L’aspetto più importante nei Santi Serafino e
Motovilov, non è solo il diretto incontro di Dio con
un Santo, ma pure l’incontro di un Santo con un
altro Santo; in ciò si è verificato il fatto che i Santi
divengono identici con lo stesso Dio.
La stessa cosa avviene quando si congiunge
al fuoco un oggetto: subito questo s’infiamma
e diviene a sua volta fuoco; la Rivelazione non
accade sempre come un incontro diretto tra Dio e
l’uomo; è abbastanza sicuro che accada quando
due Santi s’incontrano (Mt 19,20). Parimenti
quest’aspetto non è stato ancora pienamente
apprezzato nella teologia Ortodossa moderna.
Ogniqualvolta i Santi manifestano l’increata gloria
di Dio, Dio li manifesta. Questa è la prova che
la Divina Rivelazione non può essere soltanto un
indifferente modo di avvicinarsi alla divinità o di
essere in personale relazione con Dio; si può solo
identificare con Lui. L’uomo riceve la rivelazione
solamente se si identifica con la Grazia di Dio e
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viene riempito della divina Luce. Tale condizione,
è stata definita deificazione. San Simeone il Nuovo
Teologo (956-1022) opera una chiara distinzione
tra coloro che vedono la Luce e coloro che dimorano
in Essa.
I primi sono dei cristiani che vengono purificati e
illuminati quando sono ancora
verso la piena integrazione con il Corpo Risorto;
i secondi s’identificano già con il Corpo Risorto di
Cristo e ne divengono “particolarmente membra”
(1Cor 12,27).
Dal momento che Dio c’impartisce per grazia
qualunque cosa Gli appartenga per natura, tutti
coloro che ricevono la divina Rivelazione divengono
increati per grazia, onnipotenti, onniscienti,
senza inizio e senza fine, come San Massimo il
Confessore li descrive nella sua opera
“Contemplazione in Melchisedek” (PG 91,1137-1141). È
quest’identità con Dio che garantisce quella vera
Rivelazione – iniziativa divina, non semplice trasmissione
d’informazioni – accaduta realmente
ai destinatari di essa. Unicamente attraverso
quest’assunzione di grazia di Dio i Santi possono
vedere, non con i loro occhi fisici, la Luce divina
della Rivelazione. È il potere del Santo Spirito che
rende possibile tale visione. Queste visioni non
hanno nulla a che vedere con i sensi. Sono un’as-
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sunzione di esseri umani nel Regno divino.
I Santi Serafino e Motovilov hanno visto questa
luce riempire ciascuno il corpo dell’altro. La
convenzionale percezione della santità oggi, pure
fra tanti Ortodossi, ha a che fare solo con valori
morali e risultati personali, piuttosto che con
l’assunzione nel regno increato di Dio. Ciò avviene
perché si è persa la significativa differenza tra un
santo e un eroe. Oggi, Oriente e Occidente tendono
a identificare similmente i santi con gli eroi e con
gli uomini che operano grandi imprese. Un grande
filantropo, un grande statista o qualcuno che è
morto al posto di un altro in un campo di
concentramento è una qualifica per la santità.
