domenica 20 gennaio 2019

Preziosi dialoghi di Gesù con i primi Apostoli


55. Un incarico affidato a Tommaso

Stamane, rinvenendo da un pesantissimo sopore di molte ore, mentre prego attendendo si faccia giorno, ho la
ripresa della visione.
Dico ripresa perché siamo ancora nello stesso ambiente: la larga e bassa cucina, scura nelle pareti fumose,
appena illuminata dalla fiammella a olio posta sulla tavola rustica, lunga e stretta, alla quale sono seduti in
otto persone - Gesù e i sei discepoli, più il padrone di casa - quattro per lato.
Gesù, ancora rigirato sul suo sgabello - perché qui non sono altro che sgabelli senza spalliera, a tre piedi,
proprio cose di campagna - parla ancora con Tommaso. La mano di Gesù è scesa dal capo di Tommaso alla
spalla dello stesso. Gesù dice: «Alzati, amico. Hai già cenato?».
«No, Maestro. Ho fatto pochi metri con l'altro che era meco e poi l'ho lasciato e sono tornato indietro,
dicendogli che volevo parlare al lebbroso guarito... Ma ho detto così perché pensavo che egli avrebbe
sdegnato di accostarsi ad un impuro. Ho indovinato. Ma io cercavo Te, non il lebbroso... Volevo dirti:
"Prendimi! "... Mi sono aggirato su e giù per l'uliveto, finché un giovane mi ha chiesto che facevo. Deve
avermi creduto un malintenzionato... Era presso un pilastro, là dove ha inizio il podere».
Il padrone di casa sorride. «È mio figlio» spiega poi, e aggiunge: «È di guardia al frantoio. Abbiamo nelle
caverne, sotto il frantoio, quasi ancora tutto il raccolto dell'anno. Fu molto buono. Molto olio ci dette. E in
tempi di folla sempre si uniscono malandrini che svaligiano i posti incustoditi. Otto anni fa, proprio per 

