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lunedì 25 gennaio 2016

Caravaggio: La conversione di San Paolo


Caravaggio: La conversione di San Paolo
di Alessio Varisco

La conversione di San Paolo, Caravaggio, 
1600/01 - olio su tela, 230x175 cm
Roma, Santa Maria del Popolo 


Il famoso dipinto “La conversione di San Paolo” eseguito da Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è stato realizzato dal pittore all’età di trent’anni ed è custodito presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo in Roma, all’interno della Cappella Cerasi.
La tela, di grandi dimensioni, è stata dipinta poco dopo quella presso la Chiesa di San Luigi dei Francesi in Roma, per la Cappella Contarelli ove l’elemento luce squarcia la penombra del locale mettendo in evidenza la povertà e lo squallore. Non dimentico di quest’atmosfera di luce, a circa un anno di distanza, gli viene commissionata un’altra conversione, non più del Discepolo –Matteo-, bensì dell’«Apostolo delle Genti»: Saulo di Tarso. Il modo scattante ed intimamente personalistico di trattare il dato religioso ne fanno un esempio significativo ed un continuum della descrittività mistica della luce nelle scene sacre.
La grande tela (2.30x1.75 mt) propone la conversione sulla via per Damasco[i].

Inconsueta l’ambientazione: la scena è una semplice stalla, una postazione poco prima la città cui Saulo era diretto.Testimoni della vicenda soprannaturale: il cavallo, che occupa più della metà del dipinto, un anziano palafreniere che appena s’intravede sulla destra del dipinto, dietro il muscoloso collo possente del destriero. Paolo, invece, è riverso a terra, rappresentato nell’istante successivo a quella «luce del cielo – che [n.d.r.] - gli folgoreggiò intorno» abbattendolo al suolo.

L’ambientazione poverissima, come la “Vocazione di Matteo”, è scabra, spoglia tanto da parere ai suoi contemporanei perfino blasfema; invece è la luce la vera ed autentica costruzione del dipinto che fa la protagonista principale del teatro della vicenda

Manifestazione della divinità, una sorta di teofanìa nel compiersi meccanico, coatto, di semplici azioni quotidiane; è un farsi prossimo del Dio nella storia nella semplicità. In questa tela proviene dall’alto, una sorta di folgore divina, che squarcia la tenebra del paganesimo, dell’indifferente, del persecutore, del calunniatore. 

Quest’elemento cardine colpisce Saulo che cade; tutto è specchio di quella Fonte, ogni superficie, il bel mantello porpora di Saulo, il mantello pezzato del cavallo, i piedi nudi dell’anziano scudiero. Tutto si impressiona di quella luce, riverbera di quella potenza. 

Ma non è il mero significato simbolico che impressiona, bensì l’inquietante realismo di un corpo non ancora completamente caduto. Si scorge il moto ancora attivo delle gambe, inclinate, le braccia alzate, gli occhi accecati dalle palpebre chiuse in segno di difesa da quel bagliore. E’ un crescendo: la spada alla sinistra affrancata alla cinta è lontana, non può difenderlo, è lì al suo fianco predata come il padrone. 

Sbigottiti per lo stupore gli attori di questa scena e anche noi osservatori, dal pathos evocativo caravaggesco.
Il cavallo è in una posa singolare: l’anteriore destro è rialzato, d’istinto per non calpestare il cavaliere caduto. Mentre il palafreniere è anch’egli accecato dalla folgore divina che ha colpito Saulo, l’unico testimone, cosciente ma  impossibilitato
 a comunicare la dinamica dei fatti, è il cavallo con l’occhio aperto e rivolto al suo cavaliere[ii].

Nella prima versione del dipinto, rifiutata dai committenti, la scena presentava il Salvatore nel momento in cui chiedeva «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Mentre nella versione ultima, quella a noi giunta la presenza della divinità è ancora
 più accorata, resa nell’assenza[iii],  che ci fa percepire la fragilità di Paolo [iv] di fronte alla soprannaturale maestosità della Manifestazione celeste.




 


[i] La conversione di Saulo è descritta dall’evangelista Luca in At 9, 1-9  e 26, 1-23 ove si narra che questo persecutore diretto in Siria, verso la città di Damasco, viene folgorato da una luce divina che lo scaraventa a terra e lo rende cieco per tre giorni. Saulo ebbe così modo di conoscere la potenza del Cristo, personalmente, che lo rimprovera per la sua condotta verso i cristiani. Di qui la conversione, l’adesione e la ferma attività di proselito presso le “genti”. Paolo, così si farà chiamare, sarà testimone-annunciatore fra i più convinti del Signore. L’iconografia cristiana ce lo propone solitamente imbracciante spada e scudo in atto di difesa della fede cristiana.
[ii] E’ impressionante come Caravaggio conosca i fenomeni dell’ottica percettiva negli esseri viventi: l’uomo ha un campo visivo di 120-180° mentre il cavallo ha un campo più complesso bioculare e non vede ciò che può vedere un uomo, quindi anche dinanzi a fonti luminose accecanti per l’uomo può reagire in altro modo.
[iii] Vera ed esasperata ridondante presenza, urlata nell’urlo afono della “non presenza”.
[iv] Questa “fragilità” è l’emblema dell’umanità che ancora non conosce Dio.



*

VERSIONE ODESCALCHI

Quest’altra versione è stata realizzata sempre nello stesso lasso di tempo in cui è stata dipinta la prima versione di cui ci siamo occupati nel paragrafo precedente, ed oggi fa parte della collezione della famiglia romana Odescalchi, da cui prende il nome di “Caravaggio Odescalchi”.

“Conversione di San Paolo” (Collezione Odescalchi) 
Michelangelo Merisi da Caravaggio
Data di produzione: 1600-1601 Dimensioni: 237 x 189 cm 
Dove si trova: Collezione privata Odescalchi, Roma
In questa versione alternativa realizzata da Caravaggio, il momento che viene rappresentato è lo stesso della versione di cui abbiamo parlato precedentemente. L’unica differenza è che qui Gesù viene rappresentato in carne ed ossa, il quale viene sorretto da un angelo, mentre Saulo, li quale è caduto da cavallo si sta coprendo gli occhi per il bagliore ed accanto a lui, Caravaggio inserisce anche un vecchio.
Differentemente dall’oscurità dell’altra versione, qui è presente anche un fiume, ovvero l’Aniene, che arricchisce l’ambiente in cui è collocata la scena.


AMDG et BVM



lunedì 2 febbraio 2015

Attendendo l'ora della liberazione.

Dogmatica, ma non sul dogma.

Editoriale di Radicati nella fede - Anno VIII n° 2 - Febbraio 2015 [qui]
 Dogmatica su ciò che non è dogma, sembra proprio questa la situazione della Chiesa degli ultimi decenni. Mentre si lasciano i teologi e i vari pastoralisti scorrazzare in piena libertà dentro la dottrina cristiana, riformulando pericolosamente le verità di fede fino a trasformarle e sconvolgerle in qualcosa d'altro; mentre si lascia libero corso ad un fiume di predicazione che rischia di non salvaguardare l'interezza del Credo cattolico, si diventa dogmatici, fissisti, autoritari su ciò che invece non è essenziale nella Chiesa, ad esempio sull'organizzazione della pastorale nelle diocesi e nelle parrocchie.

 Un tempo, invece, nella Chiesa ci si preoccupava di salvare i dogmi, la verità e le verità contenute nel Vangelo. Un tempo, invece, si era preoccupati di custodire e trasmettere l'integrità della morale cattolica, ripetendo i comandamenti e declinandoli ai fedeli perché si esercitassero ad applicarli alla concretezza della loro vita.

 Anche nella disciplina, un tempo severa nella Chiesa, si era tali solo per salvaguardare la sana trasmissione della Grazia di Dio nell'impianto sacramentale. Si era severi nel garantire le condizioni per ricevere con frutto i sacramenti, ma, ci sembra proprio così, non si dogmatizzava sul resto. La storia della Chiesa è storia di libertà, di una grande libertà nel rispondere alla volontà di Dio. Se pensiamo ai santi, ci accorgiamo che non ce n'è uno uguale all'altro; nelle loro vite appare la grande fantasia di Dio e la grande libertà dell'uomo nel compiere il bene. 
Nello stesso tempo vediamo, nelle diversissime vite dei santi, una uniformità impressionante per quanto riguarda i dogmi, cioè ciò che hanno creduto, l'importanza data ai sacramenti, la centralità della Messa, la vita concepita come partecipazione alla sofferenza redentiva del Signore, l'amore alla Chiesa, la scrupolosità nelle opere di misericordia, le fede nella vita eterna, la decisività della preghiera per i vivi e per i morti, etc. Erano insomma un catechismo vivente: potremmo con frutto fare dottrina partendo dalla vita dei santi di tutte le epoche della cristianità, e giungeremmo a riscrivere sempre lo stesso catechismo.

 I santi, la Chiesa, erano uniformi, meglio uniti, nella fede e nella disciplina che ragionevolmente ne discende, e non su tutto il resto.

 Oggi, e veniamo al dunque, non è proprio più così: sei controllato su tutto il resto, devi uniformarti ad uno “stile”, quello naturalmente della “Chiesa moderna”. Se non ti uniformi, non appartieni più a questa Chiesa; e se non ti buttano fuori, vivi come nell'ombra: sanno che ci sei, ma fanno di tutto perché tu sia invisibile. Non interessa che tu sia fervente cattolico, che tu custodisca tutta la dottrina della Chiesa di tutti i tempi. No, ai burocrati del clericalismo moderno preoccupa che tu non sia allineato al nuovo stile, allo stile moderno, alla Chiesa rinnovata!

 Questo è il nuovo dogma, è il super-dogma intoccabile, che avvolgendo tutti i dogmi di sempre, li neutralizza e li avvelena nella nuova ideologia.

 I dogmi, quelli veri, sono le verità rivelate da Dio, che siamo tenuti a credere per l'autorità di Dio che li rivela. La Chiesa ne è la custode, la responsabilità grave dei pastori è trasmetterli perché salvino le anime.

 Il super-dogma della modernità invece non viene da Dio, l'hanno inventato gli uomini. E pretendono di reinterpretare tutto secondo questa lapidaria affermazione: “La Chiesa deve mettersi al passo coi tempi, se non vuole restare fuori della storia”.

 È una falsità che viene da lontano; la Massoneria ne è diventata la più funesta propagatrice negli ultimi secoli; questa menzogna è entrata pian piano nella Chiesa, oggi sembra aver vinto. All'interno di questo bollettino troverete un bello scritto del P. Emmanuel, dove, parlando del mistero d'iniquità, definisce la Massoneria “la cloaca di tutte le corruzioni dell'umanità”. E cuore dell'opera massonica è questa reinterpretazione globale del cattolicesimo in chiave moderna, per trasformarlo in una inutile religione naturale, fatta di vuote parole di solidarietà umana.

