sabato 3 agosto 2013

Santa Gertrude, la Grande





Mi pareva così fuori di proposito pubblicare questo scrit­to, che non sapevo rassegnarmi ad ubbidire alla voce della coscienza. Differii dunque fino all'Esaltazione della S. Croce e, proprio in quel giorno, durante la S. Messa, proposi a me stessa d'applicarmi ad un altro lavoro, quando Nostro Signo­re trionfò delle mie resistenze: « Sta sicura, mi disse, che non uscirai dalla prigione del corpo, prima d'avermi pagato que­sto debito fino all'ultima sillaba».


Siccome poi andavo ruminando che già avevo fatto fruttificare i doni di Dio a vantaggio del prossimo, se non con lo scritto, almeno con le parole, il Signore m'oppose quan­to avevo sentito leggere in quella stessa notte, dopo Mattu­tino: « Se il Salvatore avesse voluto rivelare la sua dottrina soltanto a' suoi contemporanei, avrebbe pronunciato discor­si senza ispirare scrittori sacri: ma i suoi insegnamenti furo­no scritti, affinchè possano servire a beneficio di un più grande numero di persone ». Aggiunse Gesù: « Non accetto nessuna obbiezione: voglio che i tuoi scritti siano per gli ultimi tempi, nei quali diffonderò le mie grazie su numero­sissime anime, una conferma evidente della mia divina te­nerezza ».

Dopo aver ascoltato queste parole, rimasi oppressa, pen­sando che mi sarebbe difficile, per non dire impossibile, tradurre esattamente in linguaggio umano le cose suesposte, e presentarle al pubblico senza pericolo di scandalo,
Il Signore, per vincere la mia pusillanimità, parve far ca­dere su di me una pioggia torrenziale, ne fui scossa e, pove­ra creatura qual sono, m'inchinai verso terra, come una pian­ticella tenera e fragile, incapace di assorbire quell'acqua. Af­ferrai nel frattempo, il suono di alcune parole importanti, che però il mio intelletto non riusciva a comprendere. Più preoccupata che mai, andavo chiedendo a me stessa quello che ciò volesse dire, quando Tu, o mio Gesù, con l'abituale tenerezza, volesti alleggerire il mio cruccio e riconfortarmi l'animo, dicendomi: « Poichè quest'abbondante pioggia ti rie­sce inutile, ti applicherò al mio divin Cuore per versare in te, a poco a poco, quello di cui abbisogni. Agirò con dolcezza e soavità, secondo la misura delle tue forze ».

In realtà, o mio Dio, dopo d'aver constatato gli effetti della tua promessa, posso dichiarare che l'hai adempita per­fettamente. Infatti ogni mattina all'ora più adatta, Tu m'ispi­ravi qualcuna di queste pagine. Agivi con tale dolcezza e pre­cisione che, senza nessun sforzo da parte mia, scrivevo cose che fino allora non avevo mai ricordato, e che si presenta­vano con tale nitidezza al mio pensiero come se da lungo tempo le avessi fisse nella memoria.
Però meco agivi con grande discrezione; infatti, dopo aver scritto un certo numero di pagine, mi era impossibile, anche applicando tutte le forze della mente, tracciare una so­la di quelle parole che, al mattino seguente, a me si presen­tavano con tanta abbondanza e senza la minima difficoltà. Con questo metodo Tu moderavi e dirigevi la mia foga natu­rale, insegnandomi che « non bisogna abbandonarsi all'azio­ne al punto di trascurare la contemplazione ». In ogni occasione ti mostravi geloso della salvezza della mia anima e, pur permettendomi di gustare talvolta i giocondi amplessi di Rachele, non mi privasti mai della gloriosa fecondità di Lia.
Possa lo giungere, o mio Dio, a piacerti perfettamente, unendo, per farti contento, le due forme di vita attiva e contemplativa.

S. Gertrude, o.p.n.

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