venerdì 8 dicembre 2017

UNA VERTIGINE CELESTE

SOLENNITA' 
DELL'IMMACOLATA

"Pensa quale dovette esser la bellezza di quest'anima che il Padre aveva vagheggiata da prima che il tempo fosse, di quest'anima che costituiva le delizie della Trinità, la quale Trinità ardeva di ornarla dei suoi doni per farne dono a Se stessa"
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Gioacchino: «Se sarà maschio, la chiameremo Samuele. Se femmina, Stella. La parola che ha fermato il tuo canto per darmi questa gioia di sapermi padre. La forma che ha preso per manifestarsi fra la sacra ombra del Tempio». 

Anna: «Stella. La nostra stella, perché, non so, penso, penso sia una bambina. Mi pare che carezze così dolci non possano venire che da una dolcissima figlia. Perché io non la porto, non ne ho sofferenza. È lei che porta me su un sentiero azzurro e fiorito, come se io fossi sorretta da angeli santi e la terra fosse già lontana... Ho sempre sentito dalle donne dire che il concepire e il portare è dolore. Ma io non ho dolore. Mi sento forte, giovane, fresca più di quando ti donai la mia verginità nella giovinezza lontana. Figlia di Dio - poiché è di Dio più che nostra questa che nasce da un tronco inaridito - alla sua mamma non dà pena. Ma solo le porta pace e benedizione: i frutti di Dio, suo vero Padre». 

Gioacchino : «Maria allora la chiameremo. Stella del nostro mare, perla, felicità. Il nome della prima grande donna d'Israele (La sorella di Aronne e di Mosè, di lei si parla in: Esodo 15, 20-21; Numeri 12, 1-15; 20, 1; 26, 59. Altri cenni su Maria di Aronne o di Mosè sono al Vol 2 Cap 131, Vol 8 Cap 525 e Col 10 Cap 609). Ma questa non peccherà mai contro il Signore, e a Lui solo darà il suo canto perché a Lui è offerta, ostia prima di nascere». 

Anna: «A Lui è offerta, sì. Maschio o femmina che sia, dopo aver giubilato per tre anni sulla nostra creatura noi la daremo al Signore. Ostie noi pure con essa, per la gloria di Dio». 

Non vedo né odo altro. 





Dice Gesù: 

«La Sapienza, dopo averli illuminati coi sogni della notte, scese, Essa, 
"vapore della virtù di Dio (Sapienza 7, 25), certa emanazione della gloria dell'Onnipotente ", e divenne Parola per la sterile. 

Colui che ormai vedeva prossimo il suo tempo di redimere, Io, il Cristo, nipote di Anna, quasi cinquant'anni dopo, mediante la Parola, opererò miracoli sulle sterili e le malate, sulle ossesse, sulle desolate, su tutte le miserie della terra. 

Ma intanto, per la gioia di avere una Madre, ecco che mormoro arcana Parola nell'ombra del Tempio che conteneva le speranze d'Israele, del Tempio ormai al limitare della sua vita, perché nuovo e vero Tempio,  non più contenente speranze di un popolo, ma certezza di Paradiso per il popolo di tutta la terra, e per i secoli dei secoli sino alla fine del mondo, sta per essere sulla terra. 

E questa Parola opera il miracolo di render fecondo ciò che infecondo era. E di darmi una Madre, la quale non ebbe soltanto ottimo naturale, come era sorte lo avesse nascendo da due santi; e, non avendo soltanto un'anima buona come molti ancor l'hanno, non avendo soltanto continuo accrescimento di questa bontà per il suo buon volere, non avendo soltanto un corpo immacolato, ebbe, unica fra le creature, immacolato lo spirito. 

Tu hai visto la generazione continua delle anime da Dio (Vedi I quaderni del 1944). Ora pensa quale dovette esser la bellezza di quest'anima che il Padre aveva vagheggiata da prima che il tempo fosse, di quest'anima che costituiva le delizie della Trinità, la quale Trinità ardeva di ornarla dei suoi doni per farne dono a Se stessa. 

