Quinta virtù
Povertà evangelica
65. I. Paolo e gli Apostoli seguirono nella povertà Cristo povero: «Poveri
sulla terra, ricchi in cielo, essi dispensavano ai credenti le ricchezze
spirituali» dice sant’Ambrogio (101). Avevano udito da Cristo il: «Beati i
poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli» (Matteo 5, 3), e
risposero: «Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito, che
ce ne verrà?» (Matteo 19, 27). «Fecero questo voto con tutte le loro forze»
dice sant’Agostino (4). Gli Apostoli emisero il voto di povertà, come
usano fare i Religiosi, assieme a quello di castità e di obbedienza, come
dimostrerò commentando gli Atti (5, 2). Essi furono difatti capi perfetti di
vita religiosa, padri e condottieri. Anzi san Girolamo (5) dipinge a
Nepoziano la vita dei chierici, copiandola dagli Apostoli: «Il chierico, che
serve la Chiesa, studi prima l’etimologia del suo nome; e trovata la
definizione del nome, si sforzi di essere ciò che significa. Se di fatti la
parola greca *** corrisponde alla latina sors (sorte), allora si chiamano
clerici, sia perché sono de sorte Domini, sia perché ipse Dominus sors,
ossia è pars ipsorum clericorum (lo stesso Signore è sorte e porzione dei
chierici). Chi è parte del Signore, o ha il Signore come sua parte, deve
essere tale da possedere il Signore, e da essere posseduto dal Signore», non
dall’oro o da altra cosa creata.
66. II. Paolo visse sopportando la fame, la sete, la nudità, la fatica (6). «So,
dice ai Filippesi (4, 12 s), vivere nell’umiliazione (sopportare la miseria), e
nell’abbondanza, (in ogni luogo e ad ogni cosa sono pronto), ad essere
sazio, a patir la fame, ad, essere nell’abbondanza come nella penuria. Io
posso tutto in Colui che mi conforta». «Paolo, soggiunge il Crisostomo (8),
era uomo che ha dovuto spesso lottare con la fame, andare a letto senza
cena, essere ignudo; spesso gli mancavano gli indumenti anche necessari.
Nel gelo, scrisse, e nella nudità». Con verità san Girolamo dice (105):
«Assai ricco è colui che è povero con Cristo». Santa Paola povera a
Betlemme con Cristo, aveva fatto voto di morire mendicando, di non
lasciare alla figlia (Eustochio) neppure un soldo, e di essere seppellita
avvolta in un lenzuolo non suo. Ottenne pienamente la realizzazione di
questo triplice voto, e le accadde proprio come desiderava. Così narra san
Girolamo (106), nella Vita di lei.
Cristo e gli Apostoli andavano a piedi per città e villaggi
67. III. Paolo, sull’esempio di Cristo, andò a piedi per molte ed estese
regioni, come dimostrerò commentando gli Atti (20, 13). Imitano dunque
gli Apostoli, anzi Cristo stesso, coloro che, come S. Francesco, vanno
predicando il Vangelo per le città e per i villaggi, non a cavallo o in
carrozza, ma a piedi. A Roma, nella basilica di san Paolo, mi venne
mostrata una parte del bastone di san Paolo, appoggiato al quale dicesi sia
entrato a piedi in Roma. Cristo prescrisse agli Apostoli di fare così (Cfr.:
Matteo 10, 10. 14). Pertanto, nella regola di san Francesco, che riflette il
modo di vivere all’apostolica, è proibito (107), sotto gravissime pene «ad
ognuno di andare a cavallo, eccetto vi sia costretto da una grave necessità
o da malattia». La stessa cosa, la Terza Congregazione Generale (Can. 12)
gravemente e seriamente raccomanda ai religiosi della nostra Compagnia,
che girano per le province, sull’esempio degli Apostoli. San Vincenzo
Ferreri, uomo apostolico che percorse, evangelizzando, l’Italia, la Francia,
l’Inghilterra, l’Irlanda, la Spagna, ecc., «viaggiò non a cavallo, ma a piedi,
contento del solo bastone cui si appoggiava: e ciò fece per quindici anni
consecutivi. In seguito però, per una certa malattia sopravvenutagli alla
tibia, spinto dalla necessità, accettò un asino, sul cui dorso viaggiava»,
dice l’autore della Vita di questo santo (Lib. 2, c. 7).
