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venerdì 21 giugno 2013

METTIAMOCI ALLA SCUOLA DI

Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.

SAN FILIPPO NERI

L'Obbedienza

- L'obbedienza buona è quando si ubbidisce senza discorso e si tiene per certo quello
che è comandato è la miglior cosa che si possa fare.
- L'obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull'altare del nostro cuore, e
bisogna sforzarci d'obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono di niun momento,
poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere obbediente nelle cose
maggiori.
- E' meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in
camera a fare orazione.
- A proposito di colui che comandava diceva: Chi vuol esser obbedito assai, comandi
poco.

La Gioia Cristiana

- Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate
allegri.
- Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa
mia.
- L'allegrezza cristiana interiore è un dono di Dio, derivato dalla buona coscienza,
mercé il disprezzo delle cose terrene, unito con la contemplazione delle celesti...Si
oppone alla nostra allegrezza il peccato; anzi, chi è servo del peccato non può
neanche assaporarla: le si oppone principalmente l'ambizione: le è nemico il senso, e
molto altresì la vanità e la detrazione. La nostra allegrezza corre gran pericolo e
spesso si perde col trattare cose mondane, col consorzio degli ambiziosi, col diletto
degli spettacoli.
- Ai giovani che facevano chiasso, a proposito di coloro che si lamentavano, diceva:
Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro, e state
allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non facciate peccati. E
quando doveva frenare l'irrequietezza dei ragazzi diceva: State fermi, e, sotto voce, se
potete.


La Devozione a Maria

- Figliuoli miei, siate devoti della Madonna: siate devoti a Maria.
- Sappiate, figliuoli, e credete a me, che lo so: non vi è mezzo più potente ad ottenere
le grazie da Dio che la Madonna Santissima.
- Chiamava Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.
- La Madonna Santissima ama coloro che la chiamano Vergine e Madre di Dio, e che
nominano innanzi a Lei il nome santissimo di Gesù, il quale ha forza d'intenerire il
cuore.

La Confessione

- La confessione frequente de' peccati è cagione di gran bene all'anima nostra, perché
la purifica, la risana e la ferma nel servizio di Dio.
- Nel confessarsi l'uomo si accusi prima de' peccati più gravi e de' quali ha maggior
vergogna: perché così si viene a confondere più il demonio e cavar maggior frutto

dalla confessione.


La Mortificazione

- Figliuoli, umiliate la mente, soggettate il giudizio.
- Tutta l'importanza della vita cristiana consiste nel mortificare la razionale.
- Molto più giova mortificare una propria passione per piccola che sia, che molte
astinenze, digiuni e discipline.
- Quando gli capitava qualche persona che avesse fama di santità, era solito provarla
con mortificazioni spirituali e se la trovava mortificata e umile, ne teneva conto,
altrimenti l'aveva per sospetta, dicendo: Ove non è gran mortificazione, non può
esservi gran santità.
- Le mortificazioni esteriori aiutano grandemente all'acquisto della mortificazione

interiore e delle altre virtù.


L'Umiltà

- Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi.
- Umiliate voi stessi sempre, e abbassatevi negli occhi vostri e degli altri, acciò
possiate diventar grandi negli occhi di Dio.
- Dio sempre ha ricercato nei cuori degli uomini lo spirito d'umiltà, e un sentir basso
di sè. Non vi è cosa che più dispiaccia a Dio che l'essere gonfiato della propria stima.
- Non basta solamente onorare i superiori, ma ancora si devono onorare gli eguali e
gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare.
- Per fuggire ogni pericolo di vanagloria voleva il Santo che alcune devozioni
particolari si facessero in camera, ed esortava che si fuggisse ogni singolarità. A
proposito della vanagloria diceva: Vi sono tre sorta di vanagloria. La prima è
Padrona e si ha quando questa va innanzi all'opera e l'opera si fa per il fine della
vanagloria. La seconda è la Compagna e si ha quando l'uomo non fa l'opera per fine
di vanagloria, ma nel farla sente compiacenza. La terza è Serva e si ha quando nel
far l'opera sorge la vanagloria, ma la persona subito la reprime.
- Per acquistare il dono dell'umiltà sono necessarie quattro cose: spernere mundum,
spernere nullum, spernere seipsum, spernere se sperni: cioè disprezzare il mondo,
non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d'essere disprezzato. E
soggiungeva, rispetto all'ultimo grado: A questo non sono arrivato: a questo vorrei
arrivare.
- Fuggiva con tutta la forza ogni sorta di dignità: Figliuoli miei, prendete in bene le mie
parole, piuttosto pregherei Iddio che mi mandasse la morte, anzi una saetta, che il
pensiero di simili dignità. Desidero bene lo spirito e la virtù dei Cardinali e dei Papi,

ma non già le grandezze loro.



Desiderio di Perfezione

- Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni.
- Bisogna desiderare di far cose grandi per servizio di Dio, e non accontentarsi di una
bontà mediocre, ma aver desiderio (se fosse possibile) di passare in santità ed in
amore anche S. Pietro e S. Paolo: la qual cosa, benché l'uomo non sia per conseguire,
si deve con tutto ciò desiderare, per fare almeno col desiderio quello che non
possiamo colle opere.
- Non è superbia il desiderare di passare in santità qualsivoglia Santo: perché il
desiderare d'essere santo è desiderio di voler amare ed onorare Dio sopra tutte le
cose: e questo desiderio, se si potesse, si dovrebbe stendere in infinito, perché Dio è
degno d'infinito onore.
- La santità sta tutta in tre dita di spazio, e si toccava la fronte, cioè nel mortificare la
razionale, contrastando cioè a se stesso, all'amore proprio, al proprio giudizio.
- La perfezione non consiste nelle cose esteriori, come in piangere ed altre cose simili,
e le lacrime non sono segno che l'uomo sia in grazia di Dio.