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Parasceve, ci derubarono di tutto. Da allora, una notte per uno, facciamo buona guardia. La madre è andata a
portargli la cena».
«Ebbene, mi disse: "Che vuoi? ", e lo disse in un tono che, per salvarmi le spalle dal suo bastone, spiegai
lesto: "Cerco il Maestro che abita qui". Mi rispose allora: "Se è vero ciò che dici, vieni alla casa". E mi ha
accompagnato fin qui. È lui che ha bussato, e non se ne è andato che quando ha sentito le mie prime parole».
«Abiti lontano?».
«Alloggio dall'altro lato della città, vicino alla porta Orientale».
«Sei solo?».
«Ero con i parenti. Ma essi sono andati da altri parenti sulla strada di Betlemme. Io sono rimasto per cercarti
notte e giorno finché ti avessi trovato».
Gesù sorride e dice: «Allora nessuno ti attende?».
«No, Maestro».
«La strada è lunga, la notte è buia, le pattuglie romane sono per la città. Io ti dico: se vuoi, resta con noi».
«Oh! Maestro!». Tommaso è felice.
«Fate posto, voi. E date tutti qualcosa al fratello». Di suo Gesù dà la porzione di formaggio che aveva
davanti. Spiega a Tommaso: «Siamo poveri e la cena è quasi terminata. Ma c'è tanto cuore in chi dona». E a
Giovanni, seduto al suo fianco, dice: «Cedi il posto all'amico».
Giovanni si alza subito e va a sedersi all'angolo della tavola, vicino al padrone di casa.
«Siedi, Tommaso. Mangia». E poi a tutti: «Così sempre farete, amici, per legge di carità. Il pellegrino è già
protetto dalla Legge di Dio. Ma ora, in mio nome, più ancora lo dovrete amare. Quando uno vi chiede un
pane, un sorso d'acqua, un ricovero in nome di Dio, dovete darlo, nello stesso nome. E ne avrete da Dio
ricompensa. Questo dovete fare con tutti. Anche coi nemici. E questa è la Legge nuova. Fino ad ora vi era
detto: " Amate quelli che vi amano e odiate i nemici ". Io vi dico: "Amate anche coloro che vi odiano". Oh!
se sapeste come sarete amati da Dio se amerete come Io vi dico! Quando poi uno dice: " Io vi voglio esser
compagno nel servire il Signore Iddio vero e seguire il suo Agnello ", allora più caro di un fratello di sangue
vi deve essere, perché sarete uniti da un vincolo eterno, quello del Cristo».
«Ma se poi ne capita uno non sincero? Dire: "Io voglio fare questo e quello" è facile. Ma non sempre la
parola risponde a verità» dice Pietro piuttosto irritato. Non so, non è del suo solito umore gioviale.
«Pietro, ascolta. Tu parli con buon senso e con giustizia. Ma, vedi, meglio è peccare di bontà e di fiducia che
di diffidenza e durezza. Se beneficherai un indegno, che male te ne verrà? Nessuno. Ma anzi il premio di Dio
sarà sempre attivo per te, mentre a lui andrà il demerito di aver tradito la tua fiducia».
«Nessun male? Eh! delle volte chi è indegno non si ferma all'ingratitudine, ma passa oltre e giunge anche a
nuocere nella stima, nelle sostanze e nella vita stessa».
«Vero. Ma questo diminuirebbe il tuo merito? No. Anche se tutto il mondo credesse alle calunnie, anche se
tu fossi ridotto più povero di Giobbe, anche se il crudele ti levasse la vita, che sarebbe mutato agli occhi di
Dio? Nulla. Anzi, si, un mutamento ci sarebbe. Ma in bene per te. Dio, ai meriti della bontà, unirebbe i meriti
del martirio intellettuale, finanziario, fisico».
«Bene, bene! Sarà così». Pietro non parla più. Imbronciato, sta col capo appoggiato alla mano.
Gesù si volge a Tommaso: «Amico, ti ho detto prima, nell'uliveto: "Quando tornerò da queste parti, se vorrai
ancora, sarai mio. Ora ti dico: "Sei disposto a fare un piacere a Gesù? "
«Senza dubbio».
«Ma se questo piacere può causare sacrificio?».
«Nessun sacrificio servirti. Che vuoi?».
«Volevo dirti... ma tu avrai commerci, avrai affetti... »
«Niente, niente! Ho Te! Parla».
«Ascolta. Domani alle prime luci il lebbroso si partirà dai sepolcri per trovare chi avverta il sacerdote. Tu
andrai ai sepolcri per primo. È carità. E dirai forte: " O tu che ieri sei stato mondato, vieni fuori. Mi manda a
te Gesù di Nazaret, il Messia d'Israele, Colui che ti ha sanato ". Fà che il mondo dei " morti viventi " conosca
il mio Nome e frema di speranza, e chi alla speranza unisce la fede venga a Me, che Io lo guarisca. È la
prima forma della mondezza che Io porto, della risurrezione di cui sono padrone. Un giorno ben più fonda
mondezza Io darò... Un giorno i sepolcri sigillati erutteranno i morti veri, che appariranno per ridere, dalle
loro occhiaie vuote, dalle mandibole scoperte, per il giubilo lontano, e pur sentito dagli scheletri, degli spiriti
liberati dal Limbo d'attesa. Appariranno per ridere a questa liberazione e per fremere sapendo a che la
devono... Tu và. Egli verrà a te. Tu farai ciò che egli ti prega di fare. Lo aiuterai in tutto, come ti fosse
fratello. E gli dirai anche: "Quando sarai del tutto purificato, andremo insieme sulla strada del fiume, oltre
Doco e Efraim. Là il Maestro Gesù ti attende e mi attende per dirci in che lo dobbiamo servire».
«Farò così. E l'altro?».

