ed Io subito premierò la loro fede. Andiamo».
E va, nel tramonto avanzato che tinge di rosso i marmi, a sanare coloro che lo attendono con fede.
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