mercoledì 2 dicembre 2020

NOVENA DELL'IMMACOLATA - 4° giorno



'Vieni a Me, tu che cancelli l'amarezza della disubbidienza umana, della fornicazione umana con Satana, e dell'umana ingratitudine. Io prenderò con te la rivincita su Satana'

   Cari amici e amiche in Cristo nostro Signore, mi è lieto parteciparvi questa bella Novena in onore dell'Immacolata Concezione, condivisa da Padre Giulio Maria Scozzaro, alla quale, dopo la parte dedicata a ciascun giorno, abbiamo aggiunto un capitolo valtortiano pertinente.
   Sosteniamola con fede vera e sperimentiamo la Potenza commista all'infinita Dolcezza, che solo nella Vergine SS trovano una celestiale, inarrivabile e rassicurante simbiosi, che non spaventa, ma avvicina ed invita a fruire dei Meriti del Redentore attraverso i Veli candidissimi e mitissimi della Corredentrice Eterna nostra.

Ave Maria!

   L'introduzione e la preghiera iniziale si ripetono ogni giorno)

   1. Introduzione

   Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

   Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco del Tuo amore.

   V. Manda il Tuo Spirito, Signore, e tutto sarà ricreato.

   R. E rinnoverai la faccia della terra.

   Preghiamo.

   O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i fedeli alla piena luce della verità, donaci di gustare nel medesimo tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

   2. Preghiera iniziale

   Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e Ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza.
   
Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere ... (indicare la Grazia spirituale o materiale). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen!

4° GIORNO

   AIUTACI, O MADRE

   Regina nostra, inclita Madre di Dio, Ti preghiamo: fa che i nostri cuori siano ricolmi di Grazia e risplendano di sapienza. Rendili forti con la tua forza e ricchi di virtù. Su noi effondi il dono della misericordia, perché otteniamo il perdono dei nostri peccati. Aiutaci a vivere così da meritare la gloria e la beatitudine del Cielo.
   
Questo ci conceda Gesù Cristo, tuo Figlio, che Ti ha esaltata al di sopra degli Angeli, Ti ha incoronata Regina, e Ti ha fatto assidere in eterno sul fulgido trono. A Lui onore e gloria nei secoli. Amen.

   7 Ave Maria


Dall'Evangelo di Maria Valtorta, capitolo 5

   7Dice Gesù:

   «Sorgi e ti affretta, piccola amica. Ho ardente desiderio di portarti con Me nell'azzurro paradisiaco della contemplazione della Verginità di Maria. Ne uscirai con l'anima fresca come fossi tu pure testé creata dal Padre, una piccola Eva che ancora non conosce carne. Ne uscirai con lo spirito pieno di luce, perché ti tufferai nella contemplazione del capolavoro di Dio. Ne uscirai con tutto il tuo essere saturo d'amore, perché avrai compreso come sappia amare Dio. Parlare del concepimento di Maria, la Senza Macchia, vuol dire tuffarsi nell'azzurro, nella luce, nell'amore.

   8Vieni e leggi le glorie di Lei nel Libro dell'Avo (Prv 8,22-31)

  "Dio mi possedette all'inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti dell'acque rigurgitavano ed i monti s'erano eretti nella loro grave mole, né le colline eran monili al sole, che io ero partorita. Dio non aveva ancora fatto la terra, i fiumi e i cardini del mondo, ed io ero. Quando preparava i cieli io ero presente, quando con legge immutabile chiuse sotto la volta l'abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i suoi confini e dava leggi alle acque, quando dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia scherzavo dinanzi a Lui continuamente, scherzavo nell'universo...".

   Le avete applicate alla Sapienza, ma parlan di Lei: la bella Madre, la santa Madre, la vergine Madre della Sapienza che Io sono che ti parlo. 

  9Ho voluto che tu scrivessi il primo verso di questo inno in capo al libro che parla di Lei, perché fosse confessata e nota la consolazione e la gioia di Dio; la ragione della sua costante, perfetta, intima letizia di questo Dio uno e trino, che vi regge e ama e che dall'uomo ebbe tante ragioni di tristezza; la ragione per cui perpetuò la razza anche quando, alla prima prova, s'era meritata d'esser distrutta; la ragione del perdono che avete avuto.
  Aver Maria che lo amasse. Oh! ben meritava creare l'uomo, e lasciarlo vivere, e decretare di perdonarlo, per avere la Vergine bella, la Vergine santa, la Vergine immacolata, la Vergine innamorata, la Figlia diletta, la Madre purissima, la Sposa amorosa! Tanto e più ancora vi ha dato e vi avrebbe dato Iddio pur di possedere la Creatura delle sue delizie, il Sole del suo sole, il Fiore del suo giardino. E tanto vi continua a dare per Lei, a richiesta di Lei, per la gioia di Lei, perché la sua gioia si riversa nella gioia di Dio e l'aumenta a bagliori che empiono di sfavillii la luce, la gran luce del Paradiso, ed ogni sfavillio è una grazia all'universo, alla razza dell'uomo, ai beati stessi, che rispondono con un loro sfavillante grido di alleluia ad ogni generazione di miracolo divino, creato dal desiderio del Dio trino di vedere lo sfavillante riso di gioia della Vergine. 

