giovedì 13 giugno 2013

UNA AVENTURA EN LOS APENINOS


UNA AVENTURA EN LOS APENINOS

Un grupo de sacerdotes fueron convocados a Roma para tratar un asunto de gravedad. Eran portadores de importantes documentos, y una gran suma de dinero les fue confiada para el santo Padre. Atentos al hecho que los Apeninos, los cuales habían de cruzar, estaban infestados de foragidos, eligieron un guia de confianza. No habia por aquel entonces tuneles ni trenes para cruzar las montañas.


Se encomendaron a la protección de las Animas Benditas del Purgatorio, y decidieron recitar el De Profundis cada hora por ellas.

Cuando llegaron al corazón de las montañas, el que iba mas adelante de todos dio la voz de alarma a la vez que espoleaba a los caballos a todo galope. Mirando alrededor, los sacerdotes vieron a ambos lados del sendero fieras bandas de forajidos fuertemente armados y apuntándoles. Se vieron en una emboscada y estaban a la completa merced de los delincuentes.

Después de una hora de temerario avance, el guia paró y mirando a los sacerdotes, dijo:" No puedo entender cómo escaparon. Esta gente nunca perdona a nadie".
Los padres estaban convencidos que debían su seguridad a las Santas Almas, como luego se confirmaría con un hecho que disiparía toda duda.

Cuando concluyeron su misión en Roma, uno de ellos fue destinado a la Ciudad Eterna, como capellán de una prisión. No mucho después, uno de los más feroces bandidos en Italia fue capturado, y condenado a muerte por una larga serie de asesinatos y esperaba la ejecución en su celda.

Ansioso de ganar su confianza, el capellán le contó sus aventuras, entre ellas las de los Apeninos. El criminal manifestó gran interés en la historia. Cuando terminó el curita su relato, el asesino exclamó:

"YO FUI el lider de esa banda! Estabamos seguros de que ustedes portaban dinero y estabamos decididos a matarlos y saquearlos. Pero una fuerza invisible nos impidió disparar, pues queríamos hacerlo pero no podíamos".

El capellán luego le contó al delincuente cómo se habían encomendado a la protección de las Almas del Purgatorio, y que ellos atribuían su liberación a su protección.
El bandido no tuvo dificultad en creer. De hecho, hizo su conversión mucho más fácil. Murió con arrepentimiento.

DIO MIO
aiutami ad amarTi!

