mercoledì 21 luglio 2021

Come ci ama la Divina Madre Maria

 

    



§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.

L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1


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dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.

Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5


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E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7

Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.

La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,


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che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.

Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi


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dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13

In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.

Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora,


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dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16

E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18


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Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19

E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse


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presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?

E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22

E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare:


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Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28

Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è


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trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32

Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33


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Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34

Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la


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Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore


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ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43


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L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde


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sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50

Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora


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mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52

Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio


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Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?

Esempio.

Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.

Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.

Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio,


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si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56


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Preghiera.

O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?


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Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.

V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.




1 «Ut proximus amatur filius... Amat... mater filium... quem concipit cum sorde, pregnat cum pallore, non sine timore parit cum periculo vitae, educat cum sollicitudine et labore, qui ingratus post omnia vix praeceptis cogitur, promissis allicitur, honorem rependere parentibus. Honora, inquit, patrem et matrem, ut sis longaevus super terram.» De dilectione Christi et proximi, cap. 13. Inter Opuscula S. Thomae, Opusculum 61. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 82 GH. - Questo opuscolo non è di S. Tommaso. - «Filius est aliquid patris, et patres amant filios «ut aliquid ipsorum» sicut dicit Philosophus (Etich. lib. 8., cap. 12). Unde eisdem rationibus non ponuntur aliqua praecepta decalogi pertinentia ad amorem filiorum, sicut neque etiam aliqua ordinantia hominem ad seipsum.» S. THOMAS, Sum. Theol., I-II, qu. 100, art. 5, ad 4.

2 «Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, fetus suos diligant... Quae fera pro catulis suis non ipsa potissimum se offerat morti?» S. AMBROSIUS, Hexaemeron, lib. 6, cap. 4, n. 22. ML 14-250.

3 Questo S. Alfonso lo ha preso da Paciuchelli (Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3) e Paciuchelli da Filostrato. «Trigridem etiam, animal saevissimum, hac in regione aiunt et circa mare rubrum ad naves procedere catulos repetentem, eisque receptis cum gaudio abire, sin autem cum nave discesserint, in littore ululare et interdum mori.» PHILOSTRATUS, De Tyanensi Apollonio, lib. 2, § 14, n. 3. (Ed. Firmin-Didot, 1878).

4 Eccli. XXIV, 24.

5 «Mater est... omnium virtutum, et quorumcumque charismatum quae in nos desursum descendunt, sed imprimis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filios.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae... ad colendam... Virginem Deiparam, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 5.

6 «Clauso tanti doloris tormento intrinsecus... non poterat ex facie colligi crux illa animae et patibulum spiritus, in quo erat hostia viva... et medullatum holocaustum: quod cum ipsa incenderet, tantum conscientiae ministerio utebatur ipsaque sine strepitu seipsam mactans, in altario interiori, et ligna et fiammas et latices congerebat. Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animam. Optabat quidem ipsa, ad sanguinem animae, et carnis suae addere sanguinem, et elevatis in cruce manibus celebrare cum Filio sacrificium vespertinum, et cum Domino Iesu corporali morte Redemptionis nostrae consummare mysterium.» ARNALDUS sive Ernaldus Carnotensis, De septem verbis Domini in cruce, tractatus tertius. ML 189-1694.

7 «Stabat ante crucem mater, et fugientibus viris, stabat intrepida... Pendebat in cruce Filius, mater se persecutoribus offerebat.» S. AMBROSIUS, Liber de institutione virginis, cap. 7, n. 49. ML 16-318.

8 TURSELLINI, Vita, lib. 4, cap. 6 (a principio). Bononiae, 1746, pag. 202, 203. Questo viaggio, (dicembre 1550 - febbraio 1551), il più aspro di tutti, lo fece il Santo, non già principalmente per l'immediata evangelizzazione delle popolazioni sparse lungo la strada, in città e borghi, ma coll'intento di raggiungere la capitale e di ottenere alla sua missione la benevolenza del potere centrale: raggiunse sì la capitale, ma nulla ottenne, senza però che venisse infranto il coraggio del generoso apostolo.