 10Dio volle mettere un re nell'universo che Egli aveva creato dal nulla. Un re che, per natura della materia, fosse il primo tra tutte le creature create con materia e dotate di materia. Un re che, per natura dello spirito, fosse poco men che divino, fuso alla Grazia come era nella sua innocente prima giornata. Ma la Mente suprema, a cui sono noti tutti gli avvenimenti più lontani nei secoli, la cui vista vede incessantemente tutto quanto era, è, e sarà; e che, mentre contempla il passato e osserva il presente, ecco che sprofonda lo sguardo nell'ultimo futuro e non ignora come sarà il morire dell'ultimo uomo, senza confusione né discontinuità, non ha mai ignorato che il re da Lui creato per esser semidivino al suo fianco in Cielo, erede del Padre, giunto adulto al suo Regno dopo aver vissuto nella casa della madre — la terra con cui fu fatto — durante la sua puerizia di pargolo dell'Eterno per la sua giornata sulla Terra, avrebbe commesso verso se stesso il delitto di uccidersi nella Grazia e il ladrocinio di derubarsi del Cielo.
  Perché allora lo ha creato? Certo molti se lo chiedono. Avreste preferito non essere? Non merita, anche per se stessa, pur così povera e ignuda, e fatta aspra dalla vostra cattiveria, di esser vissuta, questa giornata, per conoscere e ammirare l'infinito Bello che la mano di Dio ha seminato nell'universo?
  Per chi avrebbe fatto questi astri e pianeti che scorrono come saette e frecce, rigando l'arco del firmamento, o vanno, e paiono lenti, vanno maestosi nella loro corsa di bolidi, regalandovi luci e stagioni e dandovi, eterni, immutabili e pur mutabili sempre, una nuova pagina da leggere sull'azzurro, ogni sera, ogni mese, ogni anno, quasi volessero dirvi: "Dimenticate la carcere, lasciate le vostre stampe piene di cose oscure, putride, sporche, velenose, bugiarde, bestemmiatrici, corruttrici, e elevatevi, almeno con lo sguardo, nella illimitata libertà dei firmamenti, fatevi un'anima azzurra guardando tanto sereno, fatevi una riserva di luce da portare nella vostra carcere buia, leggete la parola che noi scriviamo cantando il nostro coro siderale, più armonioso di quello tratto da organo di cattedrale, la parola che noi scriviamo splendendo, la parola che noi scriviamo amando, poiché sempre abbiamo presente Colui che ci dette la gioia d'essere, e lo amiamo per averci dato questo essere, questo splendere, questo scorrere, questo esser liberi e belli in mezzo a questo azzurro soave oltre il quale vediamo un azzurro ancor più sublime, il Paradiso, e del quale compiamo la seconda parte del precetto d'amore amando voi, prossimo nostro universale, amandovi col darvi guida e luce, calore e bellezza. Leggete la parola che noi diciamo, ed è quella su cui regoliamo il nostro canto, il nostro splendere, il nostro ridere: Dio"?
 Per chi avrebbe fatto quel liquido azzurro, specchio al cielo, via alla terra, sorriso d'acque, voce di onde, parola anch'essa che con fruscii di seta smossa, con risatelle di fanciulle serene, con sospiri di vecchi che ricordano e piangono, con schiaffi di violento, e cozzi, e muggiti e boati, sempre parla e dice: "Dio"? Il mare è per voi, come lo sono il cielo e gli astri. E col mare i laghi e i fiumi, gli stagni e i ruscelli, e le sorgenti pure, che servono tutti a portarvi, a nutrirvi, a dissetarvi e mondarvi, e che vi servono, servendo il Creatore, senza uscire a sommergervi come meritate.
  Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie degli animali, che sono fiori che volano cantando, che sono servi che corrono, che lavorano, che nutrono, che ricreano voi: i re?
  Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie delle piante, e dei fiori che paiono farfalle, che paiono gemme e immoti uccellini, dei frutti che paiono monili o scrigni di gemme, che son tappeto ai vostri piedi, riparo alle vostre teste, svago, utile, gioia alla mente, alle membra, alla vista e all'olfatto?
  Per chi avrebbe fatto i minerali fra le viscere del suolo e i sali disciolti in algide o bollenti sorgive, gli zolfi, gli iodi, i bromi, se non perché li godesse uno che non fosse Dio ma figlio di Dio? Uno: l'uomo.
  Alla gioia di Dio, al bisogno di Dio nulla occorreva. Egli si basta a Se stesso. Non ha che contemplarsi per bearsi, nutrirsi, vivere e riposarsi. Tutto il creato non ha aumentato di un atomo la sua infinità in gioia, bellezza, vita, potenza. Ma tutto l'ha fatto per la creatura che ha voluto mettere re nell'opera da Lui fatta: l'uomo.
  Per vedere tant'opera di Dio e per riconoscenza alla sua potenza che ve la dona, merita di vivere. E di esser viventi dovete esser grati. L'avreste dovuto anche se non foste stati redenti altro che alla fine dei secoli, perché, nonostante siate stati nei Primi, e lo siate tuttora singolarmente, prevaricatori, superbi, lussuriosi, omicidi, Dio vi concede ancora di godere del bello dell'universo, del buono dell'universo, e vi tratta come foste dei buoni, dei figli buoni a cui tutto è insegnato e concesso per rendere loro più dolce e sana la vita. Quanto sapete, lo sapete per lume di Dio. Quanto scoprite, lo scoprite per indicazione di Dio. Nel Bene. Le altre cognizioni e scoperte, che portano segno di male, vengono dal Male supremo: Satana.

 11La Mente suprema, che nulla ignora, prima che l'uomo fosse sapeva che l'uomo sarebbe stato di se stesso ladro e omicida. E poiché la Bontà eterna non ha limiti nel suo esser buona, prima che la Colpa fosse pensò il mezzo per annullare la Colpa. Il mezzo: Io. Lo strumento per fare del mezzo uno strumento operante: Maria. E la Vergine fu creata nel Pensiero sublime di Dio.

 12Tutte le cose sono state create per Me, Figlio diletto del Padre. Io-Re avrei dovuto avere sotto il mio piede di Re divino tappeti e gioielli quale nessuna reggia ne ebbe, e canti e voci, e servi e ministri intorno al mio essere quanti nessun sovrano ne ebbe, e fiori e gemme, tutto il sublime, il grandioso, il gentile, il minuto è possibile trarre dal Pensiero di un Dio.
  Ma Io dovevo esser Carne oltre che Spirito. Carne per salvare la carne. Carne per sublimare la carne, portandola in Cielo molti secoli avanti l'ora. Perché la carne abitata dallo spirito è il capolavoro di Dio, e per essa era stato fatto il Cielo. Per esser Carne avevo bisogno di una Madre. Per esser Dio avevo bisogno che il Padre fosse Dio.
  Ecco allora Dio crearsi la Sposa e dirle: "Vieni meco. Al mio fianco vedi quanto Io faccio per il Figlio nostro. Guarda e giubila, eterna Vergine, Fanciulla eterna, ed il tuo riso empia questo empireo e dia agli angeli la nota iniziale, al Paradiso insegni l'armonia celeste. Io ti guardo. E ti vedo quale sarai, o Donna immacolata che ora sei solo spirito: lo spirito in cui Io mi beo. Io ti guardo e dò l'azzurro del tuo sguardo al mare e al firmamento, il colore dei tuoi capelli al grano santo, il candore al giglio e il roseo alla rosa come è la tua epidermide di seta, copio le perle dai tuoi denti minuti, faccio le dolci fragole guardando la tua bocca, agli usignoli metto in gola le tue note e alle tortore il tuo pianto. E leggendo i tuoi futuri pensieri, udendo i palpiti del tuo cuore, Io ho il motivo di guida nel creare. Vieni, mia Gioia, abbiti i mondi per trastullo sinché mi sarai luce danzante nel Pensiero, i mondi per tuo riso, abbiti i serti di stelle e le collane d'astri, mettiti la luna sotto i piedi gentili, fàsciati nella sciarpa stellare di Galatea. Sono per te le stelle ed i pianeti. Vieni e godi vedendo i fiori, che saranno giuoco al tuo Bambino e guanciale al Figlio del tuo seno. Vieni e vedi creare le pecore e gli agnelli, le aquile e le colombe. Siimi presso mentre faccio le coppe dei mari e dei fiumi e alzo le montagne e le dipingo di neve e di selve, mentre semino le biade e gli alberi e le viti, e faccio l'ulivo per te, mia Pacifica, e la vite per te, mio Tralcio che porterai il Grappolo eucaristico. Scorri, vola, giubila, o mia Bella, e il mondo universo, che si crea d'ora in ora, impari ad amarmi da te, Amorosa, e si faccia più bello per il tuo riso, Madre del mio Figlio, Regina del mio Paradiso, Amore del tuo Dio". E ancora, vedendo l'Errore e mirando la Senza Errore: "Vieni a Me, tu che cancelli l'amarezza della disubbidienza umana, della fornicazione umana con Satana, e dell'umana ingratitudine. Io prenderò con te la rivincita su Satana". 

