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giovedì 11 novembre 2021

Ad te clamamus, exsules filii Hevae. --- Quanto è pronta Maria ad aiutar chi l'invoca.

 

CAPITOLO IV. - Ad te clamamus, exsules filii Hevae.

§ 1. - Quanto è pronta Maria ad aiutar chi l'invoca.

Poveri noi, ch'essendo figli dell'infelice Eva, e perciò rei con Dio della stessa sua colpa ed alla medesima pena condannati, andiamo raminghi per questa valle di lagrime, esuli dalla nostra patria, piangendo afflitti da tanti dolori nel corpo e nello spirito! Ma beato chi tra queste miserie spesso si volge alla consolatrice del mondo, al rifugio de' miseri, alla gran Madre di Dio, e divoto la chiama e la prega! Beatus homo qui audit me et [qui] vigilat ad fores meas quotidie (Prov. VIII, 34). Beato, dice Maria, chi ascolta i miei consigli, e non lascia di assistere continuamente d'accanto alle porte della mia misericordia, invocando la mia intercessione e soccorso!

La S. Chiesa ben ella insegna a noi suoi figli con quant'attenzione e confidenza dobbiamo fare continuo ricorso a questa nostr'amorosa protettrice, ordinando che 'l suo culto sia particolare per lei: che fra l'anno si celebrino tante feste in suo onore: che un giorno della settimana sia specialmente consagrato ad ossequio di Maria: che in ogni giorno nell'Officio divino tutti gli ecclesiastici e religiosi l'invochino da parte di


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tutto il popolo cristiano, e che tre volte il dì tutti i fedeli a tocco di campana la salutino. Basterebbe a ciò intendere il veder solamente che in tutte le pubbliche calamità la S. Chiesa sempre vuole che si ricorra alla divina Madre con novene, con orazioni, con processioni e visite alle sue chiese ed immagini. Ciò va cercando Maria da noi, d'esser sempre invocata e richiesta, non già per mendicare da noi questi ossequi ed onori, che sono già troppo scarsi al suo merito, ma acciocché così, al crescer della nostra confidenza e divozione, possa maggiormente soccorrerci e consolarci: Ipsa tales quaerit, dice S. Bonaventura, qui ad eam devote et reverenter accedant; hos enim diligit, hos nutrit, hos in filios suscipit (P. 3, Stim. Div. Am., c. 16).1

Dice lo stesso S. Bonaventura (In Spec.) che di Maria fu figura la donna Ruth, che s'interpreta videns et festinans, poiché Maria vedendo le nostre miserie si affretta a soccorrerci colla sua misericordia: Videns enim nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.2 Al che soggiunge il Novarino che Maria, per desiderio di farci bene, non sa frapporre dimora; e non essendo ella avara custode delle sue grazie, come madre di misericordia non può trattenersi in diffondere subito che può ne' suoi servi i tesori della sua liberalità: Nescit nectere moras benefaciendi cupida, nec gratiarum avara custos est; tarda nescit molimina misericordiae mater, beneficentiae suae thesauros in suos effusura (Nov., Umbr. Virg., cap. 10, Exc. 73).3

Oh com'è pronta questa buona Madre ad aiutare chi l'invoca! Duo ubera tua, sicut duo hinnuli capreae (Cant. IV, 5). Spiegando questo passo Riccardo di S. Lorenzo dice che le mammelle di Maria son veloci a dar latte di misericordia a chi la dimanda, come son veloci i capretti: Compressione levissima angelicae salutationis larga stillabunt stillicidia.4 Ci assicura


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il mentovato autore che la pietà di Maria si diffonde ad ognuno che la dimanda, ancorché non v'interponesse altra preghiera che una semplice Ave Maria. Perciò il Novarino attesta che la B. Vergine non solamente corre, ma vola a soccorrere chi l'invoca. Ella, dice l'autore, nell'usar misericordia non sa dissomigliarsi dall'uso di Dio: conforme il Signore vola subito a sollevare quei che gli dimandano aiuto, essendo troppo fedele in osservarci la promessa che ci ha fatta: Petite et accipietis; così Maria, quando è invocata, subito si fa pronta ad aiutar chi la prega: Alis utitur Deus, ut suis opituletur, statim advolat: alas sumit et Virgo in nostri auxilium advolatura (Nov., c. 10, Excurs. 73).5 E con ciò s'intende chi sia quella donna dell'Apocalisse, a cui dicesi essersi date due ali di aquila grande per volare al deserto: Et datae sunt mulieri alae duae aquilae magnae ut volaret in desertum (Apoc. XII, 14). Il Ribera spiega per queste ali l'amore con cui Maria volò sempre a Dio: Pennas habet aquilae, quia amore Dei volat.6 Ma il B. Amadeo dice a nostro proposito che queste ali


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d'aquila significano la velocità con cui Maria, superando la velocità de' Serafini, soccorre sempre i suoi figli: Motu celerrimo Seraphim alas excedens, ubique suis ut mater occurrit (Hom. 8, de laud. Virg.).7

Perciò si legge nell'Evangelio di S. Luca che quando Maria andò a visitare S. Elisabetta ed a colmare di grazie tutta quella famiglia, ella non fu lenta, ma camminò con fretta per tutto quel viaggio: Exsurgens Maria abiit in montana cum festinatione (Luc. 2).8 Il che poi non si legge del ritorno che di là fece. Perciò anche dicesi ne' Sagri Cantici che le mani di Maria sono fatte al torno: Manus illius tornatiles (Cant. V, 14). Poiché, dice Riccardo di S. Lorenzo, siccome l'arte di lavorare al torno è la più facile e pronta, così Maria è più pronta di tutti gli altri santi ad aiutare i suoi divoti: Sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior est aliis sanctis (De laud. Virg., lib. 5).9 Ella ha sommo desiderio di consolar tutti, ed allorché appena si sente invocare, subito cortese accetta le preghiere e soccorre:


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Omnes consolatur, et tenuiter invocata praesto adest (Blosius, in Can. vit. spir., c. 18).10 Con ragione dunque S. Bonaventura chiamava Maria la salute di chi l'invoca: O salus te invocantium;11 significando che per esser salvo basta invocar questa divina Madre, la quale, al dir di Riccardo di S. Lorenzo, si fa trovar sempre pronta ad aiutar chi la prega: Invenies semper paratam auxiliari.12 Poiché dice Bernardino da Busto: Plus vult illa facere tibi bonum, quam tu accipere concupiscas (Mar. 1, serm. 5, de Nom. Mar.):13 Più desidera la gran Signora fare a noi grazie, che noi non desideriamo di riceverle.

Né la moltitudine de' nostri peccati dee diminuirci la confidenza di esser esauditi da Maria, quando noi ricorriamo a' suoi piedi. Ella è madre della misericordia, e la misericordia non trova luogo, se non trova miseri da sollevare. Onde conforme una buona madre non sa sdegnare di dar rimedio ad un figlio infetto di scabbia, benché la cura sia molesta e nauseosa, così la nostra buona Madre non sa abbandonarci, quando a lei ricorriamo, benché sia grande la puzza de' nostri peccati, da' quali ella ha da sanarci. Il sentimento è di Riccardo di S. Lorenzo: Non enim Mater haec dedignatur peccatorem, sicut nec bona mater filium scabiosum. Quia propter hoc factam se recolit misericordiae genitricem. Ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum (De laud. Virg., lib. 4).14

E ciò appunto volle significare Maria, allorché si fe' vedere a S. Geltrude, che spandeva il suo manto per accogliere tutti


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coloro che a lei ricorreano. Ed intese insieme allora la santa che tutti gli angeli attendono a difendere i divoti di Maria dalle infestazioni dell'inferno (Rev., lib. 4, cap. 49).15

È tanta la pietà che ha di noi questa buona Madre, e tanto è l'amore che ci porta, che non aspetta le nostre preghiere per soccorrerci: Praeoccupat, qui se concupiscunt, ut illis se prius ostendat (Sap. VI). Queste parole della Sapienza S. Anselmo l'applica a Maria, e dice ch'ella precorre ad aiutare coloro che desiderano la sua protezione.16 Col che dobbiamo intendere ch'ella c'impetra molte grazie da Dio prima che noi ne la preghiamo. Che perciò, dice Riccardo di S. Vittore


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(In Cant., cap. 23), Maria vien chiamata luna, pulchra ut luna, perché non solo ella come la luna è veloce a correre in aiuto di chi l'invoca, velocitate praestat;17 ma di più è così amante del nostro bene, che ne' nostri bisogni anticipa le nostre suppliche, ed è più pronta la sua misericordia a sovvenirci, che noi ci moviamo ad invocarla: Velocius occurrit eius pietas, quam invocetur, et causas miserorum anticipat (Loc. cit.).18 E ciò nasce, soggiunge lo stesso Riccardo, dall'essere così ripieno di pietà il petto di Maria, che appena ella sa le nostre miserie, che subito diffonde il latte della sua misericordia, né può la benigna Regina intendere il bisogno di qualche anima e non soccorrerla: Adeo replentur ubera tua misericordia, ut alterius miseriae notitia tacta, lac fundant misericordiae. Nec possis miserias scire et non subvenire (Ricc., in Cant., cap. 23).19

E questa gran pietà che ha Maria delle nostre miserie, che la spinge a compatirci e sollevarci ancora quando noi non ne la preghiamo, ben ella ce la fece intendere sin dacché viveva in questa terra, nel fatto delle nozze di Cana, come sta scritto nel Vangelo di S. Luca20 al cap. 2. Vide allora questa Madre pietosa il rammarico di quei sposi che stavano afflitti per lo rossore di vedere mancato il vino nella mensa del convito, e senza punto esserne stata richiesta, mossa solamente dal suo cuore pietoso, che non sa mirare le altrui afflizioni e non compatirle, si fece a pregare il Figlio di consolarli, con esporgli solamente il bisogno di quella famiglia: Vinum non habent. Dopo di che il Figlio, per consolar quella gente e più per contentare il cuore compassionevole della Madre che lo desiderava, fece il miracolo già noto di trasmutare in vino l'acqua riposta in certi vasi. Or qui argomenta il Novarino e dice: Si tam prompta ad auxilium currit non quaesita, quid quaesita


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praestitura est? (Cap. 10, Exc. 72):21 Se Maria anche non richiesta è così pronta a soccorrere ne' bisogni, quanto sarà più pronta a consolare chi l'invoca e la prega del suo aiuto?

