è stato il 264º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 6º sovrano dello Stato della Città del Vaticano, accanto agli altri titoli connessi al suo ufficio.
Fu eletto papa il 16 ottobre 1978. In seguito alla causa di beatificazione, il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato dal suo immediato successore Benedetto XVI e viene festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre; nella storia della Chiesa, non accadeva da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore[4].
Primo papa non italiano dopo 455 anni, cioè dai tempi di Adriano VI (1522-1523), è stato inoltre il primo pontefice polacco nella storia e il primo proveniente da un Paese di lingua slava. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo).
Giovanni Paolo II intraprese sin dal principio del suo pontificato una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l'oppressione politica, ed è considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi del socialismo reale, già controllati dall'ex Unione Sovietica. Combatté la teologia della liberazione, intervenendo ripetutamente in occasione di avvicinamenti di alcuni esponenti del clero verso soggetti politici dell'area marxista. Stigmatizzò inoltre il capitalismo e il consumismo sfrenati, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale, causa d'ingiustificata sperequazione fra i popoli e lesivi della dignità dell'uomo. Il suo pontificato fu fortemente conservatore; nel campo della morale si oppose fermamente all'aborto e all'eutanasia e confermò l'approccio tradizionale della Chiesa sulla sessualità umana, sul celibato ecclesiastico e sul sacerdozio femminile.
I suoi 104 viaggi in tutto il mondo videro la partecipazione di enormi folle (tra le più grandi mai riunite per eventi a carattere religioso). Con questi viaggi apostolici, Giovanni Paolo II coprì una distanza molto maggiore di quella coperta da tutti gli altri papi messi assieme. Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione delle Giornate mondiali della gioventù) fu da alcuni interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell'ecumenismo.
Sul piano dei rapporti con l'Italia, i viaggi sottolinearono l'intenzione di separare l'aspetto politico da quello religioso, come il pontefice stesso tenne a sottolineare, due anni dopo la revisione del Patti Lateranensi, nel 1986, a Forlì, ricordando che il precedente papa a visitare quella città era stato Pio IX, in veste anche di capo di Stato: "Da allora, la situazione politica è profondamente mutata, ed è stata come tale ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa".
Papa Wojtyła beatificò e canonizzò, anche se è difficile provarlo poiché i documenti relativi a molte delle prime canonizzazioni sono incompleti, mancanti o poco accurati, molte più persone di ogni altro pontefice, grazie anche all'abolizione, da parte sua, dell'ufficio di Promotor Fidei (Promotore della Fede, noto anche come avvocato del Diavolo), rendendo così più scorrevole tale processo: le persone da lui beatificate furono 1338 e quelle canonizzate 482[6], mentre i predecessori nell'arco dei quattro secoli precedenti avevano proclamato soltanto 300 santi.
Fu detto "l'atleta di Dio"[7] per le sue varie passioni sportive: praticò sci, nuoto, canottaggio, calcio[8] e fu amante della montagna[9], continuando a praticare sport finché la salute glielo permise.
Si dichiara che riguardo all’autenticità della cosiddetta “bilocazione” e di altri fenomeni di origine non naturale, descritti nel seguente racconto, il giudizio definitivo spetta alla Chiesa. Noi intendiamo attenerci a tale giudizio e il lettore è libero di prestare ai fenomeni citati una fede puramente umana, in base ai Decreti di Urbano VIII e della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il 13 maggio 1981, verso le ore 17,17, in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure e potenti, Mehmet Ali Agca, sta per sparare al Papa Giovanni Paolo II. Il ventitreenne "lupo grigio" è un professionista, è un ottimo tiratore, è lì per uccidere, si trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre metri dal Santo Padre). E' molto calmo e determinato, dunque il bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo. Ma allora come e perchè l'assassinio è fallito? Se l'avesse ucciso - e le probabilità erano il 99,99 per cento - il suo pontificato sarebbe stato soffocato agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa, ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perchè il ruolo che il "papa polacco" ebbe nel successivo crollo incruento del comunismo fu colossale, decisivo. Tutto dunque sarebbe andato diversamente e, di certo, molto più drammaticamente per l'intera umanità. Ripeto dunque la domanda: come e perchè quell'assassinio è fallito? Chi impedì al killer di perpetrare quell'omicidio ormai a portata di mano alle 17,17 di quel giorno in piazza San Pietro, il luogo che aveva visto, diciannove secoli prima, il martirio dell'apostolo Pietro? Papa Wojtyla ha sempre affermato di essere stato salvato da un intervento soprannaturale della Santa Vergine. Ne danno testimonianza l'icona della Madonna che ha fatto dipingere sopra piazza San Pietro, nel punto dove si consumò il crimine, e una pallottola - di quell'attentato - che il papa volle portare l'anno successivo come ex voto al santuario di Fatima per farla incastonare nella corona della Regina della pace. In effetti il giorno dell'attentato era la festa della Madonna di Fatima, l'anniversario della prima apparizione (avvenuta il 13 maggio 1917). E' una simile coincidenza fa davvero pensare a una soprannaturale protezione sul papa scampato alla morte.