- Parlando il Santo di spirito e della perfezione diceva: Ubbidienza, Umiltà, Distacco!


La volontà di Dio

- Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
- Quando l'anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino
beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
- Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar
Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
- E' ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l'immaginarsi di
essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da
questo Santo, ora da quell'altro a domandar loro elemosina spirituale, con
quell'affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di
quell'altro a domandar questa santa elemosina.
- Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo
diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo;
questo è il tuo Purgatorio.
- A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore
ti visiti.
- Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola

figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.

Presenza in Dio e confidenza in Lui

- Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio davanti agli
occhi.
- Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi
dopo morte.
- Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
- Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi
farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
- Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non

bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.



L'Amore di Dio

Chi vuole altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che si voglia. Chi dimanda
altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che dimanda. Chi opera e non per Cristo,
non sa quello che si faccia.
- L'anima che si dà tutta a Dio, è tutta di Dio.
- Quanto amore si pone nelle creature, tanto se ne toglie a Dio.
- All'acquisto dell'amor di Dio non c'è più vera e più breve strada che staccarsi
dall'amore delle cose del mondo ancor piccole e di poco momento e dall'amor di se
stesso, amando in noi più il volere e servizio di Dio, che la nostra soddisfazione e
volere.
- Come mai è possibile che un uomo il quale crede in Dio, possa amare altra cosa che
Dio?
- La grandezza dell'amor di Dio si riconosce dalla grandezza del desiderio che l'uomo
ha di patire per amor suo.
- A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere quanto non
aver occasione di patire per Lui.
- Ad uno il quale ama veramente il Signore non è cosa più grave, né più molesta
quanto la vita.
- I veri servi di Dio hanno la vita in pazienza e la morte in desiderio.
- Un'anima veramente innamorata di Dio viene a tale che bisogna che dica: Signore,
lasciatemi dormire: Signore, lasciatemi stare.
Presenza in Dio e confidenza in Lui
- Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio davanti agli
occhi.
- Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi
dopo morte.
- Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
- Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi
farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
- Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non
bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.
La volontà di Dio
- Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
- Quando l'anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino
beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
- Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar
Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
- E' ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l'immaginarsi di
essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da
questo Santo, ora da quell'altro a domandar loro elemosina spirituale, con
quell'affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di
quell'altro a domandar questa santa elemosina.
- Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo
diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo;
questo è il tuo Purgatorio.
- A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore
ti visiti.
- Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola
figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.


La Tentazione

- Le tentazioni del demonio, spirito superbissimo e tenebroso, non si vincono meglio
che con l'umiltà del cuore, e col manifestare semplicemente e chiaramente senza
coperta i peccati e le tentazioni al confessore.
- Contro le tentazioni di fede invitava a dire: credo, credo, oppure che si recitasse il
Credo.
- La vera custodia della castità è l'umiltà: e però quando si sente la caduta di
qualcuno, bisogna muoversi a compassione, e non a sdegno: perché il non aver pietà
in simili casi, è segno manifesto di dover prestamente cadere.
- Ai giovani dava cinque brevi ricordi: fuggire le cattive compagnie, non nutrire
delicatamente il corpo, aborrire l'ozio, fare orazione, frequentare i Sacramenti
spesso, e particolarmente la Confessione.

Giaculatorie

Padre Zazzara diceva che il Santo lodava molto le giaculatorie, ed in diversi tempi
dell'anno gliele insegnava e ne faceva dire ogni giorno quando una, quando un'altra.
- Per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza in Dio
sono utilissime alcune orazioni brevi e quelle spesse volte lanciare verso il cielo tra il
giorno, alzando la mente a Dio da questo fango del mondo: e chi le usa, ne ricaverà
frutto incredibile con poca fatica.

Ave, Gratia Plena!

martedì 26 febbraio 2013

Guardate questo ghiottone



411 Alla santa povertà riservava una cura tutta particolare e voleva che dominasse
sempre da signora, tanto da non tollerare neppure il più piccolo utensile, appena
s'accorgeva che si poteva farne a meno, temendo che vi si introducesse l'abitudine di
confondere il necessario col superfluo. Era solito dire che è impossibile sovvenire alla
necessità senza servire alla comodità. Raramente si cibava di vivande cotte, oppure le
rendeva insipide con acqua fredda, o le cospargeva di cenere! Quante volte, mentre era pellegrino nel mondo a predicare il Vangelo, invitato a pranzo da grandi signori che lo veneravano con grande affetto, mangiava appena un po' di carne in ossequio alla parola evangelica di Cristo, poi, fingendo di mangiare faceva scivolare il resto nel grembo, mettendosi una mano alla bocca perché nessuno s'accorgesse di quello che faceva! Ci s'immagini poi se prendeva del vino, dato che rifiutava persino l'acqua, quand'era assetato!

