1. PREPARAZIONE ALLA LEZIONE
1. È necessaria. Non si fa una casa senza prima stabilire e
disegnare quanto dev’essere grande, quante stanze, quante porte,
quante finestre deve avere. Una lezione è una piccola casa; prima
di costruirla bisogna pensarci su, vedere quanto deve durare,
quante parti deve avere, quali ornamenti bisogna metterci dentro,
quali frutti deve portare. Una lezione non preparata sarà una
cosa confusa, noiosa, insipida, senza risultati. Solo la lezione preparata
con amore e diligenza, con le sue parti chiare ed evidenti,
con i suoi esempi, riesce bene.
2. Non basta dare un’occhiata al libro negli ultimi dieci minuti.
Ci sono dei catechisti che cominciano il lunedì a pensare al
catechismo della domenica e passano tutta la settimana nell’attesa
gioiosa della lezione, meditandone con amore il soggetto,
riempiendosene la mente e il cuore. In questa maniera, oltre le
idee chiare, portano alla lezione un’anima che vibra e fa vibrare.
Il minimo che ogni catechista deve fare è:
a) trovare nel testo la lezione che tocca, studiarla in modo da
saperla bene, ripassare la risposta a memoria;
b) consultare la guida e qualche altro buon libro, sapendo scegliere
quello che piacerà e farà bene ai fanciulli, lasciando
quello che non possono capire.
c) stabilire quali esempi, quali paragoni raccontare, quali immagini
e oggetti mostrare;
d) fissare il compito e la buona opera da suggerire;
e) prevedere le principali domande da rivolgere, tener in serbo
qualche esempio in più per il caso che i fanciulli fossero stanchi
o disattenti.
3. I fanciulli sono come gli uccellini: vogliono saltare di palo
in frasca, cambiare. Sarà quindi bene cercare di avere per ogni
lezione qualche cosa di nuovo, che faccia piacere. Non cominciar
sempre alla stessa maniera, non far sempre le stesse domande.
Almeno ogni tanto tenere una lezione brillante, e ogni lezione
avere almeno uno spunto felice, attraente.
4. E pregare. Far bene la lezione, anche se ci si è preparati
con diligenza, è sempre una grazia del Signore, che bisogna umilmente
implorare.
2. ITINERARIO DELLA LEZIONE
5. Chi dice «itinerario» dice percorso o serie di tappe successive.
Enumeriamo le varie tappe della lezione del catechismo
parrocchiale:
1. il catechista si trova (con testo, guida e registro. all’ora precisa
nel luogo della lezione;
2. raccoglie e mette in fila gli alunni;;
3. entra con loro in silenzio nell’aula o nel locale della lezione;
4. attende che si mettano a posto e li aiuta a mettersi a posto;
5. preghiera (eventualmente canto.;
6. appello;
7. interrogazioni sulla lezione antecedente;
8. spiegazione della lezione nuova;
9. riepilogo della lezione nuova;
10. applicazioni pratiche;
11. assegnazione del compito;
12. preghiera;
13. uscita di classe.
6. Alcune annotazioni:
1. i fanciulli non possono balzare di punto in bianco da un gioco
vivacissimo, da una baruffa, alla preghiera e alla lezione: il
catechista si preoccupi che il passaggio avvenga dolcemente,
calmi con un canto, con due o tre minuti di attesa silenziosa
fuori dall’aula;
2. la preghiera non si comincia finché tutti non sono quieti e
sereni;
3. il registro funzioni bene sia nell’appello che nelle interrogazioni
sulla lezione studiata. Esso mette sempre un po’ di soggezione
ai fanciulli e dà un po’ il tono di scuola.
7. Dopo la lezione, rimasto solo o tornato a casa, il catechista
preghi il Signore, ringraziandolo di essersi servito di lui, chiedendo
che gli alunni mettano in pratica le cose imparate. Buona
cosa, se farà un po’ di esame con relativi propositi, sul come la
lezione è andata, sui pregi e i difetti. Cosa migliore, se avrà un
diario sul quale segnare prima della lezione la preparazione o una
traccia e, dopo, le osservazioni.
3. DISCIPLINA ALLA LEZIONE
Idee da tenere sulla disciplina
Una nazione possiede ordine e disciplina se ci sono queste
due cose: leggi precise e chiare (potere legislativo) e forza per
farle eseguire (potere esecutivo e punitivo).
In una classe di catechismo ci sarà disciplina quando si danno
ordini ben chiari e si riesce con la presenza, con l’interessamento
insistente, con la persuasione o, alla peggio, con un po’ di
castigo, a farli osservare.
Se gli ordini non si danno, o non sono capiti da tutti, o
nessuno li esegue, o li fa eseguire, abbiamo confusione, disobbedienza,
anarchia, tutto il contrario di disciplina.
a) ... Circa il «potere legislativo»
8. Esser chiari e precisi nel dar ordini. Spesso il fanciullo non
ha eseguito perché non aveva capito o non si era ricordato. Per
assicurarsi che ha capito l’ordine e per farglielo ricordare, farsi
ripetere l’ordine («Hai compreso quel che ho detto? Dimmelo,
su... Hai trovato la pagina che devi studiare? Fammela vedere,
segnala»).
