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sabato 30 maggio 2020

IL PIU' MITE DEI PAPI



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GIOVANNI PAOLO I
Giovanni Paolo I, tutta la verità sul “papa di settembre ...
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 6 settembre 1978

La grande virtù dell'umiltà

Alla mia destra e alla mia sinistra ci sono Cardinali e Vescovi, miei fratelli nell'episcopato. Io sono soltanto il loro fratello maggiore. Il mio saluto affettuoso a loro e anche alle loro diocesi.

Giusto un mese fa, a Castelgandolfo, moriva Paolo VI, un grande Pontefice, che ha reso alla Chiesa, in 15 anni, servizi enormi. Gli effetti si vedono in parte già adesso, ma io credo che si vedranno specialmente nel futuro. Ogni mercoledì egli veniva qui e parlava alla gente. Nel Sinodo 1977 parecchi vescovi hanno detto: « I discorsi di Papa Paolo del mercoledì sono una vera catechesi adatta al mondo moderno ». 

Io cercherò di imitarlo, nella speranza di poter anch'io, in qualche maniera, aiutare la gente a diventare più buona. Per esser buoni, però, bisogna essere a posto davanti a Dio, davanti al prossimo e davanti a noi stessi. Davanti a Dio, la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: « Sono soltanto polvere e cenere davanti a te, o Signore! ». Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio. 

Quando io dico: Signore io credo; non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma; si crede alla mamma; io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato. 
I comandamenti sono un po' più difficili, qualche volta tanto difficili da osservare; ma Dio ce li ha dati non per capriccio, non per suo interesse, bensì unicamente per interesse nostro. Uno, una volta, è andato a comperare un'automobile dal concessionario. Questi gli ha fatto un discorso: guardi che la macchina ha buone prestazioni, la tratti bene, sa? Benzina super nel serbatoio, e, per i giunti, olio, di quello fino. 
L'altro invece: Oh, no, per sua norma, io neanche l'odore della benzina posso sopportare, e neanche l'olio; nel serbatoio metterò spumante, che mi piace tanto e i giunti li ungerò con la marmellata. Faccia come crede; però non venga a lamentarsi, se finirà in un fosso, con la sua macchina! Il Signore ha fatto qualcosa di simile con noi: ci ha dato questo corpo, animato da un'anima intelligente, una buona volontà. Ha detto: questa macchina vale, ma trattala bene.

Ecco i comandamenti. Onora il Padre e la Madre, non uccidere, non arrabbiarti, sii delicato, non dire bugie, non rubare... Se fossimo capaci di osservare i comandamenti, andremmo meglio noi e andrebbe meglio anche il mondo. Poi c'è il prossimo... ma il prossimo è a tre livelli: alcuni sono sopra di noi, alcuni sono al nostro livello, altri sono sotto. Sopra ci sono i nostri genitori. 

Il catechismo diceva: rispettarli, amarli, obbedirli. Il Papa deve inculcare rispetto ed obbedienza dei figli per i genitori. Mi dicono che qua ci sono i chierichetti di Malta. Venga uno, per favore... I chierichetti di Malta, che, per un mese, hanno fatto servizio in San Pietro. Allora, tu come ti chiami? - James! - James. E, senti, sei mai stato ammalato, tu? - No. - Ah, mai? - No. - Mai stato ammalato? - No. - Neanche una febbre? - No. - Oh, che fortunato! Ma, quando un bambino è ammalato, chi è che gli porta un po' di brodo, un po' di medicina? Non è la mamma? Ecco. Dopo tu diventi grande, e la mamma diventa vecchia, e tu diventi un gran signore, e la mamma poverina sarà a letto ammalata. Ecco. E allora chi è che porterà alla mamma un po' di latte e la medicina? Chi è? - Io e i miei fratelli. - Bravo! Lui e i suoi fratelli, ha detto. E questo mi piace. Hai capito?

Ma non succede sempre. Io, vescovo di Venezia, andavo qualche volta, nelle case di ricovero. Una volta ho trovato un'ammalata, un' anziana: « Come va Signora? » - « Beh, da mangiare, bene! Caldo? Riscaldamento? Bene » - « Allora è contenta Signora? » - « No » - si è messa quasi a piangere. « Ma perché piange? » - « Mia nuora, mio figlio non vengono mai a trovarmi. Vorrei vedere i nipotini ». Non basta il caldo, il cibo, c'è un cuore; bisogna pensare anche al cuore dei nostri vecchi. Il Signore ha detto che i genitori devono essere rispettati e amati, anche quando sono vecchi. E oltre ai genitori c'è lo Stato, ci sono i Superiori. 

Può il Papa raccomandare l'obbedienza? Bossuet, che era un grande vescovo, ha scritto: « Dove nessuno comanda tutti comandano. Dove tutti comandano, nessuno più comanda, ma il caos ». Qualche volta si vede anche in questo mondo qualcosa del genere. Quindi rispettiamo quelli che sono superiori. Poi ci sono i nostri eguali. E qui, di solito, ci sono due virtù da osservare: la giustizia, la carità. Ma la carità è l'anima della giustizia. 
Bisogna voler bene al prossimo, il Signore ce l'ha raccomandato tanto. Io raccomando sempre non solo le grandi carità, ma le piccole carità. Ho letto in un libro, scritto da Carnegie, americano, intitolato « l'arte di far gli amici », questo piccolo episodio: una signora aveva quattro uomini in casa: il marito, un fratello, due figli grandi. Lei sola doveva fare le spese, lei la biancheria e stirare, lei la cucina, lei tutto. 