 13Dio, Padre Creatore, aveva creato l'uomo e la donna con una legge d'amore tanto perfetta che voi non ne potete più nemmeno comprendere le perfezioni. E vi smarrite nel pensare a come sarebbe venuta la specie se l'uomo non l'avesse ottenuta con l'insegnamento di Satana.
  Guardate le piante da frutto e da seme. Ottengono seme e frutto mediante fornicazione, mediante una fecondazione su cento coniugi? No. Dal fiore maschio esce il polline e, guidato da un complesso di leggi meteoriche e magnetiche, va all'ovario del fiore femmina. Questo si apre e lo riceve e produce. Non si sporca e lo rifiuta poi, come voi fate, per gustare il giorno dopo la stessa sensazione. Produce, e sino alla nuova stagione non si infiora, e quando s'infiora è per riprodurre.
  Guardate gli animali. Tutti. Avete mai visto un animale maschio ed uno femmina andare l'un verso l'altro per sterile abbraccio e lascivo commercio? No. Da vicino o da lontano, volando, strisciando, balzando o correndo, essi vanno, quando è l'ora, al rito fecondativo, né vi si sottraggono fermandosi al godimento, ma vanno oltre, alle conseguenze serie e sante della prole, unico scopo che nell'uomo, semidio per l'origine di Grazia che Io ho resa intera, dovrebbe fare accettare l'animalità dell'atto, necessario da quando siete discesi di un grado verso l'animale.
  Voi non fate come le piante e gli animali. Voi avete avuto a maestro Satana, lo avete voluto a maestro e lo volete. E le opere che fate sono degne del maestro che avete voluto. Ma, se foste stati fedeli a Dio, avreste avuto la gioia dei figli, santamente, senza dolore, senza spossarvi in copule oscene, indegne, che ignorano anche le bestie, le bestie senz'anima ragionevole e spi­rituale.
  All'uomo e alla donna, depravati da Satana, Dio volle opporre l'Uomo nato da Donna soprasublimata da Dio, al punto di generare senza aver conosciuto uomo: Fiore che genera Fiore senza bisogno di seme, ma per unico bacio del Sole sul calice inviolato del Giglio-Maria.

 14La rivincita di Dio!
  Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto! Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto, e Lei è la tua Vincitrice. Mille eserciti schierati nulla possono contro la tua potenza, cadono le armi degli uomini contro le tue scaglie, o Perenne, e non vi è vento che valga a disperdere il lezzo del tuo fiato. Eppure questo calcagno d'infante, che è tanto roseo da parere l'interno di una camelia rosata, che è tanto liscio e morbido che la seta è aspra al paragone, che è tanto piccino che potrebbe entrare nel calice di un tulipano e farsi di quel raso vegetale una scarpina, ecco che ti preme senza paura, ecco che ti confina nel tuo antro. Eppure ecco che il suo vagito ti fa volgere in fuga, tu che non hai paura degli eserciti, e il suo alito purifica il mondo dal tuo fetore. Sei vinto. Il suo nome, il suo sguardo, la sua purezza sono lancia, folgore e pietrone che ti trafiggono, che ti abbattono, che ti imprigionano nella tua tana d'Inferno, o Maledetto, che hai tolto a Dio la gioia d'esser Padre di tutti gli uomini creati!
  Inutilmente ormai li hai corrotti, questi che erano stati creati innocenti, portandoli a conoscere e a concepire attraverso a sinuosità di lussuria, privando Dio, nella creatura sua diletta, di essere l'elargitore dei figli secondo regole che, se fossero state rispettate, avrebbero mantenuto sulla Terra un equilibrio fra i sessi e le razze, atto ad evitare guerre fra popoli e sventure fra famiglie.
  Ubbidendo, avrebbero pur conosciuto l'amore. Anzi, solo ubbidendo avrebbero conosciuto l'amore e l'avrebbero avuto. Un possesso pieno e tranquillo di questa emanazione di Dio, che dal soprannaturale scende all'inferiore, perché anche la carne ne giubili santamente, essa che è congiunta allo spirito e creata dallo Stesso che le creò lo spirito.
  Ora il vostro amore, o uomini, i vostri amori, che sono? O libidine vestita da amore. O paura insanabile di perdere l'amore del coniuge per libidine sua e di altri. Non siete mai più sicuri del possesso del cuore dello sposo o della sposa, da quando libidine è nel mondo. E tremate e piangete e divenite folli di gelosia, assassini talora per vendicare un tradimento, disperati talaltra, abulici in certi casi, dementi in altri.
  Ecco che hai fatto, Satana, ai figli di Dio. Questi, che hai corrotti, avrebbero conosciuto la gioia di aver figli senza avere il dolore, la gioia d'esser nati senza paura del morire. Ma ora sei vinto in una Donna e per la Donna. D'ora innanzi chi l'amerà tornerà ad esser di Dio, superando le tue tentazioni per poter guardare la sua immacolata purezza. D'ora innanzi, non potendo concepire senza dolore, le madri avranno Lei per conforto. D'ora innanzi l'avranno le spose a guida e i morenti a madre, per cui dolce sarà il morire su quel seno che è scudo contro te, Maledetto, e contro il giudizio di Dio.
  Maria, piccola voce, hai visto la nascita del Figlio della Vergine e la nascita al Cielo della Vergine. Hai visto perciò che ai senza colpa è sconosciuta la pena del dare alla vita e la pena del darsi alla morte. Ma se alla superinnocente Madre di Dio fu riserbata la perfezione dei celesti doni, a tutti, che nei Primi fossero rimasti innocenti e figli di Dio, sarebbe venuto il generare senza doglie, come era giusto per aver saputo congiungersi e concepire senza lussuria, e il morire senza affanno.
  La sublime rivincita di Dio sulla vendetta di Satana è stata il portare la perfezione della creatura diletta ad una superperfezione, che annullassealmeno in una ogni ricordo di umanità, suscettibile al veleno di Satana, per cui non da casto abbraccio d'uomo ma da divino amplesso, che fa trascolorare lo spirito nell'estasi del Fuoco, sarebbe venuto il Figlio.