E' davvero inspiegabile che un killer professionista, molto abile e determinato, abbia fallito a distanza ravvicinatissima un bersaglio così facile e indifeso sparando solo due colpi. Anche la traiettoria del proiettile che colpì al ventre il Santo Padre sembrò innaturale, anzitutto ai chirurghi. Che una mano misteriosa abbia deviato la pallottola per salvare la vita del papa non è solo una persuasione soggettiva di Karol Wojtyla, è un fatto oggettivo, in un certo senso scientificamente acclarato: "Il professor Crucitti aggiunse di aver osservato una cosa 'assolutamente anomala e inspiegabile'. La pallottola si era mossa, nel ventre del papa, a zigzag, evitando gli organi vitali. Era passata a un soffio dall'aorta centrale: se l'avesse raggiunta, il Santo Padre sarebbe morto dissanguato ancora prima di arrivare in ospedale. Aveva evitato la spina dorsale e tutti gli altri principali centri nervosi: se li avesse colpiti, Giovanni Paolo II sarebbe rimasto paralizzato. 'Sembra' concluse il professore 'che quella pallottola sia stata guidata per non provocare danni irreparabili'."
Per questo il 13 maggio 1994, parlando ai vescovi italiani, Giovanni Paolo II potè ragionevolmente affermare: "fù una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte (...) Il proiettile mortale si fermò e il papa vive - vive per servire!". Che quella mano misteriosa appartenga alla Madre di Dio, di cui quel giorno si celebrava l'apparizione a Fatima, era per papa Wojtyla una certezza. " Sono stato a Fatima per ringraziare la Madonna" ha scritto in Memoria e identità. In effetti quel giorno, il 13 maggio 1982, primo anniversario dell'attentato, dichiarò: " Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna. In questa ora, quì nel santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - " tutto tuo" o Madre!". Il papa ha poi ripetuto in varie occasioni: " una mano ha sparato, un'altra mano ha deviato la pallottola". Nessuno, ovviamente, ha mai cercato testimoni di quell'intervento soprannaturale. Nessuno poteva immaginare che una mano avesse fisicamente impedito ad Agca di sparare i colpi decisivi. Finché un giorno di luglio del 2007 mi sono imbattuto in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli senza prestarvi attenzione.
Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la "bambina" di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante testimonianze e documenti straordinari su di lei. Un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella. Vive quì il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica" ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio. Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana.
La vita di suor Rita, anzi soprattutto la sua vocazione, così piena di doni, di carismi superiori ( a cominciare dalla bilocazione), è intrecciata fin dall'inizio a quella di padre Pio e particolarmente alla sua "azione riparatrice". Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, come vedremo, ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo dal Pozzo - stimatissima e autorevole figura di francescano - che fu direttore spirituale di suor Rita e superiore della provincia cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di padre Pio, Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, a potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali davvero sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui per altro suor Rita era coetanea. Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco - facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei - di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più : "Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa". Queste le sue testuali parole. Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da persone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
(...) A questo sconcertante segreto peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò sfuggire - in una diversa circostanza in modo indipendente - alla signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa. Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al papa, disse: "Quanto ho dovuto faticare perchè non avvenisse di peggio". Un flash che lascia intravedere il drammatico "prezzo" d'amore che dev'essere stato pagato, fatto di preghiere e di durissime penitenze che questa mistica prendeva su di sè al posto di altri, in questo caso per riparare a un immane sacrilegio. Siamo in quella dimensione di "espiazione vicaria" che suor Rita visse eroicamente e che permise anche a padre Pio di strappare al Cielo tante grazie per gli esseri umani sofferenti e per la Chiesa. Quella frase inoltre ci fa intravedere la risposta a un'obiezzione che viene naturale fare: ma perchè mai il Cielo, per salvare il papa, avrebbe dovuto aver bisogno di una piccola suora di clausura sconosciuta a tutti? la prima risposta ovviamente è che i disegni di Dio sono imperscrutabili. Forse in questo caso il Cielo potrebbe aver voluto che una persona desse testimonianza di quello che la Madonna ha operato. Ma un frammento della risposta potrebbe stare anche nel fatto che suor Rita era una creatura terrena, appartenente alla Chiesa militante, e dunque poteva offrire e offrirsi per ottenere alla Chiesa e al mondo quella immensa grazia. Solo gli uomini che sono in questa vita possono farlo e così hanno un "potere" straordinario. Padre Pio sosteneva che l'unica cosa che gli angeli ci invidiano infinitamente è la sofferenza e l'offerta, perchè è il modo più forte e sincero di dire a Dio: "Ti amo davvero!". Vedremo con padre Pio che infinito valore ha - agli occhi di Dio - la sofferenza umana offerta con amore, vedremo quanto sia capace di commuovere il suo Cuore e far "violenza" alla sua giustizia ("il Regno di Dio appartiene ai violenti [Mt 11,12]"). In questo caso per ottenere una grazia immensa: la salvezza di un grande papa. Di una simile, clamorosa rivelazione che conferme possiamo cercare? pensavo che non ce ne potessero essere di alcun genere, trattandosi di un evento soprannaturale. Ritenevo che non avesse senso neanche cercarle. Sennonchè una sorprendente conferma potrebbe averla data inconsapevolmente - senza sapere nulla di tutta questa storia - proprio il protagonista dell'evento, l'attentatore Mehmet Ali Agca. Al giudice istruttore Ilario Martella che lo interrogava, nel corso della seconda indagine giudiziaria sull'attentato, ha così descritto quello che accadde: "era mio preciso intendimento uccidere il papa. Questo era il mandato che mi era stato affidato, tant'è che ho sparato solo due colpi perchè accanto a me c'era una suora che a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa."