Una domenica vengono a casa. La tavola è preparata per il pranzo, ma sul piatto c'è solo un pugnetto di fieno. Oh! Gli altri protestano e dicono: cosa, fieno! e lei dice « no, è tutto preparato. Lasciate che vi dica: cambio i cibi, vi tengo puliti, faccio di tutto. Mai, mai una volta che abbiate detto: ci hai preparato un bel pranzetto. Ma dite qualche cosa! Non sono di sasso. Si lavora più volentieri, quando si è riconosciuti. Sono le piccole carità. In casa nostra abbiamo tutti qualcuno, che aspetta un complimento ». 
Ci sono i più piccoli di noi, ci sono i bambini, i malati, perfino i peccatori. Io sono stato molto vicino, come vescovo, anche a quelli che non credono in Dio. Mi son fatto l'idea che essi combattono, spesso, non Dio, ma l'idea sbagliata che essi hanno di Dio. Quanta misericordia bisogna avere! E anche quelli che sbagliano... Bisogna veramente essere a posto con noi stessi. Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l'umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra. Bassi, bassi: è la virtù cristiana che riguarda noi stessi.

Alle coppie di sposi novelli
La presenza di sposi novelli commuove particolarmente, perché la famiglia è una grande cosa. Io una volta ho scritto un articolo sul giornale e mi sono permesso di scherzare, citando Montaigne, uno scrittore francese, il quale diceva: « Il matrimonio è come una gabbia: quelli che son fuori, fanno di tutto per entrare, quelli che son dentro fan di tutto per uscire ». No no no. Però, però alcuni giorni dopo mi è capitata una lettera di un vecchio Provveditore agli studi, che aveva scritto libri e mi ha rimproverato dicendo: « Eccellenza, ha fatto male a citare Montaigne, io e mia moglie ci siamo uniti da 60 anni ed ogni giorno è come il primo giorno ». Anzi, mi ha citato un altro poeta francese, in francese, ma io lo dico in italiano: ti amo ogni giorno di più: oggi molto più di ieri, ma molto meno di domani. E faccio l'augurio che, a voi, succeda la stessa cosa.

Ai partecipanti al VII Convegno Internazionale organizzato dalla Società Internazionale dei Trapianti
Nous devons un salut particulier aux membres du septième Congrès international de la Société pour les transplantations d'organes. Nous sommes très touché de votre visite, qui est un hommage au Pape, et surtout de votre désir d'éclairer et d'approfondir les graves problèmes humains et moraux en jeu dans les recherches ou dans la technique chirurgicale qui sont votre lot. Nous vous encourageons, en ce domaine, à solliciter l'aide d'amis catholiques, experts en théologie et en morale et très au fait de vos problèmes, possédant une connaissance très sûre de la doctrine catholique et un sens profondément humain.
Nous nous contentons aujourd'hui de vous exprimer nos félicitations et notre confiance, pour l'immense travail que vous mettez au service de la vie humaine, afin de la prolonger dans les meilleures conditions. Tout le problème est d'agir dans le respect de la personne et de ses proches, qu'il s'agisse des donneurs d'organes ou des bénéficiaires, et de ne jamais transformer l'homme en objet d'expérience. Il y a le respect de son corps, il y a aussi le respect de son esprit. Nous prions Dieu, l'Auteur de la vie, de vous inspirer, de vous assister, dans ces magnifiques et redoutables responsabilités. Qu'il vous bénisse, avec tous ceux qui vous sont chers!

Adesso, se permettete, vorrei invitarvi ad unirvi alle mie preghiere, per una intenzione che mi sta molto a cuore. Voi avete saputo dalla stampa, dalla televisione, che, oggi, a Camp David, negli Stati Uniti, comincia una importante riunione tra i governanti di Egitto, Israele e Stati Uniti, per trovare una soluzione al conflitto del Medio Oriente. Questo conflitto, che da più di 30 anni si combatte sulla terra di Gesù, ha già causato tante vittime, tante sofferenze, sia fra gli arabi, sia fra gli israeliani, e come una brutta malattia ha contagiato i Paesi vicini. Pensate al Libano, un Libano martire, sconvolto dalle ripercussioni di questa crisi. Per questo, quindi, vorrei pregare, insieme, per la riuscita della riunione di Camp David: che queste conversazioni spianino la via ad una pace giusta e completa. Giusta, cioè con soddisfazione di tutte le parti in conflitto. Completa, senza lasciar irrisolta alcuna questione: il problema dei Palestinesi, la sicurezza d'Israele, la città Santa di Gerusalemme. Preghiamo il Signore di illuminare i responsabili di tutti i popoli interessati, perché siano lungimiranti e coraggiosi nel prendere le decisioni che devono portare la serenità e la pace in Terra Santa ed in tutto il mondo d'Oriente.


AMDG et DVM

mercoledì 15 maggio 2019

Tutto sul PAPA DEL SORRISO: Giovanni Paolo I

Joseph Ratzinger e Albino Luciani


Fra questi due grandi uomini c'erano una stima ed un affetto particolari.
Ieri Benedetto XVI ha incontrato il Vescovo di Belluno-Feltre e
ha parlato della figura del suo predecessore.
Lo fece anche in altre occasioni che riportiamo di seguito.



