lunedì 25 giugno 2018

La pastorale del matrimonio deve fondarsi sulla verità

Da uno scritto poco conosciuto del cardinale Joseph Ratzinger pubblicato nel 1998

La pastorale del matrimonio
deve fondarsi sulla verità

A proposito di alcune obiezioni contro la dottrina della Chiesa circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati

Nel 1998 il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, introdusse il volume intitolato Sulla pastorale dei divorziati risposati, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana in una collana del dicastero («Documenti e Studi», 17). Per l’attualità e l’ampiezza di prospettive di questo scritto poco conosciuto, ne riproponiamo la terza parte, con l’aggiunta di tre note. Il testo è disponibile sul sito del nostro giornale (www.osservatoreromano.va), oltre che in italiano, anche in francese, inglese, portoghese, spagnolo e tedesco.
La Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati del 14 settembre 1994 ha avuto una vivace eco in diverse parti della Chiesa. Accanto a molte reazioni positive si sono udite anche non poche voci critiche. Le obiezioni essenziali contro la dottrina e la prassi della Chiesa sono presentate qui di seguito in forma per altro semplificata.
Guercino, «Sposalizio della Vergine» (1649)Alcune obiezioni più significative — soprattutto il riferimento alla prassi ritenuta più flessibile dei Padri della Chiesa, che ispirerebbe la prassi delle Chiese orientali separate da Roma, così come il richiamo ai principi tradizionali dell’epikèia e della aequitas canonica — sono state studiate in modo approfondito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Gli articoli dei professori Pelland, Marcuzzi e Rodriguez Luño (1) sono stati elaborati nel corso di questo studio. I risultati principali della ricerca, che indicano la direzione di una risposta alle obiezioni avanzate, saranno ugualmente qui brevemente riassunti.
1. Molti ritengono, adducendo alcuni passi del Nuovo Testamento, che la parola di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio permetta un’applicazione flessibile e non possa essere classificata in una categoria rigidamente giuridica.
Alcuni esegeti rilevano criticamente che il Magistero in relazione all’indissolubilità del matrimonio citerebbe quasi esclusivamente una sola pericope — e cioè Marco, 10, 11-12 — e non considererebbe in modo sufficiente altri passi del Vangelo di Matteo e della prima Lettera ai Corinzi. Questi passi biblici menzionerebbero una qualche “eccezione” alla parola del Signore sull’indissolubilità del matrimonio, e cioè nel caso di pornèia (Matteo, 5, 32; 19, 9) e nel caso di separazione a motivo della fede (1 Corinzi, 7, 12-16). Tali testi sarebbero indicazioni che i cristiani in situazioni difficili avrebbero conosciuto già nel tempo apostolico un’applicazione flessibile della parola di Gesù.
A questa obiezione si deve rispondere che i documenti magisteriali non intendono presentare in modo completo ed esaustivo i fondamenti biblici della dottrina sul matrimonio. Essi lasciano questo importante compito agli esperti competenti. Il Magistero sottolinea però che la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio deriva dalla fedeltà nei confronti della parola di Gesù. Gesù definisce chiaramente la prassi veterotestamentaria del divorzio come una conseguenza della durezza di cuore dell’uomo. Egli rinvia — al di là della legge — all’inizio della creazione, alla volontà del Creatore, e riassume il suo insegnamento con le parole: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Marco, 10, 9). Con la venuta del Redentore il matrimonio viene quindi riportato alla sua forma originaria a partire dalla creazione e sottratto all’arbitrio umano — soprattutto all’arbitrio del marito, per la moglie infatti non vi era in realtà la possibilità del divorzio. La parola di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio è il superamento dell’antico ordine della legge nel nuovo ordine della fede e della grazia. Solo così il matrimonio può rendere pienamente giustizia alla vocazione di Dio all’amore ed alla dignità umana e divenire segno dell’alleanza di amore incondizionato di Dio, cioè «Sacramento» (cfr. Efesini, 5, 32).
La possibilità di separazione, che Paolo prospetta in 1 Corinzi, 7, riguarda matrimoni fra un coniuge cristiano e uno non battezzato. La riflessione teologica successiva ha chiarito che solo i matrimoni tra battezzati sono «sacramento» nel senso stretto della parola e che l’indissolubilità assoluta vale solo per questi matrimoni che si collocano nell’ambito della fede in Cristo. Il cosiddetto «matrimonio naturale» ha la sua dignità a partire dall’ordine della creazione ed è pertanto orientato all’indissolubilità, ma può essere sciolto in determinate circostanze a motivo di un bene più alto — nel caso la fede. Così la sistematizzazione teologica ha classificato giuridicamente l’indicazione di san Paolo come privilegium paulinum, cioè come possibilità di sciogliere per il bene della fede un matrimonio non sacramentale. L’indissolubilità del matrimonio veramente sacramentale rimane salvaguardata; non si tratta quindi di una eccezione alla parola del Signore. Su questo ritorneremo più avanti.
A riguardo della retta comprensione delle clausole sulla pornèia esiste una vasta letteratura con molte ipotesi diverse, anche contrastanti. Fra gli esegeti non vi è affatto unanimità su questa questione. Molti ritengono che si tratti qui di unioni matrimoniali invalide e non di eccezioni all’indissolubilità del matrimonio. In ogni caso la Chiesa non può edificare la sua dottrina e la sua prassi su ipotesi esegetiche incerte. Essa deve attenersi all’insegnamento chiaro di Cristo.