9 GALLIZIA, Vita, lib. 2, cap. 7, § 1. - HAMON, Vita, lib. 2, cap. 3. - Il fiume chiamato da Gallizia «la Duranza» non è già «la Durance», ma «la Dranse». Chamblae: Chablais.

10 S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib. 3, cap. 1. ML 77, col. 215-220. - La verità storica del fatto venne acremente impugnata da alcuni, e strenuamente difesa da altri. Vedi ML 77-134, 135, Vindiciae Dialogorum, § «De historiis quae in Dialogis continentur...», auctore Petro Gussanvillaeo; Praefatio (editorum O. S. B.), XI, XII, col. 142; ML 61 (Opera S. Paulini), col. 775-778, Dissertatio septima, de captivitate S. Paulini. - Su quale fondamento si sia appoggiato S. Gregorio per asserire la verità del fatto, ce lo dice egli stesso, a principio della sua narrazione: «Sicut enim bonorum facta innotescere citius similibus solent, senioribus nostris per iustorum exempla gradientibus praedicti venerabilis viri celebre nomen innotuit, eiusque opus admirabile ad eorum se instruenda studia tetendit, quorum me necesse fuit grandaevitati (al. gravitati) tam certo credere, ac si ea quae dicerent meis oculis vidissem.» L. c., col. 216. - Quella «grandaevitas» o «gravitas» che sia, non indica, specialmente se si confronta col greco, o non indica unicamente né principalmente il numero degli anni, ma l'autorità dei testimoni. - Che poi S. Gregorio chiami «Vandali» i Goti che s'impossessarono di Nola nel 410, o che i prigionieri siano stati trasferiti in Africa o in Ispagna, son cose di poco o nessuno rilievo.

11 S. Fedele da Sigmaringa. - Angelo DE ROSSI DA VOLTAGGIO, Vita, pag. 150 e seg.

12 TURANO, Vita, lib. 2, cap. 15. Venezia, 1709, pag. 161.

13 «La sua carità sola, e l'amore che ci porta, è più grande, e più leale e più fino di quanta carità hanno mai avuto ed avranno tutti i Santi insieme, ed i più alti serafini e più infiammati nell'amore di Dio. O che buona ventura nostra è il vederci tanto amati con un amore sì grande ed incinvibile, da una sì gran Signora, e dalla medesima Madre di Dio, con tale estremo, che tutto quanto l'amore che han mai portato e porteranno mai le più tenere madri del mondo ai lor figliuoli più cari ed amati, è un'ombra e un niente rispetto a quello ch'ella porta a noi.» Gio. Eusebio NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 14. Opere, II, Venezia, 1715, pag. 264. – Ed. Veneta, 1678, p. 125. - Ed. latina, Sancti Galli, 1681, p. 139.

14 In una noticina autografa, aggiunta all'edizione Bassanese, S. Alfonso avverte il tipografo: «E dove trovate inoltre, dividete e fate in oltre.»

15 Io. XIX, 26.

16 Vedi sopra, pag. 38, nota 10. - «Unde secure dici potest et credi quod sicut dicitur de Patre (Io. III): Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret pro mundo, etc.; sic et dici potest: Sic Maria dilexit mundum, id est peccatores, ut Filium suum unigenitum daret, etc. pro salute mundi.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. IV, cap. 18. Inter Opera S. Alberti Magni, XX, pag. 131.

17 «Fu sì grande l'amore che Maria portò al mondo, che gli diede il suo Unigenito Figliuolo. (Diedecelo quando il partorì... quando il circoncise... quando lo presentò nel Tempio... quando gli guardò la vita acciocché Erode non l'uccidesse..., quando con sua licenza uscì dalla sua casa per andare a predicare;) diedecelo quando non ricusò che uscisse dal Cenacolo nell'orto; diedecelo, quando preso, accusato, maltrattato, affrontato, flagellato e coronato di spine, non disse per lui neppure una parola; diedecelo mille volte al piè della Croce.» NIEREMBERG, l. c. nella nota 13, p. 365.