Sant'Agostino: DISCORSO 53/A : LE OTTO MASSIME DELLE BEATITUDINI DEL VANGELO

DISCORSO 53/A

LE OTTO MASSIME DELLE BEATITUDINI DEL VANGELO
Non basta lodare la parola di Dio con la lingua ma bisogna metterla in pratica.
1. Con noi avete udito, carissimi, il santo Vangelo; mentre vi parliamo dello stesso passo che vi è stato letto, ci aiuti il Signore affinché le nostre parole siano adatte a voi e producano frutti per la vostra condotta morale. Chi ascolta la parola di Dio deve pensare che deve realizzarsi quanto ascolta: non deve cercare di lodare con la lingua la parola di Dio e poi non tenerla in nessun conto nella vita. Poiché, se son dolci le massime quando si ascoltano, quanto più dolci devono essere quando si mettono in pratica! Noi infatti siamo simili ai seminatori, e voi siete il campo di Dio: [facciamo in modo che] non periscano i semi, ma spunti la messe. Avete sentito con noi che Cristo Signore, essendoglisi avvicinati i suoi discepoli, aprendo la bocca cominciò a istruirli dicendo: Beati i poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli 1, ecc.. L'unico e vero Maestro insegnava ai discepoli che lo attorniavano, dicendo le massime da noi ricordate brevemente. Anche voi vi siete avvicinati a noi, affinché, con il suo aiuto, vi rivolgiamo la parola e vi istruiamo. Che cosa potremo fare di meglio che insegnare le massime che un sì grande maestro enunciò dandone la spiegazione?
Molti sono ricchi, nessun ricco è sicuro.
2. Siate dunque poveri nello spirito, affinché sia vostro il regno dei cieli. Perché temete d'esser poveri? Pensate alle ricchezze del regno dei cieli! Si teme la povertà; si abbia pure timore, ma dell'iniquità. Infatti, dopo la povertà dei giusti, verrà una grande felicità, perché piena sarà la tranquillità; quaggiù invece, quanto più cresce quella che si chiama ricchezza, ma non lo è, non solo cresce anche il timore, ma non finisce la cupidigia. Puoi darmi molti ricchi, ma puoi forse darmi un solo ricco senza timore? Un ricco desidera ardentemente di ammassare denaro, ma trema per la paura di perderlo. Quando mai è libero uno schiavo siffatto? È uno schiavo chi è soggetto a una qualsivoglia padrona; ed è forse libero chi è schiavo dell'avarizia? Beati dunque i poveri nello spirito. Che vuol dire poveri nello spirito? Poveri quanto alla volontà, non quanto alle facoltà. Poiché chi è povero nello spirito è umile; e Dio ascolta i gemiti degli umili e non disprezza le loro preghiere. Il Signore proclamò solennemente il proprio discorso cominciando dall'umiltà, cioè dalla povertà. Si trova una persona pia, ricca di beni terreni, eppure non gonfia di superbia. Si trova anche una persona povera, che non possiede nulla, priva di qualsiasi sostentamento. Questa non ha speranza maggiore di quella: poiché quella è povera nello spirito, per il fatto ch'è umile; questa invece è povera, sì, ma non nello spirito. Ecco perché Cristo Signore, dopo aver affermato: Beati i poveri, aggiunse: nello spirito. Tutti voi dunque, che ci avete ascoltato, e siete poveri, non dovete cercare d'essere ricchi.
Con quali parole l'Apostolo si rivolge a coloro che non sono ricchi.
3. Ascoltate l'Apostolo, non me, e vedete che cosa dice: Certo la pietà, congiunta con l'accontentarsi di quello che si ha, è un grande guadagno. In questo mondo infatti non abbiamo portato nulla e non potremo portar via nulla; se abbiamo vitto e vestiario, di questo cerchiamo di accontentarci. Questi invece che vogliono diventar ricchi - non dice "quelli che sono", ma "quelli che vogliono diventarlo" - coloro dunque che vogliono diventar ricchi incappano - dice - nella tentazione e nel laccio [di Satana], e in molti desideri stupidi e dannosi, che fanno precipitare gli individui nella rovina e nella perdizione. Poiché la radice di tutti i mali è la cupidigia del denaro, per il cui sfrenato desiderio alcuni si sono sviati lontano dalla fede e si sono tormentati da se stessi con molti dolori 2. Ci pare dolce la parola "ricchezza" quando la sentiamo. Ma incappano nella tentazione, è forse una parola dolce? I molti desideri stupidi e dannosi, sono forse una parola dolce? Rovina e perdizione, sono forse una parola dolce? Tormentarsi da se stessi con molti dolori, è forse una parola dolce? Non farti sedurre da un solo falso bene per rimanere nella morsa di tanti veri dolori. Orbene, con le suddette parole il beato Apostolo non si rivolge a coloro che sono ricchi, ma a quelli che non lo sono, perché non vogliano esserlo. Vediamo ora anche con quali parole si rivolge a coloro ch'egli trovava già ricchi. Abbiamo detto ciò che doveva essere detto; voi che siete poveri l'avete udito; quanti qui siete ricchi, ascoltate il medesimo beato Apostolo.
Come Paolo esorta i ricchi. Il ricco superbo non possiede ma è posseduto.
4. Scrivendo al suo discepolo Timoteo, tra gli altri ammonimenti rivoltigli, gli rivolge anche questo: Ai ricchi di questo mondo raccomanda. La parola di Dio li aveva trovati già ricchi poiché, se li avesse trovati poveri, avrebbe detto ciò che ho ricordato prima. Raccomanda, dunque, ai ricchi di questo mondo di non essere superbi, né di riporre le loro speranze nell'instabilità delle ricchezze, ma nel Dio vivente, il quale ci dà tutto con abbondanza perché ne possiamo godere. Siano ricchi di opere buone, generosi nel dare, disposti a partecipare agli altri quel che possiedono, si preparino un tesoro sicuro per l'avvenire per acquistare la vera vita 3. Consideriamo un poco queste poche frasi. Anzitutto - dice - raccomanda ai ricchi di non essere superbi.Non c'è nulla che generi la superbia come la ricchezza. Se il ricco non è superbo, calpesta la ricchezza, si attacca a Dio; il ricco superbo non possiede [la ricchezza], ma ne è posseduto. Il ricco superbo è simile al diavolo. Che cosa ha il ricco superbo, dal momento che non ha Dio? [S. Paolo] aggiunge anche: non riporre la speranza nell'instabilità della ricchezza. Deve possedere la ricchezza in modo da tener presente che può andare perduto ciò che possiede. Possegga dunque ciò che non può perdere. Dopo aver detto dunque: né sperare nell'instabilità della ricchezza,aggiunge: ma nel Dio vivente. Poiché la ricchezza può andare in rovina; e volesse il cielo che andasse perduta senza mandare in rovina anche te. Il salmo apostrofa e schernisce l'uomo che ripone la speranza nella ricchezza: sebbene l'uomo cammini ad immagine di Dio. L'uomo infatti è stato creato ad immagine di Dio; ma riconosca d'essere stato creato, lasci andare in rovina ciò che ha fatto lui stesso e rimanga come Dio lo ha fatto. Sebbene dunque l'uomo cammini a immagine di Dio, tuttavia si turberà inutilmente 4. Che vuol dire: Si turberà inutilmente? Accumula ricchezze e non sa per chi le raduna 5. Mentre vivono, osservano queste verità a proposito dei morti; vedono che i beni di molti morti non sono posseduti dai loro figli, ma questi, vivendo da dissoluti, mandano in malora quanto è stato lasciato loro o lo perdono in seguito a false accuse; e, quel ch'è più grave, mentre si cerca quel che uno ha, va in rovina anche chi lo ha. Molti vengono uccisi a causa delle loro ricchezze. Ecco, ciò che avevano lo hanno lasciato quaggiù: dal momento che non hanno fatto con la ricchezza ciò che [Dio] comanda, con quale faccia si sono presentati a lui? Possiedi dunque la vera ricchezza: cioè Dio stesso, che ci offre in godimento abbondanza di ogni bene.
Esempio dell'agricoltore che affida la semente alla terra.
5. Siano ricchi - dice - di opere buone. In esse devono apparire le ricchezze, con esse devono seminare. Di tali opere infatti parlava il medesimo Apostolo quando disse: Non stanchiamoci di fare il bene, poiché a suo tempo raccoglieremo la messe 6. Cerchino di seminare; [l'agricoltore] non vede ancora bene i proventi che ne ricaverà: abbia fede e semini. L'agricoltore che semina vede forse già la messe raccolta? Tira fuori e sparge nei solchi il frumento conservato con tanta fatica e tanta cura. Egli affida alla terra la sua semente; tu non affidi le tue opere a chi ha fatto il cielo e la terra? Siano dunque ricchi, ma di opere buone. Siano generosi nel dare e mettano in comune [quanto possiedono]. Che vuol dire: Mettano in comune? Non lo posseggano da soli. Hai parlato, o Apostolo, e hai insegnato a seminare: mostra anche la messe. Egli la mostra. Ascolta anche qual è la messe. O avaro, non essere pigro a seminare: ascolta - dico - anche qual è la messe. Lo soggiunge infatti dopo aver detto: Siano ricchi di opere buone, generosi nel dare e mettano in Comune [ciò che hanno]; poiché ha detto solo di seminare, deve dire che cosa raccolgono. Si procurino - dice - un tesoro sicuro per l'avvenire al fine di ottenere la vera vita. Destinata a passare è la falsa vita, dove recano piacere le ricchezze. Dopo questa vita dunque si deve andare alla vera vita. Tu ami ciò che hai: riponilo in un posto più sicuro, per non perderlo. Certamente, tutta la tua preoccupazione, chiunque tu sia che ami la ricchezza, non è se non quella di non perdere quel che hai. Ascolta il consiglio del tuo Signore. Non v'è un posto sicuro sulla terra: trasferiscilo in cielo. Ciò che hai ammassato lo avresti voluto affidare a un tuo servo di fede provata: affidalo al tuo fedele Signore. Il tuo servo, per quanto ti sia fedele, può perderlo anche suo malgrado. Il tuo Dio invece non può perdere nulla: tutto ciò che gli avrai affidato lo possederai presso di lui, dal momento che possederai anche lui stesso.
I poveri sono come i facchini della ricchezza che si trasferisce in cielo.