Il Papa: «Luciani tra i miei maestri spirituali» 

A Lorenzago Joseph Ratzinger trascorrerà una vacanza in stile quasi monastico per dedicarsi allo studio e alla preghiera 

Cordialità e amicizia in un clima quasi informale e di grande serenità: così il vescovo della Diocesi Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich -attraverso le parole dell'addetto diocesano alla comunicazione don Giuseppe Bratti- riassume l'incontro avuto a Roma con papa Benedetto XVI.Due i temi toccati dal vescovo durante il breve colloquio con il pontefice del 25 aprile scorso: papa Luciani e le ormai prossime vacanze di Joseph Ratzinger a Lorenzago di Cadore. In entrambi i casi papa Benedetto XIV non è stato parco di riflessioni: anzi.

A monsignor Andrich ha confidato anche che papa Albino Luciani è una figura di grande fede che egli stesso annovera fra le sue guide spirituali.
Sull'aspetto più puramente pratico della causa di beatificazione in corso per il papa di Canale d'Agordo, non sono invece emerse novità, nè da parte di Benedetto XIV, nè degli officiali della Congregazione per le cause dei santi, presenti all'incontro.
Il Santo Padre ha poi sfiorato l'argomento che ruota attorno alla sua presenza a Lorenzago di Cadore fra il 9 e il 28 luglio. Sarà una vacanza in stile quasi monastico -sono sempre le parole di don Bratti-. Papa Ratzinger intende dedicarsi rigorosamente allo studio e alla preghiera.

«E'stato un incontro contrassegnato da una cordialità che sconfina con l'amicizia». Così il vescovo di Belluno - Feltre, monsignor Giuseppe Andrich, riassume il clima affabile in cui si sono svolti a Roma i colloqui con papa Benedetto XVI. Due "a tu per tu" fra il pontefice e il vescovo. Uno ieri, come previsto dal protocollo settimanale all'interno della visita di tutti i vescovi del Triveneto ricevuti per l'appuntamento quinquennale "ad limina apostolorum", un altro - più breve ed improvvisato quanto affabile - mercoledì 25 aprile. Dopo l'udienza generale a cui in piazza San Pietro hanno partecipato i sessanta pellegrini bellunesi - fra i quali si notava un folto gruppo proveniente da Lorenzago di Cadore capeggiato dal parroco don Sergio De Martin, dal sindaco Mario Tremonti e dall'assessore provinciale Angelo Costola - monsignor Andrich si è intrattenuto per alcuni minuti con il Santo Padre: «Benedetto XVI ha spezzato con monsignor Andrich ogni formalità ed ha salutato in modo particolare la nostra diocesi ricordando spontaneamente quando nell'ottobre 2004, sei mesi prima dell'elezione al soglio pontificio, in veste di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede venne a Belluno e al Centro papa Luciani di Col Cumano», rifersce don Giuseppe Bratti, responsabile diocesano della comunicazione.

Nell'udienza di ieri, avvenuta in tarda mattinata, sono invece emerse considerazioni sulla presenza dal 9 al 28 luglio fra le Dolomiti: «Il pontefice ha confermato al nostro vescovo l'intenzione di trascorrere a Lorenzago una vacanza in stile quasi monastico, dedicandosi allo studio e alla preghiera» aggiunge Bratti. E sul possibile Angelus da tenersi in Nevegal? Ogni dettaglio sul soggiorno estivo pare debba essere ancora affrontato. Né sì, né no, insomma.

Altro tema saliente trattato durante l'incontro è stato quello intorno alla causa di beatificazione di Albino Luciani: «Monsignor Andrich ha chiesto, sia parlando con il papa che con gli officiali della Congregazione per le cause dei santi, se sia a buon punto l'iter del miracolo - è sempre don Bratti a relazionare - ma al momento non sono emerse novità. Sta di fatto che papa Ratzinger nei confronti di papa Luciani ha dimostrato, come in altre occasioni, un stima che rasenta una dimensione di preghiera». Per Benedetto XVI - a detta dello stesso monsignor Andrich - il pontefice di Canale d'Agordo «è figura di grande fede ed è annoverabile fra i suoi maestri spirituali».

Al Santo Padre è stato fatto poi il ritratto della diocesi di Belluno-Feltre, non solo attraverso numeri e dati statistici. Il vescovo nel documento presentato al pontefice ha sottolineato il rapporto con le altre religioni e la partecipazione alla messa, ma pure la situazione nel mondo del lavoro.

Daniela De Donà

Il Gazzettino del nordest, 28 aprile 2007

***

Il Signore sceglie la nostra povertà

Ratzinger racconta la sua nomina ad arcivescovo di Monaco e a cardinale da parte di Paolo VI nel 1977 e i due conclavi del 1978 

di Gianni Cardinale

Quella del 1978 non fu un’estate qualsiasi per la Chiesa cattolica. Nel giro di poche settimane i cardinali si ritrovarono per due volte riuniti in conclave per eleggere il successore di Pietro. Il 6 agosto, infatti, dopo quindici anni di pontificato, venne meno Paolo VI, che avrebbe compiuto 81 anni il successivo 26 settembre. Il 26 agosto, dopo un rapidissimo conclave – due giorni e quattro votazioni – venne eletto papa il patriarca di Venezia Albino Luciani, che prese il nome di Giovanni Paolo I. Avrebbe compiuto 66 anni il 17 ottobre. Ma non festeggiò quel compleanno. Il suo pontificato durò appena trentatré giorni. All’alba del 28 settembre il nuovo Pontefice venne trovato esanime nella sua camera da letto. Il Sacro Collegio quindi si riunì di nuovo per il conclave che il 16 ottobre – dopo otto votazioni in tre giorni – vide l’elezione dell’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, 58 anni, che col nome di Giovanni Paolo II divenne il primo Papa polacco della storia, il primo non italiano dopo 456 anni.