18 Di S. Anselmo non sappiamo altro che il testo come viene riportato da S. Antonino: «Stabat verecunda, modesta, lacrimis plena, doloribus immersa. Anselmus: «O Domina, quos fontes lacrimarum dicam erupisse de pudicissimis oculis tuis, quum attenderes unicum tuum innocentem coram te flagellari, ligari, mactari, et carnem de carne tua crudeliter dissecari! Et tamen ita divinae voluntati conformis fuisti, ut dicere audeam, quod si nullus fuisset repertus qui filium crucifigeret, ad hoc ut sequeretur salus Dei secundum rationem, si oportuisset, ipsa posuisses in crucem.» Neque enim credendum est minoris fuisse perfectionis et obedientiae ad Deum, quam Abraham, qui proprium filium obtulit Deo in sacrificium propriis manibus occidendum et comburendum. Stabat ergo fixa in Dei voluntate.» - S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 41, § 1, Quantum ad tertium. Veronae, 1740, col. 1227.

19 «Et dicit singulariter (Hugo): quia nulla postea creatura ita per amorem exardescet, quae amantissimum filium suum, et unicum, quem Mulier plus seipsa amavit, nobis dedit, et pto nobis obtulit.» Opera S. Bonaventurae, III, Sermo I de B. V. Maria, ed. Rom. ecc., pag. 364, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

20 Venit enim Filius hominis quaerere et salvum facere quod perierat. Luc. XIX, 10.

21 Questa rivelazione fu fatta a S. Elisabetta detta d'Ungheria, terziaria francescana. Cf. Montalembert, Histoire de S. Elisabeth de Hongrie, Appendice, V: Révélation faite par la sainte Vierge à sainte Elisabeth, tirée des MS. des Bollandistes à Bruxelles, pag. 160. - Cf. Meditationes vitae Christi, cap. 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen. VI, 336: Quinto petebam. (Vedi Appendice, 2) - Domandava cioè la santissima fanciulla Maria di veder quel tempo in cui s'adempirebbe l'oracolo d'Isaia: Ecce virgo concipiet, e di esser essa stessa la vergine serva di quella Vergine preeletta.

22 «Cura sibi est de omnibus. Longe enim positos illuminat radiis misericordiae suae; sibi propinquos per specialem devotionem, consolationis suavitate; secum insistentes in patria, excellentia gloriae. Et sic non est qui se abscondat a calore eius, id est a caritate et dilectione ipsius.» RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-852.

23 S. ANTONINUS, Sum. Theol., IV, tit. 15, cap. 2. Veronae, 1740, col. 917.



24 S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, n. 8. ML 183-429.

25 Al nome di Cornelio a Lapide, crediamo doversi sostituire quello del Salazar, il quale così parla: «Cum nos saepius ignoremus quid nostra potissimum ad salutem intersit, ex quo fit ut saepius nociva petamus; in summis Dei beneficiis numerare debemus, tantam Dominam nostras in singulis rebus praeire orationes et vota, postulantem illa quae magis nobis proficua esse cognovit. Accommodate ad haec Anselmus: «Nescit, inquit, homo, quid orat, aut quomodo oret. Tu pro nobis ora, Mater Dei, quae quid et quomodo nobis petendum sit nosti.» Optimum sane consilium, cum non satis noverimus quid magis e re nostra sit, Mariae preces nostras votaque committere. Agemus autem cum Deo ad hunc modum: «Domine sancte, id solum a te ego supplex peto, quod Maria mihi abs te precatur.» Ferdinandus Quirinus de SALAZAR, S. I., in Proverbia, VIII, 18, n. 186. Parisiis, 1619, col. 614.

26 «Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.» Ven. BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), Mariale seu sermones de B. V. M. ac de eius excellentiis, pars 2, sermo 5: de Nativitate Mariae, pars (huius sermonis) 7, de sponsae caelestis dote ac dotatione. Brixiae, 1588, pag. 185. Opera, III.

27 «Concupiscentia enim illius, sicut dicitur de sapientia (Sap. VI, 21) deducit ad regnum perpetuum. Praeoccupat etiam eos qui se concupiscunt, ut illis se priorem (prior) ostendat, sicut ibidem (Sap. VI, 14) dicitur.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 15. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 55 (erronee signata 65), col. 2.

