- A commento dell'articolo Il fumo di Satana nella Chiesa
di Mario Palmaro e Riccardo Cascioli,
pubblicato qui.
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ENE ha fatto Palmaro a denunciare il silenzio assordante dei Pastori nell'attuale crisi della società e della Chiesa, dicendosene scandalizzato ed invitando i Cattolici a gridare dai tetti la loro indignazione.Perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola – che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. [...] Qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.
Ed è partendo da questo magistrale e appassionato articolo che ci sentiamo spronati a cercare le cause di questa situazione, il momento in cui queste cause si sono attivate e il motore di queste cause. Più semplicemente: cosa, quando, da parte di chi.
Sentire il Prefetto del Sant'Uffizio che nega la Sacra Verginità della Madonna o mette in dubbio la Presenza Reale; leggere interventi di Prelati che legittimano ed auspicano tolleranza per i gay; ascoltare le uscite di Bergoglio sulla divorziata che ha abortito e merita misericordia, o il Chi sono io per giudicare? ci permette di riconoscere in questi episodi la dissonanza con l'insegnamento dottrinale e morale della Chiesa, ma non ci spiega come sia possibile che, in cinquant'anni di postconcilio, i Vescovi siano giunti ad insegnare eresie, la Gerarchia a diffondere errori dottrinali, il Papa a sconfessare i suoi Predecessori.Il Principe di questo mondo ha un proprio modus operandi, collaudato e sperimentato nei millenni di storia, dalla creazione di Adamo ad oggi. Non ha mai cambiato una virgola alla strategia con cui trascina all'Inferno le anime. Il Mondo, la Carne, il Diavolo: ecco i nemici, i responsabili della distruzione e della dissoluzione di questa infelice società ribelle a Dio.E se il metodo di Satana è sempre il medesimo, bisogna riconoscere tuttavia che, dalla costituzione della Chiesa sul Golgota, esso si è sempre dovuto scontrare con i Sacri Pastori, vigili custodi della Verità e coraggiosi annunziatori del messaggio salvifico di Nostro Signore. Per quante rivoluzioni egli abbia scatenato nella società, Lucifero non è mai riuscito a distruggere la Cittadella Santa. Tutte le eresie, gli scismi, le ribellioni contro la Chiesa si sono schiantati miseramente contro i saldi bastioni della dottrina, della morale e della spiritualità di Papi, Vescovi, sacerdoti, religiosi e pensatori cattolici. Molti di essi hanno meritato di essere elevati agli onori degli altari proprio per la strenua difesa della Verità rivelata, e per la testimonianza eroica della fedeltà a Cristo e alla Sua Sposa.Il Mondo, la Carne, il Diavolo
Per demolire l'opera mirabile della Creazione e vanificare quella divina della Redenzione, era quindi necessario entrare nel Sacro Recinto, corromperlo dall'interno e poter così distruggere la Chiesa nella propria essenza. L'opera di corruzione doveva colpire i singoli, prima di potersi allargare all'intero corpo ecclesiale. Ecco allora entrare in gioco, in seno alla Gerarchia, il Mondo, la Carne e il Diavolo.Il Mondo, dinanzi al quale molti Vescovi e fin troppi chierici si sentono inferiori, esclusi e disprezzati, tenta le anime consacrate con l'arma dei rispetti umani, o promettendo successo ed applausi a chi è disposto a mostrarsi conciliante, meno integralista, più aperto al dialogo. In cambio chiede la rinuncia alla predicazione della Verità, nuovo incenso da bruciare dinanzi a nuovi idoli. Per contrastare lo spirito del mondo nel Clero, serve un'opera di formazione teologica e morale senza cedimenti, un'attività di educazione costante all'esercizio delle virtù, dalla Fortezza alla vera Obbedienza, dall'Umiltà alla Giustizia. E serve lo spirito di preghiera e di raccoglimento, la frequenza della Confessione, della Comunione, l'abitudine alla meditazione, allo studio, al silenzio. Occorre bandire dai Seminari la profanità, la promiscuità con i laici, la dissipazione.La Carne - perfida seduttrice, nemico che ciascuno di noi si porta accanto - corrompe l'anima e profana i corpi dei chierici, che pure dovrebbero essere tabernacolo vivente della Ss.ma Trinità, e per i quali la sola idea di essere degli alter