2. Altri obiettano che la tradizione patristica lascerebbe spazio per una prassi più differenziata, che renderebbe meglio giustizia alle situazioni difficili; la Chiesa cattolica in proposito potrebbe imparare dal principio di «economia» delle Chiese orientali separate da Roma.
Si afferma che il Magistero attuale si appoggerebbe solo su di un filone della tradizione patristica, ma non su tutta l’eredità della Chiesa antica. Sebbene i Padri si attenessero chiaramente al principio dottrinale dell’indissolubilità del matrimonio, alcuni di loro hanno tollerato sul piano pastorale una certa flessibilità in riferimento a singole situazioni difficili. Su questo fondamento le Chiese orientali separate da Roma avrebbero sviluppato più tardi accanto al principio della akribìa, della fedeltà alla verità rivelata, quello della oikonomìa, della condiscendenza benevola in singole situazioni difficili. Senza rinunciare alla dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, essi permetterebbero in determinati casi un secondo e anche un terzo matrimonio, che d’altra parte è differente dal primo matrimonio sacramentale ed è segnato dal carattere della penitenza. Questa prassi non sarebbe mai stata condannata esplicitamente dalla Chiesa cattolica. Il Sinodo dei Vescovi del 1980 avrebbe suggerito di studiare a fondo questa tradizione, per far meglio risplendere la misericordia di Dio.
Lo studio di padre Pelland mostra la direzione, in cui si deve cercare la risposta a queste questioni. Per l’interpretazione dei singoli testi patristici resta naturalmente competente lo storico. A motivo della difficile situazione testuale le controversie anche in futuro non si placheranno. Dal punto di vista teologico si deve affermare:
a. Esiste un chiaro consenso dei Padri a riguardo dell’indissolubilità del matrimonio. Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la Chiesa non ha nessun potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin dall’inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana, anche se nei primi secoli non esisteva ancora nessun ordinamento canonico proprio. La Chiesa del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò per fedele obbedienza al Nuovo Testamento.
b. Nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di penitenza. È vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente revocato in singoli Paesi concessioni in materia, anche se esse erano qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina. Sembra anche vero che singoli Padri, ad esempio Leone Magno, cercarono soluzioni “pastorali” per rari casi limite.
c. In seguito si giunse a due sviluppi contrapposti:
— Nella Chiesa imperiale dopo Costantino si cercò, a seguito dell’intreccio sempre più forte di Stato e Chiesa, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili. Fino alla riforma gregoriana una simile tendenza si manifestò anche nell’ambito gallico e germanico. Nelle Chiese orientali separate da Roma questo sviluppo continuò ulteriormente nel secondo millennio e condusse a una prassi sempre più liberale. Oggi in molte Chiese orientali esiste una serie di motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio. Nel dialogo ecumenico questo problema deve essere assolutamente affrontato.
— Nell’Occidente fu recuperata grazie alla riforma gregoriana la concezione originaria dei Padri. Questo sviluppo trovò in qualche modo una sanzione nel concilio di Trento e fu riproposto come dottrina della Chiesa nel concilio Vaticano II.
La prassi delle Chiese orientali separate da Roma, che è conseguenza di un processo storico complesso, di una interpretazione sempre più liberale — e che si allontanava sempre più dalla parola del Signore — di alcuni oscuri passi patristici così come di un non trascurabile influsso della legislazione civile, non può per motivi dottrinali essere assunta dalla Chiesa cattolica. Al riguardo non è esatta l’affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato la prassi orientale.Ettore Goffi, «Matrimonio» (1996) Certamente Trento non ha pronunciato nessuna condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici, dovevano firmare una confessione di fede con un’indicazione espressa dell’impossibilità di un secondo matrimonio.
3. Molti propongono di permettere eccezioni dalla norma ecclesiale, sulla base dei tradizionali principi dell’epikèia e della aequitas canonica.
Alcuni casi matrimoniali, così si dice, non possono venire regolati in foro esterno. La Chiesa potrebbe non solo rinviare a norme giuridiche, ma dovrebbe anche rispettare e tollerare la coscienza dei singoli. Le dottrine tradizionali dell’epikèia e della aequitas canonica potrebbero giustificare dal punto di vista della teologia morale ovvero dal punto di vista giuridico una decisione della coscienza, che si allontani dalla norma generale. Soprattutto nella questione della recezione dei sacramenti la Chiesa dovrebbe qui fare dei passi avanti e non soltanto opporre ai fedeli dei divieti.
I due contributi di don Marcuzzi e del professor Rodríguez Luño illustrano questa complessa problematica. In proposito si devono distinguere chiaramente tre ambiti di questioni:
a. Epikèia ed aequitas canonica sono di grande importanza nell’ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate nell’ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. L’indissolubilità del matrimonio è una di queste norme, che risalgono al Signore stesso e pertanto vengono designate come norme di «diritto divino». La Chiesa non può neppure approvare pratiche pastorali — ad esempio nella pastorale dei Sacramenti —, che contraddirebbero il chiaro comandamento del Signore. In altre parole: se il matrimonio precedente di fedeli divorziati risposati era valido, la loro nuova unione in nessuna circostanza può essere considerata come conforme al diritto, e pertanto per motivi intrinseci non è possibile una recezione dei sacramenti. La coscienza del singolo è vincolata senza eccezioni a questa norma. (2)
b. La Chiesa ha invece il potere di chiarire quali condizioni devono essere adempiute, perché un matrimonio possa essere considerato come indissolubile secondo l’insegnamento di Gesù. Nella linea delle affermazioni paoline in 1 Corinzi, 7 essa ha stabilito che solo due cristiani possano contrarre un matrimonio sacramentale. Essa ha sviluppato le figure giuridiche del privilegium paulinum e delprivilegium petrinum. Con riferimento alle clausole sulla pornèia in Matteo e in Atti, 15, 20 furono formulati impedimenti matrimoniali. Inoltre furono individuati sempre più chiaramente motivi di nullità matrimoniale e furono ampiamente sviluppate le procedure processuali. Tutto questo contribuì a delimitare e precisare il concetto di matrimonio indissolubile. Si potrebbe dire che in questo modo anche nella Chiesa occidentale fu dato spazio al principio della oikonomìa, senza toccare tuttavia l’indissolubilità del matrimonio come tale.
In questa linea si colloca anche l’ulteriore sviluppo giuridico nel Codice di Diritto Canonico del 1983, secondo il quale anche le dichiarazioni delle parti hanno forza probante. Di per sé, secondo il giudizio di persone competenti, sembrano così praticamente esclusi i casi, in cui un matrimonio invalido non sia dimostrabile come tale per via processuale. Poiché il matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale e vale il principio fondamentale nemo iudex in propria causa («Nessuno è giudice nella propria causa»), le questioni matrimoniali devono essere risolte in foro esterno. Qualora fedeli divorziati risposati ritengano che il loro precedente matrimonio non era mai stato valido, essi sono pertanto obbligati a rivolgersi al competente tribunale ecclesiastico, che dovrà esaminare il problema obiettivamente e con l’applicazione di tutte le possibilità giuridicamente disponibili.
c. Certamente non è escluso che in processi matrimoniali intervengano errori. In alcune parti della Chiesa non esistono ancora tribunali ecclesiastici che funzionino bene. Talora i processi durano in modo eccessivamente lungo. In alcuni casi terminano con sentenze problematiche. Non sembra qui in linea di principio esclusa l’applicazione della epikèia in “foro interno”. Nella Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1994 si fa cenno a questo, quando viene detto che con le nuove vie canoniche dovrebbe essere escluso «per quanto possibile» ogni divario tra la verità verificabile nel processo e la verità oggettiva (cfr. Lettera, 9). Molti teologi sono dell’opinione che i fedeli debbano assolutamente attenersi anche in “foro interno” ai giudizi del tribunale a loro parere falsi. Altri ritengono che qui in “foro interno” sono pensabili delle eccezioni, perché nell’ordinamento processuale non si tratta di norme di diritto divino, ma di norme di diritto ecclesiale. Questa questione esige però ulteriori studi e chiarificazioni. Dovrebbero infatti essere chiarite in modo molto preciso le condizioni per il verificarsi di una “eccezione”, allo scopo di evitare arbitri e di proteggere il carattere pubblico — sottratto al giudizio soggettivo — del matrimonio.
4. Molti accusano l’attuale Magistero di involuzione rispetto al Magistero del Concilio e di proporre una visione preconciliare del matrimonio.
Alcuni teologi affermano che alla base dei nuovi documenti magisteriali sulle questioni del matrimonio starebbe una concezione naturalistica, legalistica del matrimonio. L’accento sarebbe posto sul contratto fra gli sposi e sullo ius in corpus. Il Concilio avrebbe superato questa comprensione statica e descritto il matrimonio in un modo più personalistico come patto di amore e di vita. Così avrebbe aperto possibilità per risolvere in modo più umano situazioni difficili. Sviluppando questa linea di pensiero alcuni studiosi pongono la domanda se non si possa parlare di «morte del matrimonio», quando il legame personale dell’amore fra due sposi non esiste più. Altri sollevano l’antica questione se il Papa non abbia in tali casi la possibilità di sciogliere il matrimonio.
Chi però legga attentamente i recenti pronunciamenti ecclesiastici riconoscerà che essi nelle affermazioni centrali si fondano su Gaudium et spes e con tratti totalmente personalistici sviluppano ulteriormente sulla traccia indicata dal Concilio la dottrina ivi contenuta. È tuttavia inadeguato introdurre una contrapposizione fra la visione personalistica e quella giuridica del matrimonio. Il Concilio non ha rotto con la concezione tradizionale del matrimonio, ma l’ha sviluppata ulteriormente. Quando ad esempio si ripete continuamente che il Concilio ha sostituito il concetto strettamente giuridico di “contratto” con il concetto più ampio e teologicamente più profondo di “patto”, non si può dimenticare in proposito che anche nel “patto” è contenuto l’elemento del “contratto” pur essendo collocato in una prospettiva più ampia. Che il matrimonio vada molto al di là dell’aspetto puramente giuridico affondando nella profondità dell’umano e nel mistero del divino, è già in realtà sempre stato affermato con la parola “sacramento”, ma certamente spesso non è stato messo in luce con la chiarezza che il Concilio ha dato a questi aspetti. Il diritto non è tutto, ma è una parte irrinunciabile, una dimensione del tutto. Non esiste un matrimonio senza normativa giuridica, che lo inserisce in un insieme globale di società e Chiesa. Se il riordinamento del diritto dopo il Concilio tocca anche l’ambito del matrimonio, allora questo non è tradimento del Concilio, ma esecuzione del suo compito.
