Ratzinger legge san Bonaventura
DI ELIO GUERRIERORitorna in libreria, dopo lunga assenza, San Bonaventura. La teologia della storia (Edizioni Porziuncola, pagine 256, euro 28,00), una delle opere fondamentali di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Il giovane studioso si accostò al maestro francescano su invito del suo maestro Gothlieb Söhgen con l’intento di dare un contributo chiarificatore ad un vivace dibattito della teologia del suo tempo.
Nell’incontro tra il pensiero riformato della prima metà del Novecento e il pensiero scolastico prevalente in ambito cattolico emergeva una difficoltà che sembrava insormontabile: lì dove i riformati, in particolare Karl Barth, sottolineavano il carattere di evento della rivelazione che ogni volta pone il credente di fronte alla decisione di aderire, la tradizione cattolica presentava un pensiero metafisico, statico e ben definito, che sembrava prescindere dal carattere ogni volta personale dell’atto di fede. La soluzione verso la quale propendevano alcuni studiosi anche cattolici era quella dell’abbandono della metafisica, della deellenizzazione che sembrava antitetica rispetto all’originale carattere semitico della fede.
Nella prefazione all’edizione italiana, e a quella americana, Ratzinger già cardinale ha continuato a sottolineare l’attualità del tema trattato.
All’epoca nel cassetto aveva ancora degli appunti per un’ulteriore messa a punto che speravo di trovare all’inizio della nuova edizione. Non è stato evidentemente possibile. Il punto di partenza di Ratzinger è l’opera Exaémeron, i sei giorni della creazione del mondo, uno degli ultimi scritti di san Bonaventura, nella quale il maestro francescano, a un anno dalla morte, si confrontava ancora con le correnti spirituali presenti nell’ordine e indirettamente con Gioacchino da Fiore. Entusiasti dell’insegnamento dell’abate cistercense che permetteva loro di riconoscere in Francesco l’iniziatore della nuova età dell’amore contrapposta a quella della legge, gli spirituali più radicali, tra i quali vi era anche il predecessore di san Bonaventura, rischiavano di portare l’ordine fuori dalla Chiesa.
Bonaventura, eletto generale dell’ordine proprio per affrontare una questione così delicata, nei primi anni del suo mandato si immerse nello spirito del fondatore, ne scrisse una nuova biografia, soprattutto meditò sul significato della sua venuta. Nel confronto con Gioacchino, di cui apprezzava la visione teologica della storia, introduceva una precisazione che eliminava ogni equivoco. L’abate calabrese come Francesco non avviava il tempo escatologico, ma ne era l’annunciatore. Paragonabile a quei semplici per i quali Gesù aveva esultato, il Poverello aveva ricevuto in dono una superiore intelligenza spirituale della Scrittura. Insieme alla revelatio, però, egli aveva ricevuto l’humilitas di modo che si può stabilire un nesso essenziale tra questi due doni dello Spirito. Per Bonaventura questo fa sì che il magistero non debba essere avvertito come un peso, bensì come garante che assicura la comunione con il popolo santo della Chiesa.
Coloro che ricevono le rivelazioni – san Bonaventura usa il termine al plurale – sono in intima familiarità con il mistero di Dio e sono in comunione con la Chiesa gerarchica e con il popolo di Dio. In conclusione l’opera di Ratzinger rispondeva pienamente all’ipotesi di ricerca: anche nella tradizione cattolica il concetto di rivelazione porta dentro di sé il carattere di adesione personale e di urgenza.
Un’acquisizione fondamentale che Ratzinger insieme con de Lubac fece valere già al tempo della Costituzione conciliare sulla Divina rivelazione e che è rimasta presente nella sua teologia e nei suoi scritti. Un’altra peculiarità guadagnata dall’incontro con Bonaventura e che da allora è un tratto distintivo del pensiero e dell’opera del papa è la centralità e familiarità con Cristo. A quest’ultima invitava i fedeli nel suo Gesù di Nazareth.