Per ricordare, venticinque anni dopo, i drammatici avvenimenti di quell’estate, 30Giorni ha chiesto la testimonianza del cardinale Joseph Ratzinger, 76 anni, indubbiamente il più conosciuto tra i ventuno porporati dell’attuale Sacro Collegio che parteciparono ai due conclavi del 1978. Con il porporato bavarese abbiamo anche parlato dei suoi colloqui e dei suoi incontri con papa Montini e con Luciani tra il 1977 e il 1978.

Il cardinale Joseph Ratzinger non ha bisogno di molte presentazioni. Teologo famoso fin dall’epoca del Concilio Vaticano II, nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga e creato cardinale nel 1977 da Paolo VI, è attualmente l’unico porporato europeo creato da papa Montini che siederebbe in un eventuale conclave. Convocato a Roma da papa Wojtyla nel 1981, presiede da allora la Congregazione per la dottrina della fede, la Pontificia Commissione biblica e la Commissione teologica internazionale. Attualmente è il più longevo tra i capidicastero della Curia romana. Eletto vicedecano del Sacro Collegio nel novembre ’98, alla fine dello scorso anno è stato eletto decano.

Eminenza, il 24 marzo 1977 Paolo VI la nominò arcivescovo di Monaco, tre mesi dopo la creò cardinale… 

JOSEPH RATZINGER: Due o tre giorni dopo la mia consacrazione episcopale del 28 maggio venni informato della mia nomina a cardinale, che quindi coincideva quasi con l’ordinazione sacramentale. Fu per me una grande sorpresa. Non so ancora darmi una spiegazione di tutto questo. So comunque che Paolo VI teneva presente il mio lavoro come teologo. Tanto che alcuni anni prima, forse nel 1975, mi aveva invitato a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano. Ma non mi sentivo sufficientemente sicuro né del mio italiano né del mio francese per preparare e osare una tale avventura, e così avevo detto di no. Ma questa era una prova che il Papa mi conosceva. Forse una qualche parte in questa storia potrebbe averla avuta monsignor Karl Rauber, oggi nunzio in Belgio, allora stretto collaboratore del Sostituto Giovanni Benelli. Comunque, sta di fatto, mi hanno detto, che di fronte alla terna per la nomina a Monaco e Frisinga, il Papa avrebbe personalmente scelto la mia povertà.

Quello del 27 giugno 1977 fu un “miniconcistoro” con soli cinque neocardinali… 

RATZINGER: Sì, eravamo un piccolo gruppo, interessante e simpatico. C’era Bernardin Gantin, l’unico ancora in vita oltre il sottoscritto. E poi Mario Luigi Ciappi, il teologo della Casa pontificia, Benelli naturalmente, e Frantisek Tomasek che era stato nominato in pectore già l’anno prima e che ricevette la porpora insieme a noi.

Si racconta che fu Benelli, il quale era stato nominato arcivescovo di Firenze il 3 giugno, a “scegliere” i nomi di quel “miniconcistoro”… 

RATZINGER: Può darsi. Non ho mai avuto voglia, né ho voglia ora di esplorare queste cose. Rispetto la Provvidenza; quali fossero gli strumenti della Provvidenza non mi interessa.

Cosa ricorda di quella cerimonia? 

RATZINGER: Alla consegna del berretto nell’aula Paolo VI io ho avuto un grande vantaggio rispetto agli altri neocardinali. Nessuno degli altri quattro cardinali aveva con sé una grande famiglia. Benelli aveva lavorato per lungo tempo in Curia, e a Firenze non era molto conosciuto, quindi non erano tanti i fedeli provenienti dal capoluogo toscano; Tomasek – c’era ancora la cortina di ferro – non poteva avere accompagnatori; Ciappi era un teologo che aveva lavorato sempre, per così dire, nella sua isola; Gantin è del Benin e dall’Africa non è agevole venire a Roma. Io invece ho avuto tanta gente: l’aula era quasi piena di persone che venivano da Monaco e dalla Baviera.

Fece un figurone… 

RATZINGER: In un certo senso sì. Gli applausi per me furono maggiori che per gli altri. Si vedeva che Monaco era presente. E il Papa fu visibilmente compiaciuto di vedere in qualche modo confermata la sua scelta.

In quell’occasione ebbe modo di avere un colloquio personale col Papa? 

RATZINGER: Dopo la liturgia, nella quale il Papa ci aveva consegnato l’anello, mi fu detto che Paolo VI desiderava parlarmi in udienza privata. Io ero stato per tanti anni un semplice professore, molto lontano dai vertici della gerarchia e non sapevo come comportarmi, mi sentivo un po’ a disagio in quel contesto. Non osavo parlare con il Papa perché mi sentivo ancora troppo semplice, ma lui fu molto buono e mi incoraggiò. Si trattò di un colloquio senza intenzioni specifiche, voleva conoscermi da vicino, dopo che forse Benelli gli aveva parlato di me.