Christus dovrebbe infondere orrore per l'impudicizia, la lussuria, l'abbandono ai sensi. Lasciati a se stessi da una chiesa che pensa solo a piacere al secolo, i sacerdoti hanno smesso di pregare, di celebrare quotidianamente la Santa Messa e di recitare il Breviario, di indossare l'abito che li separa dal mondo: scendendo ogni giorno più in basso hanno ceduto ai piaceri della tavola, al vino, e infine hanno spezzato il cristallo della Santa Purezza che li rendeva più simili al Salvatore. Il prevosto con l'amante in canonica, il Monsignore col giovanetto del coro, il Porporato con la Guardia Svizzera: la cronaca svela aberrazioni che sono la conseguenza necessaria di una vita sacerdotale fallimentare, lontana dalla Grazia e dal timor di Dio, in cui lo spirito di penitenza e di sacrificio è visto come un odioso retaggio del Medioevo. A poco valgono le grida e le commissioni cardinalizie: per sanare lo sfascio morale del Clero occorre un'opera di disciplina, di vita comune, di rieducazione allo spirito di sacrificio, alla vera povertà e alla mortificazione; un'opera da iniziare nei Seminari e nei Conventi, anzitutto, con direttori spirituali esperti e che siano essi per primi esempio delle virtù che pretendono dai giovani loro affidati. E sarebbe da ridiscutere l'opportunità di ammettere agli Ordini le cosiddette vocazioni adulte, che ormai provengono da un mondo secolarizzato e non possono quindi essere formate nel carattere.Il Diavolo infine: una volta sparsi copiosi i semi della corruzione in un terreno che non è arato dalla preghiera e dal digiuno, è ormai semplice prendere possesso totale dell'anima peccatrice, accecata nell'intelletto, indebolita nella volontà e schiava dei vizi. E se questo dominio satanico è disastroso per un laico, immaginiamo quale danno incommensurabile può causare in un ecclesiastico corrotto, che viva in uno stato di peccato mortale abituale e di sacrilegio ripetuto. Un danno che non si limita a sé - come non si limita a nessun membro della Chiesa, in virtù della Comunione dei Santi - ma che si espande, si comunica ai Confratelli, ai Superiori, ai sudditi. Come potrà un sacerdote ammonire il fedele adultero, o la ragazza che convive col fidanzato, o l'amministratore disonesto, quando colpe ben peggiori allignano nel suo petto? Come potrà egli predicare dal pulpito la castità coniugale, l'umiltà vera, la vera obbedienza, la santa povertà, quando egli per primo non pratica le virtù? Quando sfoggia l'ultimo modello di cellulare e di occhiali da sole, mentre la sua chiesa è spoglia come un garage? Ecco allora i discorsi da sindacalista, le petizioni ambientaliste, la solidarietà sostituita alla Carità. E l'insensibilità dinanzi alla menzogna eretta a verità, dinanzi alla Verità relativizzata, alla bestemmia legalizzata. Forse dovrebbe essere proprio l'assenza di un moto di ribellione di certi Prelati davanti al vilipendio di Dio e dei Santi a farci capire a cosa tengano veramente costoro. Indicativamente, lo sdegno che suscita in questi Eccellentissimi un prete che osa criticare la Dignitatis humanae o il pantheon di Assisi fa il pari con il silenzio pavido dinanzi agli spettacoli blasfemi della Biennale o alla profanazione delle chiese. Ma per sanare questa piaga purulenta, serve l'Autorità: e parliamo della vera Autorità, quella del padre che punisce severamente il figlio ribelle, del padrone della vigna che chiede conto ai vignaioli, non di chi abusa del potere che ha per colpire l'innocente. Serve un repulisti nei Sacri Palazzi, nelle Curie, nei Seminari, nei Conventi, nelle Università, nelle parrocchie. Chi ha profanato la veste che (non) indossa dev'essere allontanato, in modo che non possa più arrecare danno alla Chiesa e ai fedeli, e perché possa ritrovarsi a tu per tu con se stesso e meditare sulle proprie gravissime colpe. Usare misericordia in questi casi è un gesto improvvido, perché è in questione l'onore di Dio e la salvezza delle anime, che sono il fine stesso della Chiesa.Il momento