412 52. 
Ovunque fosse ospitato di notte, non voleva materassi o coperte sul suo
giaciglio, ma la nuda terra raccoglieva il suo nudo corpo avvolto solo nella tonaca.
Quando poi concedeva un po' di riposo al suo corpo fragile spesso stava seduto e non disteso, servendosi per guanciale di un legno o di una pietra. E quando lo prendeva desiderio di mangiare qualche cosa, come suole accadere a tutti, a stento si concedeva poi di mangiarla.

413 
Avendo un giorno mangiato un po' di pollo, perché infermo, riacquistate le energie
per camminare, si recò ad Assisi. Giunto alla porta della città, pregò un confratello che era con lui di legargli una fune attorno al collo e di trascinarlo per tutte le vie della città come un ladro, gridando: «Guardate questo ghiottone, che a vostra insaputa si è rimpinzato da gaudente di carne di gallina!». A tale spettacolo, molti, tra lacrime e sospiri, esclamavano:
«Guai a noi miserabili che abbiamo vissuto tutta la vita solo per la carne, nutrendo il cuore e il corpo di lussuria e di crapule!». E tutti compunti, erano guidati a miglior condotta da quell'esempio straordinario.

414 53. 
E tante altre cose simili a queste egli compiva per praticare l'umiltà nel modo più
perfetto possibile, che insieme gli attiravano però amore imperituro presso gli altri. Era
libero da ogni sollecitudine per il corpo, trattandolo come un vaso derelitto ed
esponendolo alle ingiurie sempre preoccupato di non lasciarsi vincere dal desiderio di
alcuna cosa materiale per amore di lui. Vero spregiatore di se stesso, egli con parole e con fatti ammaestrava utilmente gli altri al disprezzo di sé. Ma tutti lo magnificavano e ne cantavano giustamente le lodi; solo lui si riteneva vilissimo e si disprezzava cordialmente.


Domine Iesu,
Mortificem me et vivam in te.



venerdì 23 novembre 2012

S. Giovanni della Croce / San Juan de la Cruz: BUSCANDO ...



.......
...
PER ME SI VA NE LA CITTÀ DOLENTE
PER ME SI VA NE L' ETTERNO DOLORE
PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.

GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE:
FECEMI LA DIVINA POTESTATE,
LA SOMMA SAPIENZA E 'L PRIMO AMORE.

DINNANZI A ME NON FUOR COSE CREATE
SE NON ETTERNE, E IO ETTERNO DURO.
LASCIATE OGNE SPERANZA, O VOI CH' INTRATE!

Suddette parole, nere come pece, vidi incise sullo stipite di una porta, entrata della voragine infernale. 
///  Leyendo el Doctor Mistico es bueno no olvidar el Dante Alighieri. Leggendo san Giovanni della Croce è cosa ottima non dimenticare Dante A. ///

*

STROFA 3

Buscando mis amores,
iré por esos montes y riberas;
ni cogeré las flores,
ni temeré las fieras,
y pasaré los fuertes y fronteras.

In cerca dei miei amori
mi spingerò tra i monti e le riviere,
non coglierò fiori
né temerò le fiere,


1. All’anima non bastano i gemiti e le preghiere né l’aiuto d’intermediari per conversare con l’Amato, come ha fatto nelle precedenti strofe, ma insieme a questo ella stessa deve mettersi a cercarlo. Questo è il pensiero che esprime nella presente strofa: cercare l’Amato, esercitandosi nelle virtù e nelle mortificazioni della vita contemplativa e attiva. A tale scopo, non ammetterà alcun piacere o comodità, né basteranno a fermarla o ad ostacolarle il cammino tutte le forze e le insidie dei tre nemici dell’anima: il mondo, il demonio e la carne. Perciò dice: In cerca dei miei amori,

2. cioè del mio Amato, mi spingerò tra i monti e le riviere.

3. Essa chiama le virtù monti, anzitutto per la loro altezza e poi per le difficoltà e la fatica che si affrontano nel salirvi, quando si esercita nella vita contemplativa. Chiama, inoltre, riviere le mortificazioni, gli atti di umiltà e il disprezzo di sé, quando esercita queste cose nella vita attiva; infatti, per acquisire le virtù, sono necessarie l’una e l’altra vita. Il che, dunque, equivale a dire: per cercare il mio Amato metterò in opera le alte virtù e mi umilierò nelle mortificazioni e negli esercizi più modesti. Dice questo perché la ricerca di Dio consiste nel fare il bene in lui e mortificare il male in sé, come si dice dopo: non coglierò fiori.