O Tutta Santa, che Dio creò per Sé e poi per salute agli uomini! Portatrice del Salvatore, la prima salvezza tu fosti. Vivente Paradiso, hai col tuo sorriso cominciato a santificare la terra. 

L'anima creata per esser anima della Madre di Dio! Quando, da un più vivo palpito del Trino Amore, scaturì questa scintilla vitale, ne giubilarono gli angeli, ché luce più viva mai aveva visto il Paradiso. Come petalo di empirea rosa, un petalo immateriale e prezioso che era gemma e fiamma, che era alito di Dio che scendeva ad animare una carne ben diversamente che per le altre, che scendeva tanto potente nel suo fuoco che la Colpa non poté contaminarla, essa valicò gli spazi e si chiuse in un seno santo. 

La terra aveva, e non lo sapeva ancora, il suo Fiore. Il vero, unico Fiore che fiorisce eterno: giglio e rosa, mammola e gelsomino, elianto e ciclamino insieme fusi, e con essi tutti i fiori della terra in un Fiore solo, Maria, nella quale ogni virtù e grazia si aduna. 

Nell'aprile la terra di Palestina pareva un enorme giardino, e fragranze e colori davano delizia al cuore degli uomini. Ma ancora ignota era la più bella Rosa. Ella era già fiorente a Dio nel secreto dell'alvo materno, poiché mia Madre amò da quando fu concepita, ma solo quando la vite dà il suo sangue per farne vino, e l'odor dei mosti, zuccherino e forte, empie le aie e le nari, Ella avrebbe sorriso prima a Dio e poi al mondo, dicendo col suo superinnocente sorriso: " Ecco, la Vite che vi darà il Grappolo da esser premuto nello strettoio per divenire Medicina eterna al vostro male, è fra voi ". 

Ho detto: " Maria amò da quando fu concepita ". Cosa è che dà allo spirito luce e conoscenza? La Grazia. Cosa è che leva la Grazia? Il peccato d'origine e il peccato mortale. Maria, la Senza Macchia, non fu mai priva del ricordo di Dio, della sua vicinanza, del suo amore, della sua luce, della sua sapienza. Ella poté perciò comprendere e amare quando non era che una carne che si condensava intorno ad un'anima immacolata che continuava ad amare. 

Più avanti ti farò contemplare mentalmente la profondità delle verginità in Maria. Ne avrai una vertigine celeste come quando ti ho fatto considerare la nostra eternità. Intanto considera come il portare in seno una creatura esente dalla Macchia, che priva di Dio, dia alla madre, che pure l'ha concepita naturalmente, umanamente, una intelligenza superiore e ne faccia un profeta. Il profeta della figlia sua, che ella chiama: "Figlia di Dio". E pensa cosa sarebbe stato se dai Primigenitori innocenti fossero nati innocenti figli, come Dio voleva. 

Questo, o uomini che dite di avviarvi al "superuomo", e coi vostri vizi vi avviate unicamente al superdemone, sarebbe stato il mezzo per portare al "superuomo". Saper rimanere senza contaminazione di Satana per lasciare a Dio l'amministrazione della vita, della conoscenza, del bene, non desiderando più di quanto - ed era poco meno che infinito - Dio non vi avesse dato, per poter generare, in una continua evoluzione verso il perfetto, dei figli che fossero uomini nel corpo e figli dell'Intelligenza nello spirito, ossia trionfatori, ossia forti, ossia giganti su Satana, che sarebbe stato atterrato tante migliaia di secoli avanti l'ora in cui lo sarà, e con lui tutto il suo male».