Una volta corrotti i singoli e dopo averli stretti con le catene del vizio, farne delle quinte colonne del Maligno è cosa semplice. Ecco allora aperte le porte al fumo di Satana, entrato col Concilio e fatto respirare ai semplici fedeli, costringendoli a credere, in nome dell'obbedienza, che si tratti di aria pura, mentre essi ne soffocano.Sappiamo quindi che lo stato di dissoluzione della società e della Chiesa trova in Satana il proprio artefice primo e nelle anime perdute i suoi cooperatori. Nihil sub sole novi. Rimane da individuare quando quest'opera di perversione del Clero abbia avuto inizio, e come si sia sviluppata in seno alla Chiesa sino a sfigurarla.Per comprendere il momento in cui ha avuto inizio l'attacco alla Chiesa sarebbe sufficiente leggere i numerosi scritti di eminenti studiosi sui piani della Massoneria, dai quali si ha prova che i nemici hanno saputo organizzarsi, individuando i tempi e i modi del loro infame disegno. Sin dal Settecento, e maggiormente nell'Ottocento la setta si è adoperata per infiltrarsi nella Chiesa, trovandosi di fronte l'opposizione fermissima dei Papi e del Clero. Il modernismo, frutto teologico della rivoluzione, fu condannato senza appello da San Pio X; i suoi seguaci furono snidati, scomunicati e allontanati. Ma nei decenni successivi alcuni riuscirono a non farsi notare, e fecero carriera. Già sotto Pio XII vi erano molti Prelati e chierici, dissimulati in uffici marginali, che si sarebbero poi resi protagonisti degli esiti del Concilio e del postconcilio. Mons. Bugnini, la cui appartenenza alla Massoneria non è un mistero, partecipò alla riforma della Settimana Santa negli anni Cinquanta, e già in quel rito, pur perfettamente ortodosso, si scorgono le prove generali della Riforma liturgica postconciliare. Mons. Montini, allora in Segreteria di Stato, mandava già dispacci oltre cortina per informare i servizi segreti sovietici delle attività del Vaticano. Il Nunzio Roncalli frequentava già la Loggia a Parigi.
Il colpo da maestro di Satana si ebbe con il Concilio: è da questo momento che la Chiesa è messa a tacere, narcotizzata, mentre inizia a farsi strada il verbo della nuova chiesa conciliare, aperta alle istanze della contemporaneità (il Mondo), disponibile a discutere i temi morali (la Carne) e a cambiare la propria dottrina e la propria liturgia (il Diavolo). Non prendiamoci in giro: fingere che esista un'entità astratta Concilio estranea alle manovre di quanti cooperarono alla redazione dei suoi documenti ed alla invenzione delle sue equivoche dottrine è da irresponsabili.
In nome di che cosa, infatti, fu proibita la Messa cattolica per sostituirla con un culto riformato, fatto preparare da un'accolita di eretici? In nome del Concilio e del dialogo ecumenico.
In nome di cosa, la Chiesa rinunciò ad essere Madre e Maestra, riducendosi a matrigna e serva, tacendo la Verità dell'immutabile Magistero ed insegnando dottrine in aperto contrasto con i solenni pronunciamenti dei Papi preconciliari? In nome del Concilio e della Gaudium et spes.
In nome di cosa Giovanni Paolo II ha potuto celebrare il pantheon di Assisi, con gl'idoli sui tabernacoli e gli sgozzamenti di polli nel tempio di Dio? In nome di cosa egli si è fatto segnare la fronte col marchio di Shiva e ha baciato il Corano? In nome del Concilio, naturalmente.
In nome di cosa si racconta agli Ebrei la menzogna dell'Alleanza mai revocata loro, quando la Sacra Scrittura e il Magistero insegnano che il nuovo Israele è la Chiesa Cattolica? In nome del Concilio e della Nostra Aetate.
In nome di che cosa i Papi degli ultimi quarant'anni vanno affermando che i Maomettani adorano il nostro stesso Dio? In nome del Concilio e della Dignitatis humanae.
In nome di cosa la Segreteria di Stato si è adoperata perché moltissime Nazioni rinunciassero a riconoscere nel Cattolicesimo la Religione di Stato? In nome del Concilio e della laicità dello stato da esso auspicata.
Si noti che, nella desolazione di questo secolo schiavo dei vizi, e nella più colpevole corruzione del Clero, le armi spirituali che servirebbero per combattere il Mondo, la Carne e il Diavolo sono stati abbandonati, disprezzati e dimenticati contestualmente a quando con il Concilio è stato sferrato l'attacco più tremendo contro la Chiesa. E sono stati dimenticati non solo dai laici, povere vittime degli experimenta conciliari, ma dagli stessi preti, che oggi ne ridono.
