LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO
AI ROMANI
LEZIONE I
RM-1 3-4
2 gennaio 1948
Introduzione
Agli inizi del 1943, Maria Valtorta, da nove anni inferma, fu invitata dal Padre Migliorini, suo direttore spirituale, a scrivere le memorie della propria vita. Dopo un’esitazione, ella acconsentì. Seduta nel letto e con il quaderno sulle ginocchia (era paralizzata dalla cintola in giù) riempì di getto 761 pagine in meno di due mesi, dando prova di un notevole talento letterario e aprendo l’anima con una confidenza senza veli.
Si era come liberata del passato, affidato ai sette quaderni manoscritti consegnati al confessore, quando una voce già nota al suo spirito le dettò una pagina di sapienza divina, che fu il segnale di una svolta impensata. Era il 23 aprile 1943, venerdì santo.
Maria si confidò con la fedele Marta e la spedì dal Padre Migliorini, che venne subito e la rassicurò sull’origine soprannaturale del “dettato”, avviandola con quell’approvazione ad una sorprendente attività di scrittrice mistica.
Ella scrisse ogni giorno per anni, fino a riempire 122 quaderni, che si aggiunsero ai sette dell’Autobiografia.
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I suoi scritti su svariati argomenti li abbiamo raccolti in successione cronologica e pubblicati in tre volumi:
I quaderni del 1943,
I quaderni del 1944,
I quaderni del 1945-1950.
Altri scritti sparsi, rimasti inediti per lunghi anni, sono stati raccolti e pubblicati sotto il titolo Quadernetti. Abbiamo anche iniziato la pubblicazione dell’epistolario con il volumetto delle Lettere a Mons. Carinci.
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Negli stessi anni, e dopo l’Autobiografia – che è pubblicata in un volume a sé – Maria Valtorta scrisse le sue opere organiche, pubblicate con i seguenti titoli:
L’Evangelo come mi è stato rivelato. Opera in 10 volumi sulla vita di Gesù.
Libro di Azaria. Commento teologico e spirituale a 58 Messe festive.
Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani. Sono le 48 lezioni raccolte nel presente volume.
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Nata a Caserta da genitori lombardi il 14 marzo 1897, Maria Valtorta si spense a Viareggio il 12 ottobre 1961, dopo 27 anni e mezzo d’infermità. Le sue opere sono tradotte in molte lingue e si diffondono senza interruzione.
L’Editore
[1]Dice l’Autore Ss.:
«“Dichiarato Figliuolo di Dio per propria virtù”. Quale? Una? Molte? Di che natura? Io te le dirò.
Primo. Di natura divina.
Il Figlio del Padre è Dio come il Padre, e l’aver preso carne umana non ha distrutto, né messo una pausa nell’unione fra il Padre dal quale il Figlio si genera e nel quale Figlio il Padre si compiace. Non solo. Il Figlio di Dio non cessa d’essere Dio per aver assunto natura d’uomo. Generato dal Padre Dio, per naturale espandersi dell’Amore perfetto, che per sua natura ha necessità di amare e che per sua dignità ha necessità di amare una Perfezione pari alla sua infinita - ogni altro amore di Dio, eccettuato quello per la Beatissima, nostro amore, è benignità di Dio - Egli solo, coll’amore di Figlio e di Figlio di Dio, soddisfa Dio con un amore degno di Lui.
Prevengo la tua obbiezione dicendoti: Amando Maria, Dio ancor ama Se stesso, perché Egli l’ha formata piena di Grazia, per un pensiero di Grazia, perché partorisse la Grazia al mondo. Maria può dirsi: il seno di Dio, perché ha partorito il Figlio di Dio, la Grazia di cui era piena, e ha dato un Uomo, sulla Terra, degno del paterno Amore.
Come circolare peschiera nella quale le acque defluiscono senza mai andare alla foce, così Maria, acqua purissima di fontana sigillata, uscì dall’incandescente fervore del Pensiero eterno e scorse per rive di pace, seco portando pace e purezza, e in Dio rientrò per accogliere Dio e generare il Figlio di Dio, e tornò fra le selvagge arene per dare ai deserti dei cuori la Luce, la Verità, la Vita, e nuovamente, compiuta la sua missione, come acqua aspirata dal sole assunse al grembo mistico che l’ha partorita a voi perché vi partorisse la Salvezza. E là è: inviolata Fonte di purezza, unico degno specchio alla Perfezione che tutto dimentica di ciò che è offesa guardando l’Immacolata.