Cosa ricorda dell’ultimo anno del pontificato di Paolo VI?

RATZINGER: In quel periodo, insieme agli altri vescovi della Baviera, venni a Roma per la visita ad limina. E in quella occasione ci fu un bell’incontro col Papa. Paolo VI cominciò a parlare in tedesco, lo faceva abbastanza bene, ma poi preferì passare all’italiano con cui era più facile comunicare. Parlò col cuore della sua vita e del suo primo incontro con la nostra terra. Ricordò che quando era stato a Monaco, da giovane sacerdote, si era trovato un po’ disorientato e aveva trovato tante persone che lo avevano aiutato. Fu un colloquio personale, senza grandi discorsi: si vedeva che il suo cuore si era aperto e voleva semplicemente condividere alcuni momenti con alcuni suoi confratelli nell’episcopato. Si trattò di un incontro molto simpatico.

Venne a Roma altre volte con Paolo VI papa? 

RATZINGER: Sì, per il suo ottantesimo compleanno [il 26 settembre 1977, ndr]. Il 16 ottobre celebrò una messa solenne a San Pietro. In quella occasione mi ha impressionato per come ha citato il verso della Divina Commedia in cui Dante parla di «quella Roma onde Cristo è romano» [Purgatorio, XXXII, 102, ndr]. Paolo VI era considerato un po’ un intellettuale che aveva difficoltà ad essere caldo con gli altri. In quel momento aveva manifestato un calore inaspettato proprio per Roma. Io non conoscevo o non mi ricordavo di queste parole di Dante. Mi impressionarono molto. Con queste parole Paolo VI voleva esprimere il suo amore per Roma che è divenuta la città del Signore, il centro della Sua Chiesa.

Come seppe della scomparsa di papa Montini? 

RATZINGER: Ero andato in vacanza in Austria. Venni informato la mattina stessa del 6 agosto che il Santo Padre si era sentito improvvisamente male. Chiamai il vicario generale di Monaco per dirgli di invitare subito tutta la diocesi a pregare per il Papa. Poi feci una piccola gita e quando tornai mi telefonarono per dirmi che il Papa si era aggravato e poco dopo mi chiamarono di nuovo per comunicarmi che era morto. Allora decisi che la mattina successiva sarei tornato a Monaco, e quella sera stessa venne la tv per intervistarmi. Dopo aver scritto una lettera alla diocesi partii per Roma.

Dove assistette ai funerali del Papa. 

RATZINGER: Mi colpì l’assoluta semplicità della bara con il Vangelo posato sopra. Questa povertà, che il Papa aveva voluto, mi aveva quasi scioccato. Mi impressionò anche la messa funebre celebrata dal cardinale Carlo Confalonieri, che essendo ultraottantenne, non avrebbe partecipato al conclave: fece un’omelia molto bella. Come fu bella quella pronunciata in un’altra messa dal cardinale Pericle Felici, che sottolineò come durante il funerale le pagine del Vangelo posto sopra la bara del Papa fossero state sfogliate dal vento. Ritornai poi a Monaco per celebrare una messa in suffragio: il duomo era molto affollato. Quindi tornai a Roma per il conclave.

Lei era un cardinale “novello”… 

RATZINGER: Ero tra i più giovani ma, siccome ero vescovo diocesano, appartenevo all’ordine dei presbiteri e quindi, nel protocollo, venivo prima di molti cardinali curiali che appartenevano all’ordine dei diaconi. Così non ero agli ultimi posti. Ricordo che al pranzo, anche in questo contesto venivano rispettate le precedenze, mi trovavo tra i cardinali Silvio Oddi e Felici, due porporati italianissimi.

Ebbe realmente un ruolo importante in quel conclave? 

RATZINGER: È vero che con alcuni cardinali germanofoni ci siamo visti qualche volta. A questi incontri partecipavano Joseph Schröffer, già prefetto dell’Educazione cattolica, Joseph Höffner di Colonia, il grande Franz König di Vienna – che vive ancora –, Alfred Bengsch di Berlino; c’erano inoltre Paulo Evaristo Arns e Aloísio Lorscheider, brasiliani di origine tedesca. Si trattava di un piccolo gruppo. Non volevamo assolutamente decidere niente, ma solo parlare un po’. Io mi sono lasciato guidare dalla Provvidenza, ascoltando i nomi, e vedendo come si è formato finalmente un consenso sul patriarca di Venezia.

Lo conosceva? 

RATZINGER: Sì, lo conoscevo personalmente. Durante le vacanze estive del ’77, ad agosto, mi trovavo nel seminario diocesano di Bressanone e Albino Luciani venne a farmi visita. L’Alto-Adige fa parte della regione ecclesiastica del Triveneto e lui, che era un uomo di una squisita gentilezza, come patriarca di Venezia si sentì quasi in obbligo di recarsi a trovare questo suo giovane confratello. Mi sentivo indegno di una tale visita. In quella occasione ho avuto modo di ammirare la sua grande semplicità, e anche la sua grande cultura. Mi raccontò che conosceva bene quei luoghi, dove da bambino era venuto con la mamma in pellegrinaggio al santuario di Pietralba, un monastero di Serviti di lingua italiana a mille metri di quota, molto visitato dai fedeli del Veneto. Luciani aveva tanti bei ricordi di quei luoghi e anche per questo era contento di tornare a Bressanone.