© Copyright Avvenire, 25 gennaio 2008
IL BEATO
Gioacchino da Fiore e le tre età della storia
Nato a Celico da ricca famiglia nel 1130 circa, Gioacchino da Fiore ricevette un’educazione classica nella vicina Cosenza, prima di entrare in seminario e divenire monaco cistercense. Nel 1188 fondò sulla Sila il convento di San Giovanni in Fiore e l’ordine dei florensi, che riceveranno l’approvazione di papa Celestino III il 25 agosto del 1196. Nei suoi scritti Gioacchino, partendo dal dogma della Trinità, divise la storia dell’uomo in tre epoche fondamentali: quella del Padre, corrispondente alle narrazioni dell’Antico Testamento; quella del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall’avvento di Gesù fino al 1260; e quella dello Spirito Santo: dal 1260 in avanti, ovvero quel periodo in cui l’umanità, attraverso un clima di purezza e libertà, avrebbe avuto un contatto diretto con Dio. I suoi seguaci, i gioachimiti, estremizzarono alcune sue proposizioni escatologiche, tanto che il concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune tesi attorno alla Trinità falsamente attribuite al beato, morto nel 1202.
IL SANTO
Da Bagnoregio a vertice dell’ordine francescano
Bonaventura nacque a Bagnoregio presso Viterbo nel 1217. Suo padre era probabilmente medico. Da bambino guarì da una grave malattia grazie all’intercessione di san Francesco. Di qui una grande venerazione verso il santo di Assisi e la decisione di entrare nell’ordine da lui fondato.
Un’acquisizione fondamentale che Ratzinger insieme con de Lubac fece valere già al tempo della Costituzione conciliare sulla Divina rivelazione e che è rimasta presente nella sua teologia e nei suoi scritti. Un’altra peculiarità guadagnata dall’incontro con Bonaventura e che da allora è un tratto distintivo del pensiero e dell’opera del papa è la centralità e familiarità con Cristo. A quest’ultima invitava i fedeli nel suo Gesù di Nazareth.
© Copyright Avvenire, 25 gennaio 2008
IL BEATO
Gioacchino da Fiore e le tre età della storia
Nato a Celico da ricca famiglia nel 1130 circa, Gioacchino da Fiore ricevette un’educazione classica nella vicina Cosenza, prima di entrare in seminario e divenire monaco cistercense. Nel 1188 fondò sulla Sila il convento di San Giovanni in Fiore e l’ordine dei florensi, che riceveranno l’approvazione di papa Celestino III il 25 agosto del 1196. Nei suoi scritti Gioacchino, partendo dal dogma della Trinità, divise la storia dell’uomo in tre epoche fondamentali: quella del Padre, corrispondente alle narrazioni dell’Antico Testamento; quella del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall’avvento di Gesù fino al 1260; e quella dello Spirito Santo: dal 1260 in avanti, ovvero quel periodo in cui l’umanità, attraverso un clima di purezza e libertà, avrebbe avuto un contatto diretto con Dio. I suoi seguaci, i gioachimiti, estremizzarono alcune sue proposizioni escatologiche, tanto che il concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune tesi attorno alla Trinità falsamente attribuite al beato, morto nel 1202.
IL SANTO
Da Bagnoregio a vertice dell’ordine francescano
Bonaventura nacque a Bagnoregio presso Viterbo nel 1217. Suo padre era probabilmente medico. Da bambino guarì da una grave malattia grazie all’intercessione di san Francesco. Di qui una grande venerazione verso il santo di Assisi e la decisione di entrare nell’ordine da lui fondato.
Appassionato degli studi nel 1238 si recò a Parigi per portare a termine il suo percorso formativo. Ottenne la licenza in Teologia e successivamente, dopo il 1250, fu nominato maestro.
Dopo pochi anni, nel 1257, lasciò l’insegnamento poiché eletto ministro generale dell’ordine francescano. Restò in carica fino al 1273 quando il papa Gregorio X lo nominò cardinale. Come tale partecipò al concilio di Lione e svolse un ruolo nelle trattative unionistiche con i greci. Morì a Lione il 15 luglio 1274.
All’apice del Medioevo, contemporaneo di san Tommaso d’Aquino e come lui professore a Parigi, elaborò un pensiero caratterizzato dalla fiducia nella tradizione. Legato a sant’Agostino, ne condivise il primato dell’amore, l’immagine trinitaria riflessa nello spirito creato. Confluiva poi in lui la linea di pensiero avviata da Dionigi l’Areopagita. Tra le sue letture vi erano Anselmo con la sua prova ontologica ed ancor più la teologia spirituale di san Bernardo. Questo patrimonio culturale-spirituale ruotava, tuttavia, intorno al pensiero e alla vita francescana che è il punto sorgivo da cui trae origine ed irradia la teologia e la concezione della vita cristiana di Bonaventura.
Elio Guerriero
© Copyright Avvenire, 25 gennaio 2008
Elio Guerriero
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AMDG et DVM
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