La mancanza di armi spirituali
Quale segregazione dal mondo per il chierico che si sente ripetere dal suo stesso Vescovo che egli è solo uno come gli altri, e che come tale deve vestirsi e comportarsi? Quale spirito di preghiera e di raccoglimento, se la stessa liturgia è tutta un alzarsi e sedersi, prendere il libretto dei canti, darsi la mano, Ascoltaci Signore, e mai un solo momento di silenzio, in ginocchio, dinanzi alla Divina Maestà? Quale penitenza e sacrificio, se ormai si digiuna sì e no il Venerdì Santo, e la disciplina è derisa dall'Autorità medesima o convertita ipocritamente in astinenza dalla televisione? Quale profondità di studi, se nei Seminari non si insegna praticamente più Dogmatica, se si hanno docenti eretici e professori di Sacra Scrittura modernisti? Quale esercizio di povertà, quando le case di certi parroci hanno il televisore al plasma, l'impianto a circuito chiuso e l'aria condizionata? Quale virtù della purezza e della castità, se si inizia dal Noviziato a chiamarsi al femminile tra confratelli e si può entrare e uscire dal Convento, in borghese, senza render conto di dove si va e di chi si incontra?
Chi ha dato la stura alla dissipazione nei Seminari? Chi ha spogliato i chierici della loro veste? Chi ha brutalizzato la liturgia? Chi ha svuotato le chiese, se non il Concilio? Nessun evento fu mai tanto tragico e devastante, ed il postconcilio rappresenta solo l'attuazione coerente e necessaria delle sue premesse. I farneticamenti di Presuli che si prostrano dinanzi alle istanze del mondo sono la dimostrazione che essi hanno ormai lasciato cadere la maschera e si ritengono liberi di poter affermare cose che in altri tempi sarebbero loro valse la degradazione.
Non ci si stupisca se gli artefici di questa guerra a Cristo vogliono ora canonizzare i Papi del Vaticano II: essi cercano di canonizzare questo con quelli, renderlo intoccabile, unico vero superdogma della setta conciliare. E quando quest'ultimo Papa avrà dato il colpo di grazia al fatiscente edificio della Chiesa, lo si giubilerà senza tanti complimenti, per instaurare un ennesimo organo collegiale che governi al posto del Vicario di Cristo. Senza volto, senza nome, senza responsabilità.Concilio e postconcilio
Molti ingenui si sono lasciati sedurre dalla favola secondo la quale il postconcilio rappresenterebbe un momento di distorsione e travisamento del Concilio: si dovrebbe quindi accettare il Concilio e respingere il postconcilio. Accettiamo per assurdo che questa proposizione sia vera. Ciò implica che la Sacra Gerarchia del periodo conciliare e postconciliare era ancora sana e che al suo interno non erano da tempo infeudati i nemici della Chiesa. Accettiamo anche questa proposizione. Quindi non era cambiato nulla tra il pre e il post, a livello di Papa, Cardinali e Vescovi, e quanti erano lodati ed incoraggiati per il loro zelo pastorale prima del Concilio lo furono anche dopo, giusto? E che chi era condannato e scomunicato prima del Concilio ebbe egual sorte anche dopo, no?
Qui si infrangono i tentativi di deresponsabilizzare il Concilio e di addossare la responsabilità dello sfacelo attuale ad una serie di eventi che nulla ha a che vedere con l'augusta assise. Ci piacerebbe chiedere a questi ingenui come mai, guarda caso, i buoni di ieri oggi vengono perseguitati, sospesi, scomunicati; mentre gli eretici di ieri, appena iniziato il Concilio, furono chiamati a prendervi parte attiva, ed ora insegnano in prestigiosi Atenei pontifici e sono Consultori in qualche Congregazione romana, se non ricevono addirittura la berretta cardinalizia. Chi è che ha loro conferito la Porpora? Chi ha approvato la loro nomina in Dicasteri strategici o li ha promossi a capo di una importante Diocesi? Chi li ha invitati ad esprimere le loro opinioni in materie, per le quali sino al 1960 essi erano viceversa scacciati e i loro libri messi all'Indice? Fu il postconcilio, o piuttosto furono i Papi del Concilio, a dare inizio alla caccia alle streghe per allontanare la parte del Clero non ancora infettata? Chi fu che firmò quel decreto, quella nomina, quella promozione? Il postconcilio o Giovnni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II?