 
AMDG et BVM 

giovedì 7 dicembre 2017

DON BOSCO


            Vi fu un tempo in cui, gl'imperatori di Costantinopoli mossero una violenta persecuzione contro a' cattolici perchè veneravano le sacre immagini. Tra questi fu Leone Isaurico. Costui per abolirne affatto il culto uccideva ed imprigionava chiunque fosse {55 [247]} denunziato di aver dato segno di venerazione alle immagini od alle reliquie dei Santi e specialmente della Beata Vergine. Per ingannar poi il semplice popolo fece chiamare alcuni vescovi ed abati e a forza di danaro e di promesse li indusse a stabilire che non si dovessero venerare le immagini di Gesù crocifisso, nè della Vergine nè dei Santi.
            Ma in que' tempi viveva il dotto e celebre s. Giovanni Damasceno. Per combattere gli eretici ed anche per dare un antiveleno in mano ai cattolici, Giovanni scrisse tre libri nei quali difendeva il culto delle sante immagini. Gl'Iconoclasti (così chiamavansi quegli eretici perchè sprezzavano le sacre immagini) furono grandemente offesi da tali scritti, perciò l'accusarono di tradimento presso il principe. Essi dicevano che aveva mandate lettere sottoscritte di sua mano per far rompere l'alleanza che esso aveva con principi stranieri, e che co' suoi scritti perturbava la pubblica tranquillità. Il credulo imperatore incominciò a sospettare del {56 [248]} santo, e quantunque fosse innocente, lo condannò al taglio della mano destra.
            Ma questa perfidia ebbe un esito molto più felice di quello che egli non si aspettava, poichè la Madonna SS. volle rimunerare il suo servo dello zelo avuto verso di Lei.
            Come si fece sera s. Giovanni si prostra avanti l'immagine della Madre di Dio, e sospirando pregò gran parte della notte e diceva: O Vergine SS. pel zelo verso Voi e le sante immagini mi fu tagliata la destra, accorrete dunque in mio soccorso e fate che possa continuare a scrivere le vostre lodi e quelle del vostro figliuolo Gesù. Così dicendo si addormentò.
            In sogno vide l' immagine della madre di Dio che lo guardava lietamente e gli diceva: Ecco, la tua mano è guarita. Su adunque levati e scrivi le mie glorie. Svegliatosi trovò effettivamente la mano guarita attaccata al braccio.
            Sparsa la notizia di sì grande miracolo ognuno lodava e glorificava la {57 [249]} B. Vergine che rimunera tanto largamente i suoi divoti che patiscono per la fede. Ma alcuni nemici di Cristo vollero sostenere che la mano non si era tagliala a lui, ma ad un suo servo, e dicevano: non vedete che Giovanni sta in casa sua cantando e sollazzandosi come se si celebrasse un festino da nozze? Fu adunque nuovamente arrestato Giovanni e condotto al principe. Ma qui un nuovo prodigio. Mostrando la destra si vedeva in essa come una linea rilucente che dimostrò verissima l'amputazione.
            Stupito il principe a questo prodigio, gli domandò qual medico gli avesse resa la sanità, e qual medicina avesse adoperata. Egli allora ad alta voce narrò il miracolo. È il mio Dio, dice, medico onnipotente che mi restituì la sanità. Il principe allora si mostrò pentito del male operato, e lo voleva innalzare a grandi dignità. Senonchè il Damasceno avverso alle umane grandezze amò meglio la vita privata, e finchè visse impiegò il suo ingegno a scrivere e a pubblicare la {58 [250]}potenza dell'augusta Madre del Salvatore[7].

            Se Dio spesse volte concede grazie straordinarie a chi promuove le glorie dell'augusta sua Genitrice, non di rado però punisce terribilmente anche nella vita presente coloro che sprezzano Lei o le sue immagini.

            Costantino Copronimo, figliuolo di Leone Isaurico salì al trono paterno al tempo del sommo Pontefice s. Zaccaria (741-75). Costui seguendo le empietà di suo padre proibì di invocare i santi, di onorare le reliquie, e di implorarne l'intercessione. Profanava le chiese, distruggeva i monasteri, perseguitava ed imprigionava i monaci, invocava con notturni sacrifizi l'aiuto degli stessi demonii. Ma il suo odio era specialmente rivolto contro la Santa Vergine. Per confermare quanto diceva era solito di prendere in mano una borsa piena di monete {59 [251]} d'oro, e la mostrava ai circostanti dicendo: Quanto vale questa borsa? Molto, dicevan quelli. Gettatone poi l'oro, nuovamente domandava di qual prezzo fosse la borsa. Rispondendo essi che niente valeva, così tosto ripigliava quell' empio, cosi è della Madre di Dio; per quel tempo, che aveva Cristo in sè, era grandemente da onorarsi, ma dal punto che lo diede in luce niente più differisce dalle altre donne.
            Queste enormi bestemmie meritavano certamente un esemplare castigo che Dio non tardò a mandare all'empio bestemmiatore.
            Costantino Copronimo venne punito con vergognose infermità, con ulceri che si cangiarono in pustole infuocate, che gli facevano mandare alte grida, mentre un' ardentissima febbre lo divorava. Così smaniando e gridando come se fosse arso vivo, mandò l'ultimo respiro.