Prima non l’aveva mai conosciuto di persona? 

RATZINGER: No. Io ero vissuto, come ho già detto, nel mondo accademico, molto lontano dalle gerarchie, e non conoscevo di persona i vertici ecclesiastici.

Poi lo incontrò di nuovo? 

RATZINGER: No, mai prima del conclave del ’78.

In quell’occasione scambiò delle parole con lui? 

RATZINGER: Qualcuna, perché ci conoscevamo, ma non molte. C’era molto da fare e da meditare.

Che impressione fece la sua elezione? 

RATZINGER: Io sono stato molto felice. Avere come pastore della Chiesa universale un uomo con quella bontà e con quella fede luminosa era la garanzia che le cose andavano bene. Lui stesso era rimasto sorpreso e sentiva il peso della grande responsabilità. Si vedeva che soffriva un po’ di questo colpo. Non si aspettava questa elezione. Non era un uomo che cercava la carriera, ma concepiva gli incarichi che aveva avuto come un servizio e anche una sofferenza.

Quale fu il suo ultimo colloquio con lui? 

RATZINGER: Il giorno del suo insediamento, il 3 settembre. L’arcidiocesi di Monaco e Frisinga è gemellata con le diocesi dell’Ecuador e per quel mese di settembre a Guayaquil era stato organizzato un Congresso mariano nazionale. L’episcopato locale aveva chiesto che venissi nominato delegato pontificio per questo Congresso. Giovanni Paolo I aveva già letto la richiesta e deciso positivamente in merito; così, durante il tradizionale omaggio dei cardinali, parlammo del mio viaggio e lui invocò molte benedizioni su di me e su tutta la Chiesa ecuadoregna.

Lei andò in Ecuador? 

RATZINGER: Sì, e proprio quando ero lì mi raggiunse la notizia della morte del Papa. In un modo un po’ strano. Dormivo nell’episcopio di Quito. Non avevo chiuso la porta perché nell’episcopio mi sento come nel seno di Abramo. Era notte fonda quando entrò nella mia stanza un fascio di luce e si affacciò una persona con un abito da carmelitano. Rimasi un po’ sbigottito da questa luce e da questa persona vestita in maniera lugubre che sembrava messaggera di notizie infauste. Non ero sicuro se fosse sogno o realtà. Infine scoprii che era un vescovo ausiliare di Quito (Alberto Luna Tobar, oggi arcivescovo emerito di Cuenca, ndr), il quale mi comunicò che il Papa era morto. E così seppi di questo avvenimento tristissimo e imprevisto. Nonostante questa notizia, riuscii a dormire in grazia di Dio e la mattina dopo celebrai messa con un missionario tedesco, il quale nella preghiera dei fedeli pregò «per il nostro papa morto Giovanni Paolo I». Alla funzione assisteva anche il mio segretario laico, il quale alla fine venne da me e mi disse costernato che il missionario aveva sbagliato nome, che avrebbe dovuto pregare per Paolo VI e non per Giovanni Paolo I. Lui ancora non sapeva della morte di Albino Luciani.

Lei aveva visto il Papa al conclave. Nel rendergli omaggio le sembrava un uomo che nel giro di un mese potesse morire? 

RATZINGER: Mi sembrava che stesse bene. Certo non appariva un uomo di grande salute. Ma tanti sembrano fragili e poi vivono cento anni. A me appariva di buona salute. Non sono un medico, ma mi sembrava un uomo che, come me, non pareva avere una salute molto forte. Ma queste persone sono poi quelle che hanno di solito una maggiore aspettativa di vita.

Quindi fu per lei una morte inaspettata? 

RATZINGER: Assolutamente inaspettata.

Ebbe qualche dubbio quando cominciarono a girare voci su una morte violenta del Papa? 

RATZINGER: No.

Il vescovo di Belluno-Feltre, il salesiano Vincenzo Savio, ha annunciato di aver ricevuto, lo scorso 17 giugno, il nulla osta della Congregazione delle cause dei santi affinché si possa procedere alla causa di beatificazione del Servo di Dio Albino Luciani. Cosa pensa a riguardo? 

RATZINGER: Personalmente sono convintissimo che era un santo. Per la sua grande bontà, semplicità, umiltà. E per il suo grande coraggio. Perché aveva anche il coraggio di dire le cose con grande chiarezza, anche andando contro le opinioni correnti. E anche per la sua grande cultura di fede. Non era solo un semplice parroco che per caso era diventato patriarca. Era un uomo di grande cultura teologica e di grande senso ed esperienza pastorale. I suoi scritti sulla catechesi sono preziosi. Ed è bellissimo il suo libro Illustrissimi, che lessi subito dopo l’elezione. Sì, sono convintissimo che è un santo.

Pur avendolo incontrato in non più di tre occasioni? 

RATZINGER: Sì, è stato sufficiente perché la sua figura luminosa irradiasse in me questa convinzione.

Quando vi incontraste per il secondo conclave del 1978 quale era la sensazione dominante nel Collegio cardinalizio? 

