Visualizzazione post con etichetta Giovanni Paolo I. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giovanni Paolo I. Mostra tutti i post

sabato 12 novembre 2022

Con il Papa Giovanni Paolo I

 


  • Da formule che sembravano aride, una fiammante santità
    «Stiamo uniti nell’insegnare le stesse cose: non opinioni più o meno rispettabili, ma ciò che il Magistero della Chiesa propone... Il criterio del catechizzare è dunque il depositum custodi di san Paolo, non l’altro, talora usato: “Che cosa piace? che cosa è oggi alla moda? che cosa mi farà apparire aggiornato e brillante?”...
    Con il Papa, esorto a non nutrire troppi pregiudizi contro l’uso sapiente e moderato sia delle formule che della memorizzazione. D’accordo, sapere a memoria non è sapere... Tuttavia una formula capita e ricordata a memoria è come un attaccapanni al quale, nonostante il passare degli anni, restano appese le cognizioni religiose più importanti.
    Certe formule di chimica e di algebra, alcuni articoli fondamentali del codice, perché esigono precisione, sono appresi a memoria al liceo e all’università. Ora, c’è codice più impegnativo delle verità religiose e dei precetti morali? Sono aride, si dice, le formule. Anche il cerino sembra arido ma, strofinato, si fa fiamma. Qui nel Veneto, noi abbiamo il caso di santa Bertilla Boscardin, che conobbe quasi soltanto il catechismo a formule. Gliel’aveva dato il parroco, quand’era fanciulla; se l’è portato in convento; lo leggeva e rileggeva continuamente; lo trovarono nella tasca della sua veste dopo la morte. Era quasi consunto, ma la santa da quelle formule, che sembravano aride, aveva saputo far scaturire una fiammante santità».

    (Omelia ai catechisti, Venezia, 29 ottobre 1977)


    Marco sembra aver visto
    «San Marco, come sintassi, vocabolario, costruzione e tornitura di periodo, è un povero scrittore. Ma è vivace, è pittoresco: per questo piace. Solo Marco riporta tali e quali, in aramaico, certe frasi pronunciate da Gesù. Questa per esempio: “Talitha qoum”, “Figliolina, alzati su!”. Quest’altra: “Eloi, lama sabacthani?”, “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Tutto ciò aiuta a vedere e sentire l’ambiente palestinese. Più che insegnare, Marco descrive: sembra aver visto».
    (Omelia per la festa di san Marco, Venezia, 25 aprile 1974)



  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:17  
    L’evidenza dei fatti
    «Dice san Paolo: “Fu seppellito... risuscitò il terzo giorno... apparve a Cefa, quindi ai Dodici, poi apparve in una volta sola a più di cinquecento fratelli, dei quali i più rimangono sino ad oggi... Inoltre apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; ultimo fra tutti apparve anche a me” (1 Cor 15, 4-9). Quattro volte qui Paolo adopera il verbo apparve, insistendo sulla percezione visiva; ora, l’occhio non vede qualcosa di interno, ma di esterno a noi, una realtà distinta da noi, che ci si impone dal di fuori.
    Ciò allontana la tesi di un’allucinazione, di cui, del resto, gli apostoli furono i primi ad aver paura. Essi pensarono infatti dapprima di vedere uno spirito, non il vero Gesù, tanto che questi li dovette rassicurare: “Perché siete sconvolti? Guardate le mie mani e i miei piedi, ché sono proprio io.
    Toccatemi e guardate, poiché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io!” (
    Lc 24, 38). Essi non credevano ancora e Gesù disse loro: “‘Avete qui qualcosa da mangiare?’. Gli misero davanti un pezzo di pesce arrostito.
    E davanti ai loro occhi lo prese e lo mangiò” (
    Lc 24, 41-43). L’incredulità iniziale, dunque, non fu del solo Tommaso, ma di tutti gli apostoli, gente sana, robusta, realista, allergica a ogni fenomeno di allucinazione, che s’è arresa solo davanti all’evidenza dei fatti.