Non dare ordini mentre i fanciulli sono in moto; dare pochi
comandi, non cambiarli, ma ripeterli spesso.
Non comandar mai una cosa quando si è sicuri che non sarà
fatta.
E tener duro ai dinieghi. Quando s’è detto di no, e le circostanze
sono ancora quelle, non si deve cambiare. Perché, di
solito, il papà si fa ubbidire più della mamma? Perché tien fermo
e non cede e i figli lo sanno.
E niente prediche quando si danno ordini; più parlate e più
fate vedere ai fanciulli che avete paura di non esser ubbiditi; poche
parole incisive (non amare e ironiche) sono molto più energiche
ed efficaci delle lungaggini.
b) ... Circa il «potere esecutivo»
9. La disciplina nostra non è disciplina dura («O fai questi o
son bastonate»); essa non vuole soltanto portare il fanciullo a fare
quella tal cosa, ma vuole portarlo a far volentieri, di buon animo,
la tale cosa; non soffoca la libertà del fanciullo, ma la educa e
alimenta facendo sì che egli stesso, spontaneamente, voglia quello
che noi gli ordiniamo.
10 Attenti, però: «volentieri», «spontaneamente» non significa
«senza sforzo», «senza fatica». Nessun educatore educherà
mai fanciulli e giovani, se non domanda e ottiene da loro sforzi
e sacrifici.
Un catechista dice: «Voglio risparmiare ai miei fanciulli
qualsiasi sforzo». Non ha capito nulla di educazione, nulla della
vita. Un giorno, fatti grandi, i fanciulli troveranno pure il duro,
l’aspro e l’amaro. Bisogna dunque prepararli adesso! D’altra parte,
senza fatica, non c’è nulla di grande a questo mondo. Deve
dire invece: «Voglio che si sforzino, che si abituino al sacrificio: il
riso, il gioco, la giocondità sono un aiuto, e niente più».
11. La disciplina di cui parliamo presuppone nel catechista
certe qualità indispensabili. Prima, il prestigio. Lo si ha, quando il
fanciullo prova verso il catechista un senso di riverenza e di stima
per la sua bontà, per la scienza, per la capacità di fare. Il fanciullo
ha bisogno di vedere nel capo che lo guida un uomo più forte,
più capace, più bravo di lui. Altrimenti non lo segue.
12. Altra qualità, la bontà... purché non sia troppo. «Uomo
buono», e non «buon uomo», «dar confidenza», non lasciar che
«prendano confidenza!». I fanciulli devono vedere che il catechista
è buono e li ama, ma insieme devono provare una certa
soggezione di lui.
13. Terza qualità, la fiducia in se stesso. I fanciulli devono avere
l’impressione che noi siamo provetti, sicuri, capaci e devono
sentir ciò dal nostro sguardo, dal tono della voce, dal contegno,
dalle mosse. Guai, se ci vedono timidi, malsicuri, impacciati.
14. Qualità forse principale, però, è quella di riuscire interessanti.
Il più delle volte i ragazzi sono indisciplinati perché non
li sappiamo interessare, diciamo loro cose che non li interessano
o in un modo inadatto, o non ci siamo preparati alla lezione.
15. La disciplina che noi intendiamo considera ottimi mezzi
i premi e l’emulazione. Il più facile di tutti i premi è la lode;
data con prudenza, a tempo opportuno, incoraggia, sprona allo
studio. Quanto agli altri premi, siano grandi o piccoli, non è il
darli che conta, ma il modo con il quale sono stati dati, le parole
che li accompagnano.
Il voto, se adoperato bene, dà ottimi risultati per la disciplina.
Lo sa adoperare il catechista che gli dà importanza davanti
ai fanciulli; che usa il voto soprattutto per incoraggiare («Hai saputo
benino, più dell’altra volta, otto; e se continui così arriverai
anche al nove»), che sa regalare talvolta qualche punto.
c) ... Circa il «potere punitivo»
16. Il catechista impari dalla natura che somministra continuamente
alle cose la luce e il calore del sole, spesso la pioggia e
il vento, di rado fulmini e tuoni.
Il catechista deve continuamente ai suoi alunni affetto e premura,
spesso raccomandazioni ed esortazioni, di rado interverrà
con rimproveri e castighi.