28 «Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat.» RICHARDUS A S. VICTORE, In Cantica (IV, 5), cap. 23. ML 196-475.

29 Clara est, et quae numquam marcescit sapientia, et facile videturab his qui diligunt eam, et invenitur ab his qui quaerunt illam. Sap. VI, 13.

30 Qui continens est iustitiae, apprehendet illam, et obviabit illi quasi mater honorificata. Eccli. XV, 1, 2. - «Apprehendet toto conamine... dicens: Inveni quam diligit anima mea, tenui eam nec dimittam (Cant. III, 4). Illam, id est, Mariam, ut ei serviat, eam collaudet, et operetur ad honorem ipsius... Et obviabit, scilicet... Maria... Obviabit, inquam, per... familiaritatem Mariae, illi remunerando et hic et in morte. Quasi mater honorificata; quod est dicere: sicut mater honorificata a filiis suis, blande suscipit illos.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 6, n. 14. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 83, col. 1, 2; Parisiis, Vives, tom. XXXVI. - Il più delle volte, S. Alfonso attribuisce quest'opera al suo vero autore, Riccardo da S. Lorenzo penitenziere di Rouen (1245); qualche volta però, come poco sopra nella nota 27, e, per quanto crediamo, in questa nota 30, si attiene all'antica denominazione, e la cita sotto il nome di S. Alberto Magno.

31 «Agnoscit certe, et diligit diligentes se.» In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, n. 1. Inter Opera S. Bernardi. ML 184-1061. D'incerto autore: probabilmente d'un pio Cisterciense, posteriore di poco a S. Bernardo.

32 «Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum, ipsaque diligit diligentes se; imo servit sibi servientibus.» RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-851.

33 «In conventu Montispessulani fuit Frater Leo Dacus (altri hanno: Leodato), qui cum a quodam fratre sibi caro visitaretur, nam infirmus graviter erat, ait: Hac nocte vidi gratissimam visionem, ex qua multam consolacionem recepi: vidi enim gloriosam Virginem venientem ad me et dicentem: Vis venire nobiscum? Cui cum dicerem: Quae estis vos, Domina? Respondit: Ego sum Mater Dei. Cui dixi: Non credo, Domina, quod vos sitis Mater Dei: nam sum peccator vilissimus, nec decet quod tanta Domina veniat ad tantillum. Qua asserente: Ego sum Mater Dei, meam indignitatem respiciens, eadem iteravi. Ipsa itaque dicente: Non dubites, fili, nam ego sum Mater Christi, respondi: Domina, si vos Mater Dei, ego volo ire vobiscum. Eodem die dictus Frater circa vesperas obiit.» Gerardus DE FRACHETO, O. P., Vitae Fratrum Ord. Praedicatorum, ed. J. J. Berthier, Monumenta Ord. Praed. historica, tom. I, Lovanii 1896, pag. 55, § XIX. - Vedi anche Annalium sacri Ordin. Praed. Centuria prima (an. 1238), auctore P. Thoma MALVENDA, Neapoli, 1627, pag. 607, 608.

34 «Diceva egli: «Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione, ed impetrerò da Dio ciò che voglio, e sarò onnipotente;» né altro si trova più spesso ne' suoi scritti, che propositi fatti di amare, servire, ed esser divoto della Beatissima Vergine.» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176. - «Spesso rinnovava questo proponimento: «Io voglio amare Maria.» Ivi, pag. 177.

35 «Humilibus quidem est devota, et devotis devotius humiliatur.» S. Ignatii Martyris Epistola (suppositia) ad S. Ioannem Apostolum, ML 5-943. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, Bologna, 1681, parte 1, cap. 1, pag. 2: «Maria humilibus est devota, et cum devotis devotior, id est, cum amantibus amantior,» disse S. Ignazio martire».