    Con un materiale umano siffatto era anche improbabilissimo il passare dall’idea di un Cristo meritevole di rivivere spiritualmente nei cuori all’idea di una risurrezione corporale a forza di riflessione e di entusiasmo.
    Tra l’altro, al posto dell’entusiasmo, dopo la morte di Cristo, c’era negli apostoli solo sconforto e delusione. Mancò poi il tempo: non è in quindici giorni che un forte gruppo di persone, non abituate a speculare, cambia in blocco mentalità senza il sostegno di solide prove!».

    (Omelia per la veglia pasquale, Venezia, 21 aprile 1973)


     Di vecchia gnosi si tratta

    «“Teologia nuova?”. Ben venga! A volte, però, ci si illude: non di nuova teologia si tratta, ma di vecchia gnosi. Riemerge, infatti, spesso, la mentalità presuntuosa degli antichi gnostici: “Noi diamo spiegazioni a livello di altissima scienza; noi ce le mangiamo le povere, viete e superate spiegazioni del Magistero!”. Ritorna anche il metodo della gnosi: prendere cioè i temi ed i termini della fede cattolica, ma solo parzialmente, arrogandosi il diritto di setacciarli e selezionarli, di intenderli a modo proprio, di mescolarli a ideologie estranee e di fondare l’adesione alla fede non più sull’autorità divina, ma su motivi umani; per esempio, su questa o quella opzione filosofica, sul combaciare di un dato tema con determinate scelte politiche abbracciate in antecedenza».
    (Omelia su Cristo liberatore, Venezia, 7 marzo 1973)
  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:18  
    Quietismo e pelagianesimo
    «...non ho nessun desiderio di fare l’eresiologo; a volte, tuttavia, è forte in me la tentazione di segnalare tracce di quietismo e di semiquietismo, di pelagianesimo e di semipelagianesimo in scritti e discorsi, che o descrivono il lavoro pastorale come tutto dipendesse dagli uomini o dalle tecniche sociologiche, o parlano di noi poveri uomini come non avessimo più nulla a che vedere con il peccato».
    (Invito al clero per gli esercizi spirituali, Venezia, 5 agosto 1974)


    [SM=g1740717] L’amore alla Tradizione
    «Lo studio e la lettura devota (che non è studio) della Bibbia non occorre raccomandarli oggi: per fortuna, l’uno e l’altra sono entrati nei cuori dopo il Concilio. Vi raccomando invece l’amore alla Tradizione: non siate di coloro che, abbagliati e accecati, più che illuminati, da qualche lampo, pensano che ora soltanto è nato il sole e vogliono tutto rovesciare e cambiare».
    (Inizio d’anno del seminario, Venezia, 20 settembre 1977)


    Solo Dio può toccare il cuore
    «Uno dei più brillanti vescovi è stato san Paolo apostolo, il quale diceva della propria predicazione fatta a Corinto: “Io ho gettato il seme, ma nulla sarebbe successo se Dio non l’avesse sviluppato e fatto sbocciare”. Non è questione di correre; è questione soltanto di misericordia e di delicatezza di Dio. Io vescovo e i miei sacerdoti possiamo istruire, illuminare, convincere anche, ma non di più; solo Dio può toccare il cuore e convertirvi».
    (Prima omelia in Cattedrale, Vittorio Veneto, 11 gennaio 1959)


  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:21  

    Il peccato commesso diventa quasi un gioiello
    «A Pasqua, Dio aspetta. Un disperso che ritorna gli procura più consolazione che novantanove rimasti fedeli; data la sua infinita misericordia, mentre un peccato ancora da commettere va evitato a costo di qualunque sacrificio, il peccato già commesso diventa nelle nostre mani quasi un gioiello, che gli possiamo regalare, per procurarGli la consolazione di perdonare. Proviamo! Si fa i signori. Quando si regalano i gioielli».
    (Lettera ai fedeli di Vittorio Veneto, 7 febbraio 1959)