Quando ho letto queste parole mi è sembrato di ravvisarvi una notizia clamorosa che pare sia sfuggita all'attenzione: una suora che ha sventato l'assassinio. E' stato inevitabile pensare a suor Rita. Per la verità si era subito diffusa la notizia di una suora che aveva ostacolato Agca mentre sparava. Ce ne traccia sui giornali del tempo. Lo ha ricordato per esempio Adriano Sofri in un suo articolo dedicato appunto alle suore: "Nel pomeriggio dell'attentato in piazza San Pietro, si disse che una suora si era gettata addosso ad Ali Agca per deviarne il colpo". Ma, a quanto pare, tutti hanno sempre sovrapposto la figura della suora di cui parla Agca, quella che gli afferrò il braccio, all'altra che poi ne bloccò la fuga. Un errore forse dovuto al fatto che l'unica suora reperibile e identificata dalla polizia sul posto è stata la seconda, che ha pure testimoniato al processo. Della prima ifatti non c'era traccia, non fu identificata dalla polizia, non era rimasta in piazza San Pietro dopo aver afferrato il braccio destro dell'attentatore impedendogli di sparare altri colpi. Si era come volatilizzata. Stiamo sfiorando - come ben si capisce - il mistero, il soprannaturale e certo qualcuno storcerà il naso. I mistici, come dice Jean Guitton, sconvolgono le nostre presunte certezze fisico-matematiche perché spalancano davanti a noi altre dimensioni, ci fanno intuire quanto sia corta la nostra vista e lasciano irrompere l'Eterno nell'istante presente. Così diventa comprensibile perfino l'impossibile: la notizia di una suora che vive in un monastero di clausura in Toscana e che, in bilocazione, un giorno, impedisce all'attentatore del papa di sparare ancora. Del resto le testimonianze sulle bilocazioni di suor Rita e di padre Pio, come vedremo, sono tante e indiscutibili. Inoltre i fatti sono obiettivamente concordanti con la "rivelazione" relativa a suor Rita. Il primo è la confessione di Agca che parla di una suora che gli prese il braccio impedendogli di sparare altri colpi. Il secondo fatto è la testimonianza di quella "suor Lucia" che bloccò la fuga di Agca. Non è stato facile raggiungerla (peraltro indirettamente). Sapevo che vive in un convento di Genova, ma non parla con i giornalisti. Però recentemente il 10 gennaio 2006, ha scritto un suo ricordo dell'attentato per "L'eco di Bergamo". Suor Lucia Giudici - che in realtà da religiosa si chiama suor Letizia - scrive: "Sì, è toccato proprio a me acciuffare Ali Agca che tentava di fuggire dalla piazza dopo aver sparato al Santo Padre. Ho atteso invano quel giorno che qualcuno lo bloccasse, ma tutti i pellegrini e turisti in quel momento erano allibiti e sconvolti nell'osservare il papa che ferito gravemente veniva trasportato all'ospedale Agostino Gemelli. Tutto si svolse in una manciata di minuti ed io istintivamente ho cercato il momento per bloccarlo e tenerlo fino al momento di consegnarlo alla polizia". Suor Lucia qui non dice affatto di essersi trovata accanto all'attentatore e di avergli afferrato il braccio, anzi colloca il suo gesto dopo che l'attentatore ha sparato, mentre sta fuggendo. Dunque fornisce una risposta. Ma occorre capire precisamente quanto lei era distante dal killer turco. Come fare ? Apprendo che suor Lucia è originaria di un paesino della bergamasca e che, nei giorni in cui sto scrivendo, si trova lì in vacanza. Grazie alla preziosa collaborazione di Ettore Ongis, direttore dell' "Eco", riesco a farla raggiungere il 23 agosto 2007 alla messa delle ore 18 e lì, informalmente, fornisce una spiegazione precisa che mi sembra definitiva. Eccola: Ali Agca si trovava davanti alla suora, a una distanza di circa 10 metri. Lui ha sparato i due colpi, poi si è voltato e ha cominciato a scappare dirigendosi verso il colonnato del Bernini, cioè verso di lei. Siccome nessuno lo fermava, lei ha allargato le braccia per sbarrargli la strada. Lui allora le ha puntato la pistola ma, muovendosi per tornare indietro, ha perso l'equilibrio e a quel punto lei l'ha bloccato finchè non sono arrivati altri e poi dei carabinieri che l'hanno ammanettato. Quindi adesso è certo: suor Lucia si trovava lontano da Agca al momento degli spari, stava a dieci metri, dunque non era lei la suora che - secondo le parole dell'attentatore - "a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa". Ma se non era suor Lucia, chi sarà stata quella suora che non fu mai identificata sul posto dalla polizia perchè, dopo l'attentato sembra essersi volatilizzata da piazza San Pietro ? Padre Franco D'Anastasio oggi può rivelare la confidenza ricevuta da suor Rita perchè lei è morta nel 1992. Quindi non è piu' tenuto al segreto. (...) Del resto suor Rita ha dato anche altri elementi interessanti a padre d'Anastasio subito dopo l'attentato. Li riassumo in sintesi: "L'attentatore non parlerà. Le pallottole che ferirono il Santo Padre erano avvelenate. Lui era con altri due che sono fuggiti. C'era una trama internazionale contro il papa e la chiesa". Tutti i flash che poi hanno trovato puntuale conferma nelle indagini della magistratura e negli eventi successivi.