 15La Verginità della Vergine!…
  Vieni. Medita questa verginità profonda, che dà nel contemplarla vertigini d'abisso! Cosa è la povera verginità forzata della donna che nessun uomo ha sposato? Meno che nulla. Cosa la verginità di quella che volle esser vergine per esser di Dio, ma sa esserlo solo nel corpo e non nello spirito, nel quale lascia entrare tanti estranei pensieri, e carezza e accetta carezze di umani pensieri? Comincia ad essere una larva di verginità. Ma ben poco ancora. Cosa è la verginità di una claustrata che vive solo di Dio? Molto. Ma sempre non è perfetta verginità rispetto a quella della Madre mia.
  Un coniugio vi è sempre stato, anche nel più santo. Quello di origine fra lo spirito e la Colpa. Quello che solo il Battesimo scioglie. Scioglie, ma, come di donna separata da morte dello sposo, non rende verginità totale quale era quella dei Primi avanti il Peccato. Una cicatrice resta e duole, facendo ricordare di sé, ed è sempre pronta a rifiorire in piaga, come certi morbi che periodicamente i loro virus acutizzano. Nella Vergine non vi è questo segno di disciolto coniugio con la Colpa. La sua anima appare bella e intatta come quando il Padre la pensò adunando in Lei tutte le grazie.
  È la Vergine. È l'Unica. È la Perfetta. È la Completa. Pensata tale. Generata tale. Rimasta tale. Incoronata tale. Eternamente tale. È la Vergine. È l'abisso della intangibilità, della purezza, della grazia, che si perde nell'Abisso da cui è scaturito: in Dio, Intangibilità, Purezza, Grazia perfettissime.
  Ecco la rivincita del Dio trino ed uno. Contro alle creature profanate Egli alza questa Stella di perfezione. Contro la curiosità malsana, questa Schiva, paga solo di amare Dio. Contro la scienza del male, questa sublime Ignorante. In Lei non è solo ignoranza dell'amore avvilito; non è solo ignoranza dell'amore che Dio aveva dato agli uomini sposi. Ma più ancora. In Lei è l'ignoranza dei fomiti, eredità del Peccato. In Lei vi è solo la sapienza gelida e incandescente dell'Amore divino. Fuoco che corazza di ghiaccio la carne, perché sia specchio trasparente all'altare dove un Dio si sposa con una Vergine, e non si avvilisce, perché la sua Perfezione abbraccia Quella che, come si conviene a sposa, è di solo un punto inferiore allo Sposo, a Lui soggetta perché Donna, ma senza macchia come Egli è».

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, noi ci affidiamo a Te!




La generazione di coloro che si spingono nel deserto ha il coraggio di canzonare le belle parole e l’etica senza scopo, perché si è annoiata della superficialità e ha fame e sete dell’azione.

 


L’aspetto più importante nei Santi Serafino e

Motovilov, non è solo il diretto incontro di Dio con

un Santo, ma pure l’incontro di un Santo con un

altro Santo; in ciò si è verificato il fatto che i Santi

divengono identici con lo stesso Dio.

La stessa cosa avviene quando si congiunge

al fuoco un oggetto: subito questo s’infiamma

e diviene a sua volta fuoco; la Rivelazione non

accade sempre come un incontro diretto tra Dio e

l’uomo; è abbastanza sicuro che accada quando

due Santi s’incontrano (Mt 19,20). Parimenti

quest’aspetto non è stato ancora pienamente

apprezzato nella teologia Ortodossa moderna.

Ogniqualvolta i Santi manifestano l’increata gloria 

di Dio, Dio li manifesta. Questa è la prova che

la Divina Rivelazione non può essere soltanto un

indifferente modo di avvicinarsi alla divinità o di

essere in personale relazione con Dio; si può solo

identificare con Lui. L’uomo riceve la rivelazione

solamente se si identifica con la Grazia di Dio e 

15

viene riempito della divina Luce. Tale condizione,

è stata definita deificazione. San Simeone il Nuovo

Teologo (956-1022) opera una chiara distinzione

tra coloro che vedono la Luce e coloro che dimorano 

in Essa. 

I primi sono dei cristiani che vengono purificati e 

illuminati quando sono ancora

verso la piena integrazione con il Corpo Risorto;

i secondi s’identificano già con il Corpo Risorto di

Cristo e ne divengono “particolarmente membra”

(1Cor 12,27).

Dal momento che Dio c’impartisce per grazia

qualunque cosa Gli appartenga per natura, tutti

coloro che ricevono la divina Rivelazione divengono 

increati per grazia, onnipotenti, onniscienti,

senza inizio e senza fine, come San Massimo il

Confessore li descrive nella sua opera 

“Contemplazione in Melchisedek” (PG 91,1137-1141). È

quest’identità con Dio che garantisce quella vera

Rivelazione – iniziativa divina, non semplice trasmissione 

d’informazioni – accaduta realmente

ai destinatari di essa. Unicamente attraverso

quest’assunzione di grazia di Dio i Santi possono

vedere, non con i loro occhi fisici, la Luce divina

della Rivelazione. È il potere del Santo Spirito che

rende possibile tale visione. Queste visioni non

hanno nulla a che vedere con i sensi. Sono un’as-

16

sunzione di esseri umani nel Regno divino.