Se la Chiesa accettasse la teoria che un matrimonio è morto, quando i due coniugi non si amano più, allora approverebbe con questo il divorzio e sosterrebbe l’indissolubilità del matrimonio in modo ormai solo verbale, ma non più in modo fattuale. L’opinione, secondo cui il Papa potrebbe eventualmente sciogliere un matrimonio sacramentale consumato, irrimediabilmente fallito, deve pertanto essere qualificata come erronea. Un tale matrimonio non può essere sciolto da nessuno. Gli sposi nella celebrazione nuziale si promettono la fedeltà fino alla morte.
Ulteriori studi approfonditi esige invece la questione se cristiani non credenti — battezzati, che non hanno mai creduto o non credono più in Dio — veramente possano contrarre un matrimonio sacramentale. In altre parole: si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio tra due battezzati èipso facto un matrimonio sacramentale. Di fatto anche il Codice indica che solo il contratto matrimoniale «valido» fra battezzati è allo stesso tempo sacramento (cfr. Codex iuris canonici, can. 1055, § 2). All’essenza del sacramento appartiene la fede; resta da chiarire la questione giuridica circa quale evidenza di «non fede» abbia come conseguenza che un sacramento non si realizzi. (3)
5. Molti affermano che l’atteggiamento della Chiesa nella questione dei fedeli divorziati risposati è unilateralmente normativo e non pastorale.
Una serie di obiezioni critiche contro la dottrina e la prassi della Chiesa concerne problemi di carattere pastorale. Si dice ad esempio che il linguaggio dei documenti ecclesiali sarebbe troppo legalistico, che la durezza della legge prevarrebbe sulla comprensione per situazioni umane drammatiche. L’uomo di oggi non potrebbe più comprendere tale linguaggio.Rogier Van der Weyden, «Il matrimonio» (1445) Gesù avrebbe avuto un orecchio disponibile per le necessità di tutti gli uomini, soprattutto per quelli al margine della società. La Chiesa al contrario si mostrerebbe piuttosto come un giudice, che esclude dai sacramenti e da certi incarichi pubblici persone ferite.
Si può senz’altro ammettere che le forme espressive del Magistero ecclesiale talvolta non appaiano proprio come facilmente comprensibili. Queste devono essere tradotte dai predicatori e dai catechisti in un linguaggio, che corrisponda alle diverse persone e al loro rispettivo ambiente culturale. Il contenuto essenziale del Magistero ecclesiale in proposito deve però essere mantenuto. Non può essere annacquato per supposti motivi pastorali, perché esso trasmette la verità rivelata. Certamente è difficile rendere comprensibili all’uomo secolarizzato le esigenze del Vangelo. Ma questa difficoltà pastorale non può condurre a compromessi con la verità. Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Veritatis splendor ha chiaramente respinto le soluzioni cosiddette «pastorali», che si pongono in contrasto con le dichiarazioni del Magistero (cfr. ibidem, 56).
Per quanto riguarda la posizione del Magistero sul problema dei fedeli divorziati risposati, si deve inoltre sottolineare che i recenti documenti della Chiesa uniscono in modo molto equilibrato le esigenze della verità con quelle della carità. Se in passato nella presentazione della verità talvolta la carità forse non risplendeva abbastanza, oggi è invece grande il pericolo di tacere o di compromettere la verità in nome della carità. Certamente la parola della verità può far male ed essere scomoda. Ma è la via verso la guarigione, verso la pace, verso la libertà interiore. Una pastorale, che voglia veramente aiutare le persone, deve sempre fondarsi sulla verità. Solo ciò che è vero può in definitiva essere anche pastorale. «Allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Giovanni, 8,32).
Note:
1 Cfr. Ángel Rodríguez Luño, L’epicheia nella cura pastorale dei fedeli divorziati risposati, in Sulla pastorale dei divorziati risposati, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1998, («Documenti e Studi», 17), pp. 75-87; Piero Giorgio Marcuzzi, s.d.b., Applicazione di «aequitas et epikeia» ai contenuti della Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 14 settembre 1994ibidem, pp. 88-98; Gilles Pelland, s. j.,La pratica della Chiesa antica relativa ai fedeli divorziati risposatiibidem, pp. 99-131.
2 A tale riguardo vale la norma ribadita da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica postsinodaleFamiliaris consortio, n. 84: «La riconciliazione nel sacramento della penitenza — che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico — può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi — quali, ad esempio, l’educazione dei figli — non possono soddisfare l’obbligo della separazione, “assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”». Cfr. anche Benedetto XVI, Lettera apostolica postsinodale Sacramentum caritatis, n. 29.
3 Durante un incontro con il clero della diocesi di Aosta, svoltosi il 25 luglio 2005, Papa Benedetto XVI ha affermato in merito a questa difficile questione: «Particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal Sacramento. Questa è realmente una sofferenza grande e quando sono stato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito.
30 novembre 2011
[parola chiave: Benedetto XVI]