            Il figlio seguì le pedate del padre. Egli si compiaceva molto delle gemme e dei diamanti e vedendone le {60 [252]} molte e belle corone che l'imperatore Maurizio aveva dedicate alla Madre di Dio ad ornamento della chiesa di santa Sofia in Costantinopoli, le fece prendere e se le pose sul capo e portolle nel proprio palazzo. Ma sull' istante la sua fronte fu coperta da pestiferi carbonchi che di quel medesimo giorno trassero a morte colui che osò sporgere la sacrilega mano contro l'ornamento del vergineo capo di Maria[8].

AVE MARIA PURISSIMA!

In questo mondo nulla accade che Dio non voglia


LETTERA DI SAN TOMMASO MORO ALLA FIGLIA
''In questo mondo nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio''
Mia cara Margherita, io so che la mia cattiveria, meriterei di essere abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, poiché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore, da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza. Egli ha reso il re favorevole verso di me, tanto che finora si è limitato a togliermi solo la libertà. Dirò di più. La grazia di Dio mi ha fatto cosi gran bene e dato tale forza spirituale, da farmi considerare la carcerazione come principale dei benefici elargitimi.
Non posso, perciò dubitare della grazia di Dio. Se egli lo vorrà, potrà mantenere benevolo il re nei miei riguardi, al fine che non mi faccia alcun male. Ma se decide ch'io soffra per i miei peccati, la sua grazia mi darà certo la forza di accettare tutto pazientemente, e forse anche gioiosamente. La sua infinita bontà, per i meriti della sua amarissima passione, farà sì che le mie sofferenze servano a liberarmi dalle pene del purgatorio e anzi a ottenermi la ricompensa desiderata in cielo.
Dubitare di lui, mia piccola Margherita, io non posso e non voglio, sebbene mi senta tanto debole. E quand'anche io dovessi sentire paura al punto da esser sopraffatto, allora mi ricorderei di san Pietro, che per la sua poca fede cominciò ad affondare nel lago al primo colpo di vento, e farei come fece lui, invocherei cioè Cristo e lo pregherei di aiutarmi. Senza dubbio allora egli mi porgerebbe la sua santa mano per impedirmi di annegare nel mare tempestoso. Se poi egli dovesse permettere che imiti ancora in peggio san Pietro, nel cedere, giurare e spergiurare (me ne scampi e liberi nostro Signore per la sua amorosissima passione, e piuttosto mi faccia perdere, che vincere a prezzo di tanta bassezza), anche in questo caso non cesserei di confidare nella sua bontà, sicuro che egli porrebbe su di me il suo pietosissimo occhio, come fece con san Pietro, e mi aiuterebbe a rialzarmi e confessare nuovamente la verità, che sento nella mia coscienza. Mi farebbe sentire qui in terra la vergogna e il dolore per il mio peccato.
A ogni modo, mia Margherita, io so bene che senza mia colpa egli non permetterà mai che io perisca. Per questo mi rimetto interamente in lui pieno della più forte fiducia. Ma facendo anche l'ipotesi della mia perdizione per i miei peccati, anche allora io servirei a lode della giustizia divina.
Ho però ferma fiducia, Margherita, e nutro certa speranza che la tenerissima pietà di Dio salverà la mia povera anima e mi concederà di lodare la sua misericordia. Perciò, mia buona figlia, non turbare mai il tuo cuore per alcunché mi possa accadere in questo mondo. Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio.

