…le scelte che vanno delineandosi in questo Sinodo non hanno proprio nulla di coraggioso. Rappresentano la resa senza condizioni alle voglie pazze del mondo e non sono frutto di coraggio: sono frutto della vigliaccheria più turpe, una vigliaccheria che non porta a tradire qualcosa di proprio, ma a tradire qualcosa che si è avuto in custodia da altri e da un Altro.
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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martedì 14 ottobre 2014
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È pervenuta in Redazione:
Caro Gnocchi,
sarò breve perché il punto a cui è arrivata la crisi della Chiesa non ha bisogno di tanti discorsi. Ho letto la nota del direttore di Riscossa Cristiana sulla “Relatio post disceptationem” del Sinodo sulla famiglia e sono d’accordo con lui. Peggio di così non poteva essere. Ora anch’io mi pongo la stessa domanda che si pone il direttore (a questo punto dov’è la Chiesa cattolica?) e la giro a lei.
Cordiali saluti
Giuseppe Paltrinieri
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sapevo benissimo che la domanda che si pone Paolo Deotto mi avrebbe inguaiato. Sapevo che sarebbe arrivata subito qualche lettera per riprendere e rilanciare quella che, a questo punto, è la domanda delle domande. Quando si dice gli amici…
Immagino che lei, caro Paltrinieri, ponendo la domanda delle domande, pensi di poter avere la risposta delle risposte. Ma temo che, per il momento, ci si debba accontentare di qualche considerazione e di una, sia pur sommaria, indicazione.
Salto a piedi uniti il riassunto di tutte le tesi aperturiste che hanno come grande regista non smentito la persona del P. Sarebbe, diciamo, da sciocchini fingere che il misericordioso F. si stia facendo turlupinare da quattro manigoldi mentre lui sta in tutt’altre faccende affaccendato: il tempo per castigare misericordiosamente i dissidenti lo trova comunque, dicono che dorma poco. Per rispondere a tutte queste incursioni che devastano la fede fino alla radice, mi permetto di rinviare all’intervista del cardinale Raymond Leo Burke, che si trova in questo stesso sito (clicca qui).
Dell’orribile “Relatio post disceptationem” di metà Sinodo prendo in considerazione solo un’affermazione che può apparire marginale, ma non lo è. Mi riferisco alla “necessità di scelte pastorali coraggiose”, che sarebbero il toccasana per sanare i problemi e le ferite della famiglia di oggi.
Ma le scelte che vanno delineandosi in questo Sinodo non hanno proprio nulla di coraggioso. Rappresentano la resa senza condizioni alle voglie pazze del mondo e non sono frutto di coraggio: sono frutto della vigliaccheria più turpe, una vigliaccheria che non porta a tradire qualcosa di proprio, ma a tradire qualcosa che si è avuto in custodia da altri e da un Altro.
Qui si tradisce quanto Nostro Signore ci ha invitato a conservare gelosamente, a costo della nostra stessa vita. Si tradisce ciò che generazioni e generazioni di santi, ma anche di peccatori che cercavano di fare del loro meglio per togliersi dal fango, ci hanno trasmesso lungo i secoli come ragione ultima e più vera della loro vita.
Non c’è proprio nulla di coraggioso in tutto questo. Non c’è nulla di coraggioso nel trovare un posto al sole sulle prime pagine di Repubblica, del Corriere o della Stampa, nella conquista delle aperture dei telegiornali di qualsivoglia rete, nell’intasamento di accessi dei siti dediti a ogni tipo di rivoluzione e di perversione. C’è solo il compiacimento vigliacco di aver finalmente messo da parte Gesù Cristo e i suoi faticosi insegnamenti.
E non vengano a raccontarci, caro Paltrinieri, che muterà la pastorale, ma non verrà toccata una virgola della dottrina. Questa favoletta non reggeva prima e regge ancor meno adesso, alla luce del sentore di cloaca che emana all’aprirsi di certe bocche e di certi cuori.
Le confesso, caro Paltrinieri, che tremo all’idea di cosa possano celare quei cuori, perché, sicuramente, non hanno ancora mostrato tutto ciò che nascondono. Siamo solo all’inizio e dovremo vedere anche di peggio.
Tornando alla domanda delle domande, lei si chiede e mi chiede, a questo punto, dove sia la Chiesa cattolica. Penso che sia là dove ci sono pastori che continuano a dire ciò che Nostro Signore ha insegnato. E penso che non stia, e sottolineo il “non”, là dove pastori e presunti pastori insegnano dottrine contrarie al deposito della fede e inducono a pratiche contrarie alla morale custodita dalla Chiesa cattolica per duemila anni. E non sta neanche dove si trovano pastori che illustrano in modo perfetto la dottrina e poi dicono che, se il P. dovesse mutarla, obbedirebbero senza opporre la minima resistenza.
Anche se il Sinodo non dovesse concludersi con un documento sul genere di quello che abbiamo ora sotto gli occhi, la situazione non muterebbe affatto. Perché è inconcepibile che, dentro la Chiesa, si possa anche pensare di trattare di questi temi in questi termini Questo significa che qualcosa è già cambiato. Se si ipotizza che la pastorale possa mutare, significa che la dottrina è già mutata. Si sta avvicinando il momento in cui bisognerà una volta per tutte scegliere da che parte stare. Forse è un bene, caro Paltrinieri, perché l’incertezza logora la verità e fortifica l’errore.
Alessandro Gnocchi
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