LEZIONI SULL'EPISTOLA DI
PAOLO AI ROMANI
4 gennaio 1948
Dice l’Autore Ss.:
«“Il giusto vive di fede”. Riportando queste parole l’Apostolo, un tempo orgoglioso della propria scienza rabbinica, si fa “fanciullo”, ossia umile e semplice, e confessa, anzi professa: “Io non mi vergogno del Vangelo, virtù di Dio a salvezza d’ogni credente... In esso infatti si manifesta la giustizia di Dio che vien dalla fede e tende alla fede”.
Un tempo ci fu, per Paolo, in cui, ancor più che vergognarsi di credere in proprio nel Vangelo, si vergognava del Vangelo come di un obbrobrio gettato fra le ispirate parole, o le dotte parole della sapienza di Israele. E per cancellare quell’obbrobrio, scritto nelle menti dei seguaci del Nazareno, perseguitava gli stessi spegnendo, in uno, parole evangeliche e vita, credendo di vincere. Ma la Parola eterna, quella che nessuna forza umana o diabolica può far tacere, lo atterrò sulla via di Damasco, chiedendogli: “Perché mi perseguiti?”.
Coloro che opprimono le piccole voci, coloro che opprimono quelli che parlano in nome di Dio, e che essi, i dotti di ora, sanno come erano chiamati nell’Antico Testamento, e sanno quale sia la loro missione - perché essi sono, e sempre saranno, fino alla fine del tempo, come araldi di Dio fra le turbe cieche - molto dovrebbero meditare e imparare da quel “mi perseguiti”, e temere di perseguitare il Verbo, e tremare di farlo.
Nello strumento di Dio vive Dio. Vive non nella maniera comune, ma in maniera straordinaria. La personalità umana non è più che il velo che custodisce il Santo dei Santi operante, poiché Dio non è mai inerte sul suo trono, oltre il velo.
Quando le feroci schiere dei Caldei, vinti gli Israeliti nella città capitale, non paghe ancora, arsero la casa di Dio e asportarono le ricchezze e le santità del Tempio; quando le potenti legioni romane distrussero per sempre, secondo la profezia di Gesù Cristo, il Tempio sul Moria, contro chi, veramente, si avventarono? Contro l’edificio, il sacerdozio, gli utensili del Tempio, o contro l’immateriale Ente che, nella mente degli Israeliti, lo empiva di Sé ?
Dico “nella mente degli Israeliti” perché dall’ora di nona di quel Parasceve, che è abisso di Misericordia e abisso di Delitto, lo Spirito di Dio aveva abbandonato il Santo dei Santi, e vuota era, anche nelle ore dell’incenso, la gloria del Tabernacolo. Ma l’Idea era ancora. Ed era tutto per Israele quell’Idea.
Contro chi perseguitò il nemico? Contro uomini e pietre, o contro l’Idea? Contro l’Idea. Per colpire il popolo, colpì l’Idea. Distrusse. Disperse.
Oh! miseri, miseri uomini superficiali che, anche se cattolici praticanti, così tiepidi siete per l’Idea, per il Cristianesimo, per la Chiesa, che sono l’Idea che è forza, potenza, coesione, vittoria, salvezza contro le armate umane ed extraumane dei servi del Dragone, meditate questa grande lezione che viene dagli èvi: quando l’inerzia, il peccato, o il consentimento a dottrine sataniche, permettono che i nemici di Dio e degli spiriti assalgano, distruggano, disperdano l’Idea unica, santa, vera, eterna - Dio - in ciò che lo predica e lo rappresenta, tutto, dico tutto viene disperso e distrutto, anche ciò che non vorreste lo fosse: il vostro personale egoistico bene, la fortuna familiare, la quiete, la famiglia stessa talora.
Sorgete, o cristiani. Un giorno, a Gesù che dormiva, fu gridato: “Svegliati, o Maestro, ché noi periamo”. Ma ora è Dio che vi grida: “Svegliatevi, o cristiani, perché se non vi svegliate voi perirete. La burrasca vi è sopra”. Al vecchio Israele era detto: “Alle tue tende, o Israele” per radunarlo a difesa della religione e della patria. A voi Io grido: “Ai tuoi tabernacoli, o popolo cristiano. Alla tua fede! Al tuo Signore Gesù Cristo! Alla Vincitrice che vince Satana! Sorgi! Riaccendi il lume e il fuoco della fede e della carità, svesti le vesti troppo carnali che ti fanno ottuso e pigro, e rivestiti di giustizia”.
Tu, tu solo ti devi salvare. Nella tua volontà è la tua vittoria. Dio ti osserva, ma non ti salva più, per sua propria volontà. Tante volte lo ha fatto, e tu, della vittoria della salvezza, ti sei fatto gradino per scendere nelle tenebre, nel gelo, nel vizio. L’ho detto all’inizio del lavoro del piccolo Giovanni[2]. Avete riso, deriso o imprecato alla piccola voce che vi ripeteva le mie parole. Ma molte, perché divine, hanno già avuto compimento.