E se mai alcun dubitasse di non essere soccorso da Maria a lei ricorrendo, così lo riprende Innocenzo III: Quis invocavit eam et non est auditus ab ipsa? (Serm. 2, de Ass. B.V.):22 E chi mai si è trovato ch'abbia cercato aiuto a questa dolce Signora, e Maria non l'abbia aiutato? Quis umquam, o Beata, esclama ancora il B. Eutichiano (In vita S. Theoph.), fideliter omnipotentem tuam rogavit opem, et fuit derelictus? Revera nullus umquam:23 Chi mai, o santa Vergine, è ricorso al vostro gran patrocinio, che può sollevare ogni miserabile e salvare i peccatori più perduti, e da voi è restato abbandonato? Revera nullus umquam. No che questo caso non è mai accaduto né mai accaderà. Io mi contento, diceva S. Bernardo, che non parli più né lodi la vostra misericordia, o Vergine santa, chi mai si trovasse avervi invocata ne' suoi bisogni e si ricordasse d'essere stato da voi non curato: Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, qui in necessitatibus te invocatam meminerit defuisse (S. Bern., Serm. 4, de Ass.).24

Più presto, dice il divoto Blosio, avverrà che si distruggano il cielo e la terra, che Maria manchi di soccorrere chi con buona intenzione la supplica del suo soccorso, e in lei confida: Citius caelum cum terra perierint, quam Maria aliquem serio se implorantem sua ope destituat (In Spec., cap. 12).25 E aggiunge


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S. Anselmo, per accrescere la nostra confidenza, che allorché ricorriamo a questa divina Madre, non solo dobbiamo star sicuri della sua protezione, ma che alle volte saremo più presto esauditi e salvati col ricorrere a Maria invocando il suo santo nome, che invocando il nome di Gesù nostro Salvatore: Velociter nonnumquam est nostra salus, invocato nomine Mariae, quam invocato nomine Iesu (S. Ans., de Exc. V., c. 6).26 E ne adduce la ragione: Quia ad Christum tamquam iudicem pertinet etiam punire; ad Virginem tamquam patronam, nonnisi misereri. E vuol dire che noi troviamo più presto la salute ricorrendo alla Madre che al Figlio; non già forse perché Maria sia più potente del Figlio a salvarci, mentre sappiamo che Gesù è il nostro unico Salvatore, che unicamente co' meriti suoi ci ha ottenuta e ci ottiene la salute; ma perché noi ricorrendo a Gesù, e considerandolo anche come nostro giudice, a cui spetta ancora di castigare gl'ingrati, può esser che manchiamo della confidenza necessaria per essere esauditi; ma andando a Maria, che altro officio non ha che di compatirci come madre di misericordia, e di difenderci come nostra avvocata, la nostra confidenza par che sia più sicura e più grande: Multa petuntur a Deo et non obtinentur, multa petuntur a Maria et obtinentur; non quia potentior, sed quia Deus eam decrevit sic honorare (Nicephorus, ap. P. Pepe, Grandez. ecc.):27 Molte cose si domandano a Dio, e non si ottengono: si domandano a Maria, e si ottengono. Come va ciò? Risponde Niceforo che ciò succede, non già perché Maria sia più potente di Dio, ma perché Dio ha decretato di così onorare la sua Madre.

È dolce la promessa che su di ciò il medesimo Signore fece intendere a S. Brigida. Si legge nel libro I delle sue Rivelazioni al capo 50, che un giorno questa santa intese parlar Gesù colla Madre, e che le disse: Nulla erit petitio tua in me, quae non audiatur: Madre mia, cerca da me quanto vuoi, ch'io niente mai ti negherò di quanto dimanderai; e sappi, poi soggiunse, che tutti coloro che per amor tuo mi cercheranno qualche grazia, benché siano peccatori, purchè abbian essi volontà di emendarsi, io lor prometto di esaudirli: Et per te omnes


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qui per te petunt misericordiam, cum voluntate se emendandi, gratiam habebunt.28 Lo stesso fu rivelato a S. Geltrude, allorché intese dire dallo stesso nostro Redentore a Maria, ch'egli per la sua onnipotenza le avea conceduto di usar misericordia a' peccatori che l'invocano, in qualsivoglia modo a lei fosse piaciuto: Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi propitiationem omnium peccatorum, qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi (Ap. Pepe, loc. cit.).29

Dica dunque ciascuno con gran confidenza, invocando questa Madre di misericordia, come le dicea invocandola S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum:30


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Ricordatevi, o Signora pietosissima, non essersi inteso mai dacch'è stato il mondo, che alcuno sia stato da voi abbandonato. E perciò perdonatemi, se vi dico ch'io non voglio essere questo primo disgraziato, che ricorrendo a voi abbia da restare abbandonato da voi.

Esempio.

Ben esperimentò la forza di questa orazione S. Francesco di Sales, come si narra nella sua Vita (nel Libro 1, capo 4).31 Era il santo nell'età di diciassette anni in circa, e si trovava allora in Parigi, dove stava applicato agli studi, e insieme tutto dedito alla divozione ed al santo amore di Dio, che lo teneva in dolci delizie di paradiso; quando il Signore, per maggiormente provarlo e stringerlo al suo amore, permise che il demonio gli rappresentasse che quanto faceva era tutto perduto, mentr'egli era riprovato ne' divini decreti. L'oscurità e l'aridezza in cui Dio volle lasciarlo nello stesso tempo, poiché si trovava allora insensibile a tutti i pensieri più dolci della divina bontà, fecero che la tentazione avesse avuto più forza di affliggere il cuore del santo giovinetto, tantoché per tali timori e desolazioni perdé l'appetito, il sonno, il colore e l'allegrezza, in modo che facea compassione a tutti che l'osservavano.

Mentre durava questa orribile tempesta, non sapeva il santo concepire altri pensieri né proferire altre parole che di sconfidenza, e di dolore. «Dunque - dicea, come si riferisce nella sua Vita - io sarò privo della grazia del mio Dio, che per lo passato si è dimostrato a me così amabile e così soave? O amore, o bellezza, a cui io ho consagrati tutti i miei affetti, io non goderò più le vostre consolazioni? O Vergine Madre


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di Dio, la più bella di tutte le figlie di Gerusalemme, non vi avrò dunque da vedere nel paradiso? Ah Signora, se io non ho da vedere la vostra bella faccia, non permettete almeno che v'abbia da bestemmiare e maledire nell'inferno.» Questi erano allora i teneri sentimenti di quel cuore afflitto e innamorato di Dio e della Vergine. Durò un mese la tentazione, ma finalmente il Signore si compiacque di liberarnelo per mezzo della Consolatrice del mondo Maria SS., a cui il santo avea già prima consagrata la sua verginità, e in cui dicea di aver collocate tutte le sue speranze.

Nel mentre una sera si ritirava a casa, entrò in una chiesa in cui vide una tavoletta appesa al muro; lesse e vi trovò la seguente orazione di S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum. Ivi prostrato davanti all'altare della divina Madre recitò con affetto questa orazione, le rinnovò il voto della sua verginità, promise di recitarle ogni giorno il rosario, e poi le soggiunse: «Regina mia, siatemi voi avvocata appresso del vostro Figlio a cui io non ho ardire di ricorrere. Madre mia, se io infelice nell'altro mondo non potrò amare il mio Signore, che conosco così degno d'essere amato, almeno impetratemi voi ch'io l'ami in questo mondo il più che posso. Questa è la grazia che vi dimando e da voi la spero.» Così pregò la Vergine, e poi tutto si abbandonò in braccio della divina misericordia, rassegnandosi intieramente alla volontà di Dio. Ma appena finita la preghiera, ecco in un subito dalla sua dolcissima Madre fu liberato dalla tentazione: subito ricuperò la pace interna, e con quella anche la sanità del corpo, ed indi seguitò a vivere divotissimo di Maria, le cui lodi e misericordie non cessò poi di pubblicare colle prediche e coi libri in tutta la sua vita.

Preghiera.

O Madre di Dio, o regina degli angeli, o speranza degli uomini, ascoltate chi vi chiama e a voi ricorre. Eccomi oggi prostrato a' vostri piedi, io misero schiavo dell'inferno mi dedico per vostro servo perpetuo, offerendomi a servirvi ed onorarvi quanto posso in tutta la mia vita. Vedo già che non vi onora la servitù d'uno schiavo così vile e ribaldo, come son io, avendo così offeso il vostro Figlio e mio Redentore Gesù. Ma se voi


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accetterete un indegno per vostro servo, e colla vostra intercessione mutandolo ne lo renderete degno, questa medesima vostra misericordia vi darà quell'onore che non posso rendervi io miserabile. Accettatemi dunque, e non mi rifiutate, o Madre mia. Queste pecorelle perdute venne dal cielo in terra a cercare il Verbo Eterno, e per salvare queste egli si fece vostro figlio. E voi disprezzerete una pecorella che ricorre a voi per ritrovare Gesù? La spesa è già fatta per la mia salute: il mio Salvatore ha già sparso il suo sangue, che basta a salvare infiniti mondi. Resta solo che questo sangue s'applichi anche a me. E ciò a voi sta, Vergine benedetta; a voi sta, mi dice S. Bernardo, il dispensare i meriti di questo sangue a chi vi piace.32 A voi sta, vi dice anche S. Bonaventura, il salvare chi volete: Quem ipsa vis, salvus erit.33 Dunque, regina mia, aiutatemi: regina mia, salvatemi. A voi consegno oggi tutta l'anima mia: voi pensate a salvarla. O salute di chi v'invoca, termino collo stesso santo, o salus te invocantium, salvatemi voi.34




1 Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom. et Lugd., VII, pag. 227, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

2 «Ruth interpretatur videns vel festinans: et signat beatam Virginem, quae vere videns in contemplatione, et bene festinans fuit in actione. Videns etiam nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.» CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 5, inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., etc., VI, 437, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

3 Aloysius NOVARINUS, Veronensis, Cler. Regularis, Electorum sacrorum lib. 4: Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 695. Venetiis, 1632, pag. 291, col. 1. - Sacrorum electorum tom. 2, Lugduni, 1633, pag. 199, col. 1.