Abbiamo quindi dimostrato che tra Concilio e postconcilio non vi è sostanziale differenza, in quanto il primo è premessa necessaria del secondo, e il secondo è necessaria conseguenza del primo. Si potrebbe dire che il postconcilio fu semplicemente la parte esecutiva del Concilio.
Lo scrupolo: dentro o fuori la Chiesa?
Alcuni fedeli si interrogano se, a causa della disobbedienza ai Sacri Pastori, essi non si pongano de facto fuori dalla Chiesa. Vi è chi insinua che anche il semplice dissenso verso il Sacrosancto Concilio Ecumenico Vaticano II basti ad allontanarsi da Pietro, senza il quale non vi è la vera Chiesa.
Si potrebbe osservare che l'obbedienza è ordinata, come tutte le virtù, al bene, e che occorre quindi obbedire solo a comandi buoni, e solo limitatamente alla specifica autorità di chi comanda. Per esempio, si ha l'obbligo di obbedire al Vescovo quando, per il bene delle anime della sua Diocesi impone un digiuno tutti i mercoledì dell'anno. L'ordine è orientato al bene, il Vescovo ha autorità sui propri sudditi e la sua autorità ha competenza nel comandare un digiuno. Ma se il Vescovo, per impedire la diffusione della Messa tridentina nella propria Diocesi, disobbedisce al Papa e vieta ai fedeli che lo chiedono legittimamente di avere la celebrazione domenicale, in questo caso l'ordine ha un fine cattivo, e il Vescovo non può legiferare contro un ordine superiore del Papa, e la sua autorità è nulla.
Ma a parte questo aspetto, occorre sfatare il mito secondo cui il Cattolico che, con retta intenzione e ponderazione, osa criticare aspetti negativi della Chiesa si metta ipso facto al di fuori di essa, mentre chi si macchia di gravi colpe dottrinali o morali abbia pieno titolo per rivendicare il proprio ruolo e considerarsi a tutti gli effetti Cattolico. Questa è una solenne sciocchezza, non ha senso! (secondo la battuta di un comico famoso). Non ha senso perché la dottrina insegna che un Pastore ha ricevuto il proprio ufficio per custodire intatto e predicare fedelmente il depositum Fidei. Se egli abusa della mitria o della tiara pur metaforica che indossa, per modificare e distorcere il depositum Fidei la sua autorità viene meno, dal momento che la sua finalità è pervertita e che il Signore non lo ha costituito in autorità per disobbedirGli. Quindi è l'eretico che si mette fuori dalla Chiesa, anche se è un Vescovo o il Prefetto di una Congregazione. E chi ne denuncia gli errori o le colpe si comporta da vero Cattolico Apostolico Romano: il sigillo impresso alla Cresima ci ha resi atleti e soldati di Cristo, ed è in nome di quell'unzione che un laico o un semplice chierico ha pieno diritto di chiedere e pretendere dai suoi Superiori di conformarsi ai principi dai quali deriva la loro autorità: non possono governare la Chiesa e le Diocesi in nome di Cristo, e poi affermare ciò che Cristo stesso ha condannato. Non ne hanno il diritto, e dovranno rispondere dinanzi al Trono di Dio dei danni spirituali causati alle anime loro affidate.Baronio
"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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sabato 11 gennaio 2014
Il Mondo, la Carne, il Diavolo
venerdì 23 novembre 2012
S. Giovanni della Croce / San Juan de la Cruz: BUSCANDO ...
.......
...
PER ME SI VA NE LA
CITTÀ DOLENTE
PER ME SI VA NE L'
ETTERNO DOLORE
PER ME SI VA TRA LA
PERDUTA GENTE.
GIUSTIZIA MOSSE IL
MIO ALTO FATTORE:
FECEMI LA DIVINA
POTESTATE,
LA SOMMA SAPIENZA E
'L PRIMO AMORE.
DINNANZI A ME NON
FUOR COSE CREATE
SE NON ETTERNE, E
IO ETTERNO DURO.
LASCIATE OGNE
SPERANZA, O VOI CH' INTRATE!
Suddette parole, nere come pece, vidi incise sullo
stipite di una porta, entrata della voragine infernale.