Di fatto la deificazione dell’uomo è l’unico
modo perché un essere umano possa ricevere la
santità per grazia di Dio e ciò non ha nulla a che
fare con la moralità. Presume il ristabilimento
dell’umanità in un modo di vita immacolato secondo
la propria creazione, affinché gli esseri umani
siano elevati nel Regno increato di Dio e partecipino
pienamente di Lui. È ciò che Dio aveva creato
originalmente a Sua immagine e somiglianza, ciò
che è santificato, non quello che l’uomo raggiunge
come compimento morale di certi principi e certe
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leggi. Questo non significa che l’immoralità sia
accettabile a Dio. Significa solo che la moralità, in
se stessa, è inadeguata a causare la santità. Vivere
secondo natura è la sola condizione che conduce il
popolo all’impeccabilità. L’essere umano, tornando
per grazia di Dio al modo di vita ad immagine e
somiglianza divina, ossia al modo con il quale gli
uomini erano stati inizialmente creati, non può
rimanere peccatore.1 Gli esseri umani possono
tornare, per grazia di Dio, a vivere a immagine
e somiglianza divine, cioè nel modo con il quale
erano stati inizialmente creati. Ecco perché non
possono rimanere nel peccato. Vivere secondo
natura non solo favorisce la Rivelazione Divina
ma mantiene pure le persone innocenti dopo la
prima esperienza di rivelazione. I pensieri malvagi
non possono attraversare la mente di quelli che,
anche una sola volta, sono stati riempiti della
luce divina. Questa è la grande differenza tra gli
esseri umani la cui natura è stata ripristinata ed è
stata elevata nel Regno dell’increata gloria di Dio
e coloro che si mantengono negli standard morali
confidando soltanto nei loro sforzi. Le persone che
sostengono un buon grado di moralità non hanno
nessuna garanzia che alcun pensiero malvagio
non attraversi la loro mente, malgrado il grande
sforzo che continuamente fanno. Invece nel caso
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della vera santificazione tutto il corpo, l’anima e
la mente sono saturi della Gloria increata di Dio
e restano sempre puri, secondo la natura umana,
tranne nel caso in cui rischiano di tornare nel peccato.
Oggi quest’aspetto dell’umanità rinnovata,
che notiamo in forma eclatante in San Serafino di
Saròv, è stato perso in gran parte delle denominazioni
cristiane. Perciò è inevitabile che ogni sorta di
persone buone e diligenti siano elevate alla santità
e vengano conformemente venerate.
Secondo l’antropologia Ortodossa, esistono tre
stati nei quali possono ritrovarsi gli esseri umani:
a. Lo stato contro natura. È una condizione
peccaminosa nella quale ogni pensiero malvagio
attraversa liberamente la mente umana e conduce
ad atti e parole altrettanto malvagi. È lo stadio
vissuto dalla maggioranza dell’umanità e si definisce
contro natura perché non è naturale, nel
senso che non ci riporta a quella natura umana
iniziale dono di Dio, ma ad una natura distrutta
dal nostro peccato, ossia ad un’esistenza condotta
autonomamente da Dio. Lo stato contro natura
è la natura della quale ci siamo appropriati,
individualizzandola e portandola alla disgregazione.2
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b. Lo stato secondo natura consiste propriamente
nel vivere ad immagine e somiglianza di Dio; in
questo caso viviamo nella maniera in cui siamo
stati originariamente creati, in un modo che è
frutto della santificazione, non dell’unico sforzo
morale compiuto osservando determinati principi
o particolari leggi umane.
c. Lo stato oltre i limiti della natura nasce sempre
dall’iniziativa divina con la quale Dio si unisce
alle sue creature e si manifesta immediatamente
a loro. È proprio questo ad essere avvenuto nei
santi i quali, ancora in vita, hanno avuto la visione di
Cristo risorto. È precisamente quanto è
accaduto a San Serafino e a Motovilov durante il
loro incontro.
Non esiste alcun modo per gli esseri umani
di evitare uno di questi tre stadi. Anche se ora
la maggioranza dell’umanità vive contro natura,
nell’altra vita, per grazia di Dio, tutti gli
esseri umani si troveranno oltre i limiti della
loro natura.
Poste queste precisazioni ci chiediamo: può
l’uomo arrivare a vivere in questa vita secondo
natura e oltre i limiti della natura? Come si può
realizzare?
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Su questo punto San Serafino è particolarmente
illuminante. Come per tutti i Padri della Chiesa,
anche per Serafino l’uomo, attraverso l’ascesi e la
lotta contro le passioni, può arrivare ad eliminare
l’appropriazione della natura, e possedere gli
stessi pensieri, lo stesso amore, la stessa volontà
di Cristo. La vita ascetica esige disciplina fisica e
intellettuale e prepara le persone a raggiungere lo
stato di illuminazione divina che non è un semplice
miglioramento intellettuale. L’ illuminazione non
può divenire una proprietà naturale dell’intelletto
umano; è una attività divina nel corpo e nell’anima
che rende le persone innocenti attraverso una
sinergia tra lo sforzo umano e la grazia di Dio.