RATZINGER: Dopo questa morte improvvisa eravamo tutti un po’ depressi. Era stato un colpo forte. Certo, anche dopo la morte di Paolo VI c’era tristezza. Ma quella di Montini era stata una vita completa, che aveva avuto un epilogo naturale. Lui stesso aspettava la morte, parlava della sua morte. Dopo un pontificato così grande c’era stato un nuovo inizio, con un Papa di tipo diverso ma in piena continuità. Ma che la Provvidenza avesse detto di no alla nostra elezione fu veramente un colpo duro. Benché l’elezione di Luciani non fu un errore. Quei trentatré giorni di pontificato hanno avuto una funzione nella storia della Chiesa.

Quale? 

RATZINGER: Non fu solo la testimonianza di bontà e di una fede gioiosa. Ma quella morte improvvisa aprì anche le porte ad una scelta inaspettata. Quella di un Papa non italiano.

Nel primo conclave del 1978 era stata presa in considerazione questa ipotesi? 

RATZINGER: Si parlò anche di questo. Ma non era un’ipotesi molto reale, anche perché c’era la bella figura di Albino Luciani. Dopo si pensò che c’era bisogno di qualcosa di assolutamente nuovo. 

Trenta giorni, 2003
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PAROLE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AL TERMINE DELLA PROIEZIONE DEL FILM "PAPA LUCIANI: IL SORRISO DI DIO"

LETTERA DI GIOVANNI PAOLO I AL CARDINALE RATZINGER, ARCIVESCOVO DI MONACO E FRISINGA, LEGATO PONTIFICIO AL CONGRESSO MARIANO IN EQUADOR (in portoghese)


***

Poco più di trent'anni fa 
Albino Luciani diventò il Papa del sorriso


Eletto il 26 agosto 1978, stupì e incantò per semplicità e umiltà Morì di infarto dopo soli 33 giorni di pontificato: aveva 65 anni

Francesco Gerace

ROMA

Trent'anni fa il Papa del sorriso. Era il 26 agosto 1978, quando i 111 cardinali riuniti in conclave scelsero Albino Luciani, all'epoca patriarca di Venezia, quale successore di Papa Paolo VI, morto il 6 agosto dopo 15 anni di pontificato.


Ma quella di Luciani fu una meteora. Il nuovo Papa, che aveva preso il nome Giovanni Paolo I, morì improvvisamente dopo 33 giorni, colto da infarto la notte fra il 28 e il 29 settembre.
Avrebbe compiuto 66 anni il 17 ottobre.


Ma la sua semplicità e il suo sorriso sono rimasti impressi nella memoria di tutti.
Appena eletto, Papa Luciani si presentò al mondo confessando la sua paura di fronte al grande compito cui era stato chiamato, per il quale si sentiva inadeguato. Arrossì davanti alla folla che in piazza San Pietro lo salutava e applaudiva. Parlò di sé in prima persona; disse io, con semplicità, abrogando senza colpo ferire il plurale maiestatis di secolare memoria.


Si mostrò rispettoso e umile verso i predecessori, e spiegò di aver scelto di chiamarsi Giovanni Paolo in ossequio a Giovanni XXIII, di cui venerava la memoria, e a Paolo VI di cui ammirava la sapienza.
Fin da subito si capì che sarebbe stato un Papa diverso, dopo il severo e tormentato Paolo VI.
Luciani era sorridente e allegro, parlava in modo semplice, perfino troppo semplice secondo alcuni. In uno dei suoi primi discorsi suscitò stupore affermando che Dio è padre ma anche madre.
Benché il suo pontificato sia durato un niente, Luciani diventerà famoso come il Papa del sorriso e dell'umiltà (humiltas, era scritto sul suo stemma papale).


Prima ancora che Papa, era una specie di parroco della Chiesa universale. Memore dell'infanzia poverissima vissuta con la famiglia, il futuro Papa, nato nel 1912 a Forno di Canale (Belluno), oggi Canale d'Agordo, e prete dal 1935, condusse sempre una vita molto sobria, attenta all'essenziale.
Conobbe sofferenza e malattia, finì in sanatorio, subì 8 operazioni. E proprio la salute stava per costargli la nomina a vescovo: Giovanni XXIII, che stimava quel parroco bellunese, un giorno chiese come mai Luciani non venisse mai proposto per la promozione, e gli fu detto che era malaticcio. Si racconta che Papa Giovanni replicò: allora vuol dire che lo faremo morire vescovo. E così nel 1958 finalmente don Albino diventa vescovo e nel 1973 cardinale.


Luciani fu eletto a tempo di record: dall'«extra omnes» alla fumata bianca passarono solo 25 ore e 48 minuti. Solo 4 votazioni per trovare l'accordo. Il cardinal Felici annunciò l'Habemus Papam alle 19,19. Pochi minuti dopo il nuovo Papa si affacciò dalla loggia di San Pietro per salutare e dare la benedizione ai 25.000 presenti e al mondo collegato via tv.
L'elezione fu tanto rapida che colse in contropiede anche il cerimoniale, e il Papa dovette affacciarsi di nuovo più tardi per il rituale saluto alle guardie svizzere e a un battaglione dell'esercito italiano, nel frattempo schieratisi.