Dalla «Lettera» ad Alice Alington di Margaret Roper, figlia di Tommaso More, sul colloquio avuto in carcere con il padre

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Miei figli prediletti, lasciatevi attrarre dalla luce immacolata della vostra Mamma Celeste e correte dietro l'onda soave del mio profumo di cielo.

LA CITTA' SANTA

<<Figli miei prediletti, quanto vi amo!
A voi, cui tanto ho dato, domando di amarmi di più
>>
NOVENA 
DELL'IMMACOLATA
7.XII.2017 (IX) Vigilia

Sant'Omero (Teramo), 8 dicembre 1992. 
Festa della Immacolata Concezione.

La Città Santa.

«Oggi mi contemplate con gioia nello splendore della mia Immacolata Concezione.

Miei figli prediletti, lasciatevi attrarre dalla luce immacolata della vostra Mamma Celeste e correte dietro l'onda soave del mio profumo di cielo.

Perché senza peccato, il Padre ha rivolto su di me il suo sguardo di predilezione, il Verbo mi ha scelto per diventare sua Madre e lo Spirito Santo mi si è unito con vincolo di amore sponsale.

Sono così entrata nel cuore stesso della Santissima Trinità.

Perché senza peccato, la divina Trinità mi ha scelta come Condottiera e Vincitrice, nella terribile lotta contro Satana e tutti gli Spiriti del male.

Perché senza peccato, Gesù mi ha intimamente associata, come Madre, al suo disegno di salvezza e mi ha fatta la prima collaboratrice alla sua Opera della Redenzione, affidandomi,
come figlia, tutta l'umanità da Lui redenta e salvata.
Sono dunque Madre della umanità.

Appartiene al mio disegno di nuova Eva ed al mio compito di Madre riportare tutta la umanità alla piena comunione di vita con Dio, aiutandola a nascere ed a crescere nella grazia e nella
santità. 
Per questo è sopra tutto mio il compito di allontanare da voi, dalla Chiesa e dalla umanità l'ombra tenebrosa del peccato e del male, per condurvi tutti alla Città Santa della purezza e dell'amore.

La luce di questa Città Santa è lo stesso splendore del Padre; il sole che riscalda è l'Agnello Immolato, dal cui Cuore escono raggi ardenti di fuoco e di amore; il respiro è l'alito dello Spirito Santo, che dà la vita e muove tutte le creature al loro canto di gloria e di celestiali armonie.
Questo è il compito affidato alla vostra Mamma Celeste.

- La Città Santa deve anzitutto stabilirsi nei cuori e nelle anime, cioè nella vita, di tutti i miei figli.

Questo avviene quando vi sottraete a tutte le seduzioni del male e delle passioni e date spazio all'amore di Dio, che vi conduce a vivere in perenne comunione di vita con Lui.

Venite così liberati dalla schiavitù del peccato e riportati a quella esperienza di grazia, di purezza e di gioia, che era l'abituale condizione di vita di Adamo, prima che soccombesse all'insidia del serpente ed alla sua prima caduta.

Allora berrete alla sorgente, che scaturisce dal Paradiso; sarete vincitori del male e del Maligno; entrerete in possesso dei beni che il Signore vi ha preparato; diventerete voi stessi figli dell'Altissimo.

"Dio dal suo trono disse: - Ora faccio nuove tutte le cose. Ciò che dico è vero e degno di essere creduto. Io sono il Principio e la Fine, il Primo e l'Ultimo. A chi ha sete Io darò gratuitamente l'acqua della vita. Ai vincitori toccherà questa parte dei beni. Io sarò loro Dio ed essi saranno miei figli".

- La Città Santa deve anche risplendere nella Chiesa, purificata da tutte le sue umane debolezze, liberata dalle macchie della infedeltà e dell'apostasia, santificata dalla sua passione dolorosa e dalla sua cruenta immolazione.

Allora la Chiesa tornerà ad essere tutta bella, senza macchie e senza rughe, ad imitazione della vostra Madre Immacolata.
Nella Chiesa, purificata e completamente rinnovata, risplenderà, nella sua grande potenza, la sola Luce di Cristo, che sarà da Lei diffusa in ogni parte della terra e così tutte le nazioni
accorreranno ad essa, per la perfetta glorificazione della Santissima Trinità.