 “La Chiesa deve mettersi al passo coi tempi, se non vuole restare fuori della storia”: è una menzogna, per questo non ve la spiegheranno mai, ma ve la imporranno con violenza. Non ve la spiegheranno, perché se lo facessero dimostrerebbero la loro eresia, dimostrerebbero di non venire da Dio.

 Da sempre, dagli inizi, la modernità non fu mai la preoccupazione della Chiesa. La sua preoccupazione fu sempre quella di essere fedele al Signore Gesù, alla divina Rivelazione. Pensate ciò che scrive san Paolo nella lettera ai Galati:

 “Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo gia detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!” (Gal 1,8-9).

 Impressionante! “Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso”... San Paolo mette in guardia i fedeli... non solo un angelo dal cielo, ma nemmeno lui, il grande apostolo, può cambiare una virgola alla fede, una virgola a quel vangelo che aveva già loro predicato. E chi sono questi teologi- pastoralisti moderni, chi credono di essere, per chiederci di modificare la fede reinterpretandola secondo il super-dogma della modernità... la Chiesa deve adattarsi al mondo di oggi, non può più fare oggi ciò che faceva un tempo?

 Eh sì, ti dicono così, non potete fare più ciò che la Chiesa faceva un tempo... dovete adattarvi al mondo moderno. Anche qui però non ti dicono il perché, non ti spiegano.

 Perché mai non potremmo vivere la messa come un tempo? Perché mai non potremmo ricevere i sacramenti come un tempo? Perché mai dovremmo stravolgere una prassi consolidata nella Chiesa da secoli per applicare le dubbie ricette ecclesiastiche di oggi? Perché il catechismo chiaro e semplice della tradizione non dovrebbe andare più bene? Perché mai nelle chiese gli uomini di oggi non potrebbero vivere la preghiera come i cristiani di duemila anni? Perché mai dovremmo cambiare le regole per accedere ai sacramenti, se queste nascono dalla verità del Vangelo, se queste custodiscono il dogma?

 Loro, i clericali moderni, dicono che dobbiamo cambiare perché gli uomini di oggi non capirebbero. Ma anche questo non te lo spiegano, ti dicono che è così e che non si discute.

 A noi sembra invece che sono loro, i clericali ammodernati, a non sopportare la Chiesa, la Chiesa e la sua gloriosa storia di grazia e di santità. Non l'hanno più sopportata, la Chiesa di sempre, perché ne avevano smarrito le ragioni, e per non uscirne hanno lavorato per cambiarla con il dogma della modernità. L’hanno cambiata davvero dove hanno potuto, fino a sfigurarla, provocando la più grande crisi della storia cristiana.

Ma la Chiesa è di Dio, per questo restiamo sereni nella Tradizione, attendendo l'ora della liberazione.

giovedì 22 gennaio 2015

Conversione di San Paolo Apostolo

Benedetto XVI Omelie 9111


25 gennaio 2011: Festa della Conversione di San Paolo Apostolo - Celebrazione dei Vespri

25111
A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI

Basilica di San Paolo fuori le Mura

Martedì, 25 gennaio 2011




Cari fratelli e sorelle,

Seguendo l’esempio di Gesù, che alla vigilia della sua passione pregò il Padre per i suoi discepoli “perché tutti siano una sola cosa” (Jn 17,21), i cristiani continuano incessantemente ad invocare da Dio il dono dell’unità. Questa richiesta si fa più intensa durante la Settimana di Preghiera, che oggi si conclude, quando le Chiese e Comunità ecclesiali meditano e pregano insieme per l’unità di tutti i cristiani. Quest’anno il tema offerto alla nostra meditazione è stato proposto dalle Comunità cristiane di Gerusalemme, alle quali vorrei esprimere il mio vivo ringraziamento, accompagnato dall’assicurazione dell’affetto e della preghiera sia da parte mia che di tutta la Chiesa. I cristiani della Città Santa ci invitano a rinnovare e rafforzare il nostro impegno per il ristabilimento della piena unità meditando sul modello di vita dei primi discepoli di Cristo riuniti a Gerusalemme: “Essi – leggiamo negli Atti degli Apostoli – erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (Ac 2,42). È questo il ritratto della prima comunità, nata a Gerusalemme il giorno stesso di Pentecoste, suscitata dalla predicazione che l’Apostolo Pietro, ripieno di Spirito Santo, rivolge a tutti coloro che erano giunti nella Città Santa per la festa. Una comunità non chiusa in se stessa, ma, sin dal suo nascere, cattolica, universale, capace di abbracciare genti di lingue e di culture diverse, come lo stesso libro degli Atti degli Apostoli ci testimonia. Una comunità non fondata su un patto tra i suoi membri, né dalla semplice condivisione di un progetto o di un’ideale, ma dalla comunione profonda con Dio, che si è rivelato nel suo Figlio, dall’incontro con il Cristo morto e risorto.

In un breve sommario, che conclude il capitolo iniziato con la narrazione della discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, l’evangelista Luca presenta sinteticamente la vita di questa prima comunità: quanti avevano accolto la parola predicata da Pietro ed erano stati battezzati, ascoltavano la Parola di Dio, trasmessa dagli Apostoli; stavano volentieri insieme, facendosi carico dei servizi necessari e condividendo liberamente e generosamente i beni materiali; celebravano il sacrificio di Cristo sulla Croce, il suo mistero di morte e risurrezione, nell’Eucaristia, ripetendo il gesto dello spezzare il pane; lodavano e ringraziavano continuamente il Signore, invocando il suo aiuto nelle difficoltà. Questa descrizione, però, non è semplicemente un ricordo del passato e nemmeno la presentazione di un esempio da imitare o di una meta ideale da raggiungere. Essa è piuttosto affermazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. È un’attestazione, piena di fiducia, che lo Spirito Santo, unendo tutti in Cristo, è il principio dell’unità della Chiesa e fa dei credenti una sola cosa.

L’insegnamento degli Apostoli, la comunione fraterna, lo spezzare il pane e la preghiera sono le forme concrete di vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme riunita dall’azione dello Spirito Santo, ma al tempo stesso costituiscono i tratti essenziali di tutte le comunità cristiane, di ogni tempo e di ogni luogo. In altri termini, potremmo dire che essi rappresentano anche le dimensioni fondamentali dell’unità del Corpo visibile della Chiesa.

Dobbiamo essere riconoscenti perché, nel corso degli ultimi decenni, il movimento ecumenico, “sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo” (Unitatis redintegratio UR 1), ha fatto significativi passi in avanti, che hanno reso possibile raggiungere incoraggianti convergenze e consensi su svariati punti, sviluppando tra le Chiese e le Comunità ecclesiali rapporti di stima e rispetto reciproco, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Sappiamo bene, tuttavia, che siamo ancora lontani da quella unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nel ritratto della prima comunità di Gerusalemme. L’unità alla quale Cristo, mediante il suo Spirito, chiama la Chiesa non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa “nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio” (ibid.UR 2). La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero. Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore. Per questo occorre vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo, che è mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo. Il nostro dovere è proseguire con passione il cammino verso questa meta con un dialogo serio e rigoroso per approfondire il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale; con la reciproca conoscenza; con la formazione ecumenica delle nuove generazioni e, soprattutto, con la conversione del cuore e con la preghiera. Infatti, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, il “santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità di una sola e unica Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane” e, perciò, la nostra speranza va riposta per prima cosa “nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo” (ibid.UR 24).

In questo cammino di ricerca della piena unità visibile tra tutti i cristiani ci accompagna e ci sostiene l’Apostolo Paolo, del quale quest’oggi celebriamo solennemente la Festa della Conversione. Egli, prima che gli apparisse il Risorto sulla via di Damasco dicendogli: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (Ac 9,5), era uno tra i più accaniti avversari delle prime comunità cristiane. L’evangelista Luca descrive Saulo tra coloro che approvarono l’uccisione di Stefano, nei giorni in cui scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani di Gerusalemme (cfr Ac 8,1). Dalla Città Santa Saulo partì per estendere la persecuzione dei cristiani fino in Siria e, dopo la sua conversione, vi ritornò per essere introdotto presso gli Apostoli da Barnaba, il quale si fece garante dell’autenticità del suo incontro con il Signore. Da allora Paolo fu ammesso, non solo come membro della Chiesa, ma anche come predicatore del Vangelo assieme agli altri Apostoli, avendo ricevuto, come loro, la manifestazione del Signore Risorto e la chiamata speciale ad essere “strumento eletto” per portare il suo nome dinanzi ai popoli (cfr Ac 9,15). Nei suoi lunghi viaggi missionari Paolo, peregrinando per città e regioni diverse, non dimenticò mai il legame di comunione con la Chiesa di Gerusalemme. La colletta in favore dei cristiani di quella comunità, i quali, molto presto, ebbero bisogno di essere soccorsi (cfr 1Co 16,1), occupò un posto importante nelle preoccupazioni di Paolo, che la considerava non solo un’opera di carità, ma il segno e la garanzia dell’unità e della comunione tra le Chiese da lui fondate e quella primitiva Comunità della Città Santa, un segno dell’unità dell’unica Chiesa di Cristo.

In questo clima di intensa preghiera, desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i presenti: al Cardinale Francesco Monterisi, Arciprete di questa Basilica, al Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e agli altri Cardinali, ai Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, all’Abate ed ai monaci benedettini di questa antica comunità, ai religiosi e alle religiose, ai laici che rappresentano l’intera comunità diocesana di Roma. In modo speciale vorrei salutare i Fratelli e le Sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali qui rappresentate questa sera. 
Tra essi mi è particolarmente gradito rivolgere il mio saluto ai membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse, la cui riunione si svolge qui a Roma in questi giorni. Affidiamo al Signore il buon successo del vostro incontro, perché possa rappresentare un passo in avanti verso la tanto auspicata unità.

Einen besonderen Gruß möchte ich auch an die Vertreter der Vereinigten Evangelisch-Lutherischen Kirche Deutschlands richten, die unter der Leitung des bayerischen Landesbischofs nach Rom gekommen sind.

Cari fratelli e sorelle, fiduciosi nell’intercessione della Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, invochiamo, dunque, il dono dell'unità. Uniti a Maria, che il giorno di Pentecoste era presente nel Cenacolo insieme agli Apostoli, ci rivolgiamo a Dio fonte di ogni dono perché si rinnovi per noi oggi il miracolo della Pentecoste e, guidati dallo Spirito Santo, tutti i cristiani ristabiliscano la piena unità in Cristo. Amen.

venerdì 10 ottobre 2014

Sempre attuale!!!



Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati :

Fratelli, mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.

Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 

Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!

Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.


sabato 28 giugno 2014

A Roma il natale dei santi Apostoli Piétro e Pàolo




29 Giugno, Luna... E xxviii
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A Roma il natale dei santi Apostoli Piétro e Pàolo, i quali patirono
nello stesso anno e nello stesso giorno, sotto Nerone
Imperatore. Il primo di questi, nella medesima Città, crocifisso col
capo rivolto verso la terra, e sepolto nel Vaticàno presso la via Trionfale,
è celebrato con venerazione di tutto il mondo; l'altro decapitato
e sepolto sulla via Ostiènse, è venerato con pari onore.

In Cipro santa Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco.
Nel castello d'Argenton, in Frància, san Marcéllo Martire, il
quale, per la fede di Cristo, fu decapitato insieme con Anastàsio,
uomo militare.

A Génova il natale di san Siro Vescovo.

A Narni san Cassio, Vescovo di quella città, del quale racconta
san Gregorio Papa, che non passava quasi alcun giorno della sua
vita, nel quale non offrisse a Dio onnipotente ostie propiziatorie.
A questo conformava anche la sua vita, perchè, distribuendo in
elemosine tutto quello che aveva, nel tempo del sacrificio si profondeva
tutto in lacrime. Finalmente, nel giorno natalizio degli
Apostoli, in cui ogni anno era solito recarsi a Roma, nella stessa
città di Narni, dopo aver celebrato la Messa e dato a tutti il corpo
del Signore e la pace, passò a Dio.

Nel territorio di Sens santa Benedétta Vergine.

martedì 29 ottobre 2013

STRAVINCIAMO


SURSUM CORDA! IN ALTO I CUORI!


31 Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32 Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? 33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. 34 Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? 35 Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Proprio come sta scritto:

Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
siamo trattati come pecore da macello.
37 Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori (= stravinciamo!per virtù di colui che ci ha amati. 38 Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39 né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. (Romani 8)



domenica 14 luglio 2013

San Paolo e San Luigi Orione e la carità


San Paolo e San Luigi Orione

In ogni nostro pensiero, in ogni nostra azione il motore sia sempre e solo l’amore, non un amore fatuo, generico, ma un amore,  una carità con le stesse caratteristiche indicate dall’Apostolo Paolo e condivise da san Luigi Orione e tutti i veri cristiani

San Paolo
San Luigi Orione così si esprimeva
La carità è paziente, magnanima, ha la forza di sopportare le ingiurie e di non renderle. E’ una qualità di Dio, il quale è “lento alla collera”
e da’ ai peccatori il tempo diconvertirsi 
 “La carità, dalla fiducia nel Signore, dalla pazienza e dal tempo,  sa sperare e aspettare i momenti e le ore di Dio e il buon esito d’ogni santa impresa
La carità è benigna. E’ l’attitudine di chi aiuta sorridendo, prevenendo, con tatto discreto
Facciamo regnare la carità  con la mitezza del cuore, col compatirci, coll’aiutarci vicendevolmente, col darci la mano e camminare insieme. Seminiamo a larga mano sui nostri passi, opere di bontà e di amore, asciughiamo le lacrime di chi piange.(Lettere II, pp 327 ss)
La carità non è invidiosa: esclude ogni gelosia, perché la gelosia è grettezza mentre la carità è magnanima; la gelosia è divisione, mentre la carità è comunione
Lavorare cercando Dio solo  e non in un continuo affanno di qualcuno che mi possa vedere, apprezzare, applaudire… Ogni azione fatta per chiasso e per essere visti è come un fiore passato per più mani”
La carità non si vanta. Essa, cioè è prudente, ha il senso delle proporzioni
Non ambite cariche e dignità… sta attento, caro don…, perché il nostro amor proprio ragiona sottilmente e si veste talora di umiltà e giustifica facilmente ai nostri occhi le nostre azioni e uccide l’anima come un sottile e dolce veleno (Scr 44,107 ss.)
La carità non si gonfia: gonfiarsi indica l’atteggiamento di chi fa sentire il peso del suo gesto e del suo prestigio. L’amore invece si pone a livello degli altri.
Dio si manifesta e si compiace di abitare in quelli che sentono  la loro nullità, che diventano come nulla, per l’amore di Dio (Lettere I p 122)
La carità non manca di rispetto. L’amore è attento, tiene conto della fragilità del prossimo; è rispettoso, sensibile
 “ La carità non ha l’occhio nero, non ha spirito di discussione, non conosce i ma né i se: non ha spirito di contraddizione, di censura, di critica, di mormorazione”
La carità non cerca il suo interesse. Imita Cristo che “non cercò di piacere a se stesso”(Rm15,3). Il discepolo di Gesù deve dimenticare se stesso (Fil 2,4; 1Cor1,20)
Vorrei stringere nelle mie piccole braccia umane tutte le creature per portarle a Dio. E vorrei farmi cibo spirituale per i miei fratelli che hanno fame e sete di verità e di Dio; aprire il cuore alle innumerevoli miserie umane e farmi servo dei servi” (Scr100, 187)
La carità non si adira. Non è acida, collerica,non perde il controllo di sé.
 “La carità ha sempre il volto sereno com’è sereno il suo spirito, è tranquilla e quando parla, non alza mai la voce”
La carità non tiene conto del male ricevuto. La carità ha il cuore semplice e candido: non pensa al male sia nel senso che non lo sospetta negli altri, sia nel senso che non progetta di commetterlo
“Dobbiamo perdonare e perdonare tutto a tutti. Dovete coprire con un monte di benedizione non solo quelli che vi fanno del bene, ma anche tutti quelli che vi fanno del male (discorso del 23/VI/1929)
La carità non gode dell’ingiustizia ma si compiace della verità. Soffre per ogni forma di ingiustizia e gioisce di ogni verità, ovunque si trovi.

Cercare e medicare le piaghe del popolo, cercarne le infermità: andargli incontro nel morale e nel materiale… Cristo andò al popolo. Deve starci a cuore il popolo… Evitare le parole: di parolai ne abbiamo piene le tasche
La carità tutto copre. Non propaga il male degli altri, ma lo copre con il suo silenzio e con la sua discrezione

Non andate a riferire quel che uno può aver detto di male: non aggiungete esca al fuoco; cercate sempre di spegnere. Sentite una cosa contro una persona? Fatela morire dentro di voi. Guardatevi dalla satira, dalla parola che ferisce. Non dite: l’ho detto per burla! Le burla che offendono la carità lasciatele da parte” “
La carità tutto crede. È portata a dar credito al prossimo; si fida
Amare l’uomo quando l’ingiuria degli anni e la degradazione del vizio ne hanno fatto un oggetto di disgusto intollerabile

La carità tutto spera. Non dispera: spera il bene e il ravvedimento

Abbiate un sorriso e una parola amabile per tutti, senza differenze: fatevi tutti a tutti per portare tutte le anime a Gesù. La carità del Signore nostro crocifisso: …ecco la speranza dell’avvenire. Carità viva, carità grande, carità sempre! E daremo la leva alla società! Con la carità faremo tutto,senza carità faremo niente! (13,II, 1907)
La carità tutto sopporta. Non si lamenta delle freddezze e delle ingratitudini, ma le sopporta
 “La nostra vita sia un olocausto, un inno, un cantico sublime di carità e di consumazione totale di noi stessi nell’amore a Dio, alla Chiesa, ai fratelli”.

domenica 30 giugno 2013

FESTA DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO


PER LA FESTA DEI SS. APOSTOLI 
PIETRO E PAOLO

Nella festa dei principi degli Apostoli Pietro e Paolo, mentre a Mattutino si cantava il Responsorio: Si diligitis me, Geltrude chiese al Signore quali pecorelle avrebbe potuto pascere per provargli con le opere l'amor suo. 

Rispose Gesù: « Nutri per me cinque agnelli scelti e teneramente amati. Pasci il tuo cuore con meditazioni divine, la tua bocca con parole salutari, i tuoi occhi con sante letture, i tuoi orecchi con l'audizione di buoni consigli, le tue mani con lavoro perseverante. Ogni volta che ti applicherai a uno di questi esercizi mi darai grande prova di amore».

Nelle meditazioni divine, la Santa comprese doversi includere tutti i progetti concepiti per la gloria di Dio ed il profitto personale del prossimo. Le parole salutari e le sante letture comprendevano tutto quanto si accoglie con merito cioè, le sofferenze, i buoni esempi, lo sguardo al Crocifisso. Riguardo ai santi consigli, ella comprese che le orecchie sono nutrite anche quando si riceve con pazienza un rimprovero. Il lavoro costante delle mani, non potendosi praticare simultaneamente con la lettura, va inteso con una certa larghezza, cioè più come intenzione che come azione, giacché l'amabile Salvatore accetta come lavoro anche il semplice desiderio di leggere e persino l'atto di tenere fra mano il libro.

Durante la S. Messa, mentre Geltrude lodava S. Pietro dei privilegi da Dio ricevuti e soprattutto delle taumaturghe parole: Tutto ciò che legherai in terra ecc. (Matt. XVIII, 18) l'Apostolo le apparve adorno di abiti pontificali. Egli stese la mano e la benedisse, per consumare in essa l'opera di salvezza che compie nelle anime in virtù delle suddette parole. 

Mentre si avvicinava alla balaustra per ricevere il Corpo di Cristo, sentiva la sua profonda indegnità. Allora i due Apostoli si posero uno a destra, l'altro alla sua sinistra per condurla con grande onore alla Mensa divina. Al suo arrivo il Figlio di Dio si alzò e, recingendola affettuosamente, le disse: « Sappi, figlia mia, che queste braccia che ti recingono ti hanno realmente guidata verso di me; volli però servirmi del ministero de' miei Apostoli, per aumentare la tua divozione a loro riguardo ». 

Geltrude si rimproverò amaramente di avere dimenticato di onorare S. Paolo con qualche pratica particolare e pregò Gesù stesso di supplire alla sua negligenza.
Mentre faceva il ringraziamento dopo la S. Comunione, Geltrude si vide assisa ai fianchi del Signore, quale regina che se ne sta vicina al re. I principi degli Apostoli piegavano il ginocchio davanti al trono, come cavalieri che si presentano per ricevere i premi distribuiti dal sovrano e dalla loro dama. 

La Santa si chiese con stupore se gli Apostoli non avessero acquistato in terra meriti sufficienti, offrendo così spesso il S. Sacrificio. Gesù la illuminò con questo paragone: « Quantunque sia grande onore per una regina essere Sposa del Re, tuttavia ella gusta una gioia speciale nel giorno delle nozze della sua figlia. Così i Santi, felici nel loro gaudio, si rallegrano però grandemente con l'anima che riceve il S. Sacramento ».