17. I castighi devono essere dati con molta prudenza, se si
vuole che siano efficaci.
a) Cominciare dal poco (mostrarsi non contenti, meno benevoli,
occhiata severa; richiamo; minaccia di castigo); arrivare
al castigo vero e proprio solo con i pertinaci, che, nonostante
avvisi e richiami, sono già alla terza o quarta mancanza; non
infliggere punizioni corporali, ma piuttosto privare di qualche
cosa, cui i fanciulli tengono.
b) Non è il castigo in sé che corregge il fanciullo, ma il dispiacere
e il desiderio di vederlo migliorare che il catechista
esprime nel castigare.
c) Non castigare, se non si è sicuri della mancanza; lasciate che
il fanciullo si difenda: se lo si trova innocente, mostrare dispiacere
di averlo punito e contentezza per averlo trovato
innocente.
d) Non castigare mentre si è agitati; mai arrabbiarsi.
e) Correggere possibilmente in privato; non costringere un
fanciullo a comparire davanti ai compagni con il viso rosso e
in lacrime per rimproveri subiti.
f ) Se il fanciullo si emenda prima del castigo, perdonarlo.
Accorgimenti pratici per la disciplina
18 Adoperare bene gli occhi per far sentire ai fanciulli che li
osserviamo e che sono visti in ogni loro movimento. Per questo
le classi siano poco numerose e quando si usano le panche,
queste non siano disposte a linee parallele, ma a semicerchio o a
ferro di cavallo. Così tutti gli alunni sono visti completamente
e a nessuno capita la tentazione dalla seconda o terza panca di
disturbare coi piedi o con le gambe i compagni della prima o
della seconda.
19. Procurare che entrino in classe con ordine e in silenzio;
assegnare i posti in modo che non si trovino insieme due disturbatori;
e i posti siano fissi, in modo che non ci sia, entrando,
la gara e la corsa per trovare il posto. Tener presente che essere
deboli all’inizio della lezione vuol dire aver battaglia perduta per
tutta la lezione.
20. Non cominciare mai la lezione con il rimproverare coloro
che fanno rumore nel mettersi a posto. Il rimprovero messo in
principio getta una luce poco simpatica su tutta la lezione. Invece
si loda chi si è già messo a posto, si aspetta con calma, invitando
con lo sguardo, che si mettano a posto gli altri, e si comincia la
preghiera solo quando s’è fatta l’attenzione col relativo silenzio.
21. Essere un po’ furbi e presentare la disciplina sotto una
luce bella e simpatica. Non dite: «In questa classe io voglio disciplina!
Farò rigar diritti tutti quanti e castigherò gli indisciplinati!
». Mostrereste la disciplina in un aspetto duro e spingereste
i fanciulli a sbarazzarsi di lei. Dite, invece, così: «Voi conoscete
bravi calciatori, aviatori, alpinisti... Brava gente che signoreggia i
campi, i cieli, le montagne. Ma sapete come hanno fatto a diventare
così in gamba? Si sono sottoposti alla disciplina. Anche noi
faremo un po’ di “disciplina”». È probabile che si abbia un effetto
migliore che nel primo caso.
22. Non bisogna moltiplicare proibizioni e divieti: «Quello
non si può, questo neanche, lì non dovete andare...», il fanciullo
si sentirebbe soffocato e sentirebbe che la disciplina è un peso,
mentre bisogna farla apparire leggera; certe cose fargliele prima
amare e poi proporgliele; certe altre farle apparire come premio
mentre sono necessarie.
23. E saper comprendere. I fanciulli sono sempre fanciulli:
certe indisciplinatezze sono irrequietezza, non cattiveria. Non
andar dietro le minuzie e concedere un respiro quando è ragionevole.
Sbuca un topo di sotto un armadio: tutta la classe è in
piedi... Cosa volete fare? Sarebbe esagerato alzare la voce, rimproverare.
Cercate di portare alla calma con la bontà.
24. Siete mai saliti in groppa ad un puledro? Sì? Allora sapete
che ogni tanto bisogna allentare le redini e lasciargli un po’
di respiro. Non abbandonate però le redini sulla cavezza, se no vi
possono capitare dei guai. Così con la classe: ogni tanto un po’
di respiro, un racconto, qualcosa che sollevi; ma non far ridere
troppo, lasciando scoppiare l’ilarità; pochi son maghi da riportare
con un colpo di bacchetta magica l’ordine interrotto.
25. Provate ad abbassare la voce, quando i fanciulli cominciano
a distrarsi o a parlare. Subito, tutte le teste si alzano, gli
occhi, fissandovi, interrogano: Cosa farà adesso? Cosa vuole con
questa voce dolce e sommessa? Niente. Solo che stiate attenti,
perché il catechista sa che per far tacere non si grida, ma si parla
piano e si tace.
26. Qualche volta parlar piano non basta: i fanciulli sono
stanchi. Ecco pronto un bel fatto, un cartellone a colori. Oppure
si invitano ad alzarsi in piedi: una preghiera, un canto sommesso;
si è introdotta una nota più vivace, si son fatti muovere e si
può riprendere. I vari elementi dell’attività sono anche aiuti per
la disciplina.
27. Quando un fanciullo è mancato alla lezione, ci si informi
del motivo, ci si interessi passando a casa sua. Quando un
ragazzo non sa, perché tardo, pregare qualcuno di casa o una persona
vicina che se ne occupi. Nel caso poi di qualche disturbatore
incorreggibile, è forse opportuno farlo dimettere dal parroco.
AMDG et DVM
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