6. Poiché ho detto: "Trasferisci [quanto possiedi] e riponilo in cielo", non ti s'insinui nella mente un pensiero carnale e ti suggerisca: "Ma come tirerò fuori dalla terra o solleverò dalla terra quel che possiedo e lo riporrò nel cielo? In qual modo vi salirò? Con quali macchine innalzerò fin lassù ciò che possiedo?". Osserva gli affamati, osserva i nudi, osserva i poveri, osserva i forestieri, osserva i prigionieri: saranno i facchini dei tuoi beni che trasferirai nel cielo. A questo punto forse ti metterai a pensare e ti domanderai: "In che modo saranno essi i miei facchini? Come prima pensavo in qual modo avrei potuto sollevare fino al cielo ciò che possedevo, senza riuscire a trovarlo, così ora sto pensando come possano sollevarlo coloro ai quali lo do e ugualmente non lo trovo". Ascolta dunque che cosa ti dice il Cristo: "Fa' un contratto di trasferimento; dammi [quanto hai] laggiù sulla terra, dàllo a me laggiù e io poi te lo renderò quassù". Il Cristo dice: "Dammi quanto hai laggiù sulla terra, ove lo hai, e io poi te lo renderò quassù". Anche a questo punto ti domanderai: "In qual modo potrò dare al Cristo? Il Cristo è in cielo, siede alla destra del Padre; quando viveva quaggiù con la sua carne si degnò, per amor nostro, di aver fame, sete, bisogno d'essere ospitato; tutti questi servizi gli furono prestati da sante persone, che furono degne di ricevere nella propria casa il Signore; adesso il Cristo non ha bisogno di nulla: ha posto la sua carne incorruttibile alla destra del Padre. In qual modo potrò dargli qualcosa quaggiù, mentre non ha bisogno di nulla?". Tu ti sei dimenticato di quel che ha detto: Ciò che avete fatto a uno di questi miei [fratelli] più piccoli, lo avete fatto a me 7. Il capo è in cielo, ma le membra le ha sulla terra: un membro di Cristo dia a un altro membro di Cristo; chi possiede dia all'indigente. Sei membro di Cristo e hai di che dare, anche il povero è un membro di Cristo e ha bisogno che tu gli dia. Ambedue camminate per un'unica strada, ambedue siete compagni di viaggio: il povero ha le spalle senza pesi; tu, invece, che sei ricco, sei carico di fardelli; ciò di cui sei gravato, ciò che ti appesantisce, dallo a chi ha bisogno; in tal modo non solo risollevi te stesso, ma sollevi anche il compagno di viaggio. La Sacra Scrittura dice: Il povero e il ricco si sono incontrati: ambedue sono stati creati da Dio 8. Bellissima massima! Il povero e il ricco si sono incontrati. Dove si sono incontrati, se non in questa vita? Il primo è ben vestito, il secondo è coperto di stracci, ma quando si sono incontrati. Ambedue sono nati nudi, poiché anche il ricco è nato povero. Non deve osservare ciò ch'egli ha incontrato, ma guardare ciò che ha portato. Che cosa ha portato il misero, quando è nato, se non la nudità e le lacrime? Ecco perché l'Apostolo dice: Nulla abbiamo portato in questo mondo, ma neppure nulla potremo portar via 9. Mandi dunque innanzi di propria volontà ciò che possa trovare quando uscirà da questa vita. C'è dunque il povero e c'è il ricco e si sono incontrati; l'uno e l'altro poi li ha creati il Signore: il ricco per mezzo del quale soccorrere l'altro; il povero, per mettere alla prova il primo. Beati dunque i poveri nello spirito, poiché di essi è il regno dei cieli 10. Anche se hanno la ricchezza, non la posseggono; siano poveri e sarà loro il regno dei cieli.
Chi sono i miti.
7. Beati i miti poiché essi erediteranno la terra 11. I miti. Quelli che non si oppongono alla volontà di Dio: questi sono i miti. Chi sono i miti? Coloro i quali, quando le cose vanno loro bene, lodano Dio; quando invece vanno male, non bestemmiano Dio; mediante le loro opere buone danno gloria a Dio e dei propri peccati accusano se stessi. Essi erediteranno la terra. Quale terra, se non quella di cui parla il salmo: Sei tu la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi 12?.
Piangendo se stesso il peccatore ritorna in vita.
8. Beati coloro che piangono, poiché saranno consolati 13. Miei cari fratelli, il pianto è un fatto doloroso, quando è il lamento di chi si pente. In realtà ogni peccatore dovrebbe piangere. Chi viene pianto, se non chi è morto? E che c'è di così morto come un iniquo? Ecco una cosa straordinaria: pianga se stesso e tornerà in vita: pianga spinto dal pentimento e verrà consolato col perdono.
Sulla terra è fame di giustizia, in cielo sazietà.
9. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati 14. Il fatto d'aver fame della giustizia si ha solo sulla nostra terra. La sazietà della giustizia si avrà solo in un altro luogo, ove nessuno peccherà: la sazietà della giustizia quale si trova negli angeli santi. Ma noi che siamo affamati e assetati della giustizia, dobbiamo dire a Dio: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 15.
Il povero è tuo mendicante, tu sei mendicante di Dio.
10. Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché otterranno compassione 16. Con un'ottima connessione logica, dopo aver detto: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, soggiunse: Beati quelli che sentono compassione perché Dio avrà compassione di loro. Tu infatti hai fame e sete della giustizia. Se hai fame e sete, sei mendicante di Dio. Te ne stai dunque come un mendicante davanti alla porta di Dio, ma c'è anche un altro mendicante davanti alla tua porta; quel che farai col tuo mendicante, lo farà Dio con il suo.
Accogli Dio nel cuore purificato e lo dilaterà e ti nutrirà di sé.
11. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio 17. Uno deve compiere tutto ciò ch'è stato detto più sopra e il suo cuore sarà mondato. Ha il cuore puro perché non finge l'amicizia e impedisce che nel suo cuore ci sia l'inimicizia. Poiché Dio dà il premio in relazione al cuore ove egli vede. Tutto ciò che ti piace lì, dentro il tuo cuore, non approvarlo, non lodarlo; e se ti solletica una passione malsana, non vi acconsentire: e se è molto ardente, prega Dio di respingerla, affinché nel tuo intimo si produca qualche effetto salutare e venga purificato il cuore, nel quale viene pregato Dio stesso. Quando infatti vuoi pregare Dio dentro la tua camera, purificala, perché Dio ti esaudisca, purifica la tua camera interna. Talora tace la lingua ma geme l'anima; in ogni modo nel proprio intimo, nella camera del cuore si prega Dio: lì non vi sia nulla che offenda gli occhi di Dio che dispiaccia a Dio. Forse potresti trovarti in difficoltà nel purificare il tuo cuore; invoca allora Colui che non disdegnerà di purificare un posto per sé e si degnerà d'abitare in te. Temi forse di accogliere un potente così grande e di esserne turbato, come degli individui mediocri e meschini i quali sono soliti temere d'esser costretti ad accogliere in casa propria dei viaggiatori altolocati? Certo non v'è nulla di più grande di Dio: tu però non temere le tue strettezze, accoglilo ed egli ti dilaterà. Non hai nulla da offrirgli da mangiare? Accoglilo e ti nutrirà lui e, quel ch'è più dolce alle tue orecchie, sarà lui che ti nutrirà di se stesso. Sarà egli stesso il tuo cibo, poiché è stato proprio lui a dire: Sono io il pane vivo disceso dal cielo 18. Un tal pane ristora e non si deteriora. Beati dunque i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Come si deve comportare l'operatore della pace.
L'ordine della pace in noi.
12. Beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio 19. Chi sono i pacificatori? Coloro che procurano la pace. Vedi delle persone in disaccordo tra loro? Sii tra loro operatore di pace. Parla bene del primo al secondo e viceversa. Ascolti del male riguardo a uno di essi da parte dell'altro come da uno ch'è adirato? Non lo manifestare; dissimula l'insulto ascoltato dall'adirato, da' un leale consiglio per la concordia. Ma se vuoi essere pacificatore tra due tuoi amici che sono in discordia, comincia da te stesso ad essere pacifico: devi mettere in pace te stesso interiormente, dove forse sei in lotta quotidiana con te stesso. Non sentiva forse il dissidio colui che diceva: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito desideri contrari a quelli della carne; queste due forze si oppongono a vicenda, sicché non potete fare quel che vorreste 20? Sono parole del santo Apostolo. Nel mio intimo amo la legge di Dio - dice - ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che contrasta fortemente con la legge amata dalla mia mente, e mi rende schiavo della legge del peccato, che abita nelle mie membra 21. Se dunque proprio nell'interno dell'uomo esiste un certo dissidio ogni giorno, e si lotta lodevolmente, perché le facoltà superiori non siano vinte da quelle inferiori, perché il desiderio sensuale non vinca lo spirito, perché la concupiscenza non vinca la sapienza, ne risulta la giusta pace che tu devi realizzare in te, affinché sulle facoltà inferiori abbia il dominio la facoltà più elevata, ch'esiste in te. La facoltà più elevata che tu hai è quella in cui risiede l'immagine di Dio. Questa si chiama spirito, si chiama intelligenza; in essa arde la fede, si rafforza la speranza, si accende la carità. Desidera il tuo spirito esser capace di vincere i tuoi desideri sensuali? Lo spirito sia soggetto a Colui che gli è superiore e sarà vittorioso della parte inferiore [dell'uomo]; così regnerà in te la pace vera, sicura, stabilita nell'ordine più perfetto. Qual è l'ordine di questa pace? Dio ha il dominio sullo spirito, lo spirito sulla carne; nulla di più ordinato. La carne però ha sempre le sue debolezze. Non era così nel paradiso: è diventata così a causa del peccato, e a causa del peccato è incatenata dalla discordia, che ci contrasta. È venuto però un uomo senza peccato per mettere d'accordo l'anima nostra con la nostra carne e s'è degnato di darci il pegno dello Spirito. Tutti coloro che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio sono figli di Dio 22. Beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio. D'altra parte tutta questa lotta, che ci tormenta a causa della nostra debolezza - e anche quando non acconsentiamo ai cattivi desideri, tuttavia siamo in certo qual modo impegnati nella stessa lotta e non ne siamo ancora liberi - tutta questa lotta non ci sarà più quando la morte sarà inghiottita dalla vittoria. Ascolta in che modo non ci sarà più:Bisogna che questo corpo corruttibile - così dice l'Apostolo - si vesta d'incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d'immortalità. Quando poi questo corpo mortale si sarà vestito d'immortalità, allora si avvererà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata dalla vittoria 23. È finita la guerra ed è stata conclusa con la pace. Ascolta la voce dei trionfatori: Dov'è, morte, la tua potenza? Dov'è, morte, il tuo pungiglione24. Questa dunque è la voce dei trionfatori; non resterà assolutamente più alcun nemico, nessuno che combatta di dentro, nessuno che tenti dal di fuori. Beati dunque i pacificatori, perché saranno chiamati figli di Dio.