    Il conclave
    «Uno scritto di san Bernardo venne utilizzato una volta in un modo ben curioso. Avvenne durante un conclave per l’elezione del papa e i cardinali erano molto indecisi sulla scelta. Uno di essi domandò la parola e fece la seguente riflessione: “Cari colleghi, il criterio da usare in questo momento venne esposto già con chiarezza e limpidezza da san Bernardo nella lettera tale e tale. Vi si legge: ‘Se qualcuno è sapiente, ci dia buone lezioni; se ha pietà, preghi per noi; se è prudente, questi ci governi’. Inchiniamoci dunque davanti a quelli che tra noi sono sapienti e hanno pietà, ma eleggiamo colui che è dotato di prudenza”».
    (Elogio della prudenza. Discorso all’Università Federale di Santa Maria, in Brasile, novembre 1975).


    Roma e i poveri
    «Alcune delle sue parole [del sindaco di Roma] m’hanno fatto venire in mente una delle preghiere che, fanciullo, recitavo con la mamma. Suonava così: “I peccati, che gridano vendetta al cospetto di Dio, sono... opprimere i poveri, defraudare la giusta mercede agli operai”. A sua volta, il parroco mi interrogava alla scuola di catechismo: “I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, perché sono dei più gravi e funesti?”.
    Ed io rispondevo col catechismo di san Pio X: “... perché direttamente contrari al bene dell’umanità e odiosissimi, tanto che provocano, più degli altri, i castighi di Dio”.
    Roma sarà una vera comunità cristiana, se Dio vi sarà onorato non solo con l’affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l’amore ai poveri. Questi – diceva il diacono romano Lorenzo – sono i veri tesori della Chiesa; vanno, pertanto, aiutati da chi può, ad avere e ad essere di più senza venire umiliati ed offesi con ricchezze ostentate, con denaro sperperato in cose futili e non investito – quando possibile – in imprese di comune vantaggio».

    (Basilica di San Giovanni in Laterano, 23 settembre 1978)


  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
       

    Un discorso di Albino Luciani patriarca di Venezia


    Un discorso di Albino Luciani, patriarca di Venezia, ai Focolarini nel 1978: «Ma tornando alla gerarchia, m’è piaciuto che Pietro sia stato presentato coi difetti. E questo è stato voluto dal Signore. Sì “pietra”, capo della Chiesa, ma povero peccatore anche lui, a indicare che anche in seguito avremmo avuto dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti che avrebbero mancato, e che tuttavia bisogna compatire»


     


    Il cardinale Albino Luciani “supera” l’acqua alta in piazza San Marco a Venezia

    Il cardinale Albino Luciani “supera” l’acqua alta in piazza San Marco a Venezia

    Abbiamo sentito parlare della Chiesa: è continuazione di Cristo. Chiesa vuol dire “Cristo continuato”. San Paolo l’ha sentito, quando è stato folgorato sulla via di Damasco; la cosa che più l’ha colpito è stata questa: «Paolo perché mi perseguiti?». «Io? Perseguito mica lui, perseguito i cristiani!». Allora ha capito che Cristo e i cristiani sono la stessa cosa.
    Quindi vedere nella Chiesa la continuazione di Cristo: nella Chiesa, non soltanto nella gerarchia. Siamo noi che continuiamo Cristo, noi siamo il corpo, lui è la testa, noi continuiamo lui: una grandissima dignità.

    Al Concilio abbiamo dedicato il quarto capitolo della Lumen gentium al sacerdozio dei laici. Un laico, per il solo fatto che è battezzato, ha una dignità enorme. Quando ho visto le suore qui, ho detto: «Sì, brave suore, che avete fatto la professione; ma guardate che è molto più importante il battesimo che avete ricevuto, che non la vostra consacrazione. Nella consacrazione voi vi siete consacrate, ma nel battesimo è Gesù che vi ha consacrate». Una grandissima dignità, quindi, sentirci veramente gente importante che continua Cristo.