4 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 24, ML 196-475: «Merito... misericordia eius cursui hinnulorum comparatur, per mundum currit, mundum irrigat et infundit. Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat... Haec autem sunt ubera tua, o Beata, id est pietas, quibus miseros lactas, dum misericordiam eis impetras.» - RICHARDUS A S. LAURENTIO, parlando delle labbra di Maria SS., dice (De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 7, n. 10): «Si iaculator esuriens ad plenam mensam divitis cantaverit, numquid ei cibus negabitur? Similiter, si quis... veniat ad mensam Matris Domini, toto corde et affectu dicens: Ave Maria, gratia etc., numquid ipsa largitas ei gratiam poterit denegare?... Ipsa enim (Maria) favus melleus est, cui dicitur Cant. IV, 11: Favus distillans labia tua. Qui si bene compressus fuerit tactu labiorum devote orantis, dulcedinem melleam facile distillabit. Ipsa vellus Gedeonis madefactum rore gratiarum, quod compressione levissima devotae salutationis et orationis, larga distillabit stillicidia super terram cordis humani.» Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, p. 31, col. 1; Parisiis, XXXVI, p. 55, col. 2.

5 «De Christo dictum est: Orietur vobis timentibus nomen meum sol iustitiae, et sanitas in pennis eius (Malach. IV, 2). Scilicet velocissimae auxilium ferens, adeo ut alas habere videatur, opem in necessitate positis et quacumque infirmitate oppressis laturus. Haec eadem ad Virginem transferri possunt: orta est nobis tamquam sol, non iustitiae sed misericordiae; et sanitas in pennis eius; ubi enim vocatur, statim advolat, ut vim auxiliatricem omnibus tribuat.» NOVARINUS, Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 692, ed. Veneta, pag. 290, col. 1, ed. Lugdun., pag. 198.

6 «Pennas ergo habet aquilae, quia non timore, sed amore Dei volat, et semper Deum intuetur, et conversatione in altum tollitur, neque persecutione deiicitur.» Franciscus RIBERA, S. I., In Apocalypsim, cap. 12, n. 35 (ed. Salmant., 1591, p. 191, col. 2; ed. Lugdun., 1593, p. 242). È da notarsi però che questo passo il Ribera lo vuole applicato unicamente alla Chiesa, non già a Maria SS., come lo ha esposto nei num. 21-23. Ma, Ioannes da SILVEYRA, Carm., In Apocalypsim XII, 1, qu. 12, n. 26. (Lugduni, II, 1700, pag. 15, col. 2) scrive: «Dico quod in hac muliere... non solum intelligitur Ecclesia, sed etiam sacratissima Virgo Maria.» E poi, qu. 75, n. 626, 627, pag. 106, col. 2, pag. 107, col. 1, spiega in che modo siano state date a Maria le due ali dell'Aquila grande; ed ivi, n. 626: «Datae sunt Virgini Mariae duae alae divinae gratiae, seu Spiritus Sancti, ut volaret in desertum, in sublimem et arduam perfectionem vitae.» - Si potrebbe addurre anche l'autorità di S. Agostino, se fossero sue le lezioni del secondo Notturno della Vigilia di Pentecoste, ove leggiamo (Lectio 5): «In Apocalypsi Ioannis Apostoli scriptum est hoc quod staret draco in conspectu mulieris, quae paritura erat, ut cum peperisset, natum eius comederet. Draconem diabolum esse, nullus vestrum ignorat: mulierem illam Virginem Mariam significasse... quae etiam ipsa figuram in se sanctae Ecclesiae demonstravit.» De symbolo ad Catechumenos sermo alius, seu lib. 4, cap. 1, n. 1, ML 40-661. Ma si sa che, di questo trattato (ML 40-627 et seq.), solo il primo libro è di S. Agostino.

7 «Motu ergo celerrimo senas seraphim alas extendens, nunc in fonte vitae fruitur amore Deitatis, nunc terras signis et virtutibus illustrans, ubique suis ut mater iucundissima et mirificentissima occurrit.» B. AMEDEUS (de Hauterive), Ord. Cist., episcopus Lausannensis (1145-1159), De Maria Virginea Matre homiliae octo, hom. 8. ML 188-1345.

8 Exsurgens autem Maria in diebus illis abiit in montana cum festinatione in civitatem Iuda. Luc. I, 39.

9 «De manibus sponsi dicit sponsa, et congrue potest intelligi de manibus Mariae, Cant. V, 14: Manus eius tornatiles... Tornatura ceteris artibus promptior est atque velocior, regulam iustitiae tenet et opus suum pulcherrime circumcidit. In eumdem modum omnia opera Christi vel Mariae circumcisa fuerunt, et licet cum quadam operandi promptitudine et celeritate fierent, numquam tamen a iustitiae regula deviarunt. Vel tornatiles dicuntur manus Mariae, quia sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior omnibus sanctis.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 5, cap. 2, n. 48, inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., XX, 175, ed. Paris., XXXVI, 307.

10 «Omnes consolatur, omnibus sinum pietatis aperit, et vel tenuiter invocata, praesto adest.» Lud. BLOSIUS, Paradisus animae fidelis, pars 1 sive Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. Opera, Antverpiae, 1632, p. 18, col. 2.

11 Psalterium B. M. V., Hymnus instar Hymni Te Deum. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, VI, pag. 492 (erroneamente segnata 480), col. 2. - Vedi Appendice, 2.

12 «Qui de luce vigilaverit ad illam, non laborabit diu, vel in vacuum. Assidentem enim illam foribus suis inveniet semper paratam auxiliari et pulsantem ut intret.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 7, inter Opera S. Alberti Magni: ed. Lugd. XX, p. 34, 35 (dell'opera, non già di tutto il volume); ed. Paris., XXXVI, 61.

13 «Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum, et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.» BERNARDINUS DE BUSTO (al. Bustis), Mariale, pars 2, De nativitate B. M. V., sermo 5, pars 7, Brixiae, 1588, pag. 185, col. 1.

14 «Non enim mater haec dedignatur peccatores, sicut nec bona mater filium scabiosum: quia propter peccatores factam se recolit misericordiae genitricem: ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 22, n. 1, inter Opera S. Alb. Magni, ed. Lugdun., XX, 138, col. 1, ed. Paris., XXXVI, 238, col. 1.

15 S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 48, editio Solesmensium O. S. B., pag. 431. - Vita della B. Vergine Gertrude (la stessa opera che il Legatus), Venezia, 1606, lib. 4, cap. 49, pag. 368, 369: «Attendendo poi (Geltrude) divotamente a quelle parole (nell'orazione della Messa in Vigilia Assumptionis B. M. V.): «ut sua nos defensione munitos, iucundos facias (suae interesse festivitati),» le pareva che la delicata Madre benignamente distendesse il suo mantello, come se quasi volesse ricevere tutti quelli che corressero a lei in difesa speciale; a cui venivano gli angeli santi, menandone con essi loro nella sembianza di belle fanciulle tutte quelle persone, che con alcuna particolare maniera di devozione o d'orazione s'erano divotamente apparecchiate a onorare quella santa festa; le quali riverentemente - siccome figliuole dinanzi alla sua madre - si posero a sedere dirimpetto a lei; e pareva che quivi d'ogni parte fossero sostenute dal servizio degli angeli, e difese dagli inganni dei maligni spiriti, con essere loro concessa abilità da potersi disporre a tutte le opere buone. Fu allora dato a conoscere a Gertruda che la protezione degli angeli era stata concessa a queste tali, mediante quelle parole della detta orazione, cioè: «Ut sua nos defensione munitos.» Perciocché, al comandare della Beatissima Vergine, degli angeli sono presti a guardare, e a difendere d'ogn'intorno tutti quelli che invocano il suo Santissimo Nome.»

16 Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat. Sap. VI, 14. - CORNELIUS A LAPIDE, in l. c.: «Cum matris, non iudicis munere fungatur... velocior aliquando ad auxilium ferendum Virgo mater, quam eius Filius... videtur, ut D. Anselmus, lib. De Excellentia Virginis, cap. VII (leggi: VI) asserit: «Velocior est, etc...». - Questo libro De excellentia Virginis, inter Opera S. Anselmi, ML 159-558 et seq., non viene più attribuito a S. Anselmo, ma al suo discepolo ed amico, Eadmero. EADMERUS, Monachus Cantuariensis, op. cit., cap. 6 (versus finem), col. 570: «Velocior... est nonnumquam salus memorato nomine eius (Mariae) quam invocato nomine Domini Iesu... Non... quod ipsa maior aut potentior eo sit... Quare ergo...? Filius eius Dominus est et iudex omnium, discernens merita singulorum: dum igitur ipse a quovis suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen matris intercedunt ut exaudiatur. Hoc denique usus humanus quotidie probat, cum quis proposito amici sui nomine... impetrat quod simpliciter sua prece nequaquam impetrare valebat.» - Sarà opportuno ricordare qui i bei versi dell'ALIGHIERI, Divina Commedia, Paradiso 33, 16-18:

La tua benignità non pur soccorre

A chi dimanda, ma molte fiate

Liberamente al dimandar precorre.



17 Riccardo di S. Vittore non si serve del paragone della luna, ma solo di quello dei due teneri caprioli gemelli, come vedremo nella nota seguente. - RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 7, cap. 4, n. 2 (inter Opera S. Alb. Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 213, col. 1): «(Luna) citius quam alii planetae perficit cursum suum: et ipsa (Maria) facilius impetrat a Christo quam alii sancti.»

18 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 23, ML 196-475: «Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat.» Quindi, egli dice a Maria: «Ad te... clamant ipsae miseriae... eo quod aures audiendi miserias habeas, et te has scire sit eas audire... Ubicumque fuerit miseria, tua et currit et succurrit misericordia.»

19 RICHARDUS S. VICTORIS, l. c.

20 Leggasi S. Giovanni, invece di S. Luca.

21 «Si tam prompta et cita ad auxilium ferendum currit non quaesita, quid quaesita praestatura (leggi: praestitura) est?» Aloysius NOVARINUS, Electorum Sacrorum pars 4, Umbra Virginea, cap. 15 Excursus 72, n. 688: Venetiis, 1632, pag. 287, col. 1.