(da Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp. 9-20, con il permesso dell'autore)
2. Valutazione del racconto fatto da Antonio Socci.
Secondo il parere del sacerdote passionista Padre Franco D’Anastasio, teologo, importante testimone e biografo di Suor Rita, Socci nel suo libro ha esposto con precisione e in modo esauriente i fatti riguardanti l’intervento di Suor Rita nell’attentato a Giovanni Paolo II. L’unica inesattezza si riscontra nel passo seguente (contenuto nell’Antefatto del libro di Socci, alle pagine 19-20, ma non riportato nei brani presi dal libro e citati qui sopra): “Nel 2007 il cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e già segretario del pontefice polacco, ha fatto chiamare padre D’Anastasio e gli ha chiesto di rilasciare sotto giuramento la testimonianza sull’attentato e le parole ascoltate da Suor Rita per il processo diocesano di beatificazione di Karol Wojtyla che si era aperto a Cracovia”.
In verità il cardinale Stanislao Dziwisz non "ha fatto chiamare” Padre Franco D’Anastasio a Cracovia, né gli “ha chiesto” di rilasciare la testimonianza sulle parole di Suor Rita, ma ha ricevuto inaspettatamente per posta nel 2006, dietro notifica e lettera accompagnatoria di un sacerdote, in occasione del venticinquesimo dell’attentato al Papa, la dichiarazione firmata da Padre D’Anastasio, controfirmata da un notaio, nella quale venivano riportate le testuali parole che erano state riferite di persona da Suor Rita Montella, quando era viva, a Padre Franco D’Anastasio stesso. Il cardinale, a sua volta, in data 21 giugno 2006, ha risposto ringraziando per l’informazione ricevuta e attestando che l’avrebbe fatta pervenire a Roma (non a Cracovia) a Mons. Slawomir Oder, Postulatore della Causa del Servo di Dio Giovanni Paolo II. A parte questa imprecisione di poco valore (che già abbiamo fatto presente all’autore), il resoconto steso da Antonio Socci nell’Antefatto del suo libro è molto positivo, merita una lettura attenta e grande considerazione. Le copie autentiche dei documenti sopra citati, cioè la dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio e la lettera del cardinale di Cracovia, sono nelle nostre mani.
3. Il testo della dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio.
La dichiarazione è stata rilasciata “a tutti gli effetti e conseguenze esclusivamente delle leggi ecclesiastica e canonica” il 10 maggio 2006. In essa Padre D’Anastasio afferma che “in occasione di un incontro alla fine dell’anno 1981, ci trovammo a parlare dell’attentato al Santo Padre Giovanni Paolo II e Suor Rita mi confidò: La Madonna ed io abbiamo deviato con le nostre mani quella dell’attentatore al Papa”. Padre D’Anastasio continua così: “Suor Rita si riferiva a un fenomeno che, secondo la mia opinione personale, può definirsi bilocazione”. Poi, in ossequio all’autorità della Chiesa, a cui spetta giudicare una materia così delicata come i fenomeni di bilocazione, egli aggiunge: “Circa la natura di tale fenomeno, mi sottometto alla Chiesa e lascio alla Chiesa stessa l’ultimo giudizio”. Termina la dichiarazione dicendo che Suor Rita “mi pregò di non parlarne a nessuno, prima della sua morte, promessa che ho fedelmente mantenuto”. In un foglio allegato alla dichiarazione Padre Franco dice: “Sono pienamente disposto a confermare sotto forma di giuramento tutto quello che ho scritto”. Il documento porta la firma sua e quella di un notaio, iscritto nel “Ruolo del Distretto notarile di Perugia”, il quale certifica che la firma di Padre Franco D’Anastasio è “vera ed autentica, apposta in mia presenza”. Questa dichiarazione è attendibile sia per l’onestà e la sincerità di chi l’ha firmata, sia per il modo “solenne e ufficiale” in cui è stata redatta. Contestarla sarebbe temerario, a meno che non esistano motivi fondati per impugnarne il contenuto. Ridicolizzarla, solo perché per principio non si vuole ammettere la possibilità delle “bilocazioni”, dimenticando che a Dio niente è impossibile, sarebbe stolto. E’ di grande importanza per capire tutte le altre testimonianze sull’attentato a Giovanni Paolo II.