4. Poiché per cercare Dio si richiede un cuore spoglio e forte, libero da tutti i mali e da tutti i beni che non siano esclusivamente Dio, nel verso presente e nei seguenti l’anima parla della libertà e della forza necessarie per cercarlo. Sostiene, quindi, che non si fermerà a cogliere i fiori che troverà lungo il cammino e che rappresentano tutte le voglie, le soddisfazioni e i piaceri che le si possono offrire in questa vita: tutto questo potrebbe ostacolare il cammino, se volesse coglierli e goderli. Gli ostacoli sono di tre tipi: terreni, sensibili e spirituali. Sia gli uni che gli altri occupano il cuore e impediscono lo spogliamento spirituale richiesto per camminare direttamente nella via di Cristo, se l’anima dovesse soffermarvisi od occuparsene. Per cercare Cristo, afferma che non si attarderà a cogliere cose del genere. È come se dicesse: non riporrò il mio cuore nelle ricchezze e nei beni offerti dal mondo, né accoglierò le consolazioni e i piaceri della mia carne, né indugerò nei gusti e nei conforti del mio spirito, per non essere trattenuta nella ricerca dei miei amori per i monti delle virtù e delle fatiche. Dicendo così, segue il consiglio che dà il profeta Davide a coloro che percorrono questo cammino: Divitiae si affluant, nolite cor apponete: Anche se abbondano le ricchezze, non attaccatevi il cuore (Sal 61,11). Questo vale sia per le soddisfazioni sensibili che per gli altri beni terreni e le consolazioni spirituali. Ne segue che non solo i beni terreni e i piaceri corporali impediscono e ostacolano il cammino verso Dio, ma anche le consolazioni e i conforti spirituali, se posseduti o cercati con attaccamento, impediscono di seguire la via della croce dello Sposo Cristo. Chi vuole progredire, quindi, non deve attardarsi a cogliere questi fiori. Non solo, ma deve avere anche il coraggio e la forza per dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.


5. In questi versi l’anima cita i suoi tre nemici – il mondo, il demonio e la carne – che le fanno guerra e rendono difficile il cammino spirituale. Per fiere intende il mondo, per forti il demonio e per frontiere la carne.


6. Chiama fiere il mondo perché, all’anima che inizia il cammino di Dio, il mondo si presenta nell’immaginazione come una fiera che minaccia e spaventa, soprattutto secondo tre maniere. La prima le fa pensare che perderà il favore del mondo, gli amici, la stima, il prestigio e persino il patrimonio. La seconda – una fiera non meno terribile – le fa vedere quanto dovrà soffrire non avendo più le gioie e i piaceri del mondo e non provando più le sue lusinghe. La terza, ancora più grande, le fa pensare che le si solleveranno contro le male lingue, deridendola e beffeggiandola con motteggi e burle, e sarà stimata pochissimo. Simili minacce di solito si presentano ad alcune anime tanto da rendere loro difficilissima non solo la perseveranza contro queste fiere, ma anche la possibilità d’intraprendere il cammino.


7. Ad alcune anime più generose, però, spesso si presentano altre fiere più interiori e spirituali: difficoltà e tentazioni, tribolazioni e prove di vario genere che esse dovranno affrontare. Dio invia tali fiere a coloro che vuole elevare a una perfezione maggiore, provandoli ed purificandoli come l’oro sul fuoco, secondo quanto afferma Davide: Multae tribulationes iustorum, cioè: Molte sono le sventure dei giusti, ma li libera da tutte il Signore (Sal 33,20). Tuttavia l’anima profondamente innamorata, che stima il suo Amato più di ogni altra cosa, fidandosi del suo amore e del suo favore non teme di dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.


8. Chiama forti il secondo nemico, i demoni, perché essi cercano con grande forza di sbarrare il passo di questo cammino e anche perché le loro tentazioni e astuzie sono più forti e dure da superare e più difficili da riconoscere rispetto a quelle del mondo e della carne. Inoltre i demoni si rafforzano con gli altri due nemici, il mondo e la carne, per muovere un’aspra guerra all’anima. Per questo Davide, parlando di essi, li chiama forti: Fortes quaesierunt animam meam: I forti insidiano la mia vita (Sal 53,5). A questa forza si riferisce anche il profeta Giobbe quando dice che non c’è sulla terra potere paragonabile a quello del demonio e tale che di nessuno debba aver paura (Gb 41,24 Volg.), cioè nessun potere umano può essere paragonato al suo. Solo il potere divino, quindi, può vincerlo e solo la luce divina può scoprire i suoi inganni. Ecco perché l’anima che deve vincere la sua forza non potrà riuscirvi senza la preghiera, né potrà scoprire i suoi inganni senza l’umiltà e la mortificazione. Per questo san Paolo, volendo mettere in guardia i fedeli, usa queste espressioni: Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est vobis colluctatio adversus carnem et sanguinem: Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo; la nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne (Ef 6,11-12). Per sangue intende il mondo e per armatura di Dio la preghiera e la croce di Cristo, ove risiedono l’umiltà e la mortificazione di cui ho parlato.


9. L’anima aggiunge che passerà oltre le frontiere, con le quali – ripeto – indica le ripugnanze e le ribellioni che la carne solleva naturalmente contro lo spirito. Come dice san Paolo: Caro enim concupiscit adversus spiritum: La carne ha desideri contrari allo Spirito(Gal 5,17), e si pone quasi sul confine ostacolando il cammino spirituale. L’anima deve andare oltre queste frontiere, superando le difficoltà e abbattendo con la forza e la determinazione dello spirito tutti gli appetiti sensuali e le affezioni naturali. Difatti, finché questi persisteranno nell’anima, lo spirito sarà talmente soggiogato da non poter andare avanti verso la vera vita e il diletto spirituale. Tutto questo ci fa ben comprendere san Paolo quando afferma: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis: Se con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere della carne, vivrete (Rm 8,13). Questo dunque è l’atteggiamento che, secondo la presente strofa, l’anima ritiene opportuno adottare lungo il cammino di ricerca del suo Amato. Vale a dire: costanza e arditezza per non abbassarsi a cogliere i fiori, coraggio per non temere le fiere e forza per superare i forti e le frontiere, con l’unico scopo di andare sui monti e lungo le riviere delle virtù, come ho spiegato sopra.


Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis

lunedì 5 novembre 2012

"Scala del Paradiso" di san Giovanni Climaco


Il santo della scala: Giovanni Climaco



In marzo, le chiese cattoliche e ortodosse ricordano insieme San Giovanni Climaco (Ιωάννης της Κλίμακος).
Il suo soprannome è venuto dall'opera che l'ha reso celebre, uno dei capolavori dell'ascetica monastica: "La scala del Paradiso" (Κλίμαξ). San Giovanni Climaco, contemporaneo di Maometto, propone i trenta gradini che portano dalla terra fino al cielo, arrampicandosi sulla scala posta e sorretta da Cristo stesso, che per primo l'ha percorsa. 

Le icone che "fotografano" la scala giovannea mostrano la lotta spirituale: i monaci ascendono pericolosamente, senza reti di protezione, esortati dai santi, aiutati dagli angeli, ma insidiati dai demoni, che cercano di farli cadere per attirarli nel profondo dell'inferno. 

La visione "agonistica" della vita spirituale è qualcosa da recuperare nel nostro tempo, dove ormai domina uno psicologismo che rischia di rinchiudere in se stessi e nei propri limiti, problemi, inconsistenze, fermando all'analisi e spesso deresponsabilizzando ("sono fatto così!...).

Sul valore del testo di San Giovanni "della scala" i cristiani d'Oriente e Occidente sono sempre stati d'accordo, diffondendo enormemente questo libro, attraverso traduzioni in tutte le lingue antiche della cristianità. Nella tradizione Bizantina, la quarta domenica di Quaresima è dedicata alla commemorazione del Climaco, visto come un incoraggiante maestro sulla via dei propositi quaresimali e dei sacrifici connessi con la purificazione prepasquale per tutti i fedeli.
Vi propongo i link all'opera completa di Giovanni Climaco, secondo la traduzione italiana del 1874 del sacerdote Antonio Ceruti (1830-1918), archivista e viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano. 
Potete così vedere, gradino per gradino, tutto il percorso ascensionale dell'anima proposto dal grande padre degli asceti. La lingua usata è alquanto ottocentesca, ma comunque ben comprensibile anche oggi.

INDICE della "Scala del Paradiso" di san Giovanni Climaco

Prologo
Come questo libro fu translato di Greco in latino
Incomincia la vita di santo Joanni abate del Monte Sinai, detto Scolastico, lo quale scrisse queste Tavole spirituali, cioè la Santa Scala; la quale scrisse compendiosamente Daniello, umile monaco del monasterio di Raytu
Comincia la pistola dell’abate Jovanni, duca dei monaci di Raytu, mandata all’ammirabile abate Joanni del monte Sinai, cognominato Iscolastico, utilemente per questa scrittura nominato Climaco
Comincia la pistola risponsiva di Jovanni Scolastico, abbate del monte Sinai, detto Climaco, a detto Joanni abate e duca de’ monaci di Raytu
Qui comincia il prolago di questo libro
Comincia la Tavola de’ Capitoli in numero XXX
L’altro prolago di questo libro
Grado I. Il primo capitolo del libro di santo Jovanni Climaco, e lo primo grado della Santa Scala si è della fuga del mondo, e dello rinunziamento delle cose terrene
Grado II. Di non avere affetto a niuna cosa viziosamente
Grado III. Della vera peregrinazione
Delli sogni che adivengono a coloro, che sono introdutti (Continuazione del Grado III)
Grado IV. Della beata e sempre da memorare santa obedienzia
Grado V. Della sollicita e veramente e manifestamente efficace penitenzia, la quale è figurata in San Piero
Grado VI. Della memoria della morte
Grado VII. Del pianto che letifica l’anima
Grado VIII. Della inirascibilità, cioè del non adirarsi, la quale è grave cosa a trovarla ed a possederla
Grado IX. Della Memoria della malizia, vero rancore
Grado X. Della Detrazione
Grado XI. Del molto parlare
Grado XII. Del mentire
Grado XIII. Dell’Accidia
Grado XIV. Della famosissima regina gola
Grado XV. Della incorruttibile e bene olente castità per sudori e fatiche acquistata
Grado XVI. Dell’avarizia, ed insieme con essa della povertade
Grado XVII. Della povertà

Grado XVIII. Della insensibilità, cioè della mortificazione dell’anima e morte della mente, innanzi che vegna la morte del corpo
Grado XIX. Del sonno e dell’orazione e della salmodia delle congregazioni
Grado XX. Della vigilia corporale, e come per essa viene la grazia nell’anima, ed in qual modo si conviene cercare di quella
Grado XXI. Della paura feminile e fanciullesca
Grado XXII. Della vanagloria colle molte forme e colle molte faccie
Grado XXIII. Della superbia acefala, cioè senza capo
Delle inesplicabili cogitazioni della superbia (Continuazione del Grado XXIII)
Grado XXIV. Della mititade ovvero mansuetudine e simplicità, e della innocenzia acquistata per l’aiutorio della grazia divina col proprio studio ed industria; e con essa insieme della malignità
Grado XXV. Della altissima umilità, ch’è perdizione delli vizii, secondo che se ne può sentire e vedere
Grado XXVI. Della discrezione, cioè discernimento delle cogitazioni e delle vizia e delle virtudi
Della bene discreta discrezione (Continuazione del Grado XXVI)
Ancora del grado ventesimo sesto
Grado XXVII. Della quiete dell’anima e del Corpo
Della differenza che è infra li quieti (Continuazione del Grado XXVII)
Grado XXVIII. Della santa e beata orazione, madre delle virtudi, e della intellettuale e sensibile assistenzia che è in essa
Grado XXIX. Del cielo terreno, impassibilità e perfezione seguitativa di Dio, e resurrezione dell’anima innanzi alla comune resurrezione
Grado XXX. Della congiunzione della Santa Trinitade, cioè fede speranza e carità


************

GRADO XVIII



Della insensibilità, cioè della mortificazione dell’anima e morte della mente, innanzi che vegna la morte del corpo.