CAP. XLIV, Lib. IV: Rivelazioni di s. Gertrude


venerdì 25 gennaio 2013

San Paolo, l'Apostolo! / Lettera ai Romani, con Lezioni consultabili annesse.





Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani
Consultabili cliccando sui numeri del versetto colorato. (M. Valtorta)




LETTERA AI ROMANI




Capo I.


Indirizzo e saluto


1Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, segregato pel Vangelo di Dio 2Vangelo che Dio aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture, [3]intorno al suo Figliolo, (fatto a lui dal seme di David, secondo la carne, 4predestinato Figliolo di Dio per propria virtù, secondo lo spirito di santificazione, per la risurrezione da morte), Gesù Cristo Signor nostro, 5per cui abbiamo ricevuto la grazia e l’apostolato, per trarre in suo nome all’obbedienza della fede tutte le genti, 6tra le quali siete anche voi chiamati (ad essere) di Gesù Cristo: 7a voi tutti amati da Dio, chiamati santi, che siete a Roma, grazia e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.


Affetto di S. Paolo per i Romani

8Prima di tutto rendo grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo a riguardo di tutti voi, perché la vostra fede è celebrata in tutto il mondo. 9Dio, a cui servo nel mio spirito, evangelizzando il suo Figliolo, mi è testimone che mi ricordo continuamente e sempre 10di voi nelle mie orazioni, chiedendo che finalmente una volta, con la volontà di Dio, possa avere una felice occasione di venire a voi; 11perché io bramo di vedervi, per comunicarvi qualche dono spirituale che vi conforti, 12o meglio, per incoraggiarci scambievolmente mediante la fede che ci è comune, a voi e a me. 13Or io non voglio che voi ignoriate, o fratelli, come spesso abbia fatto il proposito di venire a voi, per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre nazioni, ma sono stato fino ad ora impedito.


Proposizione dell’argomento. Colpe dei pagani

14Io son debitore ai Greci e ai Barbari, ai sapienti ed agli ignoranti, 15quindi (quanto a me) sono pronto ad annunziare il Vangelo anche a voi che siete in Roma.
16Perché io non mi vergogno del Vangelo, virtù di Dio a salvezza d’ogni credente, prima del Giudeo, poi del Greco. [17]In esso infatti si manifesta la giustizia di Dio che vien dalla fede e tende alla fede, come sta scritto: Il giusto vive di fede.
[18]Or l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini che soffocano la verità di Dio nell’ingiustizia, 19perché ciò che può conoscersi di Dio è in essi manifesto, avendolo Dio loro manifestato. [20]Infatti le sue invisibili perfezioni, la sua eterna possanza, la sua divinità, dopo la creazione del mondo, sono rese visibili all’intelligenza per mezzo delle creature. 21Quindi essi sono senza scusa, perché avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato; ma han vaneggiato nei loro pensamenti e il loro stolto cuore s’è ravvolto nelle tenebre. 22Vantandosi di essere saggi son divenuti pazzi, 23ed han cangiato la gloria dell’incorruttibile Dio in simulacri di uomini corruttibili, di uccelli, di quadrupedi e di serpenti.
[24]Per questo Dio li ha abbandonati ai desideri del loro cuore, all’imrnondezza, in modo che disonorino tra di loro i proprii corpi, 25essi che han mutato la verità di Dio nella menzogna, e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore (il quale è benedetto in eterno. Così sia!)
26Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami: le loro donne han cambiato l’uso naturale in quello che è contro natura, 27e similmente gli uomini lasciata la naturale unione con la donna, arsero di libidine gli uni verso gli altri, facendo, uomini con uomini, delle turpitudini, e ricevendo in se stessi la condegna mercede della loro degenerazione. 28E siccome non si son curati di riconoscere Dio, Dio li ha abbandonati al reprobo senso, in modo che fanno cose immorali. 29Son ricolmi di ogni iniquità, di malizia, di fornicazione, di avarizia, di malvagità, pieni d’invidia, di omicidio, di discordia, di frode, di malignità, sussurroni, 30detrattori, nemici di Dio, oltraggiatori, superbi, millantatori, inventori di perversità, disubbidienti ai genitori, 31stolti, disordinati, senza amore, senza legge, spietati. 32Essi, avendo conosciuta la giustizia di Dio, non compresero che chi fa tali cose è degno di morte; né soltanto chi le fa, ma anche chi approva coloro che le fanno.


Capo II.


Passaggio dalle colpe dei Gentili a quelle dei Giudei

[1]Tu dunque, o uomo, chiunque tu sia, ti rendi inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso, facendo le medesime cose che tu condanni.

Ciascuno sarà giudicato secondo le opere

[2]Or noi sappiamo che il giudizio di Dio contro coloro che fanno tali cose è secondo verità. 3E tu, o uomo che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai, credi forse di sfuggire al giudizio di Dio? 4Ovvero disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua tolleranza? E non sai che la bontà di Dio t’invita a penitenza? 5Ma tu, colla tua durezza e col cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d’ira pel giorno dell’ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, 6che renderà a ciascuno secondo le opere: 7a quelli che, perseveranti nel bene, cercano la gloria, l’onore e l’immortalità, la vita eterna; 8a quelli che, ostinati, non dànno retta alla verità, ma obbediscono all’ingiustizia, ira e indignazione.
[9]Tribolazione ed angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male, del Giudeo prima, poi del Greco; 10gloria e onore e pace a chiunque fa il bene, al Giudeo prima, poi al Greco; 11perché non v’è accettazione di persone avanti a Dio.

I Giudei saranno giudicati secondo la loro legge,
i Gentili secondo la legge naturale

[12]Tutti quelli che senza legge hanno peccato, senza legge periranno; e tutti quelli che sotto una legge han peccato, saranno da essa condannati; 13non quelli infatti che ascoltano la legge son giusti dinanzi a Dio, ma quelli che la mettono in pratica saranno giustificati. 14Quando i Gentili, che non hanno legge, fanno naturalmente ciò che la legge impone, non avendo legge, son legge a se stessi; 15e mostrano che il tenor della legge è scritto nel loro cuore, testimone la loro coscienza ed i pensieri che a vicenda tra di loro accusano od anche difendono, 16nel giorno in cui, secondo il mio Vangelo, Dio giudicherà per mezzo di Gesù Cristo le azioni segrete degli uomini.

La legge aggrava le colpe dei Giudei

[17]Tu che porti il nome di Giudeo e ti riposi nella legge e ti glorii di Dio, 18e conosci la sua volontà, e, istruito nella legge, distingui quel che più giova, 19e ti credi d’esser guida ai ciechi, luce a quelli che son nelle tenebre, 20dottore degl’ignoranti, maestro dei fanciulli, perché hai nella legge la regola della scienza e della verità, 21come mai, dunque, tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? 22Tu che dici non doversi commettere adulterio, sei adultero? Tu che hai in abominio gli idoli, fai sacrilegio? 23Tu che ti vanti della legge, violandola, disonori Dio? 24Per cagion vostra il nome di Dio (come sta scritto) è bestemmiato tra le Genti.

La circoncisione non giova senza osservare la legge

25Certo la circoncisione giova se tu osservi la legge, ma se tu la trasgredisci, con la tua circoncisione sei un incirconciso. 26Se invece un incirconciso osserva i precetti della legge, la sua incirconcisione non sarà considerata come circoncisione? 27Quindi chi per nascita è incirconciso, se osserva la legge, giudicherà te, che, colla Scrittura e colla circoncisione, trasgredisci la legge. 28Vero Giudeo non è chi tale apparisce, né è circoncisione quella che si manifesta nella carne; 29ma Giudeo è colui che tale interiormente è; la circoncisione è quella del cuore, secondo lo spirito e non secondo la lettera. Questa avrà lode non dagli uomini, ma da Dio.


Capo III.


Le promesse di Dio non liberano i Giudei

[1]Qual è dunque il vantaggio del Giudeo, o qual è l’utilità della circcncisione? 2Grande sotto ogni rispetto. E principalmente perché ad essi furono confidati gli oracoli di Dio. 3E che importa se alcuni di essi non hanno creduto? La loro infedeltà annullerà forse la fedeltà di Dio? No, certamente. 4Dio è verace, anche se ogni uomo è menzognero, come sta scritto: Affinché tu sia trovato giusto nelle tue parole e trionfi quando sei chiamato in giudizio.
5Or se la nostra ingiustizia mette in evidenza la giustizia di Dio, che diremo noi? È forse ingiusto Dio quando castiga? 6(parlo alla maniera degli uomini). No, certo; altrimenti come potrà Dio giudicare questo mondo? 7E se la verità di Dio ridondo in gloria di lui per la menzogna, perché sono ancora io giudicato come peccatore? 8E perché (come malamente dicono di noi e come alcuni spacciano che si dica da noi) non facciamo il male affinché ne venga il bene? La dannazione di essi è giusta.

Tutti i Giudei a Gentili, secondo le Scritture, sono peccatori

9E che dunque? Siamo noi da più di essi? Niente affatto; perché abbiamo dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sotto del peccato, 10come sta scritto: Non vi è neppure un giusto. 11Non vi è chi abbia intelligenza; non v’è chi cerchi Dio. 12Tutti sono usciti di strada, son divenuti tutti quanti inutili, non v’è chi faccia del bene, non ve n’è neppure uno. 13Sepolcro aperto è la loro gola, colle loro lingue tessono inganni, veleno di aspidi sta sotto le loro labbra. 14La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza; 15i loro piedi veloci a spargere il sangue. 16Dolore e sventura è nelle loro vie, 17e non han conosciuto i sentieri della pace. [18]Non è dinanzi ai loro occhi il timor di Dio.
19Or noi sappiamo che tutto quello che dice la legge, lo dice per quelli che sono sotto la legge, affinché ogni bocca sia chiusa e il mondo intero sia riconosciuto colpevole dinanzi a Dio. 20Infatti nessuno sarà giustificato dinanzi a lui mediante le opere della legge, perché dalla legge vien la coscienza del peccato.