RITO DI BEATIFICAZIONE DI PADRE PIO DA PIETRALCINA
OMELIA DI
GIOVANNI PAOLO II
Piazza San Pietro - Domenica, 2 maggio 1999
"Cantiamo al Signore un canto nuovo!".
1. L'invito dell'antifona d'ingresso ben esprime la gioia di tanti fedeli, che da tempo attendono l'elevazione agli onori degli altari di Padre Pio da Pietrelcina. Questo umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all'ascolto dei fratelli.
Innumerevoli persone si sono recate ad incontrarlo nel convento di san Giovanni Rotondo ed il pellegrinaggio, anche dopo la sua morte, non è cessato. Quando ero studente qui a Roma, ebbi io stesso occasione di conoscerlo personalmente e ringrazio Iddio che mi dà oggi la possibilità di iscriverlo nell'albo dei Beati.
Ripercorriamo, questa mattina, i tratti salienti della sua esperienza spirituale guidati dai testi della Liturgia di questa quinta domenica di Pasqua, all'interno della quale si colloca il rito della sua beatificazione.
2. "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1). Nella pagina evangelica, poc'anzi proclamata, abbiamo ascoltato queste parole di Gesù ai suoi discepoli, bisognosi di un incoraggiamento. L'accenno, infatti, alla sua prossima dipartita li aveva gettati nello sconforto. Temevano di essere abbandonati, di restare soli ed il Signore li solleva con una precisa promessa: "Vado a prepararvi un posto", e poi "Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io" (Gv14, 2-3).
A quest'assicurazione gli Apostoli replicano per bocca di Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" (Gv 14, 5). L'osservazione è pertinente e Gesù non sfugge alla domanda che vi è implicita. La risposta che egli dà resterà nei secoli come limpida luce per le generazioni che verranno: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14, 6).
Il "posto" che Gesù va a preparare è nella "casa del Padre"; là il discepolo potrà essere eternamente con il Maestro e partecipare alla sua stessa gioia. Per raggiungere la meta, tuttavia, unica è la strada: Cristo, al quale il discepolo si deve progressivamente conformare. La santità consiste precisamente in questo: non è più il cristiano che vive, ma Cristo stesso vive in lui (cfr Gal 2, 20). Traguardo esaltante, a cui s'accompagna una promessa altrettanto consolante: "Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Gv 14, 12).
3. Noi ascoltiamo queste parole di Cristo e il pensiero va all'umile frate cappuccino del Gargano. Con quale evidenza esse si sono realizzate nel Beato Pio da Pietrelcina!
"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede . . .". Che cosa è stata la vita di questo umile figlio di san Francesco, se non un costante esercizio di fede, corroborato dalla speranza del Cielo, ove poter essere con Cristo?
"Vado a prepararvi un posto . . . perché siate anche voi dove sono io". Quale altro scopo ha avuto la durissima ascesi a cui Padre Pio si è sottoposto fin dalla prima giovinezza, se non la progressiva identificazione col divin Maestro, per essere "là dove egli era"?
Chi si recava a san Giovanni Rotondo per partecipare alla sua Messa, per chiedergli consiglio o confessarsi, scorgeva in lui un'immagine viva del Cristo sofferente e risorto. Sul volto di Padre Pio risplendeva la luce della risurrezione. Il suo corpo, segnato dalle "stimmate", mostrava l'intima connessione tra morte e risurrezione, che caratterizza il mistero pasquale. Per il Beato di Pietrelcina la condivisione della Passione ebbe toni di speciale intensità: i singolari doni che gli furono concessi e le sofferenze interiori e mistiche che li accompagnavano gli consentirono di vivere un'esperienza coinvolgente e costante dei patimenti del Signore, nella immutabile consapevolezza che "il Calvario è il monte dei Santi".
4. Non meno dolorose, e umanamente forse ancor più cocenti, furono le prove che dovette sopportare in conseguenza, si direbbe, dei suoi singolari carismi. Nella storia della santità talvolta accade che l'eletto, per una speciale permissione di Dio, sia oggetto di incomprensioni. Quando ciò si verifica, l'obbedienza diventa per lui crogiuolo di purificazione, sentiero di progressiva assimilazione a Cristo, rinvigorimento dell'autentica santità. A tal proposito, il nuovo Beato scriveva ad un suo superiore: "Opero solamente per ubbidirvi, avendomi fatto conoscere il buon Dio l'unica cosa a lui più accetta e per me unico mezzo di sperar salute e cantar vittoria" (Epist. I, p. 807).