I Santi Serafino e Motovilov hanno visto questa 

luce riempire ciascuno il corpo dell’altro. La

convenzionale percezione della santità oggi, pure

fra tanti Ortodossi, ha a che fare solo con valori

morali e risultati personali, piuttosto che con

l’assunzione nel regno increato di Dio. Ciò avviene

perché si è persa la significativa differenza tra un

santo e un eroe. Oggi, Oriente e Occidente tendono

a identificare similmente i santi con gli eroi e con

gli uomini che operano grandi imprese. Un grande

filantropo, un grande statista o qualcuno che è

morto al posto di un altro in un campo di 

concentramento è una qualifica per la santità.

Di fatto la deificazione dell’uomo è l’unico

modo perché un essere umano possa ricevere la

santità per grazia di Dio e ciò non ha nulla a che

fare con la moralità. Presume il ristabilimento

dell’umanità in un modo di vita immacolato secondo 

la propria creazione, affinché gli esseri umani 

siano elevati nel Regno increato di Dio e partecipino 

pienamente di Lui. È ciò che Dio aveva creato

originalmente a Sua immagine e somiglianza, ciò

che è santificato, non quello che l’uomo raggiunge

come compimento morale di certi principi e certe 

17

leggi. Questo non significa che l’immoralità sia

accettabile a Dio. Significa solo che la moralità, in

se stessa, è inadeguata a causare la santità. Vivere

secondo natura è la sola condizione che conduce il

popolo all’impeccabilità. L’essere umano, tornando

per grazia di Dio al modo di vita ad immagine e

somiglianza divina, ossia al modo con il quale gli

uomini erano stati inizialmente creati, non può

rimanere peccatore.1 Gli esseri umani possono

tornare, per grazia di Dio, a vivere a immagine

e somiglianza divine, cioè nel modo con il quale

erano stati inizialmente creati. Ecco perché non

possono rimanere nel peccato. Vivere secondo

natura non solo favorisce la Rivelazione Divina

ma mantiene pure le persone innocenti dopo la

prima esperienza di rivelazione. I pensieri malvagi

non possono attraversare la mente di quelli che,

anche una sola volta, sono stati riempiti della

luce divina. Questa è la grande differenza tra gli

esseri umani la cui natura è stata ripristinata ed è

stata elevata nel Regno dell’increata gloria di Dio

e coloro che si mantengono negli standard morali

confidando soltanto nei loro sforzi. Le persone che

sostengono un buon grado di moralità non hanno

nessuna garanzia che alcun pensiero malvagio

non attraversi la loro mente, malgrado il grande

sforzo che continuamente fanno. Invece nel caso 

18

della vera santificazione tutto il corpo, l’anima e

la mente sono saturi della Gloria increata di Dio

e restano sempre puri, secondo la natura umana,

tranne nel caso in cui rischiano di tornare nel peccato. 

Oggi quest’aspetto dell’umanità rinnovata,

che notiamo in forma eclatante in San Serafino di

Saròv, è stato perso in gran parte delle denominazioni 

cristiane. Perciò è inevitabile che ogni sorta di

persone buone e diligenti siano elevate alla santità

e vengano conformemente venerate.


Secondo l’antropologia Ortodossa, esistono tre

stati nei quali possono ritrovarsi gli esseri umani:

a. Lo stato contro natura. È una condizione

peccaminosa nella quale ogni pensiero malvagio

attraversa liberamente la mente umana e conduce

ad atti e parole altrettanto malvagi. È lo stadio

vissuto dalla maggioranza dell’umanità e si definisce 

contro natura perché non è naturale, nel

senso che non ci riporta a quella natura umana

iniziale dono di Dio, ma ad una natura distrutta

dal nostro peccato, ossia ad un’esistenza condotta

autonomamente da Dio. Lo stato contro natura

è la natura della quale ci siamo appropriati, 

individualizzandola e portandola alla disgregazione.2

19

b. Lo stato secondo natura consiste propriamente

nel vivere ad immagine e somiglianza di Dio; in

questo caso viviamo nella maniera in cui siamo

stati originariamente creati, in un modo che è

frutto della santificazione, non dell’unico sforzo

morale compiuto osservando determinati principi

o particolari leggi umane.

c. Lo stato oltre i limiti della natura nasce sempre

dall’iniziativa divina con la quale Dio si unisce

alle sue creature e si manifesta immediatamente

a loro. È proprio questo ad essere avvenuto nei

santi i quali, ancora in vita, hanno avuto la visione di 

Cristo risorto. È precisamente quanto è

accaduto a San Serafino e a Motovilov durante il

loro incontro.

Non esiste alcun modo per gli esseri umani

di evitare uno di questi tre stadi. Anche se ora

la maggioranza dell’umanità vive contro natura, 

nell’altra vita, per grazia di Dio, tutti gli

esseri umani si troveranno oltre i limiti della

loro natura.

Poste queste precisazioni ci chiediamo: può

l’uomo arrivare a vivere in questa vita secondo

natura e oltre i limiti della natura? Come si può

realizzare?

20

Su questo punto San Serafino è particolarmente

illuminante. Come per tutti i Padri della Chiesa,

anche per Serafino l’uomo, attraverso l’ascesi e la

lotta contro le passioni, può arrivare ad eliminare 

l’appropriazione della natura, e possedere gli

stessi pensieri, lo stesso amore, la stessa volontà

di Cristo. La vita ascetica esige disciplina fisica e

intellettuale e prepara le persone a raggiungere lo

stato di illuminazione divina che non è un semplice

miglioramento intellettuale. L’ illuminazione non

può divenire una proprietà naturale dell’intelletto

umano; è una attività divina nel corpo e nell’anima 

che rende le persone innocenti attraverso una

sinergia tra lo sforzo umano e la grazia di Dio.

Lo stato successivo è la Rivelazione, detta anche

glorificazione o divinizzazione, causata interamente 

dall’increato potere dell’Uno che si identifica

direttamente nella sua creatura.

Più precisamente, i Padri affermano che ci sono

passioni innaturali e passioni naturali. Le passioni

innaturali dipendono dalla volontà personale e

sono, ad esempio, il mangiare per ingordigia, la

paura provocata dalla mancanza di fede e di fiducia

in Dio. Le passioni naturali non dipendono dalla

volontà personale, ma sono entrate nella natura

umana come conseguenza del peccato originale.