36 BARTOLI, Vita (Opere, XX, Torino, 1825), lib. 1, cap. 11; - Vita, in latinum conversa a I. Iuvencio, Romae, 1855, lib. 1, cap. 11. - SACCHINI, Historia Soc. Iesu, pars 3, lib. 6, num. 74. - Il Padre, che prese il santo giovane per compagno, era il P. Emmanuele Sa (de Sa); e l'immagine visitata, quella di S. Maria Maggiore, da lui salutata ogni mattina, subito levatosi, dalla Casa di Noviziato di S. Andrea del Quirinale. - Della Salve Regina non si fa special menzione.

37 Il B. Ermanno, detto poi anche Giuseppe, dell'Ordine dei Premonstratesi, visse e morì (tra il 1230 e il 1241) nel monastero di Steinfeld, nella diocesi di Colonia. La Vita fu scritta da un contemporaneo. - Una notte, nel coro della chiesa, gli apparve la Madonna con due angeli; e, non ostante la resistenza della sua umiltà, e l'ammirazione per un fatto così insolito, uno degli Angeli «manum eius dexteram apprehendit et manui sacratissimae Virginis copulavit, et sub his verbis desponsationem pervecit: «Ecce, inquit, hanc Virginem tibi trado, sicut fuit desponsata Ioseph; ut nomen sponsi pariter cum sponsa accipias; et de cetero Ioseph erit nomen tuum;» nome che alcuni confratelli aveano cominciato a dargli, per la sua esimia innocenza, con sommo suo dispiacere. - Qualche tempo dopo, come il Beato stesso narrò all'autore della Vita, gli venne confermato questo nome da Maria SS.. Apparsagli col divin Pargoletto sulle braccia, il Beato, colla solita semplicità e fiducia, le disse: «Carissima, da mihi Filium tuum,» ed ella dopo qualche indugio, glielo porse, dicendo: «Porta Filium meum, sicut ab sponso meo Ioseph portatus est in Aegyptum; ut sicut idem onus, ita etiam similem honorem eiusdem nominis habeas.» Vita, tractatus 1, cap. 4, n. 22, 23: inter Acta SS. Bollandiana, die 7 apriliis.

38 «Fu Filippo talmente divoto (della gloriosa Vergine), che l'avea del continuo in bocca, chiamandola il suo amore, dicendo ch'era la sua consolazione, e predicandola per dispensiera di tutte le grazie... A guisa d'un bambino, solea nominarla con quelle parole che usano i fanciulli di Mamma mia.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 2, n. 1. - Acta SS. Bollandiana, die 26 mensis maii, Vita altera, auctore BARNABEO, cap. 13, n. 160.

39 Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen. VII, 227 (in fine): Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. - Vedi Appendice, 2.

40 «O Domina, quae rapis corda... nonne cor meum, Domina, rapuisti?... O rapitrix cordium, quando mihi restitues cor meum?... Cum illud postulo, mihi arrides: et statim tua dulcedine consopitus quiesco.» Inter Opera S. Bernardi, Meditatio in Salve Regina, n. 2. ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

41 Alla cugina Tobia, piissima vedova, la quale gli faceva da madre, diceva talvolta: «Philocaptus sum: morerer ea die qua meam amasiam facie ad faciem aspicere non valerem.» O pure: «Volo ire ad visitandum amasiam, quae pulcherrima est, nobilissima super omnes puellas nostrae civitatis.» Ora parlava così di Maria SS., la cui immagine, dipinta al di sopra di una porta della città, egli visitava ogni giorno, mattina e sera, essendo solito dire alla stessa Tobia: «Dormire nequirem in nocte cuius die praecedenti effigiem non vidissem amasiae meae dulcissimae.» La pia cugina, o piuttosto madre, temendo, suo malgrado, di qualche amore per lo meno pericoloso, lo sorvegliò, lo fece sorvegliare, e per maggior sicurezza, lo fece anche confessare al suo Bernardino, promettendogli di fargli sposare la sua diletta, qualora fosse un partito conveniente: «Philocaptus sum, rispose egli, de beata Virgine Dei Genitrice Maria... Statui in mente mea, eius amore, suam imaginem quotidie visitare: et talis est amasia mea.» S. IOANNES A CAPISTRANO, Vita S. Bernardini Senensis. Opera S. Bernardini, I, pag. XXXV-XXXVI.