Quando su di lui si è abbattuta la "bufera", egli ha fatto regola della sua esistenza l'esortazione della prima Lettera di san Pietro, che poco fa abbiamo ascoltato: Stringetevi a Cristo, pietra viva (cfr 1 Pt 2, 4). In questo modo, è diventato anche lui "pietra viva", per la costruzione dell'edificio spirituale che è la Chiesa. E di questo oggi rendiamo grazie al Signore.
5. "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione d'un edificio spirituale" (1 Pt 2, 5). Quanto pertinenti appaiono queste parole applicate alla straordinaria esperienza ecclesiale cresciuta intorno al nuovo Beato! Tanti, incontrandolo direttamente o indirettamente, hanno ritrovato la fede; alla sua scuola, si sono moltiplicati in ogni angolo del mondo i "gruppi di preghiera". A coloro che a lui accorrevano proponeva la santità, ripetendo loro: "Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l'anima vostra" (Epist. II, p. 155).
Se la Provvidenza divina ha voluto che egli agisse senza mai spostarsi dal suo convento, quasi "piantato" ai piedi della Croce, ciò non è senza significato. Il divin Maestro ebbe un giorno a consolarlo, in un momento di particolari prove, dicendogli che "sotto la Croce s'impara ad amare" (Epist.I, p.339).
Sì, la Croce di Cristo è l'insigne scuola dell'amore; anzi la "sorgente" stessa dell'amore. Purificato dal dolore, l'amore di questo fedele discepolo attraeva i cuori a Cristo e al suo esigente Vangelo di salvezza.
6. Al tempo stesso, la sua carità si riversava come balsamo sulle debolezze e sofferenze dei fratelli. Padre Pio unì così allo zelo per le anime l'attenzione per il dolore umano, facendosi promotore a san Giovanni Rotondo di una struttura ospedaliera, da lui chiamata "Casa Sollievo della sofferenza". Egli la volle come un ospedale di prim'ordine, ma soprattutto si preoccupò che in esso si praticasse una medicina veramente "umanizzata", in cui il rapporto con il malato fosse improntato alla più calda premura ed alla più cordiale accoglienza. Sapeva bene che, chi è malato e sofferente, ha bisogno non solo di una corretta applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano e spirituale che gli consenta di ritrovare se stesso nell'incontro con l'amore di Dio e la tenerezza dei fratelli.
Con la "Casa Sollievo della sofferenza" egli ha voluto mostrare che i "miracoli ordinari" di Dio passano attraverso la nostra carità. Occorre rendersi disponibili alla condivisione ed al servizio generoso dei fratelli, avvalendosi di ogni risorsa della scienza medica e della tecnica.
7. L'eco che questa beatificazione ha suscitato in Italia e nel mondo è segno che la fama di Padre Pio, figlio dell'Italia e di Francesco d'Assisi, ha raggiunto un orizzonte che abbraccia tutti i Continenti. Sono lieto di salutare quanti sono qui convenuti, incominciando dalle alte Autorità italiane, che hanno voluto essere presenti: il Signor Presidente della Repubblica, il Signor Presidente del Senato, il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, che guida la Delegazione ufficiale, numerosi Ministri e Personalità. L'Italia è davvero degnamente rappresentata! Ma anche numerosi fedeli di altre Nazioni sono qui convenuti per rendere omaggio a Padre Pio.
A quanti vengono da vicino e da lontano va il mio saluto affettuoso, insieme con uno speciale pensiero per i Padri Cappuccini. A tutti un grazie cordiale!
8. Vorrei concludere con le parole del Vangelo di questa Messa: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio". A questa esortazione di Cristo fa eco il consiglio che il nuovo Beato soleva ripetere: "... Abbandonatevi pienamente sul cuore divino di Gesù, come un bimbo tra le braccia della madre". Possa quest'invito penetrare anche nel nostro spirito come fonte di pace, di serenità e di gioia. Perché avere paura, se Cristo è per noi la Via, la Verità e la Vita? Perché non fidarci di Dio che è Padre, Padre nostro?
"Santa Maria delle Grazie", che l'umile cappuccino di Pietrelcina ha invocato con costante e tenera devozione, ci aiuti a tenere fissi gli occhi su Dio. Ella ci prenda per mano e ci spinga a ricercare con ogni sforzo quella soprannaturale carità che sgorga dal costato trafitto del Crocifisso.
E tu, Beato Padre Pio, volgi dal Cielo il tuo sguardo a noi riuniti in questa Piazza ed a quanti sono raccolti in preghiera in Piazza San Giovanni in Laterano ed a San Giovanni Rotondo. Intercedi per tutti coloro che, in ogni parte del mondo, si uniscono spiritualmente a questo evento elevando a te le loro suppliche. Vieni in soccorso di ciascuno e dona pace e conforto ad ogni cuore. Amen!
vero figlio prediletto della Madre di Dio e nostra Maria
Santissima
Nostra Signora di Guadalupe
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Era il 29 di giugno del 1985
MESSA NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sabato, 29 giugno 1985
“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16).
1. Queste parole pronunziate nei pressi di Cesarea di Filippo, questa confessione della verità su Gesù di Nazaret, che per un figlio dell’antica alleanza non era facile da pronunziare, segnano il momento della nascita di Pietro!