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«Chi? L'Iscariota?».
«Si, Maestro».
«Per lui dura il mio consiglio. Lascialo decidere da sé, e per lungo tempo. Evita anzi di incontrarlo».
«Starò presso il lebbroso. Nella valle dei sepolcri solo gli immondi si aggirano o chi ha contatti di pietà con
loro».
Pietro borbotta qualcosa. Gesù ode.
«Pietro, che hai? Taci o mormori. Sembri malcontento. Perché?».
«Lo sono. Noi siamo i primi e Tu a noi non regali un miracolo. Noi siamo i primi e Tu ti fai sedere vicino un
estraneo. Noi siamo i primi e Tu a lui, e non a noi, dai degli incarichi. Noi siamo i primi e... si, proprio, ecco,
e sembra che si sia gli ultimi. Perché li attendi sulla via del fiume? Certo per dare a loro qualche missione.
Perché a loro e non a noi?».
Gesù lo guarda. Non è irato. Anzi sorride come si sorride ad un ragazzo. Si alza, va lentamente da Pietro, gli
pone la mano sulla spalla e dice sorridendo: «Pietro! Pietro! Sei un grande, un vecchio bambino!» e ad
Andrea, seduto presso il fratello, dice: «Vai al mio posto» e si siede a fianco di Pietro, cingendolo con un
braccio alle spalle, e gli parla tenendolo così contro la sua spalla: «Pietro, ti pare che Io faccia ingiustizia, ma
non è ingiustizia la mia. È anzi prova che so quel che valete. Guarda. Chi ha bisogno di prove? Colui che
ancora non è sicuro. Orbene, Io vi sapevo tanto sicuri su Me, che non ho sentito bisogno di darvi prove del
mio potere. Qui a Gerusalemme occorrono prove, qui dove vizio, irreligione, politiche, tante cose del mondo
offuscano gli spiriti al punto che essi non possono vedere la Luce che passa. Ma là, sul nostro bel lago, così
puro sotto un cielo puro, là fra gente onesta e vogliosa di bene, non sono necessarie prove. Li avrete i
miracoli. A fiumi verserò su voi le grazie. Ma, guarda come vi ho stimato, Io vi ho presi senza esigere prove
e senza trovare bisogno di darvene, perché so chi siete. Cari, tanto cari, e tanto a Me fedeli».
Pietro si rasserena: «Perdonami, Gesù».
«Sì, ti perdono perché il tuo broncio è amore. Ma non avere più invidia, Simone di Giona. Sai cosa è il cuore
del tuo Gesù? Hai mai visto il mare, il vero mare? Si? Ebbene, il mio cuore è ben più vasto del largo mare! E
c'è posto per tutti. Per tutta l'umanità. E il più piccolo ha posto come il più grande. E il peccatore vi trova
amore come l'innocente. A questi do una missione. Sicuro. Mi vuoi vietare di darla? Io vi ho scelto. Non voi.
Sono perciò libero di giudicare come impiegarvi. E se questi li lascio qui con una missione - che può essere
anche una prova, come può essere misericordia il lasso di tempo lasciato all'Iscariota - puoi tu
rimproverarmene? Sai se a te non ne serbo una più vasta? E non è la più bella quella di sentirti dire: "Tu
verrai con Me "?».
«È vero, è vero! Sono una bestia! Perdono...».
«Sì. Tutto, ogni perdono. Oh! Pietro!... Ma vi prego tutti: non discutete mai sui meriti e sui posti. Avrei
potuto nascere re. Sono nato povero, in una stalla. Avrei potuto esser ricco. Ho vissuto di lavoro e ora di
carità. Eppure, credetelo amici, non c'è alcuno grande agli occhi di Dio più di Me. Di Me che sono qui: servo
dell'uomo».
«Servo Tu? Non mai!».
«Perché, Pietro?».
«Perché io ti servirò».
«Anche tu mi servissi come una madre serve l'infante, Io sono venuto per servire l'uomo. Per lui sarò
Salvatore. Che servizio pari a questo?».
«Oh! Maestro! Tu tutto spieghi. E quel che pareva oscuro si fa subito chiaro!».
«Lieto ora, Pietro? Allora lasciami finire di parlare a Tommaso. Sei certo di riconoscere il lebbroso? Non vi
è che lui di guarito; ma potrebbe esser già partito alla luce delle stelle, per trovare un viandante sollecito. E
un altro, per ansia di entrare in città, vedere i parenti, forse, potrebbe sostituirsi a lui. Ascolta il suo ritratto.
Io gli ero vicino e nel crepuscolo l'ho visto bene. È alto e magro. Di colorito oscuro come un sangue misto,
occhi profondi e nerissimi sotto sopracciglia di neve, capelli bianchi come il lino e piuttosto ricci, naso
lungo, camuso verso la punta come quello dei Libi, labbra grosse, specie l'inferiore, e sporgenti. È tanto
olivastro che il labbro è tendente al violaceo. Sulla fronte una cicatrice di antica data è rimasta, e sarà l'unica
macchia, ora che sarà mondato da croste e sudiciume».
«È un vecchio, se è tutto bianco».
«No, Filippo. Lo sembra, ma non lo è. La lebbra lo ha fatto canuto».
«Cosa è? Un sangue misto?».
«Forse, Pietro. Ha somiglianza coi popoli d'Africa».
«Sarà israelita, allora?».
«Lo sapremo. Ma se non lo fosse?».
«Eh! se non lo fosse, se ne andrebbe. Già molto aver meritato d'esser guarito».

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«No, Pietro. Anche fosse idolatra, Io non lo caccerò. Gesù è venuto per tutti. E in verità ti dico che i popoli
delle tenebre sorpasseranno i figli del popolo della Luce...
Gesù sospira. Poi si alza. Rende grazie al Padre con un inno e benedice.
La visione cessa così.
Faccio notare incidentalmente che il mio interno ammonitore mi ha detto, fin da ieri sera quando vedevo il
lebbroso: «È Simone, l'apostolo. Vedrai la venuta di lui e di Taddeo al Maestro». Stamane, dopo la
Comunione (è venerdì) apro il messale e vedo che proprio oggi è la vigilia della festa di S. Simone e Giuda, e
il Vangelo di domani parla proprio sulla carità, quasi ripetendo le parole da me udite prima nella visione.
Giuda Taddeo, però, per ora non l'ho visto.


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