22 «Qui ergo iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam, ut ipsa per Filium cor eius ad compunctionem illustret. Quis enim de nocte invocavit eam, et non est exauditus ab ea?» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de Sanctis, Sermo 28, sermo 2 in Assumptione B. M. V. ML 217-584.

23 EUTYCHIANUS, ex Simeone Metaphraste, apud Surium, De probatis SS. historiis, die 4 februarii: Poenitentia et revocatio ad D. N. Iesum Christum, quae facta est a quodam oeconomo nomine Theophilo... Coloniae Agrippinae, 1576, I, 851.

24 «Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est, qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, De quatriduo Lazari et praeconio Virginis, n. 8. ML 183-428.

25 «...Citius caelum cum terra perierit, quam tu aliquem serio te implorantem tua ope destituas.» Lud. BLOSIUS, O. S. B., Consolatio pusillanimium, cap. 35: D. Henricus Suso docens ubi confugiendum sit ad Mariam... n. 4. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 401, col. 1. - B. HENRICUS SUSO, O. P., Dialogus Sapientiae et ministri eius, cap. 16. Opera, Coloniae Agrippinae, 1588, pag. 98.

26 Inter Opera S. Anselmi, ML 159-570: EADMERUS, monachus Cantuariensis, De excellentia Virginis, cap. 6 (verso la fine). - Abbiamo riferito le sue parole nella nota 16, pag. 137.

27 Non abbiamo ritrovato queste parole di Niceforo, né nella MG, né presso il Pepe.

28 «Respondit Filius: «... Nulla erit petitio tua ad me, quae non exaudiatur, et per te, omnes qui petunt misericordiam cum voluntate emendandi, gratiam habebunt.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 50, Coloniae Agrippinae, 1632, pag. 62, col. 1.

29 «Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi potestatem propitiandi peccatis omnium qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi.» S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, ed. Monachorum Solesm. O. S. B., lib. 4, cap. 51, I, 457. - La Vita della B. Vergine Gertrude ridotta in cinque libri dal R. F. Gio. Lanspergio (traduzione Buondì, Venezia, 1606, cap. 53, pag. 390: «Appresso, nell'altra Antifona (nell'officio della festa della Natività di Maria SS., quale si celebrava nel Monastero di S. Geltrude) «Adest namque festivitas», a quelle parole «Ipsa intercedat pro peccatis nostris», parve che la Madre del Signore riverentemente presentasse al cospetto del suo Figliuolo una carta, nella quale erano scritte le medesime parole a lettere d'oro, a lei portata... dal servizio degli Angeli. A cui egli piacevolmente rispondeva: «Riverenda madre, con la mia infinita potenza ti ho conceduto potere di perdonare tutti i peccati, di quella maniera che a te più sia a grado, di tutti coloro che divotamente invocheranno l'aiuto della tua pietà.»

30 Neppure nei Sermoni indebitamente attribuiti a S. Agostino si ritrova traccia del Memorare. Certamente era in uso nel secolo XV, come vediamo dall'esempio del francescano Paolo Walther, il quale, nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, giunto alle porte di Mantova, vedendosi proibito l'ingresso in città per paura del contagio - perché era tempo di pestilenza - e vedendosi privo di ogni aiuto o conforto umano, recitò quella commovente orazione. Di questa fu insigne propagatore il Venerabile Sacerdote Claudio Bernard (+ 1641). Si può dire, col Vacandard (Vie de S. Bernard, II, ch. 21, § 2) che il Memorare altro non è che una parafrasi di queste parole di S. Bernardo: «Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse (In Assumptione B. V. sermo 4, n. 8: ML 183-428);» e delle altre: «Iam te, Mater misericordiae, per ipsum sincerissimae tuae mentis affectum, tuis iacens provoluta pedibus Luna (Ecclesia) mediatricem sibi apud Solem iustitiae constitutam devotis supplicationibus interpellat (Sermo in Dom. infra Octav. Assumptionis, n. 15: ML 183-438.» In questo senso, può sicuramente attribuirsi a S. Bernardo il Memorare. Nei suoi Sermoni così largamente diffusi (Sermones de Sanctis, Sermo 34, De Nativ. B. V.), già scriveva il Discepolo (Herolt, O. P.): «Ex dictis S. Bernardi elicitur, quod numquam aliquis hominum, cuiuscumque status fuerit, qui devote et confidenter B. M. Virginem invocaverit, ab initio christianitatis usque hodie, non semper ei succurrerit.» - Il più antico documento finora conosciuto, che ci presenta quasi nella forma attuale il Memorare, è l'Antidotarius animae di Nicola SALICETO, Ord. Cist., «abbas B. Mariae de Pomerio», nel 1489: «Memorare, piissima, non esse auditum a saeculo, quemquam ad tua currentem praesidia aut tua petentem suffragia a te derelictum. Tali animatus confidentia, ad te, Virgo Maria, confugio, ad te curro, ad te venio, coram te gemens et tremens assisto. Noli, Virgo immaculata, a me peccatore faciem tuam abscondere, sed ad me clementer respice...» Presso E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, vol. 1, cap. 7, pag. 802, 803, Torino, 1933.

31 GALLIZIA, Vita, lib. 1, cap. 4. - HAMON, Vie, liv. 1, ch. 3.

32 «Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

33 Inter Opera S. Bonav., ed. Lugdun., VI, 492 (numeratio erronea, 480), col. 1, Canticum instar illius Habacuc, III. - Vedi Appendice, 2.

34
 Ibid., col. 2, Hymnus instar hymni Te Deum: «Tu salus te invocantium.»




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AVE MARIA PURISSIMA!

giovedì 4 novembre 2021

GLORIE DI MARIA: Maria è la speranza de' peccatori.



§ 2. - Maria è la speranza de' peccatori.

Dopo che Dio creò la terra, creò due luminari, uno maggiore e l'altro minore, cioè il sole acciocché illuminasse di giorno, la luna acciocché illuminasse di notte: Fecitque Deus duo luminaria magna; luminare maius ut praeesset diei, [et] luminare minus ut praeesset nocti (Gen. I, 16). Il sole, dice Ugon cardinale, fu figura di Gesù Cristo, la cui luce godono i giusti, che vivono nel giorno della divina grazia: la luna fu figura di Maria, per cui mezzo son illuminati i peccatori, che vivono nella notte del peccato: Luminare maius Christus, qui praeest iustis: luminare minus idest Maria, quae praeest peccatoribus (In loc. cit.).1 Essendo dunque Maria questa luna propizia a' miseri peccatori, se mai alcun miserabile, dice Innocenzo III, si trova caduto in questa notte della colpa, che ha da fare? Qui iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam (Serm. 2, de Ass. B.V.).2 Giacch'egli ha perduto la luce del sole, perdendo la divina grazia, si rivolga alla luna, preghi Maria, ed ella gli darà luce per conoscere la miseria del suo stato e forza di presto uscirne. Dice S. Metodio che per le preghiere di Maria continuamente si convertono quasi innumerabili peccatori: Mariae virtute et precibus pene innumerae peccatorum conversiones fiunt.3


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Uno de' titoli con cui la S. Chiesa ci fa ricorrere alla divina Madre e che maggiormente rincora i poveri peccatori, è il titolo di Rifugio de' peccatoricon cui l'invochiamo nelle litanie. Anticamente vi erano nella Giudea le città di rifugio, dove i delinquenti che andavano a ricoverarsi erano liberi dalle pene meritate.4 Al presente non vi sono tante città di rifugio, come allora, ma ve n'è una sola, ch'è Maria, di cui fu detto: Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei (Ps. LXXXVI, [3]). Ma con questa differenza, che nelle città antiche non trovavano rifugio tutti i delinquenti né per tutte le sorte di delitti; ma sotto il manto di Maria tutti i peccatori trovano scampo e per ogni delitto che abbiano commesso; basta che alcuno vi ricorra a ricoverarsi.5 Io son la città di rifugio per tutti coloro che a me vengono, dice la nostra Regina: Ego civitas refugii omnium ad me confugientium, le fa dire S. Giovan Damasceno (Or. 2, de Dorm.).6

E basta che uno ricorra; quegli che già avrà avuto la sorte di entrare in questa città, non occorrerà che parli per esser salvo. Convenite celeriter, et ingrediamur civitatem munitam, et sileamus ibi (Ierem. VIII, [14]). Questa città munita, spiega il B. Alberto Magno, è la S. Vergine, munita in grazia ed in gloria.7 Et sileamus ibi: spiega la Glossa: Quia non audemus deprecari Dominum quem offendimus, ipsa deprecetur et roget: Giacché noi non abbiamo ardire di supplicare il Signore per lo perdono, basta ch'entriamo in questa città e tacciamo; perché allora Maria ella parlerà e pregherà per noi. Ond'esorta


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un divoto autore (Benedetto Fernandez, in c. 3 Gen.) tutti i peccatori a ricoverarsi sotto il manto di Maria, dicendo: Fugite, o Adam, o Eva, fugite eorum liberi intra sinum Matris Mariae. Ipsa est civitas refugii, spes unica peccatorum:8 Fuggite, o Adamo, o Eva, e voi loro figli che avete sdegnato Dio, fuggite e ricoveratevi nel seno di questa buona Madre. Non lo sapete ch'ella è l'unica città di rifugio e l'unica speranza de' peccatori? come già la chiamò S. Agostino: Unica spes peccatorum (Serm. 18, de sanct.).9

Ond'è che S. Efrem (De laud. Virg.) le dice: Voi siete l'unica avvocata de' peccatori e di coloro che sono privi d'ogni soccorso. E con ciò la saluta: Ave peccatorum refugium et hospitium, ad quam nimirum confugere possunt peccatores:10 Dio vi salvi, rifugio e ricettacolo de' peccatori, in cui solamente i peccatori posson trovare scampo e ricetto. E questo è quello, riflette un autore, che intese di dire Davide allorché disse: Protexit me in abscondito tabernaculi sui (Ps. XXVI, [5]): Il Signore mi ha protetto con farmi nascondere dentro il suo tabernacolo.11 E chi mai è questo tabernacolo di Dio, se non


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Maria, come la chiama S. Germano? Tabernaculum a Deo fabricatum, in quo solus Deus ingressus est, sacris mysteriis operaturus in te pro salute omnium hominum:12 Tabernacolo fatto da Dio, in cui non entrò altri che Dio per compire i gran misteri della Redenzione umana. Dice a questo proposito il padre S. Basilio che il Signore ci ha dato Maria, come un pubblico spedale, dove possano esser accolti tutti gl'infermi che son poveri e destituiti d'ogni altro aiuto: Aperuit nobis Deus publicum valetudinarium.13 Or negli spedali fatti apposta per ricetto de' poveri, dimando, chi son quelli che v'abbiano maggior ragione d'esservi accolti, se non quelli che sono più poveri e più infermi?