    È stato accennato a Pietro, alla gerarchia. A me ha fatto piacere specialmente che Chiara Lubich abbia sottolineato che Pietro è stato un povero peccatore. Io predico sempre alla povera gente: guardate che il centro del cristianesimo è Dio che ci ama. Chi non ha capito questo, non capisce il cristianesimo. E – aggiungo – è un amore non solo vivissimo, è intramontabile; non si scoraggia mai, l’amore del Signore; anche se io faccio dei peccati, se scappo da lui, lui mi corre dietro... Questo bisogna sentirlo ad ogni costo, altrimenti non capiamo il cristianesimo.
    Gesù è uno che ci ama. Ha detto uno di voi, del Portogallo, che a questo amore bisogna dare una risposta; e lei ha dato una risposta generosa (nella verginità). Ma anche se si è sposati bisogna dare una risposta, perché al Concilio abbiamo detto anche questo: in tutti gli stati, anche il matrimonio non è un ostacolo alla santità, è uno scalino alla santità.

    La Filotea
    Certo che chi va in convento, chi fa la professione, ha un aiuto dalla comunità, più aiuti; però abbiamo tanti santi anche tra gli sposati.

    Io sono qui a Belluno, avevo una mamma buona, educata dalle suore. Uno dei primi libri che m’ha regalato è stato la Filotea di san Francesco di Sales. Io amo san Francesco di Sales fin dall’infanzia. L’ho letta, l’ho riletta, m’è piaciuta; dice che i laici devono farsi santi.
    Quando sono stato prete ho comprato tutte le opere in edizione francese. Ho riletto la Filotea. Caspita! Ma un certo brano, in quella regalatami da mia madre, non c’era: su quella edizione, purgata perché ero un ragazzo, mancavano due capitoli, uno dei quali si intitolava “Come santificare il letto matrimoniale”. Un santo che ha capito che il matrimonio può essere veramente stimolo di santità.
    Ma tornando alla gerarchia, m’è piaciuto – dicevo – che Pietro sia stato presentato coi difetti. E questo è stato voluto dal Signore. Sì «pietra», capo della Chiesa, ma povero peccatore anche lui, a indicare che anche in seguito avremmo avuto dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti che avrebbero mancato, e che tuttavia bisogna compatire.
    Ci sono tante colpe nella Chiesa, colpe storiche, ma noi dobbiamo amarla lo stesso.

    Il momento e l’eternità
    Di Chiara io ho ammirato specialmente la passione per la Chiesa.

    Ora guardate, questa passione per la Chiesa io la trovo in tanti santi e anche in grandi scrittori. Bernanos, un grande scrittore francese, ha scritto: «Io la amo questa Chiesa, così com’è.
    Se per caso domani mi trovassi fuori dalla Chiesa non ci starei neanche cinque minuti, a costo di trascinarmi in ginocchio, carponi, ma io farei di tutto per rientrarci».
    Clérissac, grande scrittore domenicano, ha detto che quando si tratta di Chiesa, bisogna essere disposti non solo a soffrire «per» la Chiesa, ma anche «dalla» Chiesa.
    Ricordo quello che ha scritto don Primo Mazzolari. Io ero ancora ragazzo... Mazzolari aveva il periodico Adesso. Il cardinal Schuster disse: Adesso non si stampa. Il Sant’Uffizio vuole che non si stampi. Mazzolari, che amava la Chiesa, rispose: Adesso è un momento, la Chiesa è l’eternità. Vada anche Adesso, ma resti l’eternità.
    Questi sono sentimenti di veri cristiani.

    Albino Luciani
    Dal discorso tenuto nel palazzetto dello sport di Belluno.
    Tratto da Papa Luciani, n. 3, luglio 1999, bollettino del centro “Papa Luciani” di Santa Giustina (Belluno)

venerdì 11 novembre 2022

PAPA GIOVANNI PAOLO I

 


BRANI dai discorsi e dagli scritti di PAPA LUCIANI


«Io rischio di dire uno sproposito......ma lo dico. Il Signore ama tanto l’umiltà che a volte permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili».
(Udienza generale, 6 settembre 1978).

