martedì 13 giugno 2017

SAN ILDEFONSO DA TOLEDO

SAN ILDEFONSO DA TOLEDO


Nato a Toledo verso il 607, dopo essere stato monaco ed Abate nel monastero dei SS. Cosma e Damiano di Agli, veniva eletto vescovo della sua città natale. All'indefessa attività pastorale unì un'intensa attività letteraria. Morì il 23 gennaio dell'a. 667. 

Si distinse, soprattutto, per un'ardente e appassionata devozione a Maria. Lope de Vega lo appellò: « El capellàn de la Virgen ». Ce lo dicono anche certe sue espressioni che si leggono nel Liber de Virginitate perpetua S. Mariae contra tres infideles (PL 96, 53-110), opera sicuramente autentica, quali, per es.: « praedicem Te donec praedicanda es ... laudem Te donec laudabilis es, serviam tibi donec serviendum est gloriae tuae ... diligare Te donec diligenda es » (63-11). 

Egli osa parlare di Lei perché « fide provocor, amore impellor, admiratione delector... » (col. 138, 3-139, 16): « refertur ad Dominum quod servitur ancillae; sic redundat ad Filium quod impenditur Matri » (167, 10); « ut comprober servire Deo, dominio Matris eius super me in testimonium quaero » (167, 12). « Quam prompte servus huius Dominae effici concupisco, quam fideliter servitutis huius iugo delector, quam piene familiare huius imperiis opto » (65, 13). 

Nel suddetto Trattato si possono logicamente distinguere un prologo, tre parti ed una conclusione. 

Nel Prologo, I. manifesta la sua intenzione e i motivi che lo spinsero a comporlo. 

Nella prima parte confuta tre eresie (quella di Gioviniano, quella di Elvidio e quella di un Giudeo il quale, oltre a negare la verginità di Maria, negava anche la sua maternità divina) ed espone, nel medesimo tempo, la vera dottrina sulla verginità di Maria (cap. I e III). 

Nella seconda parte si ha una specie di « Trattato di Cristologia » in cui prova, con testi scritturistici, la divinità e la messianità di Cristo (cap. IV-IX). 

Nella terza parte si ha una specie di « Trattato di Mariologia » diviso in due punti fondamentali: 1) lo studio della maternità verginale e delle grandezze che ne derivano; 2) il « culto » dovuto a Maria Regina dell'universo, concretizzato nella « servitù mariana » fondata sul dominio universale che ha Maria per due titoli: 
a) perché « Madre di Dio »: « Servire Filio tuo et Tibi... illi sicut Deo, tibi sicut Matri Dei » (163, 4); 
b) perché cooperatrice alla nostra Redenzione: « illi sicut Redemptori meo, tibi sicut operi Redemptionis meae » (163, 8). 

I. è veramente « il Dottore della Regalità di Maria e della Servitù Mariana ». 
Sotto questo aspetto supera tutti i Padri che l'hanno preceduto, sia Orientali che Occidentali. « La critica de todos los matices està de acuerdo en reconocer que el libro de Virginitate es el punto de arranque de la teologia mariana en Espana y aun en ciertos aspectos de la de otros paises » (Madoz J., S. J., S. I. de T., in « Est. Ecl. » 26 [1952] p. 498, nota 92). 
Questo giudizio non ci sembra esagerato. È lo scritto latino più esteso e più denso che si conosca dedicato esclusivamente a Maria. 
L'influsso di I. sugli scrittori che l'hanno susseguito, particolarmente sull'Agostiniana Bartolomeo de los Rios (Cfr. Gutiérrez S., O.E.S.A., La Escavidud Mariana en sus fundamentosteológicos, Madrid 1945, p. 347 e in S. Luigi M. Grignion de Montfort {Trattato della vera devozione a Maria SS.) è notevole. Nel 951, Gotescalco, vescovo di Puy, inviava il prete Gomes nella Spagna per prendere un esemplare dell'opera di I.; più tardi Ermanno di Tournai ed altri ne facevano ricercare il testo, ecc. (Cfr. Barre H., in «Marianum » 21 [1959] p. 407). Sembra autentico il De cognitione baptismi (PL 96, llla-172c: parla di Maria nei ca. 40-44, coli. 129c-131b): v. Laurentin-Table, p. 140. 
Occorre anche tener presenti i pezzi liturgici del Santo (nella Messa mozarabica dell'Assunzione e nelle preghiere mariane dell'Orazionale visigotico) trascurati dal Cascante (v. bibl.). È evidente la dipendenza di I. da T. da S. Isidoro di Siviglia (f 636). Non sono autentiche le 13 Omelie attribuitegli dal Migne (PL 96, 239a-284c). Secondo il P. Barre, sembra che esse, ad eccezione delle Omelie 7, 8 e 13, siano da situarsi tra il sec. IX e l'XI (« Bull. Soc. Frane. Et. Mar. » 7 [1949] pp. 74-75). L'Omelia 13, da alcuni ritenuta autentica, non sarebbe altro, secondo il P. Barre, che un «centone di centoni» (1. e, p. 406; v. anche « Rév. Bénéd. », 1957, pp. 10-29). È parimente inautentico il Libellus de Corona Virginis (PL 96, 285a-318c), appartenente ad un autore ignoto, probabilmente del sec. XII (v. Laurentin-Table, p. 142).
AMDG et BVM