/// Leyendo el Doctor Mistico es bueno no olvidar el Dante Alighieri. Leggendo san Giovanni della Croce è cosa ottima non dimenticare Dante A. ///
*
/// Leyendo el Doctor Mistico es bueno no olvidar el Dante Alighieri. Leggendo san Giovanni della Croce è cosa ottima non dimenticare Dante A. ///
STROFA
3
Buscando mis amores,iré por esos montes y riberas;ni cogeré las flores,ni temeré las fieras,y pasaré los fuertes y fronteras.
In cerca dei miei amori
mi spingerò tra i monti e le riviere,
non coglierò fiori
né temerò le fiere,
1. All’anima non bastano i gemiti e le preghiere né l’aiuto
d’intermediari per conversare con l’Amato, come ha fatto nelle precedenti
strofe, ma insieme a questo ella stessa deve mettersi a cercarlo. Questo è il
pensiero che esprime nella presente strofa: cercare l’Amato, esercitandosi
nelle virtù e nelle mortificazioni della vita contemplativa e attiva. A tale
scopo, non ammetterà alcun piacere o comodità, né basteranno a fermarla o ad
ostacolarle il cammino tutte le forze e le insidie dei tre nemici dell’anima: il
mondo, il demonio e la carne. Perciò dice: In cerca dei
miei amori,
2. cioè del mio Amato, mi spingerò tra i monti e le
riviere.
3. Essa chiama le virtù monti, anzitutto per la loro
altezza e poi per le difficoltà e la fatica che si affrontano nel salirvi,
quando si esercita nella vita contemplativa. Chiama, inoltre, riviere le
mortificazioni, gli atti di umiltà e il disprezzo di sé, quando esercita queste
cose nella vita attiva; infatti, per acquisire le virtù, sono necessarie l’una
e l’altra vita. Il che, dunque, equivale a dire: per cercare il mio Amato
metterò in opera le alte virtù e mi umilierò nelle mortificazioni e negli
esercizi più modesti. Dice questo perché la ricerca di Dio consiste nel fare il
bene in lui e mortificare il male in sé, come si dice dopo: non coglierò
fiori.
4. Poiché per cercare Dio si richiede un cuore spoglio e
forte, libero da tutti i mali e da tutti i beni che non siano esclusivamente
Dio, nel verso presente e nei seguenti l’anima parla della libertà e della
forza necessarie per cercarlo. Sostiene, quindi, che non si fermerà a cogliere
i fiori che troverà lungo il cammino e che rappresentano tutte le voglie, le
soddisfazioni e i piaceri che le si possono offrire in questa vita: tutto
questo potrebbe ostacolare il cammino, se volesse coglierli e goderli. Gli
ostacoli sono di tre tipi: terreni, sensibili e spirituali. Sia
gli uni che gli altri occupano il cuore e impediscono lo spogliamento
spirituale richiesto per camminare direttamente nella via di Cristo, se l’anima
dovesse soffermarvisi od occuparsene. Per cercare Cristo, afferma che non si
attarderà a cogliere cose del genere. È come se dicesse: non riporrò il mio
cuore nelle ricchezze e nei beni offerti dal mondo, né accoglierò le
consolazioni e i piaceri della mia carne, né indugerò nei gusti e nei conforti
del mio spirito, per non essere trattenuta nella ricerca dei miei amori per i
monti delle virtù e delle fatiche. Dicendo così, segue il consiglio che dà il
profeta Davide a coloro che percorrono questo cammino: Divitiae si affluant,
nolite cor apponete: Anche se abbondano le ricchezze, non attaccatevi il
cuore (Sal 61,11). Questo vale sia per le soddisfazioni sensibili che per
gli altri beni terreni e le consolazioni spirituali. Ne segue che non solo i
beni terreni e i piaceri corporali impediscono e ostacolano il cammino verso
Dio, ma anche le consolazioni e i conforti spirituali, se posseduti o cercati
con attaccamento, impediscono di seguire la via della croce dello Sposo Cristo.
Chi vuole progredire, quindi, non deve attardarsi a cogliere questi fiori.
Non solo, ma deve avere anche il coraggio e la forza per dire: né temerò le
fiere, ma passerò i forti e le frontiere.
5. In questi versi l’anima cita i suoi tre nemici – il
mondo, il demonio e la carne – che le fanno guerra e rendono difficile il
cammino spirituale. Per fiere intende il mondo, per forti
il demonio e per frontiere la carne.