Queste sono comuni a tutti gli uomini che vivono 

21

nella caduta e sono, ad esempio, la fame, la sete,

il dolore, la paura davanti alla morte.3

La lotta per superare le passioni è definita dai

Padri della Chiesa ascesi e origina tre successivi

stadi:

- il primo stadio è la purificazione, quando l’uomo, 

con l’aiuto dello Spirito, comincia a lottare

contro i suoi egoismi, a staccarsi da ogni legame

con l’ambiente; per esempio i legami parentali, la

ricchezza, la gloria di questo mondo, la cultura

filosofica ecc.;

- il secondo stadio è l’illuminazione, collegato

direttamente alla purificazione. Quando l’uomo si

purifica, viene corrispondentemente illuminato da

Dio. In questo stadio l’uomo trasforma tutte le

passioni innaturali in passioni naturali. Sempre

su questo livello l’uomo viene illuminato, non è

sottomesso all’istinto di sopravvivenza naturale

e il suo amore si trasforma in un amore che non

chiede reciprocità;

- infine, il terzo stadio è quello della divinizzazione (o glorificazione). Qui la grazia di Dio immedesima completamente l’uomo con Cristo risorto

in cui non vi sono più le passioni involontarie.


4 In quest’ultima situazione si possono compiere, per

volere di Cristo, anche “fatti inspiegabili”, 

rinvenibili nella vita di molti santi. Gli stiliti, ad esem-

22

pio, vivevano su una colonna e si sa che alcuni di

loro riuscivano a sopportare il freddo dell’inverno

senza cambiare gli abiti portati in estate. Nello

stadio della divinizzazione vengono vinti i limiti

della natura; allora «i ciechi vedono, i sordi odono,

gli zoppi camminano…».5 Questo è l’ultimo stadio

dell’ascesi, della partecipazione all’amore di Dio,

in cui l’uomo “diventa Dio” per grazia.


La vita cristiana è una continua ascesi; per

questo nel mondo Ortodosso si dice che il cristiano

non è tanto colui che va in chiesa per la preghiera

domenicale, quanto colui che lotta con sé stesso

e con le sue passioni. La figura del vero cristiano

è l’athletes, il lottatore, l’atleta che lotta per 

conquistare il premio. Tale premio è la divinizzazione

che avviene nel contatto con l’increato vedendo,

nello Spirito, Cristo risorto, icona del Padre. Nella

sua continua lotta l’uomo si rende conto della sua

debolezza e della forza di Dio. Si rende conto che

i suoi sforzi sono inutili, se non viene sovvenuto

dallo Spirito. Con la lotta sperimenta in se stesso

la sua malattia, la propria debolezza e si affida

completamente nelle mani di Dio. In tal modo non

si sente soddisfatto e superiore rispetto agli altri

suoi fratelli, ma si pone tra loro come peccatore e

bisognoso dell’aiuto di Dio. Ciò spiega la sua umiltà 

23

e il fatto di appropriarsi del peccato di tutti gli altri

suoi fratelli poiché ne condivide la stessa natura

umana decaduta.

Un atleta è stato anche Serafino di Saròv nel

quale ha brillato la gloria di Dio con la pienezza

dei doni dello Spirito. Egli però è stato anche un

essere umano: ha patito, lottato, pianto, tendendo

ogni giorno e senza sosta alla completa vittoria

per conseguire la corona di gloria che Dio dona a

quelli che lo amano.

Con la sua lotta San Serafino di Saròv si è reso

pienamente consapevole della debolezza dell’essere 

umano e dell’onnipotenza di Dio. Ha potuto

sperimentare in se stesso che l’uomo con le sue

forze non può fare niente, malgrado i suoi inutili

sforzi, senza l’aiuto dello Spirito di Dio, Spirito

vivificante.

La vita di San Serafino, come emerge dalle

pagine del presente libro, non ha bisogno di spiegazioni logiche o di lodi. Il Santo è un uomo che

ha la statura di un personaggio biblico. Egli si è

sentito peccatore come tutti, ma, a differenza di

molti, ha offerto a Dio la propria debolezza, non

la propria forza. Oltre a questa Dio ha da lui ricevuto 

il desiderio di Sé, del suo amore e dei suoi 

24

doni. Ecco perché tale debolezza è divenuta forza

ricolma di santità, remissione dei peccati e possibilità 

di permanere nella Grazia divina.

In questo contesto non è fuori luogo la solenne 

dichiarazione di Cristo nei riguardi della

prostituta: “Le siano perdonati i suoi peccati perché

ha molto amato” (Lc 7,47). Ad essa vengono perdonati 

i suoi peccati…soltanto perché ha amato!

San Serafino di Saròv si può porre in un quadro

non differente. Egli ama Dio con tutta la sua forza,

senza compromessi. Quest’amore che “non cerca il

proprio interesse” (1Cor 13,5) è elargito a lui perché

lotta per superare le proprie passioni e per fare la

volontà di Cristo. Sente, infatti, che solo Lui può

salvarlo dai suoi peccati e dalla decadenza della

sua natura. Ecco perché San Serafino è l’uomo

riconciliato con sé e con chiunque preferisce il

peccato a Dio. Il Santo crede che tale peccato, che

si trova in tutti, è il pretesto per donare la salvezza

di Cristo. Questa prospettiva di fede è comune a

tutti i Santi che s’incontrano con Cristo. Essi 

riattualizzano nella loro vita la nota frase evangelica:

“Non hanno bisogno del medico quelli che stanno bene,

ma i malati” (Mt 9,12). Sono dunque veramente

beati coloro che si sentono malati, poiché hanno

bisogno della Grazia di Dio, non dei loro sforzi, 

25

per giungere alla perfezione.

I divi e i “condottieri” di questo mondo non hanno 

mai sentito il bisogno di gridare intensamente

e fiduciosamente a Dio per cercare la salvezza per

il loro cuore ferito. Forse non hanno mai sentito

il vero stato in cui versa il loro cuore. Molti tra

loro sono eticamente perfetti, alcuni guidano le

masse e le istruiscono perfino nei dettagli più infinitesimali. 

Più che uomini sono perfette statue

di bellezza etica, ma fredde e senz’anima, chiuse

nella loro egoistica autosoddisfazione. Quando tali

persone levano la loro voce, organizzano il popolo

in caste, lo dividono e promettono quanto non

sono in grado di mantenere.

Il nostro tempo è colmo di tali realtà, ma molti

della nostra generazione, in fondo, desiderano altre

cose e sarebbero pronti a uscire nel deserto dietro

a qualche nuovo e autentico Mosè. Solo lì, nella

nudità esterna, senza gli ornamenti della cultura

e dei riconoscimenti sociali, si può osare un confronto. 