La giustificazione è gratuitamente data per la fede in Cristo

[21]Ma, ora, senza la legge, si è manifestata la giustizia di Dio, comprovata dalla legge e dai profeti, 22la giustizia di Dio per la fede di Gesù Cristo, in tutti e sopra tutti quelli che credono in lui. Non v’è alcuna distinzione, 23perché tutti hanno peccato ed hanno bisogno della gloria di Dio, 24e son giustificati gratuitamente per la grazia di lui mediante la redenzione che è in Cristo Gesù, 25da Dio preordinato vittima propiziatoria mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la propria giustizia nella remissione dei precedenti delitti, 26sopportati da Dio per far conoscere la sua giustizia nel tempo presente, in modo che sia giusto e giustifichi colui che crede in Gesù Cristo.
27Dov’è dunque il tuo vanto? È tolto. Per qual legge? Per quella delle opere? No: per la legge della fede. 28Noi riteniamo che l’uomo è giustificato per mezzo della fede, senza le opere della legge. 29È forse Dio dei soli Giudei? E non è anche Dio dei Gentili? 30Certamente anche dei Gentili, perché v’è un Dio solo che giustifica i circoncisi per mezzo della fede e gl’incirconcisi per mezzo della fede.
31Distruggiamo dunque la legge per mezzo della fede? No, certamente; anzi noi confermiamo la legge.


Capo IV.


Abramo giustificato non dalle opere, ma dalla fede

[1]Qual vantaggio secondo la carne, direm noi, ha dunque ottenuto Abramo nostro padre? 2Se Abramo è stato giustificato dalle opere, egli ha di che gloriarsi, ma non dinanzi a Dio. 3Infatti che dice la Scrittura? «Abramo credette a Dio, e gli fu imputato a giustizia». 4Or a colui che lavora, la mercede non è computata come grazia, ma come cosa dovuta; 5invece a colui che non opera, ma crede in colui che giustifica l’empio, la fede gli è imputata a giustizia, secondo il proponimento della grazia di Dio. 6Così pure anche David proclama beato l’uomo al quale Dio imputa la giustizia, indipendentemente dalle opere: 7Beati coloro ai quali sono perdonate le iniquità, i peccati dei quali sono stati ricoperti. 8Beato l’uomo a cui Dio non imputa il peccato.

Avanti la circoncisione fu giustificato Abramo

9Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi, od anche per gli incirconcisi? Siccome diciamo che ad Abramo la fede fu imputata a giustizia, 10in che modo gli fu dunque imputata? Quando era circonciso, o quando era incirconciso? Non dopo, ma avanti la circoncisione. 11E il segno della circoncisione che poi ricevette, fu il sigillo della giustizia ottenuta per la fede, prima della circoncisione, per essere il padre di tutti i credenti incirconcisi, affinché (la fede) sia imputata anche ad essi a giustizia, 12e padre dei circoncisi, di quelli che non sono soltanto circoncisi, ma seguono anche le orme della fede che il nostro padre Abramo aveva quand’era incirconciso.

Le promesse furon fatte alla fede

13Difatti non in virtù della legge fu promessa ad Abramo l’eredità dell’universo, ma per la giustizia della fede. 14Or se eredi son quelli che han la legge, è vana la fede, è annullata la promessa, 15perché la legge produce l’ira, mentre dove non c’è legge non c’è neppure trasgressione. 16Deve dipendere adunque dalla fede la promessa, affinché sia gratuita e assicurata a tutta la discendenza, non soltanto a quella che è dalla legge, ma anche a quella che è dalla fede di Abramo, il quale è padre di noi tutti, 17(secondo quello che sta scritto: Ti ho costituito padre di molte nazioni), padre davanti a Dio, nel quale credette, che fa rivivere i morti e chiama le cose che non sono come se esistessero.
18Sperando contro ogni speranza, Abramo credette in modo da divenire padre di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: Tale sarà la tua discendenza. 19Egli, senza vacillar nella fede, non guardò al suo corpo impotente (aveva quasi cent’anni), né al seno di Sara infecondo; 20ma dinanzi alla promessa di Dio non esitò diffidando; reso invece forte dalla fede, dié gloria a Dio, 21assolutamente convinto che è sì potente da effettuare qualunque cosa abbia promessa. 22Ecco perché (la sua fede) gli fu imputata a giustizia.
23Or non per lui soltanto è scritto che gli fu imputata a giustizia, 24ma anche per noi, ai quali sarà imputata la fede in Colui che ha suscitato da morte Gesù Cristo Signor nostro, 25il quale è stato dato a morte pei nostri peccati e risuscitò per la nostra giustificazione.

Lezione n° 14 - Risposta di Gesù ad una obiezione di M.Valtorta


Capo V.


Primo frutto della giustificazione: pace con Dio, sicurezza del cielo

[1]Giustificati adunque mediante la fede, abbiamo pace con Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, 2a cui dobbiamo d’avere per la fede accesso a questa grazia, nella quale stiam saldi, e di gloriarci nella speranza della gloria dei figli di Dio. 3E non soltanto di questo ci gloriamo, ma anche delle tribolazioni, sapendo come la tribolazione produce la pazienza, 4la pazienza l’esperienza, l’esperienza la speranza. [5]Or la speranza non inganna, perché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato donato.

Amore mostratoci da Dio col darci Gesù Cristo

[6]Per qual motivo adunque, mentre noi eravamo impotenti, Cristo, nel tempo stabilito, è morto per gli empi? 7Or è difficile che uno muoia per un giusto, pure può darsi che per un uomo dabbene qualcuno abbia il coraggio di morire; 8ma Dio mostra la sua carità verso di noi, perché, essendo ancora peccatori, nel tempo stabilito 9Cristo è morto per noi. Tanto più dunque ora che siam giustificati nel suo sangue, saremo salvi dall’ira per mezzo di lui. 10Perché, se quando eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figliuolo, molto più essendo riconciliati saremo salvi mediante la sua vita. 11Di più ancora ci gloriamo in Dio per Gesù Cristo Signor nostro, per mezzo del quale abbiamo ora ottenuta la riconciliazione.

Parallelo tra Cristo che ci ha salvati
e Adamo che ci ha perduti

12Così, dunque, per un sol uomo il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte, e la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno (in Adamo) peccato. 13Anche prima della legge il peccato era nel mondo, ma non era imputato, non essendovi legge; 14eppure la morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche sopra coloro che non avevano peccato di prevaricazione, come Adamo, il quale è figura di Colui che doveva venire.
15Ma il dono è stato ben differente dal delitto; perché se per il delitto di un solo molti perirono, molto più la grazia e la liberalità di Dio, in grazia di un sol uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti. 16V’è ancora differenza tra il peccato di un solo e il dono, perché il giudizio da un solo peccato va alla condanna, la grazia invece da molti peccati va alla giustificazione. 17Difatti se per il delitto d’un solo e per un solo regnò la morte, con più ragione coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per il solo Gesù Cristo. 18Quindi, come pel delitto di un solo (venne) sopra tutti gli uomini la dannazione, così per la giustizia d’un solo è in tutti gli uomini la giustificazione vivificante. 19Così pure, come per la disobbedienza d’un solo uomo molti son costituiti peccatori, anche per l’obbedienza d’un solo molti saran costituiti giusti. 20Or la legge intervenne perché abbondasse il peccato; ma dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia, 21affinché come il peccato regnò colla morte, così la grazia regni mediante la giustizia per dare la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo Signor nostro.


Capo VI.


Secondo frutto della giustificazione:
liberazione dalla schiavitù del peccato e unione con Cristo

[1]Che diremo dunque? Rimarremo nel peccato, affinché abbondi la grazia? 2Non sia mai. Noi che siam morti al peccato, come potremo seguitare a vivere in esso? 3Non sapete forse che, quanti siamo battezzati in Gesù Cristo, nella morte di lui siamo stati battezzati? 4Noi dunque pel battesimo siamo stati sepolti con lui nella (sua) morte, affinché, come Cristo è risuscitato da morte per la gloria del Padre, così anche noi viviamo d’una vita novella. 5Se infatti siamo stati innestati su lui per somiglianza di morte, lo saremo anche per somiglianza di resurrezione.

Morte e risurrezione a nuova vita

6Questo ben lo sappiamo: che il nostro uomo vecchio è stato con lui crocifisso, affinché il corpo del peccato sia distrutto e noi non serviamo più al peccato, 7essendo il morto affrancato dal peccato. 8Or se noi siam morti con Cristo, crediamo di vivere ancora con lui, 9sapendo che Cristo, risuscitato da morte, non muore più, sopra di lui non regna più la morte 10perché se egli è morto per il peccato, è morto una sola volta; ma se vive, vive per Iddio.

Non più obbedienza al peccato

[11]Così voi pure consideratevi come morti al peccato, ma vivi per Iddio in Gesù Cristo Signor nostro. 12Il peccato non regni dunque nel vostro corpo mortale, da farvi obbedir alle sue concupiscenze: 13non date le vostre membra come strumenti d’iniquità al peccato, ma offritevi a Dio come viventi dopo essere stati morti, offritegli le vostre membra come strumento di giustizia.
14Il peccato adunque non vi dominerà, perché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia.

Chi diventa servo della giustizia deve vivere santamente

15Che dunque? Peccheremo, perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia? Non sia mai. 16Non sapete che a chiunque vi diate a obbedire come servi, siete servi di colui al quale obbedite, sia del peccato che mena alla morte, sia dell’obbedienza che mena alla giustizia? 17Ma, grazie a Dio, voi che foste servi del peccato, avete poi obbedito di cuore nella regola di dottrina che vi è stata insegnata. 18Liberati così dal peccato siete divenuti servi della giustizia. 19Parlo a mo’ degli uomini, a motivo della debolezza della vostra carne: come dunque deste le vostre membra al servizio dell’immondezza e dell’iniquità per l’impurità, così date ora le vostre membra al servizio della giustizia per la santificazione. 20Quando eravate servi del peccato eravate liberi dalla giustizia; 21ma qual frutto aveste allora dalle cose di cui ora vi vergognate? Certamente la fine di esse è la morte. 22Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per vostro frutto la santificazione e per fine la vita eterna, 23essendo paga del peccato la morte, e grazia di Dio la vita eterna in Gesù Cristo nostro Signore.


Capo VII.


Terzo frutto della giustificazione:
liberazione dalla servitù della legge per una morte mistica

[1]Forse ignorate, o fratelli (siccome parlo con periti nella legge) che l’uomo è sotto l’impero della legge finché vive? 2Così la donna maritata è legata per legge al marito vivente; ma se le muore è sciolta dalla legge del marito. 3Infatti sarà chiamata adultera se, vivente il marito, starà con un altro uomo; se poi le muore il marito, è liberata dalla legge del marito, in modo da non essere adultera, dato che stia con altro uomo. 4Così, anche voi, miei fratelli, siete morti alla legge pel corpo di Cristo, per appartenere ad un altro, che è risuscitato da morte, affinché portiamo dei frutti a Dio. 5Mentre vivevamo secondo la carne, le passioni peccaminose, occasionate dalla legge, agivano nelle nostre membra in maniera da produrre frutti per la morte. 6Ma ora siamo stati liberati dalla legge, essendo morti alla legge che ci legava, e possiamo servire Dio secondo il nuovo spirito e non secondo l’antiquata lettera.