42 «Aveva già Luigi nove anni compiti, quando fu lasciato dal padre in Firenze, e vi stette più di due anni... Nel bel principio che giunse in Firenze, fece Luigi gran progresso nella vita spirituale, e perciò soleva celebrare Firenze come madre della sua divozione; ed in particolare prese tanto affetto alla Beatissima Vergine nostra Signora, che quando di lei ragionava o pensava ai suoi santissimi misteri, pareva si struggesse tutto per tenerezza spirituale.» (E fu allora che, per desiderio di far qualche cosa grata alla Madonna, fece, nella chiesa dell'Annunziata, il voto di perpetua verginità.) CEPARI, Vita, parte 1, cap. 3.

43 «Cum in conventu civitatis Truxilli moraretur, ecclesiam oraturus adibat, et aliquando patri Hieronymo... a Turre sibi occurrenti dixit: «Vado ad musicos modulandos accentus coram pulcherrima Virgine, quae me exspectat.» Ille autem... in angulo latitare solitus, saepe ipsum coram altari et sacra Virginis Mariae imagine positum vidit, ac lyrae suae chordulas pulsantem, tanta suavitate repletum et gaudio, ut in saltus miros et commotiones prorumperet, ac tandem genibus flexis quietum, et in oratione perseverantem observaverit.» TIBURTINUS NAVARRUS, Vita, cap. 10, n. 119-122: inter Acta SS. Bollandiana, die 24 iulii, num. 120.

44 Giovanni de Trexo, non Girolamo. - NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 10. Opere, II, Venezia, 1715, p. 353. - La chiesa era un romitorio appartato, consacrato a Maria Santissima.

45 NIEREMBERG, op. cit., p. 354. - Sappiamo dal Patrignani, Menologio, 2 aprile, che il P. Diego Martinez fu un grande missionario del Perù: morì a Lima, nel 1626, in età di 84 anni.

46 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 13.

47 S. Alfonso Rodriguez, S. I., BONAVENIA, S. I., Vita, 1888, lib. 2, cap. 15, p. 167. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. ultimo (27), § 4. Vedi sopra, Introduzione, nota 20 pag. 20.

48 Francesco Binans, dell'Ord. dei Minimi. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15. Bologna, 1681, p. 218.

49 Ven. HILDEBERTUS, Cenomanensis episcopus, Vita S. Radegundis reginae, cap. 4, n. 27, ML 171-977; e più distintamente ancora, il celebre poeta, più tardi vescovo di Poitiers, Venantius Honorius Clementianus FORTUNATUS, il quale conobbe assai bene la santa regina, più volte ne esaltò le virtù nei suoi versi, forse per compiacerla nella sua divozione alla Santa Croce scrisse gli inni Pange, lingua, gloriosi Vexilla Regis prodeunt, e finalmente ne compose la Vita. Ivi, n. 26, ML 88-598 e ML 72-660, si legge: «Inde vice sub altera, iussit fieri laminam in signo Christi aurichalcam, quam accensam in cellula locis duobus corporis altius sibi impressit, tota carne decocta.» Quel che aveva fatto scolpire nel metallo, veniva impresso profondamente, «altius», nella carne. Nel testo d'Ildeberto, apparisce soltanto la penitenza; in quello di Fortunato, più consapevole dei pensieri della Santa, si manifesta anche la divozione. In signo Christi: o il monogramma di Cristo, o la croce, a cui era tanto divota, forse, come altri crede, con qualche istrumento della Passione. - Del nome di Maria non si fa cenno, né si sa da che abbiano preso argomento il Marracci (Heroides Marianae, cap. 15, § 1: Migne, Summa Aurea 11-803) ed altri di asserire che la santa regina si sia scolpito nel petto i SS. nomi di Gesù e di Maria. - Che peraltro fosse divotissima di Maria, non si può dubitare. La chiesa del suo monastero, la quale venne dedicata alla Santa Croce dopo che Radegonda ebbe ottenuta dall'imperatore Giustino una insigne reliquia della Vera Croce, chiamavasi prima «di Santa Maria» (Guérin, Les Petits Bollandistes, 13 août, IX, 501). I suoi sentimenti Mariani si possono in qualche modo conoscere in quelli di Fortunato, a cui si attribuiscono gli inni Quem terra, pontus, sidera, O Gloriosa Domina, Ave, maris stella, oltre una lunga poesia sulla Madonna (ML 88-265, 266; 276 et seq.). Il suo poema de virginitate (ML 88-226 et seq.), dedicato a quella stessa Agnese che Radegonda si era scelta come Badessa, ed ove loda Radegonda, comincia così: «In nomine Domini nostri Iesu Christi, et dominae meae Mariae, matris eius. De virginitate.»