6. Chiama fiere il mondo perché, all’anima che
inizia il cammino di Dio, il mondo si presenta nell’immaginazione come una
fiera che minaccia e spaventa, soprattutto secondo tre maniere. La prima le fa
pensare che perderà il favore del mondo, gli amici, la stima, il prestigio e
persino il patrimonio. La seconda – una fiera non meno terribile – le fa vedere
quanto dovrà soffrire non avendo più le gioie e i piaceri del mondo e non
provando più le sue lusinghe. La terza, ancora più grande, le fa pensare che le
si solleveranno contro le male lingue, deridendola e beffeggiandola con
motteggi e burle, e sarà stimata pochissimo. Simili minacce di solito si
presentano ad alcune anime tanto da rendere loro difficilissima non solo la
perseveranza contro queste fiere, ma anche la possibilità d’intraprendere il
cammino.
7. Ad alcune anime più generose, però, spesso si presentano
altre fiere più interiori e spirituali: difficoltà e tentazioni, tribolazioni e
prove di vario genere che esse dovranno affrontare. Dio invia tali fiere a
coloro che vuole elevare a una perfezione maggiore, provandoli ed purificandoli
come l’oro sul fuoco, secondo quanto afferma Davide: Multae tribulationes
iustorum, cioè: Molte sono le sventure dei giusti, ma li libera da tutte
il Signore (Sal 33,20). Tuttavia l’anima profondamente innamorata, che
stima il suo Amato più di ogni altra cosa, fidandosi del suo amore e del suo
favore non teme di dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le
frontiere.
8. Chiama forti il secondo nemico, i demoni, perché
essi cercano con grande forza di sbarrare il passo di questo cammino e anche
perché le loro tentazioni e astuzie sono più forti e dure da superare e più
difficili da riconoscere rispetto a quelle del mondo e della carne. Inoltre i
demoni si rafforzano con gli altri due nemici, il mondo e la carne, per muovere
un’aspra guerra all’anima. Per questo Davide, parlando di essi, li chiama forti:
Fortes quaesierunt animam meam: I forti insidiano la mia vita (Sal
53,5). A questa forza si riferisce anche il profeta Giobbe quando dice che non
c’è sulla terra potere paragonabile a quello del demonio e tale che di
nessuno debba aver paura (Gb 41,24 Volg.), cioè nessun potere umano può
essere paragonato al suo. Solo il potere divino, quindi, può vincerlo e solo la
luce divina può scoprire i suoi inganni. Ecco perché l’anima che deve vincere
la sua forza non potrà riuscirvi senza la preghiera, né potrà scoprire i suoi
inganni senza l’umiltà e la mortificazione. Per questo san Paolo, volendo
mettere in guardia i fedeli, usa queste espressioni: Induite vos armaturam
Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est vobis colluctatio
adversus carnem et sanguinem: Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter
resistere alle insidie del diavolo; la nostra battaglia, infatti, non è contro
creature fatte di sangue e di carne (Ef 6,11-12). Per sangue intende
il mondo e per armatura di Dio la preghiera e la croce di Cristo, ove
risiedono l’umiltà e la mortificazione di cui ho parlato.
9. L’anima aggiunge che passerà oltre le frontiere,
con le quali – ripeto – indica le ripugnanze e le ribellioni che la carne
solleva naturalmente contro lo spirito. Come dice san Paolo: Caro enim
concupiscit adversus spiritum: La carne ha desideri contrari allo Spirito(Gal
5,17), e si pone quasi sul confine ostacolando il cammino spirituale. L’anima
deve andare oltre queste frontiere, superando le difficoltà e abbattendo con la
forza e la determinazione dello spirito tutti gli appetiti sensuali e le
affezioni naturali. Difatti, finché questi persisteranno nell’anima, lo spirito
sarà talmente soggiogato da non poter andare avanti verso la vera vita e il
diletto spirituale. Tutto questo ci fa ben comprendere san Paolo quando
afferma: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis: Se con l’aiuto
dello Spirito voi fate morire le opere della carne, vivrete (Rm 8,13).
Questo dunque è l’atteggiamento che, secondo la presente strofa, l’anima
ritiene opportuno adottare lungo il cammino di ricerca del suo Amato. Vale a
dire: costanza e arditezza per non abbassarsi a cogliere i fiori, coraggio per
non temere le fiere e forza per superare i forti e le frontiere, con l’unico
scopo di andare sui monti e lungo le riviere delle virtù, come ho spiegato
sopra.
Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis
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