La legge, benché santa, provoca delle trasgressioni

7Che diremo dunque? La legge è peccato? No, certamente. Ma io non ho conosciuto il peccato se non per mezzo della legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza se la legge non avesse detto: Non desiderare. 8Ma il peccato, presa l’occasione da quel comandamento, fe’ nascere in me ogni sorta di concupiscenza; mentre senza la legge il peccato non esisteva. 9Io poi una volta vivevo senza legge; ma, venuto il comandamento, ebbe vita il peccato, 10ed io morii, ed il comandamento che doveva darmi la vita mi risultò cagione di morte. 11Perché il peccato, presa l’occasione dal comandamento, mi sedusse, e per mezzo di esso mi dié la morte. 12È santa dunque la legge, e santo e giusto e buono il comandamento.
13Una cosa buona m’è dunque divenuta causa di morte? Non può essere. Ma il peccato, per apparire peccato, mi ha data la morte per mezzo d’una cosa buona, in modo da mostrarsi estremamente colpevole attraverso il precetto.

Lezione n° 21 - Pentecoste

Impotenza della legge nella lotta tra la carne a to spirito

[14]Noi sappiamo difatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto e soggetto al peccato. [15]Io non so quello che faccio: non fo il bene che voglio, ma il male che odio. [16]Or se faccio quel che non voglio, riconosco che la legge è buona; 17però in questo caso non sono io che opero, ma il peccato che abita in me.
18Difatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: è in me certamente la volontà di fare il bene, ma non trovo la via di compierlo, 19poiché, non il bene che voglio io fo, ma il male che non voglio quello io faccio. 20Or se io fo quello che non voglio, non son più io che lo faccio, ma il peccato che abita in me.
2lIo trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male mi è già a lato. 22Infatti, mi diletto nella legge di Dio, secondo l’’uomo interiore; 23ma vedo nelle mie membra un’altra legge che si oppone alla legge della mia mente, e mi fa schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. [24]Oh, me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 25La grazia di Dio per Gesù Cristo Signor nostro. Dunque io stesso colla mente servo alla legge di Dio, colla carne invece alla legge del peccato.


Capo VIII.


Quarto frutto della giustificazione:
lo stato felice del giustificato.
Santificazione per lo Spirito Santo e suoi effetti

[1]Non v’è dunque or alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù che non camminano secondo la carne. [2]Infatti, la legge dello spirito di vita m’ha per Gesù Cristo liberato dalla legge del peccato e della morte. 3Perché ciò che era impossibile alla legge, resa impotente dalla carne, Dio l’ha fatto mandando il Figlio suo in una carne simile a quella del peccato: col peccato abolì il peccato nella carne, 4affinché la giustizia della legge si adempisse in noi che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo spirito. [5]Quelli infatti che vivono secondo la carne gustano le cose della carne; ma quelli che vivono secondo lo spirito gustano le cose dello spirito. [6]Or la saggezza della carne è morte; la saggezza dello spirito è vita e pace, [7]perché la sapienza della carne è nemica di Dio, non essendo soggetta né potendosi assoggettare alla legge di Dio: 8quindi quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. 9Ma voi non vivete più secondo la carne, ma secondo lo spirito, se lo spirito di Dio abita in voi. Che se uno non ha lo spirito di Cristo, egli non è dei suoi. 10Se poi Cristo è in voi, il corpo certamente è morto a causa del peccato, ma lo spirito vive a cagione della giustizia. 11Che se lo spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, chi risuscitò Gesù Cristo da morte renderà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Ragioni per sperare la gloria futura

[12]Così dunque, fratelli, noi non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. 13Se quindi vivrete secondo la carne, morrete; se invece collo spirito darete morte alle azioni della carne, vivrete, 14essendo, tutti quelli che son mossi dallo spirito di Dio, figli di Dio. 15Difatti, voi non avete ricevuto lo spirito di servitù per nuovo timore, ma avete ricevuto lo spirito di adozione in figli, pel quale gridiamo: Abba (Padre). 16Questo stesso Spirito attesta allo spirito nostro che noi siamo figli di Dio. [17]E se figlioli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo, se però soffriamo con lui da essere con lui glorificati.
18Io tengo per certo che i patimenti del tempo presente non sono da paragonarsi alla futura gloria che sarà manifestata in noi. 19Difatti, la creazione sta ansiosamente aspettando la rivelazione dei figli di Dio.

Desiderio della creazione e nostro

[20]Poiché la creazione è stata assoggettata alla vanità, non per sua volontà, ma di Colui che l’assoggettò colla speranza 21che essa pure sia liberata dalla servitù della corruzione, per aver parte alla libertà gloriosa dei figli di Dio. [22]E noi sappiamo che fino ad ora tutte insieme le creature sospirano e son nei dolori del parto. 23E non esse soltanto, ma anche noi che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi sospiriamo dentro di noi stessi aspettando l’adozione dei figli di Dio, la redenzione del nostro corpo, 24essendo noi salvati in speranza. Ma vedere quel che si spera non è più sperare. E come sperare quel che già si vede? 25Or se noi speriamo quel che non si vede, aspettiamolo con pazienza.

Desiderio e preghiera dello Spirito Santo

[26]Nello stesso modo anche lo Spirito sostiene la nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si deve; ma lo stesso Spirito chiede per noi con gemiti ineffabili; 27e Colui che scruta i cuori conosce quel che brami lo Spirito e come egli interceda secondo Dio per i santi.

Amore di Dio per gli eletti

[28]Noi sappiamo che tutte le cose tornano a bene di chi ama Dio, di coloro che secondo il disegno son chiamati ad esser santi. [29]Perché quelli che ha preveduti, li ha pur predestinati ad esser conformi all’imagine del suo Figliolo, affinché questi sia il primogenito tra molti fratelli. 30E quelli che ha predestinati li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.

Possiamo sicuramente sperare la gloria futura

31Che diremo adunque dopo tali cose? Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? 32Colui che non ha risparmiato nemmeno il proprio Figliolo, ma l’ha dato a morte per noi tutti, come potrà non donarci con lui tutte le cose? 33Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio li giustifica. 34Chi potrà condannarli? Gesù Cristo, che è morto, anzi risuscitato, e siede alla destra di Dio, egli intercede per noi. 35Chi potrà separarci dall’amore di Cristo? La tribolazione forse, o l’angoscia, la fame, la nudità, il pericolo, la persecuzione, la spada? 36(Come sta scritto: Per te noi siamo ogni giorno messi a morte, siamo considerati come pecore da macello). 37Ma di queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di Colui che ci ha amati. 38Io poi sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i principati, né le virtù, né le cose presenti, né le future, né la potenza, 39né l’altezza, né la profondità, né altra cosa creata potrà separarci dalla carità di Dio, che è in Gesù Cristo Signor nostro.


Capo IX.


Dolore di S. Paolo per la riprovazione d’Israele

[1]Dico la verità in Cristo, non mentisco e me lo attesta la mia coscienza per lo Spirito Santo: 2ho una grande tristezza, un continuo dolore nel mio cuore, 3(tale) che vorrei essere io stesso separato da Cristo pei miei fratelli che sono del sangue mio secondo la carne, 4gli Israeliti, ai quali appartengono l’adozione in figli, la gloria, l’alleanza, la legge, il culto, le promesse, 5i patriarchi, e dai quali è, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Così sia.

La salvezza non dipende dalla discendenza, ma è dono di Dio

6Non già che sia venuta meno la parola di Dio, perché non tutti quelli che vengono da Israele sono Israeliti; ‘né i nati dalla stirpe di Abramo son tutti figlioli; ma «in Isacco sarà la tua discendenza». 8Quindi non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono contati come discendenti. 9Le parole della promessa infatti erano queste: Verso questo tempo io tornerò, e Sara avrà un figlio. 10E non soltanto a Sara, ma avvenne così anche a Rebecca, la quale da una sola unione con Isacco, padre nostro, concepì due gemelli. 11Or non essendo questi ancor nati e non avendo fatto nulla di bene o di male (affinché il disegno di Dio rimanesse secondo la elezione), 12non dipendente dalle opere, ma da Colui che chiama, fu detto a Rebecca: 13Il maggiore servirà al minore, secondo sta scritto: Ho amato Giacobbe ed ho odiato Esaù.

Dio non è ingiusto a salvare chi vuole

[14]Che diremo adunque? V’è l’ingiustizia in Dio? Giammai! 15Perché egli dice a Mosè: Avrò misericordia di colui al quale mi piacerà usar misericordia, e avrò compassione di colui con il quale vorrò essere compassionevole. 16Quindi non dipende da chi vuole, né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. 17Dice infatti la Scrittura a Faraone: Io t’ho suscitato apposta per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia celebrato su tutta la terra. 18Egli dunque usa misericordia a chi vuole, e indura chi vuole. [19]Tu mi dirai: E di che ora si lamenta? Chi mai può opporsi ai suoi voleri? 20O uomo, chi sei tu da contendere con Dio? Dirà forse il vaso d’argilla al vasaio: Perché mi hai fatto così? 21Il vasaio non è egli padrone dell’argilla da poter fare della medesima quantità un vaso per uso onorato, come un vaso per uso vile?
22E che (c’è da ripetere) se Dio volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza vasi d’ira già pronti alla perdizione, 23per far conoscere le ricchezze della sua gloria in favore dei vasi di misericordia che egli aveva già preparati per la sua gloria, 24(in favore di noi) che egli ha chiamati non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili?

La riprovazione dei giudei e la vocazione dei gentili era stata predetta

[25]Come dice in Osea: Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo, e diletta quella che non era amata, e pervenuta a misericordia quella che non aveva conseguito misericordia. 26E dove loro fu detto: Voi non siete il mio popolo, quivi saran chiamati figli del Dio vivente. 27Isaia poi esclama sopra Israele: Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la rena del mare, soltanto gli avanzi saranno salvati; 28perché Dio compirà e affretterà con equità ciò che ha detto, e sarà di poche parole sulla terra. 29E come pure predisse Isaia: Se il Signore degli eserciti non avesse di noi lasciata semenza, saremmo divenuti come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra.

La colpa d’Israele

[30]Che diremo dunque? Che i Gentili, i quali non cercavano la giustizia, hanno abbracciata la giustizia, quella giustizia che viene dalla fede; 31mentre Israele, che seguiva la legge della giustizia, non ha raggiunto la legge della giustizia. 32E perché? Perché (la cercò) non nella fede, ma come venisse dalle opere: e così urtò nella pietra d’inciampo, 33secondo quello che è scritto: Ecco io pongo in Sion una pietra d’inciampo, una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non resterà confuso.


Capo X.