Non ridete, non deridete, non imprecate per queste. Accoglietele. Difendete voi stessi, le vostre famiglie, la vostra quiete, il vostro benessere, difendendo l’Idea divina, la Chiesa, la Fede. Satana e i suoi servi cercano colpire l’Idea: la Chiesa, la Fede, ossia il cuore, il sangue, il respiro che mantengono viva la stessa vita vostra. Dolorosa, sì. Faticosa, sì. Ma se trionfasse Satana in un mondo senza più Dio, tre volte guai a voi.
Non sapete! Non alzo il velo su quell’orrore che già è in atto e rinserra le file per sferrare l’attacco. Vi addito l’alto: il Cielo, Dio; vi addito il cuore della Cristianità: Roma vaticana; vi addito il tabernacolo. Difendeteli per essere difesi. E meditate bene le mie parole.
E non siate, singolarmente, simili a coloro che si accingono a perseguitare Dio nell’Idea di Lui, nella Chiesa Romana, nella Fede, col perseguitare Gesù Cristo nelle sue piccole voci. Non perseguitate Gesù Cristo, dico. Perché Lui, a voi che opprimete i suoi strumenti, dice, con la sua divina, giusta sincerità: “Perché mi perseguiti?”.
Sì. Voi, Lui perseguitate in questi ai quali non date pace. Sì. Voi, Lui perseguitate in questi, perché negate che in essi il Verbo parli, parli lo Spirito Santo che sempre è autore di ogni insegnamento divino.
Imitate Paolo nel suo secondo tempo di vita mortale, posto che lo sapete imitare quando è ancor Saulo di Tarso, della tribù di Beniamino, fariseo e persecutore dei cristiani. E non vergognatevi di apprendere, voi, i novelli rabbi, cose di fede e sapienza sinora da voi ignorate, di apprenderle da una piccola voce.
Rispetto al ricco, potente e imponente Gamaliele, simile a un re per fasto e per cortigiani, vivente libro della sapienza di Israele, il mite Maestro di Nazaret doveva apparire ben spregevole a Saulo di Tarso che ne conosceva la condizione sociale, il metodo di insegnamento e la maniera di vita... Ma quando gli caddero le scaglie del fariseismo, non dalle pupille degli occhi ma dello spirito, e con decenne applicazione penetrò nella sapienza del Vangelo “virtù di Dio a salvezza di ogni credente”, Paolo riconobbe che nel Vangelo “si manifesta la giustizia che vien dalla fede e tende alla fede”.
Questa giustizia, resa luminosa, comprensibile dalla bontà della stessa Parola di Dio, che ha pietà di voi, si manifesta nel dono che la piccola voce vi ha dato in nostro Nome.
I giusti amano. L’amore è luce. La luce permette di riconoscere. I giusti credono. Hanno una viva sete di sempre più credere. Comprendono che la conoscenza è grandissimo aiuto a credere. Sentono che il credere è vita perché è carità. E la carità è vita perché è Dio, il Vivente, accolto in loro, e loro accolti in Dio.
Ed ecco che, per lunga via, abbiamo raggiunto la prima proposizione del dettato d’oggi: “Il giusto vive di fede”. E più il giusto ha cuor di fanciullo, più sa vivere di fede. Per questo il Maestro divino ha detto: “Se non divenite simili a fanciulli non entrerete nel Regno dei Cieli”. Il fanciullo sa credere. E per questo suo saper credere conosce Dio e merita di possederlo e goderlo eternamente, anche se muore prima di esser dotto quale voi siete.
Veramente il molto sapere difficilmente è salvezza. Non fosse che perché “a chi più è stato dato più viene richiesto”, e “a chi si è impadronito di tesori difficilmente non viene assalto di ladroni”. Ma questo antico proverbio non lo conoscevate ancora né sapete di quali ladroni Io parlo. Voi, che dotti siete, cercate di conoscerli. Conoscendoli potrete difendervi dalla morte che essi sono armati a darvi.
Ma i “piccoli fanciulli” non hanno questi pericoli. Essi sanno “vivere di fede”. Semplicemente. Essi confidano nel Signore, ed è detto che chi confida nel Signore comprende la verità. Perciò essi comprendono, anche senza scientificamente sapere. Comprendono: per la carità viva in loro, e perché hanno a maestri la Carità e il loro angelico custode.»
[2] piccolo Giovanni è il più frequente dei nomi dati a Maria Valtorta, che per spiritualità e missione viene accostata al
grande Giovanni, apostolo ed evangelista. L’inizio del lavoro del piccolo Giovanni può essere considerato il “dettato” del
23 aprile 1943, venerdì santo, riportato nel volume I quaderni del 1943.
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