Non la pena ma la causa fa il martire.
13. Beati i perseguitati a causa della giustizia 25. Questa aggiunta distingue il martire dal brigante; di fatto anche il brigante è perseguitato per causa dei suoi misfatti ma egli non cerca il premio, bensì sconta la pena dovuta. Fa di uno un martire non la pena, ma la causa; prima scelga la causa e poi tranquillo sopporti la pena. In un sol luogo v'erano tre croci, quando il Cristo soffrì la passione: egli nel mezzo, di qua e di là due briganti. Considera la pena: niente di più simile, eppure uno dei briganti sulla croce trovò il paradiso. Il Cristo nel mezzo fa da giudice: condanna il superbo, soccorre l'umile. Il legno della croce fu il tribunale per il Cristo. Che cosa farà quando giudicherà, egli che poté fare ciò quando era giudicato? Al brigante, che aveva proclamato la sua fede in lui, disse: Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso 26. Egli infatti si differenziava dall'altro. Cosa mai aveva detto? Ricordati di me, Signore quando sarai nel tuo regno 27. Conosco - diceva - i miei delitti; senza dubbio dovrò sopportare tormenti finché non vi giungerai tu stesso. Ma poiché chiunque si umilia sarà esaltato, Cristo pronunciò subito la sentenza e gli concesse il perdono: Oggi - disse - sarai con me in paradiso. Ma il Signore non fu messo intero nel sepolcro lo stesso giorno? Quanto al corpo sarebbe rimasto nel sepolcro; quanto all'anima invece sarebbe rimasto negli inferi, non per esservi tenuto prigioniero, ma per liberarvi quelli che vi erano prigionieri. Se dunque lo stesso giorno si sarebbe trovato negli inferi quanto all'anima, e quanto al corpo sarebbe stato nel sepolcro, come mai disse: Oggi sarai con me in paradiso? Ma il Cristo intero non è forse anima e corpo? Ti sei dimenticato che al principio c'era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo 28? Ti sei dimenticato che il Cristo è potenza e Sapienza di Dio 29? Dove non è dunque la Sapienza di Dio? Di essa non dice forse la Scrittura: Si estende da un confine all'altro con forza e governa ogni cosa con bontà 30? Cristo dunque per quanto riguarda la persona del Verbo dice: Oggi sarai con me in paradiso. "Oggi - dice con l'anima discendo agli inferi, ma con la divinità non mi assento dal paradiso".
Agostino non vuol gravare i fedeli sebbene contenti di ascoltarlo.
14. Per quanto sono stato capace, ho esposto alla vostra Carità tutte le beatitudini di Cristo. Vedo in verità che siete tanto contenti da voler udire ancora. La vostra Carità ci ha stuzzicati a dire molte cose e forse potremmo dirne altre ancora; ma è meglio che ruminiate bene nella mente e digeriate in modo salutare le verità che afferrate.