68. IV. Paolo, anche tra tante e così gravi fatiche del Vangelo, non volle
prendere ricompense dai fedeli, ma lavorò con le sue mani esercitando
l’arte del tessitore di tappeti; in tal modo guadagnò il vitto non solo per sé,
ma anche per tutti i suoi collaboratori. Ciò dimostra chiaramente la sua
ammirabile povertà, la sua carità ed il suo zelo. «Non ho bramato, dice, né
argento, né oro, né vesti di alcuno. Voi lo sapete che al bisogno mio ed a
quelli che son con me Paolo han provveduto queste mie mani. E in tutto vi
ho dimostrato che lavorando bisogna accogliere gli infermi, ricordandosi
della parola del Signore Gesù, il quale disse: E’ più grande fortuna dare
che ricevere» (Atti 20, 33.35).
Quel celebre Vescovo Spiridione di Trimitunte imitò da lontano Paolo;
egli fece il mandriano, come dicono Rufino (108), Sozomeno (109),
Niceforo (110). Così pure Zenone, Vescovo di Maiuma, fece il lanaiolo,
non per povertà, ma per desiderio ed esempio di umiltà; di ciò parla
Sozomeno (111), e Niceforo (112). Anche san Girolamo (113) stimola
Nepoziano e Rustico al lavoro manuale. Leggasi Isidoro Pelusiota (114),
che appoggia il lavoro manuale con l’esempio del re Pittaco di Mitilene, il
quale stando ad un forno si preparava da solo la farina ed il pane per
sfamarsi. Anche il IV Concilio Cartaginese (115), ed il Concilio Nannetese
(116) comandano ai chierici di procurarsi loro il vitto ed il vestito,
lavorando la terra, od esercitando un’arte onesta. Intendasi questo quando
sono poveri e la Chiesa non li può mantenere. Così si faceva una volta; ora
infatti, per decreto del Concilio di Trento (Sess. 21, c. 2), e di altri concili
anteriori, venne sancito che nessuno possa essere ordinato se non può
mantenersi coi beni propri o coi beni della Chiesa.
Ugualmente fece il P. Oviedo, Patriarca d’Etiopia
In questo secolo, imitò san Paolo il P. Andrea Oviedo, della nostra
Compagnia, che fu creato dal Romano Pontefice Patriarca d’Etiopia. Quivi
visse fino alla morte in tal grado di povertà, da essere costretto a guidare
con le sue mani l’aratro ed a seminare i cereali per nutrirsene. Richiamato
dal Pontefice Gregorio XIII, rispose con una lettera scritta nei margini
ritagliati dal suo Breviario, non avendo altra carta su cui scrivere. In tale
lettera pregava il Pontefice che gli permettesse di assistere fino alla fine
della vita quella sua Chiesa, alla quale si era sposato. Gregorio vedendo
quella lettera pianse, e gli mandò la sua benedizione. E vediamo già i frutti
di tale povertà e costanza; in verità l’imperatore d’Etiopia, suo fratello ed i
capi, si sono riconciliati con la Chiesa Romana, e chiedono un nuovo
Patriarca. Vescovi e religiosi, che convertano veramente e completamente
quel vasto impero.
Pure san Girolamo (117) dice: «Fa qualche cosa, affinché il demonio ti
trovi sempre occupato. Se gli Apostoli, che avevano la potestà di vivere
del Vangelo, lavoravano con le loro mani per non essere di aggravio ad
alcuno, e cedevano refrigeri ad altri dai quali potevano esigere beni
temporali in compenso degli spirituali, perché tu non ti prepari le cose che
saranno utili per te stesso? Intreccia cestini di giunco, o canestri di
flessibili vimini; zappa la terra, dividi il giardino in aiuole simmetriche; fa
alveari per le api; costruisci reti per la pesca; scrivi dei libri; così mentre le
mani si procurano il cibo, l’animo resta satollato dalla lettura. Ogni ozioso
resta in soli desideri» (118).
AMDG et DVM