Lo stato successivo è la Rivelazione, detta anche
glorificazione o divinizzazione, causata interamente
dall’increato potere dell’Uno che si identifica
direttamente nella sua creatura.
Più precisamente, i Padri affermano che ci sono
passioni innaturali e passioni naturali. Le passioni
innaturali dipendono dalla volontà personale e
sono, ad esempio, il mangiare per ingordigia, la
paura provocata dalla mancanza di fede e di fiducia
in Dio. Le passioni naturali non dipendono dalla
volontà personale, ma sono entrate nella natura
umana come conseguenza del peccato originale.
Queste sono comuni a tutti gli uomini che vivono
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nella caduta e sono, ad esempio, la fame, la sete,
il dolore, la paura davanti alla morte.3
La lotta per superare le passioni è definita dai
Padri della Chiesa ascesi e origina tre successivi
stadi:
- il primo stadio è la purificazione, quando l’uomo,
con l’aiuto dello Spirito, comincia a lottare
contro i suoi egoismi, a staccarsi da ogni legame
con l’ambiente; per esempio i legami parentali, la
ricchezza, la gloria di questo mondo, la cultura
filosofica ecc.;
- il secondo stadio è l’illuminazione, collegato
direttamente alla purificazione. Quando l’uomo si
purifica, viene corrispondentemente illuminato da
Dio. In questo stadio l’uomo trasforma tutte le
passioni innaturali in passioni naturali. Sempre
su questo livello l’uomo viene illuminato, non è
sottomesso all’istinto di sopravvivenza naturale
e il suo amore si trasforma in un amore che non
chiede reciprocità;
- infine, il terzo stadio è quello della divinizzazione (o glorificazione). Qui la grazia di Dio immedesima completamente l’uomo con Cristo risorto
in cui non vi sono più le passioni involontarie.
4 In quest’ultima situazione si possono compiere, per
volere di Cristo, anche “fatti inspiegabili”,
rinvenibili nella vita di molti santi. Gli stiliti, ad esem-
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pio, vivevano su una colonna e si sa che alcuni di
loro riuscivano a sopportare il freddo dell’inverno
senza cambiare gli abiti portati in estate. Nello
stadio della divinizzazione vengono vinti i limiti
della natura; allora «i ciechi vedono, i sordi odono,
gli zoppi camminano…».5 Questo è l’ultimo stadio
dell’ascesi, della partecipazione all’amore di Dio,
in cui l’uomo “diventa Dio” per grazia.
La vita cristiana è una continua ascesi; per
questo nel mondo Ortodosso si dice che il cristiano
non è tanto colui che va in chiesa per la preghiera
domenicale, quanto colui che lotta con sé stesso
e con le sue passioni. La figura del vero cristiano
è l’athletes, il lottatore, l’atleta che lotta per
conquistare il premio. Tale premio è la divinizzazione
che avviene nel contatto con l’increato vedendo,
nello Spirito, Cristo risorto, icona del Padre. Nella
sua continua lotta l’uomo si rende conto della sua
debolezza e della forza di Dio. Si rende conto che
i suoi sforzi sono inutili, se non viene sovvenuto
dallo Spirito. Con la lotta sperimenta in se stesso
la sua malattia, la propria debolezza e si affida
completamente nelle mani di Dio. In tal modo non
si sente soddisfatto e superiore rispetto agli altri
suoi fratelli, ma si pone tra loro come peccatore e
bisognoso dell’aiuto di Dio. Ciò spiega la sua umiltà
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e il fatto di appropriarsi del peccato di tutti gli altri
suoi fratelli poiché ne condivide la stessa natura
umana decaduta.
Un atleta è stato anche Serafino di Saròv nel
quale ha brillato la gloria di Dio con la pienezza
dei doni dello Spirito. Egli però è stato anche un
essere umano: ha patito, lottato, pianto, tendendo
ogni giorno e senza sosta alla completa vittoria
per conseguire la corona di gloria che Dio dona a
quelli che lo amano.