Possiamo dire che egli è nato in questa confessione.
Prima era conosciuto come figlio di Giona, come Simone. Era pescatore, come suo fratello Andrea; era stato Andrea a condurlo da Gesù sulle sponde del lago di Genesaret. Già allora Gesù disse: “Ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)” (Gv 1, 42), ma questo fu soltanto un preannunzio.
Pietro - Cefa - pietra - roccia.
Nel momento in cui Simone figlio di Giona confessa che Cristo - il Messia - è il figlio di Dio, quel preannunzio diventa realtà. E Cristo dice a Simone: “Tu sei Pietro” - roccia.
Così dunque la confessione fatta nei pressi di Cesarea di Filippo è, in realtà, il momento della nascita di Pietro.
È nato mediante la fede nella figliolanza divina di Cristo. In questa fede si è rivelato il Padre, il Dio dell’alleanza come Padre. E Dio-Padre ha rivelato a Simone il suo figlio: “Né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli!” (Mt 16, 17).
2. Questa nuova nascita di Simone, figlio di Giona - la nascita di Pietro - permette a Cristo di concretizzare la prospettiva del regno di Dio, che egli ha proclamato sin dall’inizio della sua missione messianica in Israele.
Cristo dice: “Edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18).
Nell’annunzio di Cristo, la Chiesa viene legata a Pietro, e Pietro viene inseritonella Chiesa come roccia, cioè Cefa. In questo modo si spiega il mistero del nome, che Gesù di Nazaret ha proclamato a Simone già durante il primo incontro.
“Io ti dico: tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”.
Le parole sono chiare e univoche. Colui che costruisce la Chiesa è Cristo stesso. Pietro deve essere una particolare “materia”, un elemento particolare della costruzione. Deve esserlo mediante la fedeltà alla sua professione fatta presso Cesarea di Filippo, in forza delle parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
3. La nascita di Pietro nei pressi di Cesarea di Filippo ha, come si vede, un duplice carattere: cristologico ed ecclesiologico. Pietro nasce dalla fede nella divinità, nella figliolanza divina di Cristo. Nasce insieme nella Chiesa e per la Chiesa. Nasce per un particolare servizio, al quale corrisponde un particolare carisma. Il servizio di Pietro e il carisma di Pietro.
Cristo dice: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terrà sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 19).
La Chiesa ha il suo inizio in Dio: nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Nella santissima Trinità essa ha anche il suo destino definitivo.
La vocazione e missione della Chiesa si compiranno in modo definitivo nel regno di Dio. Sulla strada verso questo regno la Chiesa deve “legare e sciogliere”, deve quindi tenere “le chiavi del regno”, e Pietro è il primo depositario di questo potere, che è un servizio (di questo servizio che è un potere).
4. Oggi la Chiesa romana, i cui inizi sono collegati al servizio di Pietro-apostolo, ricorda con affettuosa venerazione il martirio della sua “roccia”. Dal giorno della morte di Pietro guarda - mediante le letture liturgiche - verso la sua nascita. E cerca di ricordare anche le principali tappe della via, che da Cesarea di Filippo lo condusse proprio a Roma.
In particolare ricorda il periodo gerosolimitano, quando il Signore strappò miracolosamente Pietro “dalla mano di Erode” (At 12, 11).
È noto che dopo aver lasciato Gerusalemme e prima di venire a Roma, San Pietro dette altresì inizio alla Chiesa di Antiochia.
In tutte queste tappe sono rimaste determinanti le parole di Cristo, mediante le quali Simone, figlio di Giona, nacque come Pietro. Parole riconfermate dopo la risurrezione, quando Cristo stabilì Pietro nell’amore e gli affidò il servizio pastorale: “Pasci i miei agnelli . . . pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 15-17).
E allora gli predisse “con quale morte egli avrebbe glorificato Dio” (Gv 21, 19).
5. Oggi la Chiesa romana ricorda proprio il giorno di questa morte beata, da martire. Essa ha unito al termine della via i due apostoli: Pietro e Paolo. Sant’Agostino ne parla così nell’odierna liturgia delle ore: “Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli.
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze e la predicazione” (S. Agostino, Sermo 295: PL 38,1352).
6. La Chiesa romana unisce ambedue gli apostoli nel comune ricordo della loro morte di martiri.
La liturgia dedica un altro giorno al ricordo della nascita di Paolo. È il 25 gennaio, che celebra la sua miracolosa conversione davanti alle porte di Damasco. Colui che si è convertito, era prima un nemico mortale del nome di Cristo e persecutore dei cristiani. E il suo nome era Saulo. Saulo di Tarso.
Sulla strada verso Damasco la potenza di Dio lo fece cadere a terra. E Cristo gli domandò: “Perché mi perseguiti?” (At 9, 4).
A Simone, Gesù rivolse la domanda: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (Mt 16, 13).
E a Paolo: “Perché mi perseguiti?”.