Si disse che Luciani era stato scelto quasi per caso, una sorta di figura minore, a metà strada fra le personalità sostenute da chi voleva un nuovo Papa conservatore e da chi lo voleva modernista. Alla vigilia del conclave non era ritenuto fra i papabili, benché la sua figura fosse tutt'altro che secondaria. Uomo di vasta cultura e preparazione teologica, era fermissimo in materia dottrinale; coniugava tali caratteristiche con la semplicità e la partecipazione, con la passione per le persone e il loro destino.


Si ricorda la sua attenzione per i problemi delle famiglie e di quelle povere in particolare, si battè contro il divorzio, si interrogò sugli anticoncezionali. Quando Paolo VI pubblicò l'Humanae vitae, la sua lealtà al Papa fu assoluta. Negli ambienti ecclesiastici, oltre che fra i fedeli, godeva di molta stima.

Qualche anno fa, l'allora cardinal Ratzinger disse alla rivista «30 Giorni» lche il nome di Luciani era affiorato in un incontro fra cardinali di lingua tedesca e brasiliani (Schröffer, Koenig, Hoeffner, Bengsch, Arns e Lorscheider): «Non volevamo decidere niente, ma solo parlare un po'. Mi sono lasciato guidare dalla Provvidenza ascoltando i nomi, e vedendo come si è formato finalmente un consenso sul patriarca di Venezia. Ne fui molto felice. Avere come pastore della Chiesa universale un uomo con quella bontà e con quella fede luminosa era la garanzia che le cose andavano bene».
L'improvvisa morte di Albino Luciani sollevò interrogativi e sospetti, qualcuno scrisse addirittura che il Papa era stato avvelenato. Ma una commissione medica ne accertò la morte per cause naturali. Per Giovanni Paolo I è in corso la causa di beatificazione.

I più vecchi ricorderanno senz'altro questo papa, che era l'incarnazione della bontà e dell'umiltà... e, forse, proprio per questo durò così poco, a voler dar retta ai pettegolezzi secondo i quali fu avvelenato. Papa Luciani bastava guardarlo per amarlo... e, anche se il suo fu uno dei pontificati più brevi della storia della Chiesa (durò soli 33 giorni), l'impronta che ha lasciato nella memoria collettiva rimane indelebile...

© Copyright Eco di Bergamo, 23 agosto 2008



AMDG et DVM

martedì 6 dicembre 2016

I papi della mia vita

I papi della mia vita

1903-1914
Il primo Papa, quando sono nato,
era Giuseppe Sarto, il nome vero
fu Pio Decimo. Santo molto amato
del Catechismo fu vero Nocchiero.

Scrisse a Salzano il primo Catechismo
Quando era Parroco non conosciuto
Da Papa scrisse contro il modernismo.
Per tutta la Chiesa fu il Benvenuto.

1914- 1922
Il secondo, Giacomo della Chiesa,
Quindicesimo Papa Benedetto.
Nel periodo triste fu la Sua ascesa,
nella guerra mondiale venne eletto.

Si prodigò per la pace con lena,
contro tutti gli eccessi disumani,
per far cessare la grande cancrena,
sopportò calunnie e vituperi umani.

1922-1939
Fu il terzo, Achille Ratti di Desio,
salì col nome di Pio Undicesimo,
combatté il germanico vanesio
per salvare Chiesa e Cristianesimo.

A Lui m’opposi, povero ignorante,
e nell’errore mi rafforzai in Spagna.
Di corbellerie ne combinai tante.
Contro la Chiesa feci una campagna!

1939-1958
Il quarto fu Papa Eugenio Pacelli,
che prese il nome Pio Dodicesimo.
Pastore nel mondiale “casus belli”.
Lottò contro il nuovo paganesimo.

Clandestin, dalla Chiesa separato,
fui compagno nei difficili tempi
dalle fosse ardeati ne fui salvato
la Vergine m’apparve: “Lascia gli empi!”

1958-1963
Il quinto Angelo Giuseppe Roncalli,
nel millenovecentosessantuno
indisse il Concilio “Ripara falli”.
Nell’ottobre sessantadue, il Raduno.

Fu chiuso il Primo che restò aperto.
Nell’infallibil Dottrina di Fede
Papa Giovanni santamente esperto
Mostrò l’Ovile che in Roma ha Sede.

1963-1978
Il sesto Giovanni Battista Montini
Col nome dell’Apostol, Paolo Sesto.
Continuò il Concilio tra gli spini.
E al mondo il suo pensier fu manifesto.

L’unità dei Cristiani, cosa buona,
chi è uscito può rientrare,
la Chiesa è Madre, salva e perdona
ma eresia ed error devon lasciare.

1978-1978
Settimo il gioioso Albino Luciani
Giovanni Paolo in romana Sede,
non gustò molto il Seggio dei Romani.
Restò Papa poco, con tanta Fede.

Stavo all’udienza. Fece Catechismo,
interrogò i bambini: “Chi è Dio?”
Al Ciel voleva senza accademismi
portare l’anime senza sciupio.

1978...
L’ottavo Karol Wojtyla il “Polacco”
chiamato Giovanni Paolo Secondo,
malgrado l’età mette tutti... in sacco
girando missionario tutto il mondo.

Nel settantacinque, innanzi alla Grotta,
a Lui Cardinale raccolto in preghiera,
parlai della catechistica lotta:
“Odiavo la Chiesa, ora so ch’è vera!”


AVE MARIA PURISSIMA
VERGINE DELLA RIVELAZIONE