La insensibilità sì nello corpora sì nelli spiriti è uno mortificamento del sentimento, lo quale mortificamento rimane nelle corpora per molta lunga infermità, e nelli spiriti procede da molta lunga negligenzia. La privazione del dolore è una negligenzia qualificata, cioè compresa coll’anima, ed è una intenzione e deliberazione consopita, addormentata e ritardata in ben fare, la quale procede e nasce dall’audacia e dalla presunzione della misericordia di Dio; 

ed è uno prendimento di prontezza spirituale, per la quale entra poi la prontezza della carne, cioè li cadimenti carnali, ed è uno forte laccio e legame, del quale tardi l’anima si scioglie, ed è una stoltizia ed ignoranzia e mollezza di compunzione, ed è una intrata di disperazione, ed è madre di dimenticamento e discordamento della propia salute, e figliuola d’esso discordamento, però che da quello discordamento della salute dell’anima procede la durizia del cuore, ed è uno discacciamento di timore. 

 Quello uomo che non si duole del pericolo della sua anima, è uno filosofo stolto, per altrui savio e per sè sciocco, ed è uno sponitore di scrittura giudicato da sè medesimo, ed è un parlatore contrario a sè medesimo, amando di studiarsi di ben parlare, ed essendo cieco, si fa maestro di vedere; 


disputa ed insegna in qual modo si sana la piaga dell’anima altrui, e la piaga dell’anima sua non cessa di percuotere e di farla più grande;
parla contra li vizii, e non posa di fare quello che accresce li vizii;
biastemmia e desidera male di sè medesimo per lo male che à fatto, ed incontanente rifà quello medesimo male;
per la qual cosa s’adira contra sè medesimo, e non si vergogna delle parole che à dette.
Contra a sè chiama e dice: «Misero a me, mal faccio,» e prontamente fa peggio;
ôra contra ‘l vizio colla bocca, e per esso vizio combatte col corpo;
  
parla della morte saviamente, ed egli sta duro sanza paura, come s’egli fosse immortale.
Del partimento dell’anima parlando sospira, e dorme per negligenza, come fosse eternale;
dell’astinenzia parla ordinatamente, e per la gola combatte, e conturbasi se non à quello che gli diletta. 

Legge del giudicio quanto è terribile, e comincia a ridere; 


pensa nel leggere che parla della vanagloria, e nel pensiero di quella lezione si vanagloria, parendogli avere sottilmente parlato e pensato.


Della vigilia parlando, dimostra quanto è utile, ed incontanente sè medesimo sommerge nel sonno; l’orazione leva in alto lodandola, e da essa come dal flagello fugge. 

La obedienzia molto beatifica, ed egli è il primo che la rompe; loda coloro che non amano le cose viziosamente, ed egli per uno ago e per un vile panno prende rancore e combatte e non si vergogna. 

Essendo adirato, si rammarica, e di quella amaritudine che à presa, un’altra fiata s’adira, e aggiungendo difetto sopra difetto e cadimento sopra cadimento, non si sente;

mentre che è satollo, vuole fare penitenzia, ed andando un poco innanzi, si satolla ancora meglio. 

Del silenzio dice che è beato, e sì lo loda con molto parlare, ammaestra gli altri della mititade, ed in quella dottrina spesse fiate s’adira. 

Levando la mente in alto a pensare dello stato suo, dolendosi sospira, e rimutando il capo della mente da quello pensiero, un’altra fiata al vizio si rappressa. 

Vitupera e biasima il riso, e sorridendo ammaestra del pianto;

sè medesimo vitupera e biasima d’alcuna cosa per essere lodato d’umilità, e per vituperio vuole a sè onore acquistare;

raguarda in faccia viziosamente, e di castità e di continenzia grandemente parla. 

Loda li solitarii che stanno nella quiete, vivendo egli nel mondo, e non considera che confonde sè medesimo; 

glorifica quelli che sono misericordiosi, ed egli impropera e dice villania a’ poveri; 

sempre mai è accusatore di sè medesimo, e in sentimento di sè non vuole venire (non vo’ dire che non possa). 

Io vidi molti di questi cotali, che udendo parlare della morte e delli spaventosi giudicii, piangevano, e con lagrime negli occhi, con gran fretta andavano alla mensa, ed io di questa cosa mi feci grande maraviglia, pensando come questa morto, cioè la insensibilità, donna della vita de’ miseri, essendo forte fortificata dalla molta privazione del dolore, potee avere vittoria del pianto sanza diliberazione (1).