Gesù Amore, accresci in me
il Tuo Amore!


mercoledì 12 giugno 2013

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE « Ogni verità mi riesce sospetta, se non è confermata dall'autorità della Sacra Scrittura »

COSE MIRABILI! LEGGETE! E BENEDICIAMO IL SIGNORE!

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

LIBRO PRIMO

PROLOGO

Lo spirito consolatore, distributore d'ogni bene « che spira dove vuote » (Giov. III, 8) come vuole e quando vuole, tiene abitualmente nascosti i segreti del suo amore, ma talvolta li manifesta per il vantaggio delle anime. S. Geltrude ce ne fornisce un chiaro esempio: quantunque la divina bontà l'abbia sempre ricolmata di favori, pure, solo ad intervalli le ordinò di pubblicare le meraviglie della sua divina tenerezza.
Questo libro fu scritto in diverse epoche. La prima parte fu redatta otto anni dopo le prima manifestazioni divine; la seconda venne terminata circa vent'anni più tardi: il Signore si degnò di gradire tale lavoro. Infatti, compiuto il primo libro, Geltrude lo presentò al Signore con umiltà e divozione: Egli, nella sua infinita bontà, le disse: « Nessuno potrà allontanare da me il memoriale dell'abbondanza della mia divina soavità ». Da queste parole comprese che Nostro Signore voleva dare al libro il titolo « Memoriale dell'abbondanza della divina soavità ».
Aggiunse Gesù: « Se qualcuno cerca in queste pagine il bene spirituale della sua anima„ l'attirerò a me vicino e prenderò parte alla lettura, tenendo il libro nelle mie stesse mani; Quando due persone leggono insieme uno stesso libro, una sembra aspirare l'alito dell'altra. Così io aspirerò il soffio dei desideri di quest'anima, ed essi commoveranno in suo favore le viscere della mia misericordia: da parte mia le farò respirare il soffio della Divinità così che ne sarà interiormente ringiovanita ». Il Signore si compiacque di affermare: « Chi, con tale intenzione, trascriverà le parole di questo libro, riceverà, ad ogni detto, numeroso frecce d'amore scoccate dall'infinita dolcezza del mio sacratissimo Cuore, e la sua anima ne proverà delizie ineffabili ».