Perciò chi si trova più misero, perché più scarso di meriti e più oppresso da' mali dell'anima, che sono i peccati, par che possa dire a Maria: Signora, voi siete il rifugio de' poveri infermi; non mi discacciate, mentre essendo io più povero degli altri e più infermo, ho più ragione che voi mi riceviate. Nescimus, diciamole con S. Tommaso da Villanova, nescimus aliud refugium nisi te. Tu sola es unica spes nostra, in qua confidimus. Tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus


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(Serm. 3, de Nat. B.V.):14 O Maria, noi miseri peccatori non sappiamo trovare altro rifugio fuori di voi. Voi siete l'unica speranza a cui confidiamo la nostra salute; voi siete l'unica avvocata appresso Gesù Cristo, alla quale tutti noi siamo rivolti.

Nelle rivelazioni di S. Brigida (Rev. extr., c. 50) vien chiamata Maria: Sidus vadens ante solem.15 Acciocché intendiamo che quando in un'anima peccatrice vedesi comparire la divozione alla divina Madre, è segno sicuro che tra poco verrà Dio ad arricchirla della sua grazia. Il glorioso S. Bonaventura, per ravvivare la confidenza a' peccatori nella protezione di Maria, ci figura un mare in tempesta, dove i peccatori già caduti dalla nave della divina grazia, già sbattuti di qua e di là da' rimorsi di coscienza e da' timori della divina giustizia, senza luce e senza guida, stiano già vicini a perdere il respiro d'ogni speranza, e a disperarsi; con tal pensiero par che 'l Santo additando loro Maria, chiamata comunemente la stella del mare, alzi la voce e dica loro: Respirate ad illam, perditi peccatores, et perducet vos ad portum (S. Bon., in Ps. 18):16 Poveri peccatori perduti, non vi disperate, alzate gli occhi a questa bella stella, ripigliate il respiro a confidare, poich'ella vi farà uscir dalla tempesta e vi condurrà al porto della salute.

Lo stesso dice S. Bernardo: Si non vis obrui procellis, respice stellam, voca Mariam (Hom. 2, sup. Missus):17 Se non vuoi restar sommerso dalla tempesta, volgiti alla stella e chiama in tuo aiuto Maria. Mentre dice il divoto Blosio (In can. vit. spir., cap. 18) ch'ella è l'unico ricovero di coloro che si trovano aver offeso Dio: Ipsa peccantium singulare refugium. Ella l'asilo di tutti i tentati e tribulati: Ipsa omnium quos tentatio urget, aut calamitas aut persecutio, tutissimum asylum. Questa Madre di misericordia è tutta benigna, tutta dolce, non solo coi giusti, ma ancora co' peccatori e disperati:


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Tota mitis est et suavis non solum iustis, verum etiam peccatoribus et desperatis. Sicché quando vede che questi a lei ricorrono e sente che cercano di cuore il suo aiuto, subito li soccorre, gli accoglie ed ottiene il perdono dal suo Figlio: Quos ut ad se ex corde clamare conspexerit, statim adiuvat, suscipit et iudici reconciliat. Ella non sa disprezzare niuno per indegno che sia, e perciò non nega ad alcuno la sua protezione: tutti consola, e basta che appena sia invocata, che subito aiuta chi l'invoca: Nullum aspernens, nulli se negat: omnes consolatur, et tenuiter invocata praesto adest. Colla sua dolcezza spesso sa allettare alla sua divozione e svegliare i peccatori più disamorati con Dio e più immersi nel letargo de' loro peccati: Sua bonitate saepe eos qui Deo minus afficiuntur, ad sui cultum blande allicit; potenterque excitat, ut per huiuscemodi studium praeparentur ad gratiam, et tandem apti reddantur regno caelorum: Acciocché per tal mezzo si dispongano a ricevere la divina grazia, e finalmente si rendano degni della gloria eterna. Talis a Deo facta est, ut nemo ad eam accedere trepidet: Dio ha fatto questa sua diletta Figlia di natural così pietoso e cortese, che niuno possa mai sconfidare di ricorrere alla sua intercessione. Conclude il divoto scrittore: Fieri non potest ut pereat qui Mariae sedulus et humilis cultor exstiterit:18 Finalmente non è possibile che si perda chi con attenzione ed umiltà coltiva la divozione verso questa divina Madre.

Ella è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum (Eccli. XXIV, [19]). Acciocché intendano i peccatori che conforme il platano dà scampo a' viandanti di ripararsi sotto la sua ombra dal calore del sole, così Maria, quando vede accesa


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contro di loro l'ira della divina giustizia, gl'invita a ricoverarsi sotto l'ombra della sua protezione. Riflette S. Bonaventura che il profeta Isaia si lamentava a' tempi suoi e diceva: Ecce tu iratus es, et peccavimus... Non est... qui consurgat et teneat te (Is. LXIV, 5, 7): Signore, voi giustamente siete sdegnato co' peccatori, e non vi è chi per noi possa placarvi. Sì, perché allora non era nata ancora al mondo Maria: Ante Mariam, dice il santo, non fuit qui sic Deum detinere auderet (In Spec., c. 7).19 Ma se ora Dio sta irato con qualche peccatore, e Maria prende a proteggerlo, ella trattiene il Figlio che non lo castighi, e lo salva: Detinet Filium ne peccatores percutiat. Anzi siegue a dire S. Bonaventura che niuno può trovarsi più atto di Maria, che giunga anche a porre le mani sulla spada della divina giustizia, acciocché non scenda a punire il peccatore: Nemo tam idoneus qui gladio Domini manus obiiciat.20 - Sullo stesso pensiero dice Riccardo di S. Lorenzo che Dio, prima che fosse Maria al mondo, si lagnava che non vi fosse chi lo trattenesse dal castigare i peccatori; ma che, nata Maria, ella lo placa: Querebatur Dominus ante Mariam: Non est qui consurgat et teneat me (Is. LXIV, v. 7); donec inventa est Maria, quae tenuit eum donec emolliret (Ricc., lib. 2, de laud. Virg.).21

Quindi S. Basilio anima i peccatori e dice: Ne diffidas, peccator, sed in cunctis Mariam sequere et invoca, quam voluit Deus in cunctis subvenire (De Annunc. B. Virg.):22 Peccatore,


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non isconfidare, ma ricorri a Maria in tutt'i tuoi bisogni: chiamala in tuo soccorso, che la troverai sempre apparecchiata ad aiutarti; poiché questa è la divina volontà, ch'essa soccorra tutti in tutte le necessità. Questa Madre di misericordia ha tal desiderio di salvare i peccatori più perduti, ch'ella stessa li va cercando per aiutarli; e se questi a lei ricorrono, ben trova ella il modo di renderli cari a Dio.

Desiderava Isacco cibarsi di qualche animale selvaggio, e perciò prometté23 la sua benedizione ad Esaù: Rebecca all'incontro volendo che questa benedizione la ricevesse l'altro suo figlio Giacobbe, gli disse che l'avesse addotti due capretti, perché ella l'avrebbe conditi a piacimento d'Isacco: Pergens ad gregem affer mihi duos haedos (Gen. XXVII, [9]). Dice S. Antonino (Part. 4, tit. 15, c. 2) che Rebecca fu figura di Maria che dice agli angeli: Portatemi peccatori - per cui sono significati i capretti, - perché io li condisco in modo - con ottener loro dolore e risoluzione - che ben li rendo cari e accettabili al mio Signore.24 E Francone abbate, seguendo lo stesso pensiero,


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dice che Maria sa talmente condire questi capretti, che non solo adeguino, ma alle volte avanzino il sapore de' cervi: Vere sapiens mulier quae novit sic haedos condire, ut gratiam cervorum coaequent aut etiam superent (Tom. 3, de grat.).25

Rivelò la stessa B. Vergine a S. Brigida (Rev., l. 1, c. 6) non trovarsi al mondo peccatore così nemico di Dio, che se a lei ricorra ed invochi il suo aiuto, non ritorni a Dio e ricuperi la sua grazia: Nullus ita abiectus a Deo qui si me invocaverit, non revertatur ad Deum.26 E la medesima S. Brigida intese un giorno Gesù Cristo che dicea alla sua Madre ch'ella sarebbe pronta ad ottenere anche a Lucifero la divina grazia, se quegli si umiliasse a cercarle aiuto: Etiam diabolo misericordiam exhiberes, si humiliter peteret.27 Quello spirito superbo non sarà mai che si umilii ad implorare la protezione di Maria; ma se mai si desse tal caso che si abbassasse a domandarcela, Maria avrebbe la pietà e la forza colle sue preghiere di ottenergli da Dio il perdono e la salute. Ma quello che non può avverarsi col demonio, ben si avvera co' peccatori, che ricorrono a questa Madre di pietà.

