giovedì 16 gennaio 2020

PICCOLO ASSAGGIO


Il sacerdozio cattolico
Benedetto XVI

Di fronte alla persistente crisi che il sacerdozio attraversa
da molti anni, ho ritenuto necessario risalire
alle radici profonde della questione. Avevo intrapreso
un lavoro di riflessione teologica, ma l’età e una certa
stanchezza mi avevano costretto ad abbandonarlo. I
colloqui con il Cardinale Robert Sarah mi hanno dato
la forza di riprenderlo e di portarlo a termine.

Alle radici della grave situazione in cui versa oggi
il sacerdozio, si trova un difetto metodologico nell’accoglienza
della Scrittura come Parola di Dio.
L’abbandono dell’interpretazione cristologica
dell’Antico Testamento ha portato molti esegeti contemporanei
a una teologia senza il culto. Non hanno
compreso che Gesù, al posto di abolire il culto e l’adorazione
dovuti a Dio, li ha assunti e portati a compimento
nell’atto d’amore del suo sacrificio. Alcuni
sono giunti persino a rifiutare la necessità di un sacerdozio
autenticamente cultuale nella Nuova Alleanza.
Nella prima parte del mio saggio, ho voluto mettere
in luce la struttura esegetica fondamentale che consente
una corretta teologia del sacerdozio.


Nella seconda parte, applicando questa ermeneutica allo studio di tre testi, 
ho esplicitato le esigenze del
culto in spirito e verità. L’atto cultuale passa ormai
attraverso un’offerta della totalità della propria vita
nell’amore. Il sacerdozio di Gesù Cristo ci fa entrare
in una vita che consiste nel diventare uno con lui e
nel rinunciare a tutto ciò che appartiene solo a noi.

Per i sacerdoti questo è il fondamento della necessità
del celibato, come anche della preghiera liturgica, 
della meditazione della Parola di Dio e della rinuncia ai beni materiali.
Ringrazio il caro Cardinale Sarah per avermi dato
l’opportunità di assaporare nuovamente i testi della
Parola di Dio che hanno guidato i miei passi tutti i
giorni della mia vita.

1. Il formarsi del sacerdozio neotestamentario
nell’esegesi cristologico-pneumatologica
Il movimento che si era formato intorno a Gesù di
Nazaret – perlomeno nel periodo pre-pasquale – era
un movimento di laici. In questo somigliava al movimento 
dei farisei, motivo per cui i primi contrasti descritti nei Vangeli 
fanno riferimento essenzialmente al
movimento farisaico. Solo nell’ultima Pèsach [Pasqua]
di Gesù a Gerusalemme l’aristocrazia sacerdotale del
Tempio – i sadducei – si accorge di Gesù e del suo
movimento, fatto questo che conduce al processo,
alla condanna e all’esecuzione di Gesù. Il sacerdozio 


era ereditario: chi non proveniva da una famiglia di
sacerdoti non poteva neppure diventare sacerdote. Di
conseguenza, neppure i ministeri nella comunità che
andava costituendosi intorno a Gesù potevano appartenere 
all’ambito del sacerdozio veterotestamentario.

Gettiamo un rapido sguardo sulle strutture ministeriali 
essenziali della prima comunità di Gesù.

Apostolo
Nel mondo greco la parola «apostolo» rappresenta
un terminus technicus del linguaggio politico-istituzionale5
. Nel giudaismo precristiano la parola è utilizzata
nel suo collegare funzione profana d’inviato, responsabilità di 
fronte a Dio e significato religioso. 
Essa indica in questo contesto anche l’inviato incaricato e
autorizzato da Dio.

Episkopos
Nel greco profano indica funzioni alle quali sono
associati compiti di tipo tecnico e finanziario, ma comunque ha 
anche un contenuto religioso, in quanto sono perlopiù 
degli dèi a essere chiamati episkopos, vale a dire «patrono». 

«La Septuaginta utilizza il ter

5 Cfr. g. KIttel, F. geRhaRd (edd.), Theologisches Wörterbuch zum 
Neuen Testament, W. Kohlhammer, Stuttgart 1957-
1979 (ristampa anastatica dell’edizione del 1933), I, p. 406.

mine episkopos nel medesimo duplice modo in cui è
usato nella grecità pagana, come appellativo di Dio e
nel più generico significato profano di “sorvegliante”
in ambiti di vario tipo»   6.

Presbyteros
Mentre tra i cristiani di origine pagana, per indicare
i ministri, prevale il termine episkopos, la parola presbyteros 
è caratteristica dell’ambito giudeo-cristiano.
La tradizione ebraica del «più anziano» inteso come
una sorta di organo costituzionale, a Gerusalemme
con tutta evidenza andò presto sviluppandosi in una
prima forma ministeriale cristiana. A partire da qui,
nella Chiesa composta da giudei e pagani, andò sviluppandosi 
quella triplice forma ministeriale di episcopi, presbiteri e 
diaconi, che alla fine del I secolo si
rinviene – già chiaramente sviluppata – in Ignazio di
Antiochia. Essa sino a oggi esprime validamente, dal
punto di vista linguistico e ontologico, la struttura ministeriale 
della Chiesa di Gesù Cristo.
Da quanto sinora detto dobbiamo trarre una prima
conclusione. Il carattere laicale del primo movimento
di Gesù e il carattere dei primi ministeri inteso non in
senso cultuale-sacerdotale non si basa affatto necessariamente 
su una scelta anti-cultuale e anti-giudaica, ma è invece 
conseguenza della particolare situazio

6 Ibidem, II, p. 610.

ne del sacerdozio veterotestamentario, per la quale
il sacerdozio è legato alla tribù di Aronne-Levi. Negli altri due 
«movimenti laicali» del tempo di Gesù, il rapporto con il 
sacerdozio è concepito diversamente:
i farisei sembrano avere fondamentalmente vissuto in
sintonia con la gerarchia del Tempio – a prescindere
dalla disputa sulla risurrezione del corpo. Presso gli
esseni, il movimento di Qumràn, la situazione è più
complessa. In ogni caso, in una parte del movimento di Qumràn 
era marcato il contrasto con il Tempio erodiano e il sacerdozio 
a esso corrispondente, ma
non per negare il sacerdozio, quanto invece proprio
per ricostituirlo nella sua forma pura e corretta. Anche nel 
movimento di Gesù non si tratta affatto di
«desacralizzazione», «de-legalizzazione» e rifiuto di
sacerdozio e gerarchia. Di certo, però, viene ripresa la
critica dei profeti al culto ed è messa in sorprendente
unità con la tradizione del sacerdozio e del culto che
dobbiamo tentare di comprendere. Nel mio libro Introduzione 
allo spirito della liturgia7 ho esposto la linea critica dei profeti 
riguardo al culto ripresa da Stefano e
che san Paolo collega con la nuova tradizione cultuale
dell’Ultima cena di Gesù. Gesù stesso aveva ripreso e
approvato la critica dei profeti al culto, soprattutto in
rapporto alla disputa sulla giusta interpretazione dello
Shabbat (cfr. Mt 12,7).

7 J. RatzIngeR, Introduzione allo spirito della liturgia, San
Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001.

Consideriamo innanzitutto il rapporto di Gesù col Tempio...
continua


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