domenica 13 dicembre 2015

GODETE SEMPRE NEL SIGNORE: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte.




Sermone  di sant'Antonio
sull’epistola della santa messa nella III Domenica di Avvento

2. “Godete sempre nel Signore” (Fil 4,4). Non possono fare ciò coloro dei quali parla Isaia: “La testa è tutta malata e tutto il cuore langue; dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo non c’è in lui parte sana, ma ferite e lividi, e piaghe aperte che non sono state né fasciate, né medicate, né curate con l’olio” (Is 1,5-6). Nella testa sono indicati i prelati, nel cuore i veri religiosi, e nella pianta dei piedi i laici.
Ahimè, tutta la testa è malata! Geremia: “Dai profeti di Gerusalemme è uscita la corruzione su tutta la terra” (Ger 23,15), e anche Daniele: “L’iniquità è uscita da Babilonia per opera degli anziani e dei giudici, che solo in apparen­za sono guide del popolo” (Dn 13,5). E del male di questi capi, dice ancora Isaia: “Tutte le teste”, cioè i prelati, “di essa”, della chiesa, “saranno calve, e tutte le barbe saranno rasate” (Is 15,2).
Dopo una lunga malattia, o per la vecchiaia, di solito cadono i capelli e nella testa subentra la calvizie. Ahimè, le nostre teste, cioè i nostri prelati, con la lunga malattia dei loro vizi e il loro invecchiamento nel male hanno perduto la chioma, cioè la grazia dello Spirito Santo; e ogni barba, cioè ogni vigore e forza nel compiere le opere buone, è stata in essi rasata. E così sono diven­tati deboli ed effeminati. Infatti il Signore, per bocca di Isaia, dice di essi: “ Darò loro come capi dei ragazzi, e uomini effeminati li domineranno” (Is 3,4). In verità, dunque, la testa è tutta malata!
“E tutto il cuore langue”. Osserva che il cuore ha tre funzioni: è la sede della sapienza; in esso fu scritta la legge naturale, che dice: non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te; è l’organo dal quale provengono lo sdegno, il ribrezzo e l’avversione. Così nei veri religiosi c’è la sapienza della contemplazione, c’è la legge dell’amore, e c’è il ribrezzo e l’avversione per il peccato.
Questo cuore, posto al centro tra la testa e i piedi, cioè tra i chierici e i laici, soffre e piange per le “infermità” di entrambi. “Dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo”, cioè dai più umili fino ai più elevati, dai laici fino ai chierici, da quelli che fanno vita attiva fino a quelli dediti alla vita contemplativa, non c’è in tutto il corpo alcuna parte sana. Come possono dunque godere nel Signore?
“Ferite e lividi, e piaghe aperte”. Nella ferita è indicata la lussuria; nei lividi l’ava­ri­zia, dalla quale proviene anche l’invidia; e nelle piaghe aperte la super­bia. Dei primi due vizi si parla nella Genesi, dove Lamech si rivolge alle sue mogli e dice loro: “Io ho ucciso un uomo per una mia ferita, e un ragazzo per un mio livido”(Gn 4,23). Lamech, che per primo introdusse sulla terra la sozzura della bigamia, raffigura il lussurioso e l’avaro; egli uccise un uomo, cioè la ragione, per la ferita della lussuria, e un ragazzo, cioè l’inizio della buona volontà, nel rancore dell’avarizia.
Non è solo per l’avarizia e la brama del denaro, ma anche per la voglia di emergere in questo mondo, che nascono rancori, discordie e calunnie. Il prestigio di una dignità passeggera è come un osso gettato tra i cani, i quali si avventano su di esso con rabbia e furore, mordendosi tra loro. La stessa cosa fanno coloro di cui parla Isaia: “Cani avidissimi che non sanno mai saziarsi, sono i pastori incapaci di comprendere” (Is 56,11).
Della gonfiezza della superbia dice Giobbe: “Perché mai il tuo cuore ti solleva in alto e i tuoi occhi sono come allucinati, accarezzando grandi progetti? Perché il tuo spirito si erge orgoglioso contro Dio, sì da far uscire dalla tua bocca tali discorsi?” (Gb 15,12-13). Anche il Signore, per bocca di Isaia, dice la stessa cosa a Sennacherib: “Conosco la tua abitazione, so quando entri e quando esci; conosco la furia che hai contro di me. Poiché ti sei infuriato contro di me, la tua superbia è giunta ai miei orecchi” (Is 37,28-29).
Ecco dunque: la ferita della lussuria non è avvolta nelle fasce della continenza; il livore dell’avarizia non è curato con la medicina dell’elemosina; la piaga aperta della superbia non è medicata con l’olio dell’umiltà inte­riore, dalla quale procede la luce della coscienza, che produce il gaudio nello Spirito Santo: e chi è privo di questa luce non è in grado di godere nel Signore.
Sono invece in grado di godere nel Signore coloro che si ritraggono dall’iniquità e ritorneranno con Giacobbe6, dei quali Isaia dice: Ritorne­ranno e verranno a Sion cantando inni di lode; una felicità perenne splenderà sul loro capo, gaudio e letizia li accom­pagneranno e fuggiranno sofferenze e gemiti (cf. Is 35,10). “Godete, dunque, sempre nel Signore”.

3. “Ve lo ripeto: godete!” (Fil 4,4). Osserva che dice due volte “godete”, e questo a motivo del duplice beneficio del primo e del secondo avvento. Dobbiamo godere perché nel primo avvento ci ha portato le ricchezze e la gloria. E di nuovo dobbiamo godere perché nel secondo avvento ci darà “lunghi giorni”.......


LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!



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