L'arca di Noè fu ben ella figura di Maria, perché siccome in quella trovarono ricovero tutti i bruti della terra, così sotto


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il manto di Maria trovan rifugio tutti i peccatori, che per li loro vizi e peccati sensuali son già simili a' bruti; con tale differenza però, dice un autore, quod arca animalia suscepit, animalia servavit (Paciucch., de B.V.):28 Nell'arca entrarono i bruti e bruti restarono: il lupo restò lupo, la tigre restò tigre. Ma sotto il manto di Maria il lupo diventa agnello, la tigre diventa colomba. Un giorno S. Geltrude vide Maria col manto aperto, e sotto di quello molte fiere di diverse specie, pardi, leoni, orsi; e vide che la Vergine non solamente non li discacciava, ma di più colla sua benigna mano dolcemente gli accoglieva e gli accarezzava. Intese la santa che queste fiere sono i miseri peccatori, che allorché ricorrono a Maria, ella gli accoglie con dolcezza ed amore (Ap. Blos., Mon. Spir., c. 1).29

Ben dunque S. Bernardo (Orat. paneg. ad B.V.) ebbe ragione di dire alla Vergine: Signora, voi non abborrite qualsivoglia peccatore, quantunque sozzo ed abbominevole si sia, che a voi si accosti: se egli vi domanderà soccorso, voi non isdegnerete di stendere la pietosa mano a cacciarlo dal fondo della disperazione: Tu peccatorem quantumcumque foetidum non horres; si ad te suspiraverit, tu illum a desperationis barathro pia manu retrahis.30 Oh sia sempre benedetto e ringraziato


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il nostro Dio, o Maria amabilissima, che vi ha fatta così dolce e benigna anche verso de' più miseri peccatori. Misero chi non v'ama, e che potendo a voi ricorrere, in voi non confida! Si perde chi non ricorre a Maria; ma chi mai s'è perduto che a Maria è ricorso?

Si narra nella Scrittura che Booz concedé a quella donna chiamata Ruth, che andasse raccogliendo le spighe che restavano cadute dalle mani de' mietitori: Colligebat spicas post terga metentium (Ruth, II, 3). Soggiunge S. Bonaventura: Ruth in oculis Booz, Maria in oculis Domini hanc gratiam invenit, ut ipsa spicas, idest animas a messoribus derelictas, colligere ad veniam possit (S. Bon., in Spec., c. 5).31 Conforme Ruth trovò grazia negli occhi di Booz, così Maria ha trovata la grazia negli occhi del Signore di poter raccogliere le spighe abbandonate da' mietitori: i mietitori sono gli operai evangelici, i missionari, i predicatori, i confessori, che colle loro fatiche tutto giorno raccogliono ed acquistano anime a Dio. Ma vi sono anime ribelli ed indurite che restano anche da questi abbandonate; solo a Maria è concesso di salvare colla sua potente intercessione queste spighe abbandonate. Ma povere poi quelle, che neppure da questa dolce Signora si lasciano prendere! Queste sì che saranno affatto perdute e maledette! Beato all'incontro chi ricorre a questa buona Madre! Non v'è nel mondo, dice il divoto Blosio, peccatore così perduto ed infangato, che Maria l'abborrisca e lo discacci. Ah che se questi verrà a cercarle aiuto, ella la buona Madre ben potrà, ben saprà e ben vorrà riconciliarlo col Figlio ed ottenergli il perdono: Nullum tam exsecrabilem peccatorem orbis habet, quem ipsa abominetur et a se repellat, quemque dilectissimo Nato suo (modo suam precetur opem) non possit, sciat et velit reconciliare (Blos., de dictis PP., c. 5).32

Con ragione dunque, o Regina mia dolcissima, vi saluta S. Giovan Damasceno e vi chiama speranza de' disperati: Salve, spes desperatorum.33 Con ragione S. Lorenzo Giustiniano


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vi nomina speranza de' malfattori: Spes delinquentium.34 S. Agostino, unico rifugio de' peccatori: Unica spes peccatorum.35 S. Efrem, porto sicuro de' naufraghi: Naufragorum portus tutissimus.36 Lo stesso santo giunge a chiamarvi protettrice de' dannati: Protectrix damnatorum.37 Con ragione finalmente S. Bernardo esorta a non disperarsi anche i disperati, onde pieno di giubilo e di tenerezza verso questa sua carissima Madre, le dice amorosamente: Signora, e chi non avrà confidenza in voi, se voi soccorrete anche i disperati? Io punto non dubito, soggiunge, che sempreché a voi ricorreremo, otterremo quanto vorremo. In te dunque speri chi dispera: Quis non sperabit in te, quae etiam adiuvas desperatos? Non dubito, quod si ad te venerimus, habebimus quod volemus. In te ergo speret qui desperat (Sup. Salv. Reg.).38 Narra S. Antonino che trovandosi un peccatore in disgrazia di Dio, gli parve di stare avanti il tribunale di Gesù Cristo; il demonio l'accusava, e Maria lo difendeva. Il nemico presentò contro questo povero reo il processo de' peccati, il quale posto nella bilancia della divina


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giustizia pesava molto più che tutte le sue opere buone; ma la sua grande avvocata allora che fece? stese la sua dolce mano, la pose sull'altra bilancia e la fe' calare a beneficio del suo divoto, e così gli fece intendere ch'ella gli otteneva il perdono, se egli mutava vita; come in effetto quel peccatore dopo quella visione si convertì e mutò vita.39

Esempio.

Narra il B. Giovanni Erolto, per umiltà nominatosi il Discepolo (In Promptuar.), che vi era un uomo casato, il quale viveva in disgrazia di Dio. La moglie donna dabbene non potendo ridurlo a lasciar il peccato, lo pregò che almeno in quel suo stato miserabile avesse fatta questa divozione alla Madre di Dio, cioè che ogni volta che fosse passato avanti a qualche sua immagine, l'avesse salutata con un'Ave Maria. Il marito cominciò a praticare questa divozione.

Una notte portandosi quello scellerato a peccare, vide un lume, osservò, e si accorse che era una lampada che ardeva avanti una divota immagine di Maria che teneva in braccio Gesù bambino. Disse l'Ave Maria secondo il solito; ma poi che vide? vide il bambino tutto pieno di piaghe, che grondavano di fresco sangue. Allora egli atterrito insieme ed intenerito, considerando che egli co' suoi peccati avea così impiagato il suo Redentore, cominciò a piangere, ma osservò che 'l Bambino gli voltava le spalle. Onde esso tutto confuso ricorse alla SS. Vergine dicendo: Madre di misericordia, il vostro Figlio mi discaccia; io non posso trovare altr'avvocata più pietosa e più potente di voi che gli siete Madre; Regina mia, aiutatemi voi, pregatelo per me. La divina Madre gli rispose da quell'immagine: Voi peccatori mi chiamate madre di misericordia, ma poi non lasciate di farmi madre di miseria, rinnovando al mio Figlio la Passione ed a me i dolori.

Ma pure perché Maria non sa mandare sconsolato chi ricorre a' piedi suoi, si voltò a pregare il Figlio che perdonasse a quel miserabile. Gesù seguiva a dimostrarsi ripugnante a tal perdono; ma la S. Vergine deponendo il Bambino nella nicchia, se gli prostrò avanti dicendo: Figlio, non mi parto


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da' piedi vostri, se non perdonate a questo peccatore. Madre, allora disse Gesù, io non posso negarvi niente; volete che gli sia perdonato? io per amor vostro gli perdono: fatelo venire a baciare queste mie piaghe. Andò il peccatore piangendo dirottamente, e conforme baciava le piaghe del Bambino, così quelle si sanavano. In fine Gesù gli diede un abbraccio in segno del perdono, e quegli mutò vita, e d'allora in poi si diede ad una vita santa vivendo innamorato della SS. Vergine, che gli aveva ottenuta una grazia così grande.40

Preghiera.

Adoro, o purissima Vergine Maria, il vostro santissimo cuore, che fu la delizia, il riposo di Dio. Cuore tutto pieno di umiltà, di purità e di amore divino. Io infelice peccatore vengo a voi col cuore tutto pieno di fango e di piaghe. O Madre di pietà, non mi sdegnate per questo, ma movetevi a maggior compassione, ed aiutatemi. Non andate cercando in me per aiutarmi né virtù né meriti. Io son perduto e non merito che l'inferno. Mirate solo, vi prego, la confidenza che ho presa in voi e la volontà che ho d'emendarmi. Mirate quel che ha fatto e patito Gesù per me, e poi abbandonatemi, se vi fidate41 d'abbandonarmi. Io vi presento tutte le pene della sua vita, il freddo che patì nella stalla, il viaggio che fece in Egitto, il sangue che sparse, la povertà, i sudori, le tristezze, la morte che sopportò per amor mio alla vostra presenza; e per amor di Gesù impegnatevi a salvarmi.

Ah Madre mia, io non voglio né posso temere che abbiate a discacciarmi or che ricorro a voi e vi dimando soccorso. Se ciò temessi, farei un'ingiuria alla vostra misericordia, che va cercando i miseri per aiutarli. Signora, non negate la vostra


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pietà a chi Gesù non ha negato il sangue. Ma i meriti di questo sangue a me non s'applicheranno, se voi non mi raccomandate a Dio. Da voi spero la mia salute.

Io non vi cerco ricchezze, onori o altri beni di terra; vi cerco la grazia di Dio, l'amore al vostro Figlio, l'adempimento della sua volontà, il paradiso per amarlo in eterno. È possibile che non mi esaudiate? No, che voi già mi esaudite, come spero; già pregate per me, già mi procurate le grazie richieste, già mi accettate sotto la vostra protezione.

Madre mia, non mi lasciate; seguite, seguite a pregare per me, finché non mi vediate salvo in cielo a' vostri piedi a benedirvi e ringraziarvi in eterno. Amen.





1 «Moraliter. Duo luminaria... Luminare maius, Christus, qui praeest diei, id est iustis. Luminare minus, Beata Maria, quae praeest peccatoribus.» HUGO A S. CHARO, O. P., Card., Postilla super Genesim, I, 16. Opera, Venetiis, 1703, I, fol. 2, col. 4.

2 «Qui ergo iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam, ut ipsa per Filium cor eius ad compunctionem illustret.» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de Sanctis, Sermo 28, sermo 2 in Assumptione B. M. V., ML 217-584.