Amore di Paolo per i Giudei

[1]Fratelli, il voto del mio cuore e la preghiera che fo a Dio per essi è che sian salvati; 2perché, rendo loro questa testimonianza, hanno lo zelo di Dio, ma non secondo la cognizione del vero: 3infatti, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio; 4perché fine della legge è Cristo, per dare la giustizia ad ogni credente.

I Giudei non han riconosciuto Cristo fine della legge

[5]Mosè infatti dice della giustizia che vien dalla legge: «Chi l’avrà adempita, vivrà per essa». 6Ma della giustizia che vien dalla fede dice: «Non dire in cuor tuo: Chi salirà in cielo?» sarebbe a dire per farne discendere il Cristo; 7«Chi scenderà nell’abisso?» viene a dire per risuscitare il Cristo da morte. 8Ma che dice la Scrittura? «Tu hai presso di te la parola nella tua bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi predichiamo.

I Giudei han rigettata la fede, unica via di salvezza

9Se tu quindi colla tua bocca confesserai il Signore Gesù, e crederai in cuor tuo che Dio l’ha risuscitato da morte, sarai salvo; 10perché credendo di cuore si perviene alla giustizia, e la confessione della bocca mena alla salute. 11Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui, non sarà confuso. 12Non c’è dunque distinzione fra Giudeo e Greco, perché lo stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano: 13infatti «chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvo».

L’ignoranza dei Giudei è senza scusa

14Ma come invocheranno uno in cui non hanno creduto? E come crederanno in uno di cui non hanno sentito parlare? Come poi ne sentiranno parlare, senza chi predichi? 15E come predicheranno se non sono mandati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che evangelizzano la pace, che evangelizzano il bene! 16Ma non tutti obbediscono al,Vangelo. Isaia infatti dice: Signore, chi ha creduto a ciò che ha da noi udito? 17La fede vien dunque da ciò che è udito, e si ode per la parola di Cristo. 18Ma domando: Non han forse udito? Eppure: Per tutta la terra ha risuonato la loro voce, e le
loro parole son giunte fino agli estremi confini della terra. 19Ma chiedo ancora: Forse Israele non ne seppe nulla? Mosè pel primo dice: Ecciterò la vostra gelosia contro una nazione, che non è nazione, provocherò il vostro sdegno contro una nazione stolta. 20Isaia poi ha l’audacia di dire: Mi han trovato quelli che non mi cercavano, mi son presentato a coloro che non chiedevano di me. 21Ad Israele poi dice: Tutto il giorno stesi le mie mani verso un popolo incredulo e ribelle.


Capo XI.


La riprovazione d’Israele sarà parziale

[1]Io dico adunque: Forse che Dio ha rigettato il suo popolo? Non sia mai! Perché anch’io sono Israelita della progenie d’Abramo, della tribù di Beniamino. 2Dio non ha rigettato quel suo popolo che ha preconosciuto. Non sapete quello che narra la Scrittura nella storia d’Elia? Come egli sollecita Dio contro Israele, dicendo: 3Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, han distrutto i tuoi altari; io son rimasto solo, e voglion togliermi la vita? 4Ma che gli rispose la voce divina? «Mi son riservato settemila uomini che non han piegato il ginocchio dinanzi a Baal». 5Nello stesso modo anche ora son salvati i resti, secondo l’elezione della grazia. 6Or se è per la grazia, non è dunque per le opere; altrimenti la grazia non è più grazia. 7Che è dunque successo? Che Israele non ha conseguito quel che cercava; ma l’ha conseguito la parte eletta, mentre gli altri sono stati accecati, 8secondo quello che sta scritto: Dio diede loro lo spirito di stordimento, occhi da non vedere, orecchi da non sentire fino a questo giorno. 9E David dice: La loro mensa diventi per essi un laccio, una rete, un inciampo e una giusta punizione. 10I loro occhi siano offuscati da non vedere, tieni il loro dorso sempre curvato.

La riprovazione d’Israele ha servito alla salute dei gentili

11Io dunque domando: Hanno essi così inciampato per cadere per sempre? Non sia mai! Ma pel loro delitto la salvezza è giunta ai Gentili in maniera da suscitare la gelosia d’Israele. 12Or se il loro delitto è la ricchezza del mondo, e la loro scarsezza è la ricchezza delle nazioni, quanto più la loro pienezza? 13Lo dico a voi nati Gentili, che io, in quanto Apostolo dei Gentili, mi sforzo di fare onore al mio ministero 14per eccitare, se è possibile, ad emulazione il mio sangue, e per salvarne qualcuno. 15Che se la loro reiezione è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro ammissione se non una risurrezione da morte? 16E se le primizie sono sante, santa è pure la massa, e se la radice è santa, sono santi anche i rami. 17Or se alcuni dei rami sono stati tagliati, e tu, o olivo selvatico, sei stato innestato nel loro posto e sei divenuto partecipe della radice e del succo dell’olivo, 18non ti vantare contro i rami; se ti vanti, (sappi) che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. 19Tu però dirai: Quei rami furon tagliati, perché fossi innestato io. 20Va bene: essi sono stati tagliati a causa dell’incredulità, e tu stai saldo mediante la fede; non t’insuperbire, ma temi 21che Dio, se non ha perdonato ai rami naturali, non perdoni neppure a te. 22Considera adunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso di quelli che son caduti, la bontà di Dio verso di te se ti atterrai alla bontà; altrimenti, sarai anche tu reciso. 23Essi pure se non si ostinano nella loro incredulità, saranno innestati, essendo Dio potente da innestarli di nuovo. 24Infatti, se tu, tagliato dall’olivo di natura sua selvatico, sei stato, contro la tua natura, innestato al buon olivo, quanto più i rami naturali saranno innestati sul loro proprio olivo!

Alla fine anche Israele sarà salvo

[25]Affinché dentro di voi non vi stimiate sapienti, non voglio che ignoriate, o fratelli, questo mistero: l’accecamento prodottosi in una parte d’Israele durerà finché non sia entrata la totalità dei Gentili. 26E così Israele sarà salvato, conforme sta scritto: Da Sion verrà il Liberatore che toglierà l’empietà da Giacobbe, 27e questa sarà la mia alleanza con essi, quando avrò tolti i loro peccati.
28Veramente, riguardo al Vangelo, son nemici a causa di voi, ma riguardo all’elezione sono carissimi a causa dei loro padri; 29perché i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimenti. 30E come voi in passato non avete creduto a Dio ed ora avete ottenuto misericordia per la loro incredulità, 31così anch’essi non hanno creduto per la misericordia fatta a voi; ma per ottenere anche loro misericordia. 32Infatti, Dio coinvolse tutti nell’incredulità per usare a tutti misericordia.

Inno alla divina sapienza

33O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono incomprensibili i suoi giudizi ed imperscrutabili le sue vie! 34Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? E chi gli è stato consigliere? 35Chi gli ha dato per il primo, per averne da ricevere il contraccambio?
36Da lui e per lui e in lui son tutte le cose. A lui gloria nei secoli. Così sia.


Capo XII.


Doveri verso Dio

[1]Io vi esorto dunque, o fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi in sacrifizio vivente, santo, gradito a Dio, il ragionevole vostro culto. 2E non vogliate conformarvi al presente secolo; ma riformate voi stessi col rinnovamento del vostro spirito, per distinguere quale sia la volontà di Dio, buona, gradita e perfetta.

Doveri verso il corpo sociale

3In virtù della grazia che m’è stata data, io dico a ciascuno di voi di non voler sapere più del necessario, ma tanto che basti, secondo la misura di fede che Dio ha distribuito a ciascuno. 4Infatti, come in un sol corpo noi abbiamo molte membra, e non tutte le membra hanno la medesima funzione, 5così noi, sebben molti, formiamo un unico corpo in Cristo e individualmente siamo uno membro dell’altro. 6Avendo noi dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata donata; chi ha la profezia (l’eserciti) secondo la regola della fede; 7chi il ministero, amministri; chi l’insegnamento, insegni; 8chi ha l’esortazione, esorti; chi distribuisce (lo faccia) con semplicità; chi presiede, con sollecitudine; chi fa opere di misericordia, con ilarità.

Come devono amare i cristiani

9La vostra carità non sia finta. Odiate il male; affezionatevi al bene. 10Amatevi scambievolmente con amore fraterno, prevenendovi gli uni gli altri nel rendervi onore. 11Non pigri nello zelo, ferventi nello spirito, servite al Signore. 12Siate allegri per la speranza, pazienti nella tribolazione, assidui nella preghiera.
13Provvedete ai bisogni dei santi; praticate l’ospitalità. 14Benedite quelli che vi perseguitano: benedite e non vogliate maledire. 15Rallegratevi con chi gioisce; piangete con chi piange, l’avendo gli stessi sentimenti l’uno per l’altro. Non aspirate alle cose alte, ma adattatevi alle umili, e non vi stimate saggi da voi stessi. 17Non rendete ad alcuno male per male, a cercate di fare il bene non soltanto davanti a Dio, ma anche davanti a tutti gli uomini.
18Se è possibile, per quanto è da voi, vivete in pace con tutti. 19Non vi vendicate da voi stessi, o carissimi, ma lasciate fare, all’ira (divina); perché sta scritto: A me la vendetta; io farò giustizia, dice il Signore. 20Se pertanto il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare; se ha sete, dàgli da bere; e tu, così facendo, ammasserai carboni ardenti copra la sua testa. 21Non ti lasciar vincere dal male ma vinci col bene il male.


Capo XIII.


Doveri verso l’autorità

[1]Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori, perché non v’è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono istituite da Dio; 2e quindi chi si oppone alle autorità si oppone all’ordine di Dio, e chi si ribella si attirerà la condanna; 3infatti i magistrati non son da temere per le opere buone, ma per le malvagie. Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene, e da essa ne avrai lode, 4essendo l’autorità ministra di Dio per il tuo bene. Se poi fai del male, temi, perché non porta invano la spada, quale ministra di Dio vendicatrice, che punisce i malfattori. 5È necessario dunque esser sottomessi, non solo per timore del castigo, ma anche per obbligo di coscienza. 6Per questa ragione voi pagate i tributi, perché i magistrati sono ministri di Dio e continuamente occupati nel loro ufficio. 7Rendete dunque a ciascuno ciò che gli dovete: a chi l’imposta, l’imposta; a chi il tributo, il tributo; a chi il rispetto, il rispetto; a chi l’onore, l’onore.

L’amore è il compendio della legge

8Non vi resti con nessuno che il debito dello scambievole amore; perché chi ama il prossimo ha adempito la legge. 9Difatti, «non commettere adulterio; non ammazzare, non rubare, non dire il falso testimonio; non desiderare» e qualunque altro comandamento che ci possa essere, si riassume in questa parola: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». 10L’amore non fa alcun male al prossimo: è dunque l’amore il compimento della legge.