I morti rimangono nelle ricchezze, nella

museale bellezza della parola con la quale vengono

commemorati e riconosciuti. Tutto ciò copre il loro

odore di dissoluzione e conforta i pianti dei loro

parenti. La generazione di coloro che si spingono

nel deserto ha il coraggio di canzonare le belle 

parole e l’etica senza scopo, perché si è annoiata della 

26

superficialità e ha fame e sete dell’azione. Quelli

che usciranno in quel deserto spirituale saranno

forse invisibili e insignificanti, ma incontreranno

la gloria increata di Dio, saranno pieni di tale Luce

condivisa indistintamente da San Serafino di Saròv,

dalla Madre di Dio e da tutti i Santi che vivono

uniti nell’identica Gloria divina.


Buona lettura.

 Georgios Ioannou Karalis

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martedì 1 dicembre 2020

DIALOGO : tra san Serafino e Motovilov

Non si può andare sempre in chiesa ma si può sempre pregare

..............

È il dialogo tra San Serafino e Nicolas Motovilov… 

Molta gente ha letto questa storia, ma

il suo significato reale, a Oriente e a Occidente,

non è mai stato pienamente apprezzato. Cito un

particolare passo tratto dal presente libro. San

Serafino parla della preghiera. Afferma che non

si può andare sempre in chiesa ma si può sempre 

10

pregare, non essendoci alcuna difficoltà nel farlo:

Era una giornata nuvolosa - racconta Motovilov - la terra era tutta ricoperta dalla neve ormai

alta che continuava a cadere, allorché Padre Serafino

mi fece sedere accanto a lui su un tronco e mi disse:

«Il Signore mi ha rivelato che Lei nella fanciullezza

desiderava conoscere quale fosse il fine della vita

cristiana. Le consigliarono di frequentare la Chiesa,

di pregare, di compiere buone azioni, poiché dicevano

che in ciò consisteva il fine della vita cristiana. Ma

questa risposta non la poteva soddisfare. In realtà

la preghiera, il digiuno, le veglie notturne e tutte le

altre forme di devozione sono buone, ma il fine della

nostra vita non consiste solo nell’adempimento di

queste pratiche, perché esse sono semplicemente dei

mezzi. Il vero scopo della vita cristiana consiste

nell’acquisto dello Spirito Santo. Sappia che un’azione

buona apporta i frutti dello Spirito Santo solo quando

è compiuta per amore di Cristo. Perciò l’acquisto di

questo Spirito è il fine della nostra vita». «In che senso

Lei dice che si deve acquistare lo Spirito Santo? A me

non è chiaro», chiesi a Padre Serafino. Mi rispose:

«Acquistare significa guadagnare. Lei certamente sa

che cosa significhi guadagnare denaro. Lo stesso vale

per lo Spirito Santo. Lo scopo della vita terrena per

un uomo comune consiste nel guadagnare denaro, o 

11

nel conseguire onori, distinzioni e compensi. Anche

lo Spirito Santo è un capitale, e per di più un grande

capitale ed un patrimonio che non viene mai meno.

Ogni azione compiuta per amore del Cristo apporta la

Grazia dello Spirito Santo. In ogni caso il modo più

facile per ottenerlo è la preghiera, poiché essa è un’arma che abbiamo sempre a disposizione. Può accadere

che Lei desideri andare in Chiesa, ma che questa non

sia vicina o che l’Ufficio divino sia già terminato.

Oppure che Lei desideri fare l’elemosina, ma non ci sia

un mendicante. Può darsi che Lei desideri essere senza

alcun difetto, ma che non abbia abbastanza forza.

La possibilità di pregare, invece, non manca mai: la

preghiera è accessibile sia al ricco che al povero, sia

a chi è dotto che a colui che è semplice, sia al forte

che al debole, sia al sano che al malato, sia al giusto

che al peccatore. La potenza della preghiera è enorme,

essa deriva dallo Spirito Santo».

«Padre, Lei parla sempre di quanto è importante

guadagnarsi la Grazia dello Spirito Santo, ma come

e dove la posso vedere? - gli chiesi - Le opere buone

sono visibili, ma forse lo Spirito Santo si può vedere?

Come posso sapere se esso è con me o no?».

Rispose: «La Grazia dello Spirito Santo, che ci

è data con il Battesimo, splende nei nostri cuori a

vergogna dei nostri peccati e delle tenebre che ci circondano. Essa si manifesta con un indicibile splendore 

12

a coloro attraverso i quali il Signore manifesta la sua

presenza. I Santi Apostoli sentivano in modo tangibile

la presenza dello Spirito di Dio».

«E come potrei io esserne testimone?», gli chiesi.

Allora Padre Serafino mi pose la mano sulla spalla

e mi disse: «Amico mio, tutti e due siamo nello Spirito

Santo, Lei ed io. Perché non mi guarda?».

«Padre - gli risposi - non posso guardarla, poiché

il suo volto, è divenuto più splendente del sole e gli

occhi mi si abbagliano».

«Non tema, anima cara a Dio - riprese - poiché

anche Lei adesso è splendente come me. Anche Lei ora

è pieno di Spirito Santo, poiché altrimenti Lei non mi

potrebbe vedere quale sono».

E piegatosi verso di me, mormorò dolcemente al mio

orecchio: «Con tutto il cuore ho pregato il Signore di

concederle di vedere con gli occhi corporei questa discesa

del suo Spirito. Ed ecco, la pietà celeste ha confortato il

suo cuore come una madre terrena consola i suoi figli.

Perciò, amico mio, perché non mi guarda? Non abbia

paura di nulla. Il Signore è con Lei».

Io allora lo guardai e sussultai. Pensate: in mezzo

al sole, che è nel massimo splendore a mezzogiorno,

vedete il volto dell’uomo che sta parlando con voi.

Vedete il movimento delle sue labbra e l’espressione

dei suoi occhi, sentite la sua voce, percepite la sua

mano appoggiata sulla vostra spalla, ma non vedete 

13

né quella mano né quel volto; perché vedete soltanto

quello splendore accecante che si diffonde dappertutto 

intorno a voi e che si riflette sulla distesa di neve

che copre la radura e sui fiocchi che cadono simili a

polvere bianca.

«Che cosa prova?», mi chiese Padre Serafino.

«Una quiete e una pace inesprimibili», risposi.