Una notte, mentre si stava preparando la seconda parte, ella si lamentò con Nostro Signore. Egli la consolò con grande bontà e, fra l'altro, le disse: « Ti ho scelta per essere la luce delle nazioni e per diffondere la salvezza fino all'estremità della terra » (Is. XLIX). Comprendendo ch'Egli accennava al suo libro, appena iniziato, Geltrude esclamò: « Come mai, o Signore, questo libro potrà essere la luce delle nazioni, mentre io desidero che rimanga incompiuto, e che nessuno conosca le pagine già scritte? ». Il Signore rispose: «Quando scelsi Geremia per essere mio profeta, egli non sapeva nè parlare, nè agire in modo conveniente: eppure volli riprendere i popoli e i re con le parole della sua bocca. Così coloro che ho destinato di attirare, per tuo mezzo, alla luce della conoscenza e della verità, non saranno delusi, perchè nessuno può ostacolare la predestinazione eterna: coloro che ho predestinato li chiamerò, e coloro che chiamerò saranno giustificati, secondo il mio volere».
Altra volta, mentre Geltrude si sforzava di ottenere da Nostro Signore il permesso d'interrompere il libro, sembrandole che i suoi Superiori fossero dello stesso parere, il Salvatore le rispose con bontà: « Ma, non sai che l'ordine della mia volontà, è superiore a ogni altra obbedienza? Poiché desidero questo libro, perchè turbarti? Io stesso stimolo colei che lo scrive, io stesso l'aiuterò, custodendo poi intatto quello che considero bene mio proprio ». Allora ella uniformò la sua volontà al divin beneplacito, e chiese: « Amatissimo Signore, quale titolo darai a questo libro? ». Rispose Gesù: « Questo libro è mio: esso verrà intitolato: L'araldo dell'amore divino, perchè farà pregustare alle anime il sovrabbondante mio amore ». Colpita d'ammirazione Geltrude insistette: « Gli ambasciatori e gli araldi godono abitualmente grande autorità ebbene quale autorità accorderai a questo libro? ». Rispose il Signore: « Chi, per la mia gloria, leggerà questo libro con salda fede, umile divozione, amorosa riconoscenza, per il bene della sua anima, riceverà, in virtù della mia divinità, la remissione dei peccati veniali, la grazia delle consolazioni superne, ed una disposizione speciale a ricevere continui accrescimenti dei beni celesti ».
In seguito comprese che Dio bramava che le due parti di quest'opera fossero riunite in uno solo libro: perciò con preghiere ferventissime chiese come mai si potesse riunire in un solo volume due libri aventi titolo differente. Il Signore rispose: « Spesso un padre e una madre sono maggiormente stimati per le buone qualità dei loro figli: così io ho voluto che questo libro venisse composto in due parti e che indicasse, col suo stesso titolo, il carattere di questa doppia. origine, cioè: « L'araldo del memoriale dell'abbondanza del divino amore» perchè, facendo conoscere il mio amore, ne perpetuasse la memoria fra gli eletti ».
Dal contesto dell'opera appare evidente che Geltrude fu sempre favorita dalla divina presenza: pure talora si trovano espressioni del genere: « Il Signore le apparve » oppure « Egli venne a lei vicino ». Infatti, benchè per un privilegio speciale Egli le fosse quasi sempre presente, pure talvolta a lei si mostrava sotto apparenze più sensibili, quando voleva istruire altre anime, quasi adattandosi alla debolezza delle medesime: spesso, nel racconto di tali manifestazioni, dovremo concludere che il buon Dio, il quale ama tutti gli uomini, vuole la salvezza di tutte le anime, pur non comparendo che a una sola.
Nei giorni feriali, coma nei festivi, il Signore le prodigava le sue grazie, svelandosi al suo sguardo, talvolta con immagini sensibili, tal altra con le più pure illustrazioni dell'intelletto. In questo libro però parla generalmente con immagini sensibili, per essere meglio compreso da ogni sorta di lettore. L'opera fu divisa in cinque libri: il primo contiene l'elogio della persona che fu l'oggetto dei divini favori, ed esprime le grazie ch'ella ricevette. Nel secondo si narrano come furono accolti tali favori, ed i ringraziamenti ch'ella offerse al suo Dio: questo secondo libro è tutto scritto di sua mano, dietro l'ispirazione del divin Paracleto. Il terzo, narra alcuni benefici che le furono accordati. Il quarto racconta le visite con cui la divina Bontà si degnò di consolarla in alcune feste. Nel quinto sono raccolte le rivelazioni che il Signore le fece riguardo al merito di parecchi defunti, e le consolazioni di cui volle colmarla nel beato suo transito.
Conviene però tenere conto della raccomandazione di Ugo di S. Vittore: « Ogni verità mi riesce sospetta, se non è confermata dall'autorità della Sacra Scrittura ». Ed aggiunse: « Per quanto verosimile, una rivelazione non può essere accettata, se non ha il sigillo di Mosè e di Elia, cioè della Sacra Scrittura ». Perciò ho segnato in margine i testi che la mia mente semplice e poco esperimentata ha potuto ricordare al momento, nella speranza che altri, più abili e più colti, possano allegare prove autorevoli, convenienti, decisive.
Sacerdos alter Christus

Il cuore di Dio freme di compassione!

 giugno 2013


Benedetto XVI: Come dimenticare, in proposito, che nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in "ladri delle pecore" (Gv 10,1ss), o perché le deviano con le loro private dottrine, o perché le stringono con lacci di peccato e di morte?

CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ, IN OCCASIONE DELL’APERTURA DELL’ANNO SACERDOTALE, 19.06.2009 

Alle ore 18 di oggi, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Celebrazione dei secondi Vespri della Solennità in occasione dell’apertura dell’Anno Sacerdotale, nel 150° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney.
La celebrazione è preceduta alle ore 17.30 dall’intervento di S.E. Mons. Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero. Segue la processione con la Reliquia di San Giovanni Maria Vianney dalla Cappella della Pietà all’altare della Confessione e alla Cappella del Coro. La processione è guidata dal Card. Angelo Comastri, Arciprete della Basilica Vaticana, dal Card. Cláudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero e da S.E. Mons. Guy Bagnard, Vescov di Belley-Ars.
Al suo arrivo in Basilica, il Papa si reca alla Cappella del Coro e venera la Reliquia del Santo Curato d’Ars. Dopo la Celebrazione dei Vespri, ha luogo l’Adorazione Eucaristica.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia nel corso della recita dei Vespri
:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

nell'antifona al Magnificat tra poco canteremo: "Il Signore ci ha accolti nel suo cuore - Suscepit nos Dominus in sinum et cor suum". Nell'Antico Testamento si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l'organo della sua volontà: rispetto al cuore di Dio l'uomo viene giudicato.
A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell'uomo, Iddio decide il diluvio, ma poi si commuove dinanzi alla debolezza umana e perdona. C'è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell'amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all'alba della sua storia: "Quando Israele era fanciullo, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio" (v. 1).
In verità, all'instancabile predilezione divina, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine. "Più li chiamavo - è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me" (v. 2).
Tuttavia Egli mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché, cosí dice il versetto 8, "il mio cuore - osserva il Creatore dell'universo - si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione".

Il cuore di Dio freme di compassione!
Nell'odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull'umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l'uomo.

Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. 

Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine" (cfr Gv 13,1). Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l'apostolo Giovanni, afferma: "Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue ed acqua" (cfr Gv 19,34).

Cari fratelli e sorelle, grazie perché, rispondendo al mio invito, siete venuti numerosi a questa celebrazione con cui entriamo nell'Anno Sacerdotale. Saluto i Signori Cardinali e i Vescovi, in particolare il Cardinale Prefetto e il Segretario della Congregazione per il Clero con i loro collaboratori, ed il Vescovo di Ars. Saluto i sacerdoti e i seminaristi dei vari seminari e collegi di Roma; i religiosi e le religiose e tutti i fedeli. Un saluto speciale rivolgo a Sua Beatitudine Ignace Youssef Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, venuto a Roma per incontrarmi e significare pubblicamente l'"ecclesiastica communio" che gli ho concesso.

Cari fratelli e sorelle, fermiamoci insieme a contemplare il Cuore trafitto del Crocifisso. Abbiamo ascoltato ancora una volta, poco fa, nella breve lettura tratta dalla Lettera di san Paolo agli Efesini, che "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatti rivivere con Cristo... Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef 2,4-6).

Essere in Cristo Gesù è già sedere nei Cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l'Amore che ci salva e ci fa vivere già nell'eternità di Dio. 