Secondo la mia piccola virtù e piccolo conoscimento abbo denudata e scoperta la pietra, cioè la durizia, e le fraude e gl’inganni e le piaghe di questa dura e smaniosa e pazza insensibilità. Insegnare più contra essa con parole, non me ne pate il cuore; ma qualunque è quegli, che per esperienzia con Dio abbia potenzia d’insegnare e dare medicine contra alle piaghe sue, non ci sia pigro nè tardo, però ch’io non mi vergogno di confessare la mia impotenzia, siccome uomo da essa fortemente legato, e le sue fraude ed industrie non pote’ da me medesimo comprendere; se non ch’io essa in alcuno luogo la presi, e per violenza la tenni e crucia’la col fragello del timore di Dio, e batte’la colla incessabile orazione, e queste cose predette mi feci confessare, onde questa tirannia malefica fu a me avviso che dicesse così: 

«Li miei confederati, vedendo li morti, ridono; stando in orazione, tutti sono di pietra duri ed ottenebrati; mentre che veggiono la sagrata mensa, cioè l’altare, ed essendo infra le cose sagre, sono irriverenti ed insensibili. 
Quando prendono il dono della Eucarestia del corpo di Cristo, tale affetto ci ànno, come se assaggiassono o gustassono un poco di pane vile. Io, disse ella, vedendo questi miei confederati essere compunti, faccione scherne. Io, disse questa insensibilità, dal padre mio che m’ingenerò, apparai d’uccidere tutti li beni, che nascono della fortezza e del desiderio dell’anima; io sono madre del riso, io sono nutricatrice del sonno, io sono amica della satollezza e della sazietà; io essendo ripresa, non mi dolgo; io m’accosto e congiungo colla infinita irreligiosità ed irriverenza.» 

Io essendo isbigottito e pauroso delle parole di questa smaniata e furiosa, dimandai per volere sapere il nome del padre che la ingenerò, ed ella disse: 

«Io non abbo una sola genitura, però che la mia generazione è mescolata e varia e non stabile. Me fortifica la satollezza, me fece crescere lo lungo tempo; me ingenerò la maligna consuetudine, la quale chi ritiene, da me già mai libero non sarà. Persevera in molta vigilia; pensando lo giudicio eternale, forse per questo un poco allenteraggio. Cerca la cagione, per la quale in te sono nata, e contra essa combatti fortemente, però ch’io non aggio una medesima cagione in ogni persona. Ora spesse fiate nelle sepolture de’ morti, e la imagine loro continuamente dipigni nel core tuo, però che se questa imagine non ci sarà dipinta e scritta collo stile del digiuno e colla penna della vigilia, giammai non mi vincerai.»

Da questa lapidea insensibilità, la quale è mortificazione dell’anima e morte della mente innanzi alla morte corporale, ce ne liberi il nostro Signore Gesù Cristo per la sua passione; della quale chi è libero, possiede grado di virtù in santificazione di vita.

Nota:1. Lo pianto toglie lo dilettamento del mangiare, e fugge da’ dilettamenti del corpo come dal suo nimico; e questi insensibili colle lagrime negli occhi correvano a mangiare; però dice questo santo che si maraviglioe, come questa morte vinceva il pianto, togliendo la propietà e la potenzia del pianto.

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GRADO XVIII 

De insensibilidad, que la mortificación del alma y la muerte de la mente, antes de que venga la muerte del cuerpo.

El entumecimiento de la corporación sí sí paneles mortificamento espíritus es una de los sentimientos, la mortificamento que permanece en el corpus de la larga enfermedad que muchos, y los espíritus paneles proceder de una negligencia muy largo. La privación del dolor es una negligencia cualificado, que con el alma, y es una intención y deliberación consopita, dormir y demoró en hacer el bien, lo que deben hacer y fue creado por la audacia y la presunción de la misericordia de Dios, y es un aprendizaje de la preparación espiritual, para que luego entra en la preparación de la carne, que cadimenti carnal, y es un lazo fuerte y corbata, que más tarde se derrite el alma, y es una locura y la ignorancia y la debilidad de la compunción, y es un Mark-a la desesperación, y es la madre de dimenticamento y discordamento de su propia salud, y la hija de discordamento ella, sin embargo, que la salud del alma procede discordamento durizia del corazón, y es destierro del miedo. 

Ese hombre que se queja del peligro de su alma, es un filósofo sabio tonto, para otros y para sí mismo tonto, y es uno sponitore escrito juzgado por uno mismo, y es un orador en contra de sí mismo, amando a dedicarse también hablar y ser ciego, fue el maestro de vista disputa y enseña una herida sana el alma de los demás, y la difícil situación de su alma no deja de atacar y hacerlo más grande, habla en contra de los vicios, y no por hacer lo que aumenta los vicios; biastemmia y desear el mal de sí mismo por el mal que un hecho, y incontinente atrae el mal mismo, por lo que se enoja contra uno mismo, y no se avergüenza de las palabras que un dijo. 

Contra llama y dice a sí mismo: "Me pusieron, mal hacer eso", y rápidamente lo peor, y ahora contra "el vicio con la boca, y lucha vice para ello con el cuerpo sabiamente habla de la muerte, y él es duro, sin miedo, como si fuera inmortal. Mento de la conversación de los suspiros del alma, y duerme por negligencia, como Eternale; dell'astinenzia hablar bien, y lucha garganta, y si no conturbasi lo que ama. Derecho del juicio es terrible, y comienza a reír, pensar al leer que habla de la vanagloria, y la idea de que la lección es vanagloria, pensando que ha hablado sutilmente y el pensamiento. Eva habla, muestra lo útil e incontinente mismo se sumerge en el sueño, la oración alabando palanca hacia arriba, y se escapa de este flagelo. 