50 Gio. Battista Archinto, Milanese, entrò ventenne nella Compagnia di Gesù; morì nel 1574, dopo quattro anni di vita religiosa. S'impresse sul petto, «con una lamina intagliata di ferro infocato», i santissimi nomi di Gesù e di Maria, essendo ancora secolare. Cf. PATRIGNANI, Menologio, 7 settembre; AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15, pag. 223. - Del P. Agostino de Espinosa (+ 1648), che «ebbe tre altri fratelli nella Compagnia, uno dei quali fu martire», scrive il PATRIGNANI (Menologio, 4 febbraio), n. 3: «Si stampò con ferro infocato sul petto il nome di Gesù, con altri segni nel corpo della sua servitù a Gesù e a Maria.»

51 «Scio, Domina, quia benignissima es, et amas nos amore invincibili.» Inter Opera S. Petri Damiani, NICOLAUS monachus, notarius S. Bernardi, Sermo II, in Nativitate B. V. Mariae, ML 144-740.

52 «Adeo Virgini addictus (erat), ut olim vixdum per aetatem rationis compos sic illam compelleret: «Ah! si me tantum, quantum ego te, Virgo, diligeres, quam felix viverem!» Cui illa: «Falleris, Alphonse; plus te amo quam ipse me ames.» Annis vero maturum... incredibile est quibus indiciis peculiaris benevolentiae affecerit. Alias enim: «Alphonse, inquit, de meo erga te amore non est quod ambigas, cum abs te tantopere diligar, et sit amoris praemium redamari.» Alias: «Quantum te diligo, Alphonse, fili mi! quantum te diligo!» Nonnumquam: «Proh! quali caritatis ardore, Alphonse; fili, te requiro!» IANINUS, Vita, lib. 2, cap. 12, n. 92, pag. 635: Acta SS. Bollandiana, die 30 octobris.

53 «Beati quorum corda te diligunt, Virgo Maria (Ps. 31, v. 1) - Beati qui devote ei famulantur (Ps. 118, v. 4).» Psalterium B. V. M. (d'ignoto autore), inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, pag. 481, 488.

54 «Numquam in hoc eximio certamine a nobis ipsa vincetur; eternim et amorem redhibet, et praeterita beneficia novis semper adauget.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, in Ps. 86, excitatio 2, n. 1. Editio 4, Venetiis, 1720, pag. 7.

55 «Vestro continuo amore langueat cor meum, liquefiant omnia ossa mea... Date itaque, piissimi, date obsecro supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quanto digni estis, amorem vestrum... Amator et miserator hominum, tu posuisti (potuisti) reos tuos et usque ad mortem amare et poteris te roganti amorem tui et Matris tuae negare?» S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-958, 959.