Scrive l'evangelista Giovanni: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (3,16).
Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve.

Se è vero che l'invito di Gesù a "rimanere nel suo amore" (cfr Gv 15,9) è per ogni battezzato, nella festa del Sacro Cuore di Gesù, Giornata di santificazione sacerdotale, tale invito risuona con maggiore forza per noi sacerdoti, in particolare questa sera, solenne inizio dell'Anno Sacerdotale, da me voluto in occasione del 150° anniversario della morte del Santo Curato d'Ars.
Mi viene subito alla mente una sua bella e commovente affermazione, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica dove dice: "Il sacerdozio è l'amore del Cuore di Gesù" (n. 1589).
Come non ricordare con commozione che direttamente da questo Cuore è scaturito il dono del nostro ministero sacerdotale? Come dimenticare che noi presbiteri siamo stati consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli?
La nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda fedeltà piena a Cristo ed incessante unione con Lui; esige cioè che tendiamo costantemente alla santità come ha fatto san Giovanni Maria Vianney. 

Nella Lettera a voi indirizzata per questo speciale anno giubilare, cari fratelli sacerdoti, ho voluto porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all'esempio e all'insegnamento del Santo Curato di Ars, modello e protettore di tutti i sacerdoti, e in particolare dei parroci. Che questo mio scritto vi sia di aiuto e di incoraggiamento a fare di questo anno un'occasione propizia per crescere nell'intimità con Gesù, che conta su di noi, suoi ministri, per diffondere e consolidare il suo Regno, per diffondere il suo amore, la sua verità.
E pertanto, "sull'esempio del Santo Curato d'Ars - così concludevo la mia Lettera - lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace".
Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo! Questo è stato lo scopo di tutta la vita di san Paolo, al quale abbiamo rivolto la nostra attenzione durante l'Anno Paolino che si avvia ormai verso la sua conclusione; questa è stata la meta di tutto il ministero del Santo Curato d'Ars, che invocheremo particolarmente durante l'Anno Sacerdotale; questo sia anche l'obiettivo principale di ognuno di noi. Per essere ministri al servizio del Vangelo, è certamente utile e necessario lo studio con una accurata e permanente formazione pastorale, ma è ancor più necessaria quella "scienza dell'amore" che si apprende solo nel "cuore a cuore" con Cristo. E' Lui infatti a chiamarci per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge in nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell'Amore che è il suo Cuore trafitto sulla croce.
Solo così saremo in grado di cooperare efficacemente al misterioso "disegno del Padre" che consiste nel "fare di Cristo il cuore del mondo"! Disegno che si realizza nella storia, man mano che Gesù diviene il Cuore dei cuori umani, iniziando da coloro che sono chiamati a stargli più vicini, i sacerdoti appunto. Ci richiamano a questo costante impegno le "promesse sacerdotali", che abbiamo pronunciato il giorno della nostra Ordinazione e che rinnoviamo ogni anno, il Giovedì Santo, nella Messa Crismale.

Perfino le nostre carenze, i nostri limiti e debolezze devono ricondurci al Cuore di Gesù. Se infatti è vero che i peccatori, contemplandoLo, devono apprendere da Lui il necessario "dolore dei peccati" che li riconduca al Padre, questo vale ancor più per i sacri ministri. 

Come dimenticare, in proposito, che nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in "ladri delle pecore" (Gv 10,1ss), o perché le deviano con le loro private dottrine, o perché le stringono con lacci di peccato e di morte? Anche per noi, cari sacerdoti, vale il richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo rivolgere con umiltà l'accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare.

Poc'anzi ho potuto venerare, nella Cappella del Coro, la reliquia del Santo Curato d'Ars: il suo cuore. Un cuore infiammato di amore divino, che si commuoveva al pensiero della dignità del prete e parlava ai fedeli con accenti toccanti e sublimi, affermando che "dopo Dio, il sacerdote è tutto! ... Lui stesso non si capirà bene che in cielo" (cfr Lettera per l'Anno Sacerdotale, p. 2). Coltiviamo, cari fratelli, questa stessa commozione, sia per adempiere il nostro ministero con generosità e dedizione, sia per custodire nell'anima un vero "timore di Dio": il timore di poter privare di tanto bene, per nostra negligenza o colpa, le anime che ci sono affidate, o di poterle - Dio non voglia! - danneggiare. La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi; di ministri che aiutino i fedeli a sperimentare l'amore misericordioso del Signore e ne siano convinti testimoni.

Nell'adorazione eucaristica, che seguirà la celebrazione dei Vespri, chiederemo al Signore che infiammi il cuore di ogni presbitero di quella "carità pastorale" capace di assimilare il suo personale "io" a quello di Gesù Sacerdote, così da poterlo imitare nella più completa auto-donazione. 

Ci ottenga questa grazia la Vergine Madre, della quale domani contempleremo con viva fede il Cuore Immacolato. Per Lei il Santo Curato d'Ars nutriva una filiale devozione, tanto che nel 1836, in anticipo sulla proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione, aveva già consacrato la sua parrocchia a Maria "concepita senza peccato". E mantenne l'abitudine di rinnovare spesso quest'offerta della parrocchia alla Santa Vergine, insegnando ai fedeli che "bastava rivolgersi a lei per essere esauditi", per il semplice motivo che ella "desidera soprattutto di vederci felici". Ci accompagni la Vergine Santa, nostra Madre, nell'Anno Sacerdotale che oggi iniziamo, perché possiamo essere guide salde e illuminate per i fedeli che il Signore affida alle nostre cure pastorali. Amen!