Esortazione alla vita cristiana

11E ciò dovete farlo riflettendo al tempo in cui siamo, essendo già l’ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. 12La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiam dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell’impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; 14ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo, senza aver tanta cura della carne da svegliarne le concupiscenze.


Capo XIV.


I cristiani non devono gli uni condannare gli altri

[1]In quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo senza discuterne le opinioni. 2Altri crede di poter mangiare qualunque cosa; chi è debole mangi pure degli erbaggi. 3Ma chi mangia non disprezzi colui che non mangia, e chi non mangia non condanni colui che mangia, perché Dio l’ha fatto suo.
4E chi sei tu da condannare il servo altrui? O che egli stia ritto o cada, è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli starà in piedi perché Dio ha la potenza di sostenerlo. 5Uno distingue tra giorno e giorno, un altro li fa tutti uguali: ognuno segua la sua coscienza. 6Chi distingue i giorni, li distingue per amore del Signore; e chi mangia, lo fa per amore del Signore; infatti rende grazie a Dio. Ed anche chi non mangia, non mangia, per amore del Signore e rende grazie a Dio. 7Poiché nessuno di noi vive per se medesimo, né per se stesso muore; 8ma se viviamo, viviamo pel Signore, e se moriamo, moriamo pel Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore; 9perché Cristo è morto e risuscitato per essere Signore dei vivi e dei morti. 10Ma tu perché giudichi il tuo fratello? O perché tu disprezzi il tuo fratello? Tutti invece compariremo davanti al tribunale di Cristo. 11Sta scritto infatti: «Io sono il vivente, dice il Signore, e davanti a me si piegherà ogni ginocchio, ed ogni lingua darà gloria a Dio». 12Così adunque ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.

Bisogna guardarsi dallo scandalizzare i deboli

13Cessiamo adunque dal giudicarci a vicenda; ma guardiamo invece di non mettere inciampo o scandalo sulla via del fratello. 14Io so e son persuaso nel Signore Gesù che nulla è in se stesso impuro; ma per colui che stima impura una cosa, essa per lui diventa impura. 15Or se per un cibo fai rattristare il tuo fratello, tu non cammini più secondo la carità. Non rovinare col tuo cibo uno per il quale Cristo è morto. 16Non sia dunque bestemmiato il nostro bene. 17Perché il regno di Dio non consiste nel mangiare e nel bere, ma è giustizia e pace e gaudio nello Spirito Santo. 18Chi serve Cristo in questa maniera piace a Dio ed è approvato dagli uomini. 19Cerchiamo dunque ciò che giova alla pace, e pratichiamo ciò che serve alla mutua edificazione.
20Non voler per un cibo distruggere l’opera di Dio. Certamente tutte le cose sono pure, ma fa male un uomo che mangia scandalizzando. 21Bene è non mangiar carne e non bere vino, né fare alcuna cosa che sia per il tuo fratello occasione di caduta o di scandalo o di debolezza. 22Tu hai una convinzione? Tientela per te dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello che sceglie. 23Ma chi fa distinzione, se mangia, è condannato, perché non agisce secondo coscienza. Tutto ciò che non è secondo la coscienza è peccato.


Capo XV.


Come Cristo dobbiamo aiutare e accogliere i deboli

[1]Or noi più forti dobbiamo sostenere la fiacchezza dei deboli e non compiacerci di noi stessi, 2ma ciascuno si renda gradito al prossimo nel bene per edificarlo; 3perché Cristo non cercò la propria soddisfazione, ma, come sta scritto: Gl’improperi di coloro che ti oltraggiano sono caduti sopra di me. 4Or tutto quello che è stato scritto, per nostro ammaestramento è stato scritto, affinché mediante la pazienza e la consolazione donata dalle Scritture conserviamo la speranza.
5Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda d’aver il medesimo sentimento secondo Gesù Cristo; 6affinché d’un sol cuore, con una sola voce glorifichiate Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. 7Accoglietevi dunque gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi, per la gloria di Dio. 8Dico infatti che Gesù Cristo è stato ministro dei circoncisi per dimostrare la veracità di Dio e adempire le promesse fatte ai padri. 9I Gentili invece glorificano Dio a causa della sua misericordia, come sta scritto: Per questo ti loderò tra i Gentili, o Signore, e canterò al tuo nome. 10Dice ancora: Rallegratevi, o Gentili, col suo popolo. 11E ancora: Gentili, lodate tutti il Signore; o popoli tutti, celebratelo.
12E anche Isaia dice: Apparirà la radice di Iesse, Colui che sorgerà a governare i Gentili; in lui i Gentili spereranno.
13Il Dio della speranza vi ricolmi adunque di tutta la gioia e di tutta la pace che è nella fede, affinché abbondiate nella speranza e nella virtù dello Spirito Santo.

S. Paolo si scusa d’aver scritto ad una chiesa da lui non fondata

14Io però son persuaso, o fratelli, che da voi siete pieni di carità, colmi d’ogni sapere, capaci di ammonirvi a vicenda. 15Ma vi ho scritto un po’ arditamente come per ravvivare i vostri ricordi, e per la grazia che Dio mi ha fatta 16d’esser ministro di Gesù Cristo fra i Gentili, consacrato al servizio del Vangelo di Dio, affinché l’offerta dei Gentili sia gradita e santificata dallo Spirito Santo. 17Ho dunque di che gloriarmi di Cristo Gesù davanti a Dio; 18perché oserei dire non esservi cosa la quale Cristo non abbia fatta per mezzo mio a fine di condurre i Gentili all’ubbidienza, colla parola e coi fatti; 19colla potenza dei miracoli e dei prodigi, colla virtù dello Spirito Santo. Tant’è vero che da Gerusalemme e dai paesi circostanti fino all’Illiria tutto ho ripieno del Vangelo di Cristo, 20studiandomi di predicare questo Vangelo dove Cristo non era stato ancora nominato, per non fabbricare sopra il fondamento posto da altri; ma secondo quanto sta scritto: 21Quelli ai quali nulla era stato detto di lui lo vedranno, e quelli che non ne han sentito parlare lo conosceranno.

Espone come intende di passare da Roma

22È stato questo che mi ha parecchie volte impedito di venire da voi a sono stato impedito fino ad oggi. 23Ma ora, non avendo più nulla che mi trattenga in queste contrade, e avendo da molti anni il desiderio di venire da voi, 24spero di vedervi quando passerò per andare in Spagna, ove sarò da voi accompagnato dopo essermi in parte saziato di voi. 25Ora invece vado a Gerusalemme a portare dei soccorsi ai santi, 26avendo la Macedonia a l’Acaia stimato necessario fare una colletta per i poveri che sono tra i santi di Gerusalemme. 27L’hanno stimato necessario; e veramente son debitori ad essi. Infatti, se i Gentili sono stati fatti partecipi dei beni spirituali dei Giudei, devono ancor sovvenirli coi beni materiali. 28Quando avrò terminato questo incarico ed avrò consegnata ad essi questa offerta, passando da voi andrò in Spagna; 29e so che, venendo da voi, verrò colla pienezza della benedizione di Cristo. 31Vi scongiuro o fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e per la carità dello Spirito Santo, ad aiutarmi colle vostre orazioni che fate a Dio per me, 31affinché io sia liberato dagli infedeli che sono in Giudea, l’offerta ch’io porto sia gradita dai santi di Gerusalemme, 32e così possa venire, se piace a Dio, con gioia, da voi per riposarmi in vostra compagnia. 33Il Dio della pace sia con voi tutti. Così sia.


Capo XVI.


Raccomandazioni e saluti

1Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa nella Chiesa di Cencre, 2affinché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e l’assistiate in qualunque cosa possa aver bisogno di voi, perché essa pure ha assistiti molti ed anche me.
3Salutate Prisca e Aquila, miei cooperatori in Gesù Cristo, 4i quali hanno esposto la loro testa per salvarmi la vita, ai quali non io solo rendo grazie, ma ancora tutte le chiese dei Gentili.
5(Salutate) anche la chiesa (che si raduna) nella loro casa. Salutate Epeneto, mio diletto, che è stato, per Cristo, la primizia dell’Asia. 6Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi. 7Salutate Andronico e Giunio, miei parenti e compagni di prigione, i quali sono illustri fra gli apostoli e furono in Cristo prima di me. 8Salutate Ampliato, a me carissimo nel Signore. 9Salutate Urbano, nostro cooperatore in Cristo Gesù, e Stachi, mio diletto. 10Salutate Apelle, che ha dato prova di sé in Cristo. 11Salutate quei di casa d’Aristobulo. Salutate Erodione, mio parente. Salutate quei di casa di Narcisso, che son nel Signore. 12Salutate Trifena a Trifosa, che faticano nel Signore. Salutate la carissima Perside, che ha molto faticato nel Signore. 13Salutate Rufo, eletto nel Signore, e la sua e mia madre. 14Salutate Asincrito, Flegonte, Erma, Patroba, Erme e i fratelli che son con essi. 15Salutate Filologo e Giulia e Nereo, e la sua sorella, e Olimpiade e tutti i santi che sono con essi. 16Salutatevi scambievolmente col bacio santo. Vi salutano tutte le chiese di Cristo.
17Ora vi esorto, o fratelli, a tener d’occhio quelli che sono causa di dissensioni e di scandali e s’allontanano dall’insegnamento che avete ricevuto. Allontanatevi da loro, 16perché è gente che non serve a Cristo Signor nostro, ma al proprio ventre e con melate parole e adulazioni seducono i cuori dei semplici. 19Del resto la vostra obbedienza è nota a tutto il mondo, e me ne rallegro per voi; ma bramo che siate prudenti nel bene e semplici nel male. 20Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi. La grazia del nostro Signor Gesù Cristo sia con voi.
21Vi saluta Timoteo, mio cooperatore, e Lucio e Giasone, e Sosipatro, miei parenti. 22Vi saluto nel Signore io, Terzo, che ho scritto la lettera. 23Vi saluta Caio, mio albergatore, e tutta la chiesa. Vi saluta Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto. 24La grazia del Signore Gesù Cristo con tutti voi. Così sia.

Dossologia

25A Colui che è potente per rendervi costanti nel mio Vangelo e nella predicazione di Gesù Cristo ‑ secondo la rivelazione del mistero che fu taciuto per secoli eterni; 26ma che ora è stato svelato e notificato a tutte le genti per mezzo delle Scritture e dei profeti, secondo l’ordine dell’eterno Dio, per trarle all’obbedienza della fede ‑ 27a Dio solo, sapiente, onore e gloria per Gesù Cristo nei secoli dei secoli. Così sia.


Domine Iesu,
Nihil cogitem nisi te.
padremaria@libero.it