E come dalla risposta di Simone è nato Pietro, così dalla risposta a Cristo, data da Saulo vicino a Damasco, è nato Paolo. L’apostolo Paolo, che ha detto di essere “infimo” perché ricordava di aver perseguitato, una volta, “la Chiesa di Dio” (1 Cor 15, 9), è nato dalla fede in Gesù risorto, la cui potenza ha sperimentato davanti alle mura di Damasco. E l’ha sperimentata poi su tutte le vie della sua missione apostolica.
E anche nella nascita spirituale di Paolo, Cristo ha inscritto il mistero della propria Chiesa. Già da allora, quando gli domandò: “Perché mi perseguiti?”, egli parla della Chiesa.
Saulo infatti perseguitava la Chiesa. Quindi, già da quella volta, Paolo poté vedere con gli occhi della fede Cristo nella Chiesa e la Chiesa in Cristo. La Chiesa, corpo di Cristo.
7. Oggi, nel giorno in cui si rende omaggio alla morte beata di ambedue gli apostoli a Roma, ambedue sembrano parlare a noi che siamo la Chiesa: “Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome” (Sal 34, 4).
E contemporaneamente la Chiesa risponde ai due apostoli con lo stesso versetto del salmo: “Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome”.
Lo fa in particolare la Chiesa romana: “O Roma felix, quae tantorum principum / es purpurata pretioso sanguine, / non laude tua, sed ipsorum meritis / excedis omnem mundi pulchritudinem” (“Primi Vespri”).
8. La Chiesa di Roma ha la gioia di salutare la delegazione ortodossa presieduta dal metropolita Chrysostomos di Mira, che il patriarca ecumenico Dimitrios I ha inviato a Roma per questa festa dei santi Pietro e Paolo.
È per noi cara la presenza di tale delegazione, nel giorno solenne dedicato a Simone, figlio di Giona. Pietro infatti fu chiamato per mezzo del fratello Andrea, il quale è venerato, in modo particolare, dalla Chiesa di Costantinopoli, di cui è patrono. Ringraziamo pertanto i rappresentanti di questa Chiesa che si sono uniti alla nostra celebrazione.
Il dialogo aperto tra le nostre Chiese sulla comune fede apostolica ci condurrà alla piena unità e, finalmente, a poter celebrare insieme l’Eucaristia del Signore. A questo scopo invito tutti a pregare sempre e particolarmente quest’oggi.
9. La Chiesa romana gioisce anche della presenza dei nuovi metropoliti che riceveranno il pallio qui presso la tomba di San Pietro. Sono undici metropoliti, provenienti da varie parti del mondo.
Come sappiamo, il pallio è simbolo di una speciale comunione con la Sede di Pietro. Esso è titolo d’onore ma anche richiamo a una più alta responsabilità, a un più generoso spirito di servizio e di sacrificio nella fedeltà e nella comunione col vicario di Cristo per l’unità, la santificazione e la crescita del corpo mistico e la salvezza del mondo. L’augurio che vi rivolgo, allora, cari confratelli, è che il vostro amore a Cristo e alla Chiesa non venga mai meno, e siate pronti, per questo amore, ad affrontare ogni prova, partecipando del coraggio apostolico dei santi che oggi festeggiamo.
10. Così, dunque, venerabili fratelli nell’Episcopato, e anche voi, cari fratelli e sorelle del popolo di Dio! Rallegriamoci nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo.
Mediante la loro vocazione e il servizio ai misteri di Cristo, Figlio di Dio, tale solennità è stata inscritta, una volta per sempre, nella storia del regno di Dio sulla terra. E i due apostoli, nascendo da questo mistero, hanno costruito la Chiesa nelle sue fondamenta.
Beato te, Simone figlio di Giona!
Beato te, Paolo di Tarso!
“Per crucem alter, alter ense triumphans / vitae senatum laureati possident” (“Inno dei primi Vespri”).
La Chiesa romana celebra con grande gratitudine il giorno della vostra nascita al regno dei cieli: per l’eternità in Dio. Amen.
Histórica presentación del legendario director austriaco Herbert von Karajan junto a la Orquesta Filarmónica de Vienna, la Wiener Singverein, Kathleen Battle, Trudeliese Schmidt, Ferruccio Furlanetto y Gosta Winbergh interpretando la Misa de Coronación de Wolfgang Amadeus Mozart durante la Santa Misa celebrada por S.S. Juan Pablo II en la Basílica de San Pedro de la Ciudad del Vaticano, el 29 de Junio de 1985.
Historical presentation of the legendary austrian conductor Herbert von Karajan with the Vienna Philharmonic Orchestra, the Vienna Singverein, Kathleen Battle, Trudeliese Schmidt, Ferruccio Furlanetto and Gosta Winbergh interpreting the Coronation Mass by Wolfgang Amadeus Mozart during the High Mass celebrated by H.H. Pope John Paul II in St. Peter's Basilica at Vatican City on June 29, 1985.
03:32 Kyrie
07:02 Gloria
16:16 Credo
29:36 Sanctus
31:45 Benedictus
40:36 Agnus Dei
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