56 Questo fatto, riferito dall'AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8 (Bologna, 1681, pag. 153), vien preso dal Magnum Speculum exemplorum, dist. 9, exemplum 118, ove comincia così: «Legitur in libro Exemplorum B. Virginis...» Si legge pure nell'opera di D. Ingazio Brentano Cimarolo, O. S. B., Miranda Mariana, tractatus 3, fasciculus 1, exemplum 43: apud Migne, Summa aurea, tom. 12, pag. 974. - Non si tratta, come si è creduto, di quel che succedette alla morte di S. Germana Cousin, la quale avvenne nel 1601. Infatti di questa santa poco o nulla si fece caso fino all'anno 1644, in cui piacque a Dio di rendere la sua tomba gloriosa. Non poté dunque conoscerla l'autore del Magnum Speculum, morto verso il 1480, e meno ancora, l'autore del Liber exemplorum B. Virginis. Né giova dire che questo racconto sia stato aggiunto da qualche continuatore: la copia che abbiamo è del 1618, tempo in cui la pastorella di Pibrac era morta sì, ma affatto sconosciuta. - Vi è qualche particolare comune ai due racconti: ma forse non può il Signore compiere due volte la stessa maraviglia? Ne abbiamo un commovente esempio nella vita di S. Germana: quel grazioso miracolo delle limosine cambiate in rose, fatto a favore della Lantgravia di Turingia, Santa Elisabetta, il Signore lo rinnova a favore della contadinella, cambiando, nella rigida stagione, in freschissimi fiori sconosciuti a Pibrac, i tozzi di pane tolti dal suo parco mangiare per i poveri. E Dio volle che i due contadini, accorsi in suo aiuto per difenderla dalla collera della matrigna, vivessero abbastanza per render testimonianza giurata del fatto, nei primi atti del processo per la beatificazione. - S. Germana fu assistita soprannaturalmente nella sua agonia, ma in che modo precisamente, non lo sappiamo, essendo stata ella trovata morta la mattina, nel sottoscala dove prima era stata costretta dalla matrigna, e dove poi essa stessa aveva domandato al padre di dormire. - Quel che è comune ai due racconti, è l'intervento di due religiosi. In quello che concerne S. Germana, dice il BOERO, S. I. Vita, Roma, 1854, pag. 22: «Un'altra visione è deposta nei seguenti termini nei processi: «La stessa notte della morte della Venerabile Germana Cousin, due religiosi si ripararono tra le rovine del vecchio castello degli antichi signori di Pibrac, che è situato sulla strada che conduceva all'abitazione dei genitori della Venerabile Serva di Dio. Nel cuor della notte, videro passare due verginelle vestite di bianco, che si avviavano verso la detta abitazione, e dopo alcuni istanti le videro ritornare conducendosi in mezzo un'altra vergine egualmente vestita di bianco e avente in capo una corona di fiori. Fatta appena l'alba del dì seguente, entrarono nel villaggio, dimandarono se fosse morto qualcheduno, e fu loro risposto di no, ignorandosi ancora che il Signore aveva chiamato a sé la Venerabile Germana Cousin... Da altri ancora fu veduta la B. Germana girsene al cielo, accompagnata da un coro di dodici vergini, che le facean corona.» Immediatamente prima (p. 22) aveva scritto il Boero: «Un sacerdote di Guascogna, che recavasi a Tolosa, in passando quella notte vicino al villaggio di Pibrac, fu rapito in ispirito, e vide una luminosa processione di santi, che discendeva dall'alto verso Pibrac, e indi a poco risaliva in cielo conducendo seco un'anima beata di più... All'indomani, tornando da Tolosa a Pibrac, dimandò ai paesani chi fosse morto nella notte precedente in quella parrocchia, da cui ebbe in risposta, che la pastorella Germana Cousin.» Cf. Louis VEUILLOT, Vie, 1854, pag. 129; Mgr. Paul GUERIN, Les Petits Bollandistes, 15 juin.

57 «O Domina, quae corda rapis dulcedine!» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugd., VII, 232. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.



58 «Io trovo fra i suoi scritti questo ricordo: «Numquam quiescam, donec obtineam amorem tenerum erga dulcissimam meam Matrem Mariam.» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 181.

59 ARISTOTILE non ha questa sentenza nei termini riferiti, ma l'esprime così: «In communitate quadam omnis amicitia cernitur (Ethicorum Nicomach. VIII, n. 7);» e più distintamente per partes, cioè: a) Amor similes invenit: «Deus similem semper ad similem adducit (Ethicorum ad Eudemum VII, dopo l'inizio). Aequalis aequalem delectat» (ibid., n. 2). b) Amor similes facit: «Communia amicorum omnia (ibid). Aequales inter se esse socii cupiunt (Magnorum Moralium II, n. 11, verso la fine).»


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AVE MARIA PURISIMA!

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