"Lo Spirito mi trasportò su una grande montagna, molto alta, e l'angelo mi mostrò Gerusalemme, la Città Santa, che appartiene al Signore. Essa scendeva dal cielo, da parte di Dio. Aveva lo splendore di Dio, brillava come una pietra preziosa, come una gemma cristallina.
La città non ha bisogno di sole, né di luna per rischiararla, perché la illumina lo splendore di Dio e l'Agnello è la sua luce. 
Le nazioni cammineranno alla sua luce ed i re della terra 
porteranno in essa la loro ricchezza. 
Di giorno le porte non saranno mai chiuse e non ci sarà più  notte. 
In essa saranno portate le ricchezze e l'onore dei popoli.
Nulla di impuro vi potrà entrare, nessuno che pratichi la corruzione o commetta peccato. Entreranno solo quelli che sono scritti nel libro della vita, che appartiene all'Agnello".

- La Città Santa deve infine raccogliere l'umanità redenta e salvata, dopo che, per mezzo della purificazione, della grande tribolazione e del terribile castigo, sarà stata liberata
completamente dalla schiavitù di Satana, del peccato e del male.

In questi ultimi tempi, la lotta contro Satana ed il suo potente esercito di tutti gli spiriti cattivi si farà più aspra e sanguinosa, perché vivete sotto il pesante giogo del suo universale dominio.

Allora comprendete come appartenga al mio compito di Donna vestita di sole, di Vincitrice di Satana, quello di legare il grande Drago, di precipitarlo nel suo stagno di fuoco, da cui non potrà più uscire per nuocere nel mondo.

In esso regnerà Cristo.

Gesù ritornerà nella gloria, per riportare tutta la creazione al pieno splendore del suo nuovo Paradiso terrestre.

La città peccatrice sarà ormai scomparsa e così tutto il creato si aprirà con gioia ad accogliere la Città Santa, la nuova Gerusalemme discesa dal cielo, la dimora abituale di Dio con gli uomini.

"Io vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano spariti ed il mare non c'era più. 
Vidi venire dal cielo, da parte di Dio, la Città Santa, la nuova Gerusalemme, ornata come una sposa per andare incontro allo sposo. 
Una voce forte, che veniva dal trono, esclamò: ecco l'abitazione di Dio fra gli uomini; essi saranno suo popolo ed egli sarà Dio con
loro. 
Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. 
Non vi sarà più lutto, né pianto, né dolore, perché le cose di prima sono passate". [cfr Apocalisse cap. XXI]

Figli prediletti, oggi mi contemplate nello splendore della mia Immacolata Concezione; lasciatevi attrarre dall'incanto della vostra Mamma Celeste e seguitemi, sull'onda del mio profumo soave, per andare con Me incontro alla Città Santa, che scenderà dal cielo, al termine della dolorosa purificazione e della grande tribolazione che voi state vivendo in questi ultimi tempi».



“Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria,
tua Sposa amatissima”

Tu dunque , o uomo, sei un pesce. ... Vi sono pesci sia buoni sia cattivi: i buoni riservati alla ricompensa, i cattivi subito bruciati

Lettura 

Ambrogio, vescovo di Milano, figlio di Ambrogio cittadino Romano, nacque allorché il padre era prefetto della Gallia. Si racconta che, bambino, uno sciame di api si posasse sulla sua bocca presagio della sua divina eloquenza. Fu educato a Roma nelle arti liberali. 


Presto fu preposto dal prefetto Probo al governo della Liguria e dell'Emilia di là poi per ordine dello stesso Probo andò a Milano con pieni poteri; dove, morto il vescovo Ariano Osenzio, il popolo era in discordia per la scelta del successore. Quindi Ambrogio essendo entrato in chiesa per calmare, secondo il dovere dei suo ufficio, la sedizione suscitatasi, dopo aver parlato a lungo con eloquenza della pace e tranquillità pubblica, ad un tratto uditosi un fanciullo gridare vescovo Ambrogio, tutto il popolo ripeté l'acclamazione domandando Ambrogio per suo vescovo.

