24 agosto 1943
(In merito alla signora Curie[293]). Dice Gesù:
«Sono creature umanamente perfette. In loro tutto ha raggiunto la perfezione, eccetto il loro spirito, che è regredito sempre più sino a divenire un embrione di spirito. Hanno un genio perfetto, una serietà perfetta, un’onestà perfetta, un’umiltà perfetta. Ma tutto umanamente perfetto. La loro virtù è fiamma che non scalda. È fuoco freddo. Non ha valore per Me. Preferisco una spiritualità imperfetta ad una umanità perfetta.
Tanto fulgore di perfezione umana è come la luminosità di cento, di mille lampade ad arco. Fanno luce; è innegabile. Ma è luce artificiale che, se un piccolo congegno si guasta, muore subito e di essa non resta nulla. Mentre lo spirito, anche se è imperfetto, è sempre un piccolo sole vivente della luce sua propria che scaturisce dalla Grazia che è in esso. Parlo dello spirito vivo, ossia vivente in Me, vivificato dalla Grazia.
L’avere posseduto un’intelligenza superiore, che ha permesso loro di addentrarsi nei misteri della natura, avrebbe dovuto anche portarli a vedere la potenza di Dio e la sua esistenza il cui essere è scritto su tutte le cose create. Invece nulla di questo. Sono esseri pieni di scienza, ma mancanti del filo che porta alla conoscenza esatta di quanto è. Inventori del nuovo, ma negatori dell’eterno. Scopritori di forze segrete, ma indifferenti alla Forza delle forze: Dio. Questo non lo cercano, anzi volutamente lo negano. Al minimo lo trascurano.
È per questo che la scienza umana, innegabilmente progredita, non dà frutti buoni, ma avvelenati. Manca nel cuore e nella mente degli scienziati il fuoco dell’amore che fa rispettare e amare Dio, che fa rispettare e amare il prossimo.
Nel caso particolare, quella donna non nocque, anzi beneficò i fratelli. È già molto. Ma rifletti su quale impulso avrebbe impresso alla sua scuola, ai suoi discepoli e ai discepoli dei discepoli se al fascino del suo io avesse unito una religiosità profonda.
Credi pure, anima mia, che all’ora del giudizio appariranno più grandi delle piccole creature illetterate che non dei luminari di scienza. Le prime, rese accese dall’amore, saranno vive stelle del mio cielo. Gli altri, se pur non li condannerò, per il bene che hanno compiuto umanamente, saranno semplicemente nebulose nel mio Paradiso. Saranno i salvati dalla mia Misericordia senza merito alcuno da parte loro, salvati più per le preghiere dei beneficati da loro che per se stessi.
Ora dimmi: preferisci essere una piccola nullità nel campo del sapere ed esser mia, molto mia in questa e nell’altra vita, o ti sarebbe piaciuto esser astro quaggiù e opaca nebulosa lassù? So già la tua risposta e per questo ti dico: “Hai risposto saggiamente. Va’ in pace”.»
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