Non cessa il Verbo di essere Dio perché fattosi Uomo. Non è, l’Umanità presa, avvilimento della Divinità, sua eterna Natura. Ma è l’Umanità elevata, pur senza perdere la sua natura, a perfezione di unione con la Divinità, cosa attestata dai prodigi fatti dal Cristo.
Il Padre sempre col Figlio. Il Figlio sempre Dio come il Padre. Perché la Divinità non può esser scissa o mutare natura per divisione apparente e annichilimento in natura inferiore a quella divina.
Gesù Cristo è dunque Figliolo di Dio per la Natura divina del Verbo generato dal Padre, incarnatosi per opera di Spirito Santo per la salute dell’umanità.
Ma - secondo modo - ma si è dichiarato Figlio di Dio anche per natura umana, virtuosa in maniera perfetta.
Gesù Cristo, il Figlio fatto al Padre dal seme di Davide, aveva volontà libera. E come Dio e come uomo. Questa libertà della sua volontà la mostrano le sue azioni, fatte a seconda che Egli voleva, quando voleva, su chi voleva. Né elementi né creature potevano opporsi alla sua volontà che era perfetta della libertà propria di Dio.
Non potevano. Una sol volta poterono. Ma allora fu perché il Figlio di Dio non prevaricò. Non abusò di questa sua libera volontà potente per sfuggire alla morte di croce. Se lo avesse fatto, avrebbe fatto rapina, abuso, prevaricazione dei suoi infiniti poteri di Figlio di Dio. E Lucifero ribelle, più ancora che Lucifero, sarebbe divenuto.
Ma il Cristo non fu mai ribelle. Nessuna cosa, neppure la naturale ripugnanza umana al supplizio, lo fece tale. Perché sopra la sua volontà libera era la Volontà del Padre. E il perfettissimo Figlio divino, della sua Natura uguale al Padre non se ne fece profitto, ma con riverenziale amore sempre disse a Colui che l’aveva generato: “Sia fatta la tua volontà”, e mite e ubbidiente porse i polsi alle ritorte per essere trascinato al sacrificio.
Ebbe dunque volontà libera. Ma la usò per essere perfetto come uomo, così come era perfetto come Dio.
Si dice: “Non poteva peccare”. Questa parola sarebbe giusta qualora il Cristo fosse stato solo Dio. Dio non può peccare essendo perfezione. Ma la sua seconda natura è soggetta a tentazioni. E tentazioni sono mezzo al peccare, se non sono respinte. E dure tentazioni furono sferrate contro l’Uomo. Tutto l’odio contro di Lui. Tutto il rancore, la paura, l’invidia dell’Inferno e degli uomini, contro di Lui. Contro il Forte che sentivano Vincitore, anche se aveva mitezza d’agnello.
Ma Gesù non volle peccare. Date al Forte il giusto riconoscimento della sua fortezza. Non peccò perché non volle peccare. E anche per questa sua perfezione di giustizia, contro tutte le insidie e gli eventi, Egli ha dichiarato d’esser Figlio di Dio.
Non vi è detto, anche a voi: “Siate dèi e figli dell’Altissimo”?
Egli lo fu perché nella sua umanità, pari alla vostra, fu dio e figlio dell’Altissimo per la giustizia di ogni suo atto.
La Sapienza vi dice, o uomini, che la dichiarazione della figliolanza divina nel Gesù nato da Maria della stirpe di Davide, oltreché dalla parola del Padre, dai miracoli, dalla parola del Maestro e dalla sua risurrezione, è data da questa sua signoria sulle passioni dell’uomo e sulle tentazioni date all’Uomo. Santo per natura divina, volle esser santo anche secondo natura umana, Primogenito vero della famiglia eterna dei figli di Dio coeredi del Regno dei Cieli.
Si è dichiarato infine Figliuolo di Dio per la sua risurrezione spontanea. Dio: Egli, a Se stesso: Dio-Uomo, ucciso dagli uomini per salute degli stessi, consumato il sacrificio, data la prova sicura di esser stato morto, si infuse nuovamente la vita, e da Se stesso, senza attese e giudizio, glorificò anche il suo Corpo vincitore su tutte le miserie conseguenti al primo originale peccato.»
[1]I rimandi ai brani della lettera paolina, che mettiamo in forma abbreviata, sono gli stessi che Maria Valtorta mette, per esteso, dopo le date e prima di iniziare a scrivere i “dettati” delle lezioni. Solo nelle lezioni 1ª e 3ª aggiunge al rimando il testo del brano, che noi omettiamo, sia per uniformità con le altre lezioni, sia perché abbiamo riportato all’inizio l’intero testo della Lettera ai Romani.
AMDG et DVM
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