Ricusandosi egli e resistendo alle loro preghiere, l'ardente voto del popolo fu portato all'imperatore Valentiniano; al quale riuscì graditissimo veder domandati per il sacerdozio magistrati di sua scelta. E ciò tornò pure gradito al prefetto Probo, il quale alla partenza di Ambrogio, quasi divinando, gli aveva detto: Va, e diportati non da giudice ma da vescovo. 

Pertanto la volontà dell'imperatore accordandosi col desiderio del popolo, Ambrogio fu battezzato (perché era catecumeno), iniziato ai sacri misteri, e, passato per tutti i gradi di ordini stabiliti dalla Chiesa, ricevé, l'ottavo giorno, che fu il 7 Dicembre, la consacrazione episcopale. 

Divenuto vescovo, difese intrepidamente la fede cattolica e la disciplina ecclesiastica; convertì alla vera fede molti Ariani ed altri eretici, tra i quali generò a Gesù Cristo il chiarissimo luminare della chiesa, sant'Agostino.

Ucciso l'imperatore Graziano, egli si portò due volte come deputato, da Massimo suo uccisore; e, ricusando questi di far penitenza, interruppe ogni relazione con lui. 
Interdisse l'ingresso in chiesa all'imperatore Teodosio a cagione della strage di Tessalonica. E siccome questi gli rappresentava che anche David, re come lui, era stato adultero e omicida, Ambrogio rispose: Giacché l'hai seguito nella colpa, seguilo anche nella penitenza. Onde Teodosio compì umilmente la pubblica penitenza da lui impostagli. 

Il santo vescovo avendo dunque sostenuto per la Chiesa di Dio molte fatiche e sollecitudini, e scritto ancora egregiamente molti libri, prima di cader malato, predisse il giorno della sua morte. Onorato, vescovo di Vercelli, avvertito tre volte da voce divina accorse al suo capezzale, e gli amministrò il santo corpo del Signore: preso il quale, unite le mani a mo' di croce, pregando, rese l'anima a Dio il quattro Aprile, nell' anno della nascita di Cristo 397.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.
*