La obediencia muy beatífica, y él es el primero que se rompe, él alaba a los que no les gustan las cosas violentamente, y una aguja y una tela base tiene resentimiento y peleas y no se avergüenza. Estar enojado, lamenta, y la amargura que un socket, otro affair conversaciones se enfada, y añadiendo el defecto anteriormente y defecto cadimento cadimento anterior, no se oye, si bien se sacia, que quiere hacer penitencia, y yendo un poco más lejos , está saciado aún mejor. 

El silencio dice que es bendecido, y sí lo alaba con mucha charla, enseña a otros el mititade, y esa doctrina a menudo se enfada. El aumento de la mente para pensar en su estado, lamentando suspiros, y rimutando la cabeza de la mente de ese pensamiento, otro asunto habla con el vicio es rappressa. Vitupera y culpa arroz, enseña el llanto y la sonrisa; vitupera mismo y culpa a sí mismo por algo digno de alabanza de la humildad y auto-reproche quiere comprar honor; cualidades con la de ellos en la cara con saña, y la castidad y la continencia habla mucho . Alabado ellos que son solitarios en la tranquilidad, él vive en el mundo, y no considera que se confunde; glorifica a los que son misericordiosos, y dice que impropera y grosería de "pobres siempre jamás acusador de sí mismo, y el sentimiento de auto- no quiere venir (no vo 'no se puede decir eso). Vi a muchos de estos hombres, que oyeron hablar de la muerte y los modelos de miedo giudicii, llorando, y con lágrimas en los ojos, con mucha prisa fue a la cafetería, y de esta cosa que hice con gran sorpresa, pensando como esta muerto, que es la falta de sensibilidad , mujer de la vida de "miserable, ser fuerte fortificado por un montón de dolor privación, Potee tienen grito de victoria sin deliberación (1).


En mi virtud poco pequeña y suscriptores de descubrimiento de conocimientos desnudaron y la piedra, que es el durizia y fraude y engaños y las heridas de esta insensibilidad loco y duro y con ganas.Enseñar más contra él con palabras, no me pate el corazón, pero sea lo que sea lo que Dios tiene para experiencial con potencial para enseñar y dar medicamentos contra los males de la suya, no hay ni perezosa tarde, pero no hizo ningún vergüenza de confesar mi impotenzia, ya que fuertemente ligada al hombre, y su fraude y las industrias no podía "entender por mí mismo, si no en cualquier lugar que lo tomé, y la sostuvo por la violencia y con crucia'la fragello el temor de Dios, y la oración batte'la pegamento incessabile, y estas cosas de arriba me confieso, a esta tiranía del mal era para alertarme que dijo lo siguiente: 

"Mi confederados Li, al verlos muertos, risa, de pie en la oración, todo son de piedra dura y oscura, mientras que Sagrata veggiono la mesa, es decir, el altar, y está por debajo de los festivales cosas, son irrespetuosos e insensible. Cuando toman el don de la Eucaristía, el cuerpo de Cristo, este año nos amamos, como si assaggiassono gustassono o un poco de pan vil. Me dijo que vio a estos mis cómplices ser pinchado, scherne cara grande. Me dijo que esta falta de sensibilidad, de mi padre que m'ingenerò, apparai para matar a todos los bienes que nacen de la fortaleza y el deseo del alma que yo soy una madre de arroz, soy nutricatrice de sueño, soy un amigo de satollezza y la saciedad, ya que disparar, no me arrepiento, me acerco a ella y me congiungo irreligión cola infinita e irreverencia. "isbigottito y yo tener miedo de las palabras de este smaniata y furioso, dimandai quiere saber el nombre del padre que engendra, y ella dijo: "Yo no soy un suscriptor único parentesco, sin embargo, que mi generación es mixta y variada y estable no. 

Satollezza me conforta, me hizo crecer mucho, me engendró el mal hábito, que aquellos que creen que nunca he no ser libre. Persevera en mucho antes, pensando que el Eternale juicio, tal vez esto allenteraggio un poco. Encuentre la causa por la que habéis nacido en, y luchar con fuerza contra ella, pero no ay la misma razón que en cada persona. Ahora, muchas veces en los entierros de "muerto, e imagina que se dipigni en su núcleo, sin embargo, si la imagen no será pintado y escrito estilo del cuello rápido y con su pluma el día anterior, yo nunca ganan". 



De esta insensibilidad pedregoso, que es la mortificación del alma y la muerte de la mente antes de la muerte del cuerpo, prohíben a nuestro Señor Jesús Cristo por su pasión, que el que es libre, tiene grado de virtud en la santidad de la vida.

Nota: 

1. Llorando elimina la dilettamento de comer y huyendo de "cuerpo dilettamenti como su enemigo, y éstos insensible, con lágrimas en los ojos corrió a comer, pero él dice que este maraviglioe santo, como esta muerte ganó las lágrimas, la eliminación de las propiedades y el potencial de la planta.


Testo preso da: * Il santo della scala: Giovanni Climaco 


http://www.ortodossia.it/w/media/com_form2content/documents/c17/a2081/f255/climaco_scala.pdf



Santi angeli custodi 

preservateci 

da tutte le insidie del maligno.