3 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 17 in Ps. 86, n. 9, Venetiis, 1720, editio quarta, p. 98, col. 1: «Ut enim D. Methodius aiebat: Mariae virtute et precibus pene innumerae conversiones fiunt.» - S. METHODIUS, Episcopus et martyr (+ 312), De Simeone et Anna... ac de S. Deipara, n. 1, MG 18-350: «In propria Dominus manifeste venit (Io. I, 11; Ps. XLIX, 3); vivaeque et animatae arcae, ceu propitiatorio insidens, pompa in terris procedit. Hanc publicanus contingens, iustus evadit. Huic se meretrix applicans, velut nova fictione casta redditur. Hanc leprosus contrectans, sine dolore sanus, velut recuditur. Neminem repellit, neminem abominatur. Impertitur sanitates; non participat aliquid noxium. Propensissimus enim erga homines Dominus in ea requiescit: sunt haec novae gratiae munera.» Uomini dottissimi e peritissimi nella critica, «Combefisius et Leo Allatius», difendono fortemente l'autenticità di questa Omelia, attribuendola senza esitazione, «contra Gretserum», all'insigne teologo S. Metodio martire. Altri - opponendo che nel principio del secolo quarto non vi fosse ancora la festat dell'Hypapante ossia Hypanthesis, cioè dell'Occursus Domini in templo, che noi chiamiamo della Purificazione - ne fanno autore Metodio, Patriarca di Costantinopoli, + 847.

4 Liber Iosue, cap. XX.

5 Nella I ediz. si legge: a rifugiarsi.

6 S. IO. DAMASCENUS, In Dormitionem B. V. M., homilia 2, n. 17. MG 96-746. Il Santo fa parlare così il sepolcro della B. Vergine.

7 «Ipsa est civitas et domus salvationis, Ier. VIII, 14: Convenite celeriter, et ingrediamur civitatem munitam, id est, ad Mariam, munitam in natura, in gratia, in gloria: et sileamus ibi. Glossa: quia non audemus deprecari Dominum quem offendimus; sed ipsa deprecetur et roget.» S. Alberti Magni, opusculum dubium, Biblia Mariana, in Ier. VIII. Opera, Lugduni, 1651, XX, pag. 23 (di questo opuscolo, in fine del volume). Ed. Paris. XXXVII, 412, n. 3. - La Glossa interlineare (quella cioè di Anselmus Laudunensis Scholasticus), sopra la parola sileamus, «quia non audemus deprecari»; e sopra la parola Dominus (nella continuazione del testo sacro): «quem offendimus».

8 «Fugite, o Adam et Eva, fugite, ipsorum liberi, et abscondite vos a facie Dei irati et vindicantis, sub umbram, ad brachia, intra sinum Dei Matris Mariae; ipsa est homicidis civitas refugii, spes unica peccatorum, reorum et supplicum ara sacrosancta, naufragantibus statio benefida carinis.» FERNANDIUS (Fernandez) Benedictus, S. I., In Genesim, cap. 3, sectio 23, n. 9. - Il piissimo P. Benedetto Fernandez morì agli 8 di dicembre 1630, festa dell'Immacolata Concezione (altri dicono la vigilia, che era un sabato), avendo domandato di morire in un giorno consacrato a Maria. - Un suo fratello minore (De Backer, Écrivains de la Compagnie de Jésus, II, 184, col. 2) o fratello cugino (Patrignani, Menologio, 8 dicembre, pag. 74, col. 2), morì martire nel Giappone, ai 2 di ottobre 1633 (Patrignani, Menologio, 2 ottobre).

9 «Tu es spes unica peccatorum.» Brev. Rom., die 2 infra Octavam Nativ. B. M. V. (quando si celebrava quella ottava): De Sermone S. Augustini episcopi, lectio 6. - Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 194, n. 5. ML 39-2107.

10 S. EPHRAEM, Syrus, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis laudibus, Opera graece et latine (et latine tantum), Romae, 1746, III (omnium Operum, VI): «Tu peccatorum et auxilio destitutorum unica advocata es atque adiutrix (pag. 575, col.2)… Ave, peccatorum refugium atque diversorium (pag. 576, col. 2).» - Opera, Venetiis, 1755, II, 706.

11 «David de se ipso dicebat: Abscondit me in tabernaculo suo: in die malorum protexit me in abscondito tabernaculi sui (Ps. XXVI, 5); quae verba sic plerique exponunt apud Agellium, v. 6: «Alii volunt tabernaculum et absconditum tabernaculi intelligendum esse sanctum illum augustumque locum in quo erat Arca Dei, in quo tabernaculo (a) Deo protectum se fuisse inquit, ne ad eum impetus hostium perveniret, quasi illud sacrosanctum tabernaculum, non tam ad Dei habitationem, quam ad pios homines tegendos atque tuendos, aut ad eorum tutelam protectionemque significandam factum esset.»... Tabernaculum et absconditum tabernaculi, in quo iusti... absconduntur, locum illum sumus interpretati in quo erat Arca; ut statim hoc quoque intelligeretur, per Mariam, cuius Arca illa figura erat, cultores suos obumbrare Deum ac tegere.» Aloysius NOVARINUS, Cler. Reg., Sacrorum electorum lib. 4, Virginea umbra, Excursus 63, n. 619, 620. Venetiis, 1632, pag. 260.

12 «Salve, non manu factum, ac factum a Deo tabernaculum, in quod semel in consummatione saeculorum, solus Deus ac primus Pontifex ingressus est, ut in te, sacra ac arcana ratione, munus sacrum pro universis obiret.» S. ANDREAS CRETENSIS, In Nativitatem B. M. V., Oratio IV. MG 97- 878, 879. - Questa Oratio si deve ascrivere a S. Andrea Cretense, e non a S. Germano, a cui prima fu attribuita: MG 97-861, nota 26.

13 «Par est ut creaturae modum videamus, et quanta sit vis ac magnitudo Dei in homines amoris condiscamus. Hinc enim publicum peccatoribus aperitur valetudinarium, et poenitentiae medicamentum Davidis nomine paratum omnibus egenis condonatum est». BASILIUS SELEUCIENSIS, Orationes, (oratio XVII, in Davidem). MG 85-222. - L'autore non parla di Maria Santissima, ma della penitenza: altri scrittori in seguito hanno adattato il testo compendiato alla Divina Madre. Così leggesi presso il P. EMANUELE DI GESÙ MARIA, Carm. Scalzo: «Come a proposito disse Basilio Seleuciense che Dio, Signor nostro, con darci la sua Madre, publicum valetudinarium peccatoribus aperuit (orat. 17), aprì un pubblico ospedale a' peccatori infermi d'infermità disperate, dove li ricetta, li consola, li cura ed esercita varii offici di pietà...» Il regno di Maria Vergine Madre di Dio, discorso XI, Regina fidelissima. Napoli, 1681, col. 255. - Evidentemente S. Alfonso si è servito di una citazione di seconda mano. - Vedi pure in questa nostra edizione delle Opere ascetiche di S. Alfonso, vol. XV, pag. 321, la nota 45.

14 S. THOMAS A VILLANOVA, In Nativ. B. M. V., sermo 3, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, 402.

15 «Respondit Filius:... Tu es quasi sidus vadens ante Solem, quia iustitiam meam praecedis tua pietate.» S. BIRGITTAE Revelationes extravagantes, cap. 50, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 572, col. 2.

16 «Respirate ad illam, perditi peccatores, et perducet vos ad indulgentiae portum.» Psalterium B. M. V., Ps. 18. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugdun., VI, 480.

17 «Ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis... Respice stellam, voca Mariam.» S. BERNARDUS, Super «Missus est», de laudibus Virginis Matris hom. 2, n. 17. ML 183-70.

18 «Ipsa peccantium singulare refugium, ipsa omnium quos tentatio, calamitas aut persecutio aliqua urget, tutissimum asylum... Tota mitis est, tota serena, tota suavis, tota benigna, non solum iustis et perfectis, verum etiam peccatoribus ac desperatis: quos ut ad se ex corde clamare conspexerit, statim adiuvat, suscipit, fovet, et metuendo Iudici materna fiducia reconciliat. Nullum aspernatur, nulli se negat: omnes consolatur, omnibus sinum pietatis aperit, et vel tenuiter invocata, praesto adest. Sua ingenita bonitate atque dulcedine saepe eos qui Deo minus afficiuntur, ad sui cultum blande allicit, potenterque excitat: ut per huiuscemodi studium praeparentur ad gratiam, et tandem apti reddantur regno caelorum. Talis est, talis a Deo facta est, talis nobis data est: ut nemo eam horreat, nemo refugiat, nemo ad eam accedere trepidet. Fieri non potest ut pereat, qui Mariae sedulus et humilis cultor fuerit. Tu igitur facito illam tibi unice familiarem.» Lud. BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Paradisus animae fidelis, pars 1, Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. - Opera, Antverpiae, 1632, pag. 18, col. 2.

19 «Detinet Filium ne peccatores percutiat. Ante Mariam (supplisci: non) fuit qui sic detinere Dominum auderet, testante Isaia, qui dixit: Non est qui invocet nomen tuum, qui consurgat et teneat te (Is. LXIV, 7).» CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7, inter Opera S. Bonaventurae, Romae, Moguntiae et Lugduni, VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

20 (Non già S. Bonaventura) ma ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus ovvero Ad gloriosam Virginem deprecatio et laus elegantissima, n. 1, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1009: «Nemo, Domina, tam idoneus, ut gladio Domini manum pro nobis obiiciat, ut tu Dei amantissima, per quam primum in terris suscepimus misericordiam de manu Domini Dei nostri.» - Vedi Appendice, 3, B.

21 «Conquerebatur enim Dominus, antequam Maria nasceretur, dicens Isa. LXIV: Non est qui consurgat et teneat me. Sed ipsa facta est advocata nostra, et allegat pro nobis fideliter coram Filio suo, ventrem et ubera eidem repraesentans: et ipse veluti piissimus infans delectatur (Isa. XI, 8) ab ubere matris ei repraesentato.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. - Inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugdunen. XX, 70, 71, Parisien. XXXVI, 109.