Ambrogio

Ambrogio, vescovo di Milano, fu una personalità determinante nell'affermazione del cristianesimo sia per la sua attività ecclesiale sia per la sua produzione letteraria.
La vita
Aurelio Ambrogio nacque a Treviri in Germania intorno al 335, figlio di un alto funzionario imperiale di famiglia senatoria cristiana, prefetto del pretorio della Gallia. Dopo la morte del padre, si trasferì con il fratello Satiro e la sorella Marcellina presso la madre a Roma, dove frequentò le migliori scuole di retorica e di diritto, come tutti i giovani dell'alta società destinati alla carriera di funzionari imperiali. Accurata fu anche la sua formazione religiosa. Intrapresa la carriera pubblica, fu nominato nel 370 governatore dell'Emilia e della Liguria, con sede a Milano
Alla morte del vescovo ariano Aussenzio, Ambrogio riuscì a evitare lo scontro tra le comunità ortodossa e ariana con una saggia politica di pacificazione. Si guadagnò così la stima e l'affetto di tutti e la proclamazione da parte del popolo a successore di Aussenzio. Dopo aver ricevuto l'approvazione imperiale, Ambrogio fu battezzato (pur essendo cristiano non era stato battezzato secondo l'uso dell'epoca) e sette giorni dopo, il 7 dicembre 374, consacrato vescovo di Milano
Dopo quattro anni dedicati alla meditazione, al completamento della sua formazione culturale, all'approfondimento dei testi sacri e alla lettura delle opere dei grandi teologi orientali, Ambrogio si rivelò vigoroso uomo d'azione, oltre che un pastore che si preoccupava della formazione morale e spirituale dei suoi fedeli
Condusse con energia la lotta contro l'arianesimo con un intervento decisivo al concilio di Aquileia del 381, si occupò dei problemi della Chiesa orientale, si oppose al ripristino dell'altare della dea Vittoria in Senato, seppe influenzare gli imperatori Graziano, Valentiniano II e Teodosio, scontrandosi spesso con loro. 
Dopo il massacro di Tessalonica del 390, impose all'imperatore Teodosio pubblica penitenza, dopo averlo minacciato di scomunica, e contrastò sempre i progetti del potere politico ogniqualvolta non gli sembravano conciliabili con la libertà della Chiesa. Negli ultimi anni della vita si occupò soprattutto dei problemi della diocesi di Milano, ove morì il 4 aprile del 397.
Lo scrittore
Nonostante la sua notevole attività pastorale e politica, Ambrogio fu autore di un numero considerevole di opere di carattere esegetico, dogmatico, ascetico-morale e soggettivo. Esse sono sostenute da una profonda cultura filosofica e teologica, sempre ispirata dalla volontà di affermare e difendere l'ortodossia cristiana
Fra gli scritti di carattere esegetico il più originale è l'Hexàmeron (I sei giorni), una raccolta di 9 omelie in 6 libri, di straordinario slancio religioso, sui sei giorni della creazione del mondo: sono un'esaltazione della saggezza e della provvidenza divina, testimoniate dalla bellezza della natura. Fra gli altri scritti esegetici si ricordano la Expositio in Lucam, commento al Vangelo di Luca, il De Cain et Abel, il De Abraham, il De Noë et Arca e numerosi altri. 
Ambrogio interpreta l'Antico Testamento seguendo il metodo allegorico dei teologi greci Origene e Clemente di Alessandria. 
Di argomento dogmatico sono De fide ad Gratianum Augustum(All'imperatore Graziano, sulla fede), sulla natura divina del Cristo e contro l'eresia ariana; De paenitentia (La penitenza), sull'efficacia della penitenza contro il rigorismo dei Novaziani; De spiritu sancto (Lo Spirito Santo); De misteriis (I misteri), rivolto ai neobattezzati, sulla spiegazione dei gesti rituali. 
Notevoli per il loro valore ascetico e morale sono i 3 libri del De officiis ministrorum (I doveri dei sacerdoti), in cui riprende il De officiis di Cicerone, interpretandolo e completandolo in senso cristiano. Tra gli altri scritti si ricordano anche il De virginitate e i 3 libri De virginibus, dedicati alla sorella Marcellina, ambedue sulla serenità della vita monastica. 
Di carattere soggettivo sono 4 Orazioni funebri, due per il fratello Satiro, morto nel 379, una per la morte di Valentiniano II e una per quella di Teodosio. La prosa limpida ed elegante, modellata sulle forme classiche di quella ciceroniana, rende gli scritti di Ambrogio piacevoli alla lettura. 
Ci è giunto anche un Epistolario di 91 lettere, che comprendono il periodo della sua attività episcopale tra il 379 e il 396. Le lettere, ai familiari o ufficiali, sono importanti sia per il loro valore storico e politico sia come testimonianza della personalità di Ambrogio. 
Va inoltre ricordata la sua attività nell'ambito del canto religioso: Ambrogio fu anche autore di alcuni inni liturgici in dimetri giambici secondo la metrica classica quantitativa, ma che già si avvicinano a quella accentuativa; in essi è anche frequente il canto alternato, tra le due parti del coro. Gli "inni ambrosiani" autentici sono solo quattro, secondo la testimonianza di Agostino (anche se la critica moderna tende ad attribuirgliene altri): Aeterne conditor, canto mattutino, Iam surgit hora tertia, canto della passione e della morte di Cristo, Deus creator omnium, canto della sera, Veni redemptor gentium, canto di Natale. 
Come testimonia Ambrogio stesso, in un discorso contro gli ariani, gli inni furono composti nel 386, per sostenere i fedeli asserragliati in una basilica milanese, per impedire che l'imperatrice Giustina la concedesse agli ariani. Gli inni hanno un notevole valore artistico; ebbero un tale successo da diventare patrimonio della liturgia milanese e di quella di tutta la cristianità. Ambrogio ne compose anche l'accompagnamento musicale, ispirandosi a melodie tradizionali.

AMDG et BVM