Con la sua lotta San Serafino di Saròv si è reso
pienamente consapevole della debolezza dell’essere
umano e dell’onnipotenza di Dio. Ha potuto
sperimentare in se stesso che l’uomo con le sue
forze non può fare niente, malgrado i suoi inutili
sforzi, senza l’aiuto dello Spirito di Dio, Spirito
vivificante.
La vita di San Serafino, come emerge dalle
pagine del presente libro, non ha bisogno di spiegazioni logiche o di lodi. Il Santo è un uomo che
ha la statura di un personaggio biblico. Egli si è
sentito peccatore come tutti, ma, a differenza di
molti, ha offerto a Dio la propria debolezza, non
la propria forza. Oltre a questa Dio ha da lui ricevuto
il desiderio di Sé, del suo amore e dei suoi
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doni. Ecco perché tale debolezza è divenuta forza
ricolma di santità, remissione dei peccati e possibilità
di permanere nella Grazia divina.
In questo contesto non è fuori luogo la solenne
dichiarazione di Cristo nei riguardi della
prostituta: “Le siano perdonati i suoi peccati perché
ha molto amato” (Lc 7,47). Ad essa vengono perdonati
i suoi peccati…soltanto perché ha amato!
San Serafino di Saròv si può porre in un quadro
non differente. Egli ama Dio con tutta la sua forza,
senza compromessi. Quest’amore che “non cerca il
proprio interesse” (1Cor 13,5) è elargito a lui perché
lotta per superare le proprie passioni e per fare la
volontà di Cristo. Sente, infatti, che solo Lui può
salvarlo dai suoi peccati e dalla decadenza della
sua natura. Ecco perché San Serafino è l’uomo
riconciliato con sé e con chiunque preferisce il
peccato a Dio. Il Santo crede che tale peccato, che
si trova in tutti, è il pretesto per donare la salvezza
di Cristo. Questa prospettiva di fede è comune a
tutti i Santi che s’incontrano con Cristo. Essi
riattualizzano nella loro vita la nota frase evangelica:
“Non hanno bisogno del medico quelli che stanno bene,
ma i malati” (Mt 9,12). Sono dunque veramente
beati coloro che si sentono malati, poiché hanno
bisogno della Grazia di Dio, non dei loro sforzi,
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per giungere alla perfezione.
I divi e i “condottieri” di questo mondo non hanno
mai sentito il bisogno di gridare intensamente
e fiduciosamente a Dio per cercare la salvezza per
il loro cuore ferito. Forse non hanno mai sentito
il vero stato in cui versa il loro cuore. Molti tra
loro sono eticamente perfetti, alcuni guidano le
masse e le istruiscono perfino nei dettagli più infinitesimali.
Più che uomini sono perfette statue
di bellezza etica, ma fredde e senz’anima, chiuse
nella loro egoistica autosoddisfazione. Quando tali
persone levano la loro voce, organizzano il popolo
in caste, lo dividono e promettono quanto non
sono in grado di mantenere.
Il nostro tempo è colmo di tali realtà, ma molti
della nostra generazione, in fondo, desiderano altre
cose e sarebbero pronti a uscire nel deserto dietro
a qualche nuovo e autentico Mosè. Solo lì, nella
nudità esterna, senza gli ornamenti della cultura
e dei riconoscimenti sociali, si può osare un confronto.
I morti rimangono nelle ricchezze, nella
museale bellezza della parola con la quale vengono
commemorati e riconosciuti. Tutto ciò copre il loro
odore di dissoluzione e conforta i pianti dei loro
parenti. La generazione di coloro che si spingono
nel deserto ha il coraggio di canzonare le belle
parole e l’etica senza scopo, perché si è annoiata della
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superficialità e ha fame e sete dell’azione. Quelli
che usciranno in quel deserto spirituale saranno
forse invisibili e insignificanti, ma incontreranno
la gloria increata di Dio, saranno pieni di tale Luce
condivisa indistintamente da San Serafino di Saròv,
dalla Madre di Dio e da tutti i Santi che vivono
uniti nell’identica Gloria divina.
Buona lettura.
Georgios Ioannou Karalis
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