 

Io sono la pura e povera polvere
«Non so che cosa abbia pensato il Signore, che cosa abbia pensato il Papa, che cosa abbia pensato la divina Provvidenza di me. Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango della strada e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, del lago e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema. Certe cose il Signore non le vuole scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura nella polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia bene chiaro che tutto è opera e tutto è merito del solo Signore. Io sono il piccolo di una volta, io sono colui che viene dai campi, io sono la pura e povera polvere; su questa polvere il Signore ha scritto la dignità episcopale dell’illustre diocesi di Vittorio Veneto. Se qualche cosa mai di buono salterà fuori da tutto questo, sia ben chiaro fin da adesso: è solo frutto della bontà, della grazia, della misericordia del Signore».
(Omelia del 6 gennaio 1959, a Canale d’Agordo)


Il catechismo
«Messo da parte il catechismo non saprete che mezzi adoperare per fare buoni piccoli e grandi. Tirerete in campo la “dignità umana”? I piccoli non capiscono che cosa sia, i grandi se ne infischiano. Metterete avanti “l’imperativo categorico”? Peggio che peggio... Si dice che anche la filosofia e la scienza sono capaci di far buoni e nobili gli uomini. Ma non c’è neppure confronto col catechismo, che insegna in breve la sapienza di tutte le biblioteche, risolve i problemi di tutte le filosofie e soddisfa alle ricerche più penose e difficili dello spirito umano».
(Catechetica in briciole, 1949)

sabato 30 maggio 2020

IL PIU' MITE DEI PAPI



EN  - ES  - FR  - IT  - PT ]

GIOVANNI PAOLO I
Giovanni Paolo I, tutta la verità sul “papa di settembre ...
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 6 settembre 1978

La grande virtù dell'umiltà

Alla mia destra e alla mia sinistra ci sono Cardinali e Vescovi, miei fratelli nell'episcopato. Io sono soltanto il loro fratello maggiore. Il mio saluto affettuoso a loro e anche alle loro diocesi.

Giusto un mese fa, a Castelgandolfo, moriva Paolo VI, un grande Pontefice, che ha reso alla Chiesa, in 15 anni, servizi enormi. Gli effetti si vedono in parte già adesso, ma io credo che si vedranno specialmente nel futuro. Ogni mercoledì egli veniva qui e parlava alla gente. Nel Sinodo 1977 parecchi vescovi hanno detto: « I discorsi di Papa Paolo del mercoledì sono una vera catechesi adatta al mondo moderno ». 

Io cercherò di imitarlo, nella speranza di poter anch'io, in qualche maniera, aiutare la gente a diventare più buona. Per esser buoni, però, bisogna essere a posto davanti a Dio, davanti al prossimo e davanti a noi stessi. Davanti a Dio, la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: « Sono soltanto polvere e cenere davanti a te, o Signore! ». Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio. 

Quando io dico: Signore io credo; non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma; si crede alla mamma; io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato. 
I comandamenti sono un po' più difficili, qualche volta tanto difficili da osservare; ma Dio ce li ha dati non per capriccio, non per suo interesse, bensì unicamente per interesse nostro. Uno, una volta, è andato a comperare un'automobile dal concessionario. Questi gli ha fatto un discorso: guardi che la macchina ha buone prestazioni, la tratti bene, sa? Benzina super nel serbatoio, e, per i giunti, olio, di quello fino. 
L'altro invece: Oh, no, per sua norma, io neanche l'odore della benzina posso sopportare, e neanche l'olio; nel serbatoio metterò spumante, che mi piace tanto e i giunti li ungerò con la marmellata. Faccia come crede; però non venga a lamentarsi, se finirà in un fosso, con la sua macchina! Il Signore ha fatto qualcosa di simile con noi: ci ha dato questo corpo, animato da un'anima intelligente, una buona volontà. Ha detto: questa macchina vale, ma trattala bene.