22 MARRACCI, Bibliotheca Mariana, pars 1, pag. 202, 203, v. Basilius Caesariensis: «Scripsit insuper (S. Basilius Magnus) de Annunciatione B. Virginis Orationem 1, Mauritio de Villa Probata (O. P.), Sermone 14 suae Coronae (Corona nova B. Mariae, Parisiis, 1512), Bernardino Bustensi, in Mariali, serm. 6 de Conceptione, aliisque quam plurimis citatam, licet nunc inter eius opera non exstet.» - Cf. Bourassé-Migne, Summa aurea, XI, 371. - BERNARDINUS DE BUSTO (al. Bustis), Mariale, Sermo 6 de Immaculata Conceptione B. V. M., pars 2 (verso la fine: Opera, III, Brixiae, 1588, p. 69, col. 1): «Beatus etiam Basilius in sermone Annunciationis ait: «Non ergo diffidas, o peccator, sed in cunctis Mariam sequere, et ipsam invoca... Aspice caelum, et videbis Mariam angelicam, quam Dominus voluit conctis subvenire.» Haec ille.» Chi leggerà questo passo integralmente, o nel de Bustis, o nella Summa aurea, l. c., resterà persuaso che l'autore, chiunque esso sia, è posteriore a S. Basilio.

23 Promise.

24 S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 2, § 2, (Veronae, 1740, col. 919): «Horum (cioè eorum qui intendunt ad proficiendum in virtutibus) mater est B. Virgo Maria, precibus et exemplis dando eis subsidium. Est enim figurative illa Rebecca, quae filium, scilicet Israel, qui interpretatur videns Deum, docuit et iuvit refectionem offerre patri suavem cum vestibus odoriferis, ut benedictionem patris obtineret.» Come si vede, S. Antonino non parla qui dei peccatori, ma «de proficientibus». Non sappiamo se S. Antonino parli altrove di Rebecca come figura di Maria. - Il PACIUCHELLI (Excitatio 18 in Ps. 86, n. 7, pag. 103), dopo aver ricordato che i capretti rappresentano i reprobi, e che la benedizione d'Isacco era simbolo della benedizione di Dio agli eletti, riferisce anch'egli, in parte, le suddette parole di S. Antonino; e soggiunge: «Quid aliud in eiusmodi facto refert Rebecca quam Virginem, quae, nostrum omnium Mater et peccatorum advocata, nullo non tempore... eorum, quos intimo amore prosequitur, curat salutem? Horum quidam, et non pauci, tanta scelerum immanitate laborant, ut haedi et inter damnandos possint certissime computari. Si autem istiusmodi scelesti sciant Virginem Matrem et sua implorent suffragia, tunc Virgo... hosque haedos sic condit, efficiendo ut meliorem induant voluntatem, de commissis excessibus doleant, profunda humilitate repleantur, acriter conterantur, in lacrimas... prorumpant, Deum obtestentur et ab eo millies veniam efflagitent, ac propterea escae Dei angelorumque palato gratissimae fiant: Gaudium est enim in caelo super uno peccatore poenitentiam agente.»

25 «Vere pia mater (Rebecca), quae ut filio benedictionem lucrifaciat, ministerium ancillae non recusat. Vere sapiens mulier, quae sic novit haedos coquere, sic condire, ut gratiam caprearum et cervorum coaequent aut etiam superent.» FRANCO, (secundus Abbas Affligemensis in Brabantia ab anno 1109 ad 1130), De gratia Dei, lib. 3. ML 166-731. - Francone (ancora monaco quando scrisse i suoi XII libri de gratia, dedicati al suo predecessore Fulgenzio, per ordine di cui li aveva composti) applica, secondo l'argomento che tratta, questo paragone di Rebecca alla grazia divina (col. 732): «Sic semper gratia mater satagit pro gilio quem diligit... sic filios adoptionis Deo Patri, quasi caliganti, et prioris ignorantiae delicta non imputanti, quotidie benedicendos offerre non desinit.» Ma quel che è vero di «gratia mater», è pur vero di «gratiae Mater» figurata da Rebecca.

26 «Nullus ita alienatus est a Deo... qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiam.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10, pag. 350, col. 2 (Coloniae Agrippinae, 1628).

27 «Respondit Filius: «... tu merito plena caritate et misericordia diceris, quia omnium caritas per te floruit, et omnes inveniunt per te misericordiam, quia in te conclusisti fontem misericordiae, ex cuius abundantia etiam pessimo inimico tuo, id est diabolo exhiberes misericordiam, si humiliter peteret.» La stessa opera, Revelationes extravagantes (cioè extra ordinem priorum librorum ab Alphonso, episcopo Giennensi, distinctorum: queste le scrisse a parte «dominus Petrus prior Alvastri, ipsarum revelationum primus conscriptor), cap. 50, pag. 572, col. 2.

28 PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 4 super Salutationem Angelicam, n. 4 (ed. Veneta, 1720, pag. 403; ed. Monach., 1677, pag. 481).

29 «Beata Gertrudis aliquando vidit accurrere sub chlamydem dulcissimae Genitricis Dei Mariae veluti bestiolas quasdam diversi generis, per quas significabantur peccatores, specialem devotionem ad illam habentes. Has omnes Mater misericordiae benigne recipiens, et quasi sub pallio suo protegens, delicata manu sua singulas contrectabat deliniebatque, et ipsis amicabiliter blandiebatur, quemadmodum quis blandiri solet catulo suo. Ac per hoc manifeste insinuabat, quam misericorditer suscipiat omnes invocantes se, et quam materna pietate defendat sperantes in se, etiam eos qui peccatis adhuc impliciti sunt, donec illos Filio suo reconciliet vere poenitentes.» BLOSIUS, Conclave animae fidelis, pars 2 sive Monile spirituale, cap. 1, n. 18 (Opera, Antverpiae, 1632, pag. 590, col. 1). - Per il testo stesso di S. Geltrude, vedi sopra, capo 2, § 1, nota 24. S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, ed. Solesmensium monachorum O. S. B., lib. 4, cap. 48, I, 431; Vita (Lanspergio -Buondì), Venezia, 1710, lib. 4, c. 49, pag. 213. Queste due opere, come pure Insinuationes divinae pietatis, sono una stessa opera, con qualche minuta differenza, qua e là, nella numerazione dei capitoli.

30 ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus, ovvero Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n. 2, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1010: «Tu peccatorem, quantumlibet fetidum, non horres, non despicis; si ad te suspiraverit, tuumque interventum poenitenti corde flagitaverit, tu illum a desperationis harathro pia manu retrahis.» - Vedi Appendice, 3, B.

31 CONRADUS SAXON, dictus Holzingarius, Speculum B. M. V., lectio 5. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugdun., VI, 437, col. 1.

32 Lud. BLOSIUS, Sacellum animae fidelis, pars 3, sive Dicta quorumdam Patrum, cap. 5, n. 3. Opera, Antverpiae (Moretus), 1632, pag. 264, col. 2.

33 «Ave, quae sola illis auxilio ades, qui auxilio carent, solaque maxima virtus es illis, qui nullis viribus valent.» Il testo greco molto più si avvicina a quel «spes desperatorum». S. IO. DAMASCENUS, In Annuntiationem B. M. V. (verso la fine). MG 96-659. - Più espressamente S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus: «Spes desperantium, Domina nostra (al. mea) gloriosissima.» Opera, Romae, 1746, VI, Opera graece et latine, III, pag. 575, col. 1: Opera, Venetiis, 1755, I, 571, col. 1.

34 S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, In Nativitate B. M. V. (in fine). Opera, Lugduni, 1628, pag. 438, col. 1; Venetiis, 1721, pag. 365.

35 Inter Opera S. Augustini, Sermo (inter supposititios) 194, n. 5. ML 39- 2107. - Brev. Rom., Sermo S. Augustini, lectio 6: secunda die infra octavam (oggi soppressa) Nativ. B. M. V.



36 S. EPHRAEM, Sermo de laudibus B. V., come sopra, nota 33: Roma, pag. 575, col. 2; Venezia, 1755, pag. 569, col. 2.

37 Così riferiscono il testo di S. Efrem, tanto Francesco Mendoza, S. I., Viridarium eruditionis, lib. 2, problema 6, n. 35, quanto Trombelli, Mariae SS. Vita, gesta et cultus: Bononiae, 1764, V, pag. 91; Bourassé-Migne, Summa aurea, IV, col. 89. Manca però nelle edizioni di S. Efrem che abbiamo. - S. Bernardo, super Missus, hom. 4, n. 8, ML 183-83, ha una espressione simile: «Ex ore tuo,» cioè dal tuo consenso all'Incarnazione, «pendet... liberatio damnatorum,» cioè di noi tutti, «quos miserabiliter premit sententia damnationis». Con questa voce «dannati» possono specialmente intendersi coloro, i quali per la gravezza e il numero dei peccati, per la lunga ostinazione, per la vicinanza della morte, sono in evidente e prossimo pericolo di dannazione. - Ha pur detto S. ANSELMO, Oratio 49 (al. 48 in fine), ML 158-948: «Et si in infernum demersus fuero, eo me requires, et inde me extrahes, et reddes Filio tuo, qui me redemit et lavit sanguine suo.»

38 «Quis enim non sperabit in te, quae etiam adiuvas desperantes? Non dubito quod si ad te venerimus, habebimus quod voluerimus. In te ergo speret, qui desperat.» Meditatio in Salve Regina, n. 2. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1078. - Questa meditazione non è altro che il cap. 19 della parte 3 dello Stimulus amoris, inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugd., VII. Ivi, pag. 232, col. 1. - Vedi Appendice, 3, A.

39 S. ANTONINUS, Summ. Theol., pars 4, titulus 15, caput 5, § 1. Veronae, 1740, col. 937.

40 IOANNES HEROLT, o Herold, O. P., + 1468. Sermones Discipuli de Tempore et de Sanctis, Venetiis, 1598, Sermo 161, de B. V. Maria (in fine, pag. 607, 608). L'esempio non viene ripetuto nel Promptuarium de miraculis B. M. V., posto in fine della seconda parte. - In fine poi della prima parte, pag. 624, scrive l'autore: «Expliciunt Sermones... qui intitulantur Sermones Discipuli, quia in istis sermonibus non subtilia per modum magistri, sed simplicia per modum discipuli conscripsi et collegi, sicut... in primo sermone.. promisi.» Di questa opera si fecero 46 edizioni nel secolo XV, molte altre nel secolo seguente. - Cf. PELBARTUS de Themeswar, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12 (et ultimus), pars 3 (et ultima), Septima utilitas, miraculum 1. Venetiis, 1586, p. 224, 225; - Bourassé-Migne, Summa aurea, XII, col. 962, n. 15.

41
 Se avete animo.




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AVE MARIA PURISSIMA!