«La gioia che prova è cosa da nulla in confronto

a ciò che provano coloro di cui è detto che “l’occhio

ancora non vide, né l’orecchio udì, né il cuore presentì

ciò che il Signore ha preparato a coloro che lo amano”

(1Cor 2,9). Che cosa prova ancora?».

«Un indicibile calore», gli risposi.

«Quale, amico mio? Siamo in un bosco in pieno

inverno, e tutt’intorno a noi c’è neve. Qual è questo

calore che Lei prova?».

«Come se mi bagnassi in acqua calda - gli risposi

- sento un profumo a me ignoto».

«Lo so, lo so - mi disse - Il profumo che Lei sente

è quello dello Spirito di Dio. Ed il calore di cui parla

non è nell’aria, ma in noi. Riscaldati da esso, gli

eremiti non temevano il freddo dell’inverno, poiché

indossavano la veste della Grazia, che sostituiva

quella materiale. Il Regno di Dio è nel nostro intimo

e la condizione in cui ora ci troviamo ne è la prova.

Ecco che significa essere pieni dello Spirito Santo».

«Mi ricorderò della Grazia che oggi è scesa su di 

14

noi?», gli chiesi.

«Credo che il Signore l’aiuterà a conservare tutto

ciò nel suo cuore - rispose - poiché non è concesso solo

per voi, ma, attraverso di voi, a tutto il mondo. Vada

in pace, e il Signore e la sua Santissima Madre siano

sempre con Lei».

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Un prete impossibile? IL VENERABILE FRANCESCO CHIESA


* «Hai figli?

Educali e sottomettili

fin dalla giovinezza» (Sir 7, 23).

A otto anni una sorpresa


La mamma la tenne per sé come un segreto sul quale riflettere a lungo

e soprattutto pregare. Un giorno, Francesco fece in modo di trovarsi

solo a sola in casa con mamma Teresa.

+ Mamma, posso dirti una cosa?

– Eccòme!

+ Mi dirai di no?

– Su, dimmi presto, finché siamo soli.

+ Ho pensato di farmi prete, come il nostro parroco; sei contenta?

– Contenta, contenta...; bisogna vedere.

+ Io credevo che tu fossi contenta; invece?

– Non dico di essere contraria, ma... dimmi: per quali ragioni

vorresti, un giorno, essere sacerdote? Me lo devi dire.

Piano piano il ragazzo accontentò la madre; espose le sue idee con la

semplicità e la chiarezza che contrassegneranno tutto il suo

insegnamento; qui naturalmente l'interlocutrice non pretendeva le 

risposte di un figlio filosofo o teologo..., ma ne ebbe abbastanza

per sentirsi in obbligo di farne parola col marito a quattr'occhi.

Mentre genitori e parroco, don Giovanni Mosca, discutono del caso,

noi fermiamoci un attimo sul quadro familiare: Lorenzo e Teresa

ebbero quattro figli e tre figlie. Francesco apriva la serie; poi

venne Lucia, morta suora cottolenghina a 28 anni; Stefano, morto a 15

giorni per difterite; quindi Maria, nubile che visse fino a tarda età

e che fu la teste numero uno al processo ordinario di Alba per la

beatificazione e canonizzazione del fratello; poi Angiolina, morta

suora missionaria di Maria all'età di 21 anni; e un altro fratello

Stefano, sposato, vissuto in Montà d'Alba; infine Luigi, morto pure

di difterite nello stesso anno in cui Francesco fu ordinato

sacerdote.

Al momento in cui Francesco sottoponeva ai suoi il problema di una

eventuale vocazione, erano già nate due sorelle e un fratello volato

al Cielo così presto.

Il padre godeva di buona intelligenza e di una volontà ferma, non gli

mancavano buone braccia e amore al sacrificio: che cosa non avrebbe

fatto per dare al figlio un'istruzione superiore alla sua?

Teresa sapeva fare di necessità virtù senza tanti preamboli o

piagnistei: già condivideva le fatiche dei campi e dei trasporti di

materiali col cavallo. Nella Lettera del Parroco (novembre 1932)

scriverà di lei il figlio prete:

«Non spendeva mai un soldo per sartoria. Aveva i suoi `modelli' da

uomo, da donna e da bambini, e, senza essere stata sarta, faceva le

varie vesti da sé per tutti... Molte altre donne venivano da lei a

farsi prestare i modelli di taglio e farsi imbastire gli abiti che

facevano».

La sua parte, la mamma l'avrebbe fatta tutta e volentieri; dicesse la

sua il reverendo, che ben conosceva la situazione attuale e concreta

dei Chiesa.

Il suo fu un intervento decisivo: avrebbe fatto tutte le pratiche

necessarie per far accogliere da don Ottavio Pavia nel suo piccolo

seminario anche Francesco. La spesa, ridotta al minimo, era

sopportabile, e la divina Provvidenza non sarebbe mancata.

Terminate le prime classi elementari, Francesco sarebbe partito per

Torino, a trascorrervi tre anni.

In quest'arco di tempo coincidono due date importanti della

iniziazione cristiana: la Prima Comunione e la Santa Cresima, la

prima nella festa dell'Ascensione e la seconda il 18 ottobre dello

stesso anno 1882.

L'attrattiva del sacerdozio affonda le sue radici in questi

avvenimenti? Penso di sì: la seria preparazione al primo incontro con

Gesù Eucaristico, e quella alla Cresima, sono tuttora stagioni

propizie all'ascolto della chiamata da parte del Signore a vocazioni

eccezionali come quelle allo stato sacerdotale e religioso.

Nel caso nostro appare evidente il ruolo determinante della famiglia,

a conferma dell'insegnamento del magistero, come afferma

l'Esortazione di papa Giovanni Paolo II:

«Una responsabilità particolarissima è affidata alla famiglia

cristiana, che in virtù del sacramento del Matrimonio partecipa in

modo proprio e originale alla missione educativa della Chiesa maestra

e madre. Come hanno scritto i Padri sinodali, la famiglia cristiana, 

che è veramente ‘come una Chiesa domestica’, ha sempre offerto e

continua ad offrire le condizioni favorevoli per la nascita delle

vocazioni» (Pastores dabo vobis n. 41). 

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P. STEF. IGINO SILVESTRELLI Un prete impossibile?

IL VENERABILE FRANCESCO CHIESA

MEDITAZIONE- EDIZIONI CASA DI NAZARETH

Imprimatur.

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