Ecco i comandamenti. Onora il Padre e la Madre, non uccidere, non arrabbiarti, sii delicato, non dire bugie, non rubare... Se fossimo capaci di osservare i comandamenti, andremmo meglio noi e andrebbe meglio anche il mondo. Poi c'è il prossimo... ma il prossimo è a tre livelli: alcuni sono sopra di noi, alcuni sono al nostro livello, altri sono sotto. Sopra ci sono i nostri genitori. 

Il catechismo diceva: rispettarli, amarli, obbedirli. Il Papa deve inculcare rispetto ed obbedienza dei figli per i genitori. Mi dicono che qua ci sono i chierichetti di Malta. Venga uno, per favore... I chierichetti di Malta, che, per un mese, hanno fatto servizio in San Pietro. Allora, tu come ti chiami? - James! - James. E, senti, sei mai stato ammalato, tu? - No. - Ah, mai? - No. - Mai stato ammalato? - No. - Neanche una febbre? - No. - Oh, che fortunato! Ma, quando un bambino è ammalato, chi è che gli porta un po' di brodo, un po' di medicina? Non è la mamma? Ecco. Dopo tu diventi grande, e la mamma diventa vecchia, e tu diventi un gran signore, e la mamma poverina sarà a letto ammalata. Ecco. E allora chi è che porterà alla mamma un po' di latte e la medicina? Chi è? - Io e i miei fratelli. - Bravo! Lui e i suoi fratelli, ha detto. E questo mi piace. Hai capito?

Ma non succede sempre. Io, vescovo di Venezia, andavo qualche volta, nelle case di ricovero. Una volta ho trovato un'ammalata, un' anziana: « Come va Signora? » - « Beh, da mangiare, bene! Caldo? Riscaldamento? Bene » - « Allora è contenta Signora? » - « No » - si è messa quasi a piangere. « Ma perché piange? » - « Mia nuora, mio figlio non vengono mai a trovarmi. Vorrei vedere i nipotini ». Non basta il caldo, il cibo, c'è un cuore; bisogna pensare anche al cuore dei nostri vecchi. Il Signore ha detto che i genitori devono essere rispettati e amati, anche quando sono vecchi. E oltre ai genitori c'è lo Stato, ci sono i Superiori. 

Può il Papa raccomandare l'obbedienza? Bossuet, che era un grande vescovo, ha scritto: « Dove nessuno comanda tutti comandano. Dove tutti comandano, nessuno più comanda, ma il caos ». Qualche volta si vede anche in questo mondo qualcosa del genere. Quindi rispettiamo quelli che sono superiori. Poi ci sono i nostri eguali. E qui, di solito, ci sono due virtù da osservare: la giustizia, la carità. Ma la carità è l'anima della giustizia. 
Bisogna voler bene al prossimo, il Signore ce l'ha raccomandato tanto. Io raccomando sempre non solo le grandi carità, ma le piccole carità. Ho letto in un libro, scritto da Carnegie, americano, intitolato « l'arte di far gli amici », questo piccolo episodio: una signora aveva quattro uomini in casa: il marito, un fratello, due figli grandi. Lei sola doveva fare le spese, lei la biancheria e stirare, lei la cucina, lei tutto. 

Una domenica vengono a casa. La tavola è preparata per il pranzo, ma sul piatto c'è solo un pugnetto di fieno. Oh! Gli altri protestano e dicono: cosa, fieno! e lei dice « no, è tutto preparato. Lasciate che vi dica: cambio i cibi, vi tengo puliti, faccio di tutto. Mai, mai una volta che abbiate detto: ci hai preparato un bel pranzetto. Ma dite qualche cosa! Non sono di sasso. Si lavora più volentieri, quando si è riconosciuti. Sono le piccole carità. In casa nostra abbiamo tutti qualcuno, che aspetta un complimento ». 
Ci sono i più piccoli di noi, ci sono i bambini, i malati, perfino i peccatori. Io sono stato molto vicino, come vescovo, anche a quelli che non credono in Dio. Mi son fatto l'idea che essi combattono, spesso, non Dio, ma l'idea sbagliata che essi hanno di Dio. Quanta misericordia bisogna avere! E anche quelli che sbagliano... Bisogna veramente essere a posto con noi stessi. Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l'umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra. Bassi, bassi: è la virtù cristiana che riguarda noi stessi.