CONSIDERACIONES SOBRE LA CONVERSIÓN DE MARÍA MAGDALENA


CONSIDERACIONES SOBRE LA 
CONVERSIÓN DE MARÍA MAGDALENA






He estado pensando en este día en lo que me dijo Jesús ayer por la tarde y en lo que vi y comprendí aunque no se me dijo.
Nada más por no dejar le digo que la conversación de los invitados, en lo que pude entender, esto es, la que dirigían a Jesús, giraba alrededor de las nuevas del día: los romanos, la Ley combatida por ellos y la misión de Jesús como Maestro de una nueva escuela. Bajo la aparente benevolencia, podía uno caer en la cuenta de que eran preguntas maliciosas y capciosas para hacerlo caer en algún lazo. Cosa de ningún modo fácil, porque Jesús, con pocas palabras daba una respuesta justa y concluyente.
Por ejemplo a la pregunta de en qué particular escuela o secta se había hecho maestro, sencillamente respondió: "En la escuela de Dios. A Él sigo en su santa Ley, y procuro que se renueve completamente en estos pequeños (y miró con amor a Juan y  en Juan a todos los rectos de corazón), así como fue en el día en que el Señor Dios la promulgó en el Sinaí. Llevo nuevamente los hombres a la luz de Dios".
A la pregunta de qué pensaba sobre el abuso de César, que se había hecho dominador de Palestina, respondió: "César es lo que es, porque así quiere Dios. Recuerda al profeta Isaías. ¿No acaso llama él, por inspiración divina, a Asur "bastón" de su cólera, la vara que castiga al pueblo de Dios, que se ha separado mucho de Él? ¿Y no dice, que después de haberlo empleado para el castigo, lo destrozará porque se aprovechó de su encargo, pues se hizo muy soberbio y cruel?"
Estas son las dos respuestas que me llamaron más la atención. 

Esta tarde, mi Jesús me dijo sonriendo:
"Me gustaría llamarte como a Daniel. Eres la de los deseos, y a la que quiero mucho porque desea tanto a Dios. Podría decirte lo que mi ángel dijo a Daniel: "No temas, porque desde el primer día en que trataste de comprender y de castigarte en la presencia de Dios, tus oraciones fueron escuchadas, y por eso vine". No es el ángel quien te habla. Soy Yo quien te está hablando: Jesús.

SOY MISERICORDIA VIVIENTE. 
Y MÁS RÁPIDO QUE EL PENSAMIENTO 
LLEGO A QUIEN SE VUELVE A MÍ.

Siempre, María, vengo cuando alguien "trata de comprender". No soy un Dios duro y severo. Soy misericordia viviente. Y más rápido que el pensamiento llego a quien se vuelve a Mí.
Lo mismo hice con la pobre María de Mágdala, que estaba tan inveterada en el pecado. Veloz fui con mi espíritu, apenas sentí que se levantaba en ella el deseo de comprender: comprender la luz de Dios y comprender su estado de tinieblas. Y me hice luz para ella. 

HABLABA YO AQUEL DÍA A MUCHA GENTE,
 PERO EN REALIDAD LE HABLABA A ELLA SOLA.

Hablaba Yo aquel día a mucha gente, pero en realidad le hablaba a ella sola. No veía más que a ella que se había acercado, llevada de un impulso de su corazón, que luchaba contra la carne que la había esclavizado. No tenía ante mis ojos sino a ella con su pobre carita envuelta en la tempestad, con su forzada sonrisa que escondía, bajo un vestido que no era suyo; y que era un desafío al mundo y a sí misma ese gran llanto interno. No veía más que a ella, a la ovejita metida entre las espinas; a ella que sentía nauseas de su vida.

DEJÉ QUE MI PALABRA Y MI MIRADA BAJASEN EN ELLA 
Y FERMENTASEN, PARA QUE AQUEL IMPULSO DE UN MOMENTO 
SE CONVIRTIESE EN EL FUTURO GLORIOSO DE UNA SANTA

No dije palabras llamativas, ni toqué un argumento que se pudiese referir a ella, que era bien conocida como pecadora, para no mortificarla y para no obligarla a huir, avergonzarse a venir. No toqué ese argumento.Dejé que mi palabra y mi mirada bajasen en ella y fermentasen, para que aquel impulso de un momento se convirtiese en el futuro glorioso de una santa. Hablé con una de las más dulces parábolas: un rayo de luz de bondad derramado para ella particularmente. Y aquella tarde cuando entraba en la casa del rico soberbio, en la que mi palabra no podía fermentar para una gloria futura, porque era muerta con la soberbia farisea, sabía bien que ella vendría, después de haber llorado mucho en su habitación donde pecó, bajo la luz de aquel llanto que había decidido su porvenir.
Los hombres que ardieron de lujuria, al verla entrar se alegraron en su carne y en su pensamiento. Todos menos Yo y Juan, la desearon. Todos creyeron que hubiese ido por uno de esos caprichos que bajo la presión del demonio, la arrojaban en aventuras imprevistas. Pero Satanás estaba ya vencido. Y sintieron envidia al ver que a ninguno de ellos se dirigía, sino a Mí.
El hombre ensucia siempre aun las cosas más puras, cuando sólo es carne y sangre. Sólo los puros ven lo justo porque el pecado no turba su pensamiento. María, que el hombre no comprenda, esto no debe asustarlo. Dios comprende y es suficiente para el cielo.

LA GLORIA QUE VIENE DE LOS HOMBRES 
NO AUMENTA CON UN GRAMO LA GLORIA 
QUE ES LA SUERTE DE LOS ELEGIDOS EN EL PARAÍSO.

 RECUÉRDATELO SIEMPRE.

La gloria que viene de los hombres no aumenta con un gramo la gloria que es la suerte de los elegidos en el paraíso. Recuérdatelo siempre. La pobre María de Mágdala fue siempre juzgada mal en sus buenas acciones, pero no en las malas, que se prestaban a ser bocados de lujuria a la insaciable hambre de los libidinosos. Se le criticó y se le juzgó mal en Naín, en casa del fariseo; se le criticó y se le reprendió en Betania, en su casa.

JUAN DA LA CLAVE DE ESTA ÚLTIMA CRITICA, DICE:
 "JUDAS... PORQUE ERA LADRÓN". 

YO AÑADO: 
"EL FARISEO Y SUS AMIGOS, PORQUE ERAN LUJURIOSOS". 
VES. LA VORACIDAD DE LOS SENTIDOS,...

Juan da la clave de esta última critica, dice: "Judas... porque era ladrón". Yo añado: "El fariseo y sus amigos, porque eran lujuriosos". Ves. La voracidad de los sentidos, la voracidad del dinero levantan su voz para criticar una acción buena. Los buenos no critican. Jamás. Comprenden.
Pero, te repito: no importa la crítica del mundo, lo que importa es lo que piensa Dios."
IV. 596-598
Cristo benedicente
A. M. D. G.