Alle coppie di sposi novelli
La presenza di sposi novelli commuove particolarmente, perché la famiglia è una grande cosa. Io una volta ho scritto un articolo sul giornale e mi sono permesso di scherzare, citando Montaigne, uno scrittore francese, il quale diceva: « Il matrimonio è come una gabbia: quelli che son fuori, fanno di tutto per entrare, quelli che son dentro fan di tutto per uscire ». No no no. Però, però alcuni giorni dopo mi è capitata una lettera di un vecchio Provveditore agli studi, che aveva scritto libri e mi ha rimproverato dicendo: « Eccellenza, ha fatto male a citare Montaigne, io e mia moglie ci siamo uniti da 60 anni ed ogni giorno è come il primo giorno ». Anzi, mi ha citato un altro poeta francese, in francese, ma io lo dico in italiano: ti amo ogni giorno di più: oggi molto più di ieri, ma molto meno di domani. E faccio l'augurio che, a voi, succeda la stessa cosa.

Ai partecipanti al VII Convegno Internazionale organizzato dalla Società Internazionale dei Trapianti
Nous devons un salut particulier aux membres du septième Congrès international de la Société pour les transplantations d'organes. Nous sommes très touché de votre visite, qui est un hommage au Pape, et surtout de votre désir d'éclairer et d'approfondir les graves problèmes humains et moraux en jeu dans les recherches ou dans la technique chirurgicale qui sont votre lot. Nous vous encourageons, en ce domaine, à solliciter l'aide d'amis catholiques, experts en théologie et en morale et très au fait de vos problèmes, possédant une connaissance très sûre de la doctrine catholique et un sens profondément humain.
Nous nous contentons aujourd'hui de vous exprimer nos félicitations et notre confiance, pour l'immense travail que vous mettez au service de la vie humaine, afin de la prolonger dans les meilleures conditions. Tout le problème est d'agir dans le respect de la personne et de ses proches, qu'il s'agisse des donneurs d'organes ou des bénéficiaires, et de ne jamais transformer l'homme en objet d'expérience. Il y a le respect de son corps, il y a aussi le respect de son esprit. Nous prions Dieu, l'Auteur de la vie, de vous inspirer, de vous assister, dans ces magnifiques et redoutables responsabilités. Qu'il vous bénisse, avec tous ceux qui vous sont chers!

Adesso, se permettete, vorrei invitarvi ad unirvi alle mie preghiere, per una intenzione che mi sta molto a cuore. Voi avete saputo dalla stampa, dalla televisione, che, oggi, a Camp David, negli Stati Uniti, comincia una importante riunione tra i governanti di Egitto, Israele e Stati Uniti, per trovare una soluzione al conflitto del Medio Oriente. Questo conflitto, che da più di 30 anni si combatte sulla terra di Gesù, ha già causato tante vittime, tante sofferenze, sia fra gli arabi, sia fra gli israeliani, e come una brutta malattia ha contagiato i Paesi vicini. Pensate al Libano, un Libano martire, sconvolto dalle ripercussioni di questa crisi. Per questo, quindi, vorrei pregare, insieme, per la riuscita della riunione di Camp David: che queste conversazioni spianino la via ad una pace giusta e completa. Giusta, cioè con soddisfazione di tutte le parti in conflitto. Completa, senza lasciar irrisolta alcuna questione: il problema dei Palestinesi, la sicurezza d'Israele, la città Santa di Gerusalemme. Preghiamo il Signore di illuminare i responsabili di tutti i popoli interessati, perché siano lungimiranti e coraggiosi nel prendere le decisioni che devono portare la serenità e la pace in Terra Santa ed in tutto il mondo d'Oriente.


AMDG et DVM