domenica 24 giugno 2018

Un gigante e regge da solo con mano ferma un Vessillo

8. Le persecuzioni al Santo Padre; un papa viene assassinato
"...il Papa con i cardinali dovranno fuggire da Roma in circostanze tragiche per rifugiarsi in un luogo dove saranno sconosciuti. Il Papa morirà di una morte crudele nel suo esilio..."
1600, profezia di Fra’ Johannes [a, f, o]

"...La rivoluzione esploderà in Italia, quasi nello stesso momento che in Francia. Per un po’ di tempo la Chiesa sarà senza un Papa..."
Profezia del XIX secolo, l’Estatica di Tours [f, o]

"La Santa Chiesa sarà perseguitata...e Roma sarà senza un pastore..."
XIX secolo, profezia della Ven. Madre Agnese Steiner [a, c]

"La religione verrà perseguitata e i preti massacrati... Il Santo Padre sarà obbligato a lasciare Roma."
XIX secolo, profezia della Beata Anna Maria Taigi, Siena [a, c, f]

"Quelli che vidi credo che fossero quasi tutti i vescovi del mondo, ma solo un piccolo numero era perfettamente retto. Vidi anche il Santo Padre - assorto nella preghiera e timoroso di Dio. Non c’era niente che lasciasse a desiderare nella sua apparenza, ma era indebolito dall’età avanzata e da molte sofferenze. La testa pendeva da una parte all’altra, e cadeva sul petto come se si stesse addormentando. Egli aveva spesso svenimenti e sembrava che stesse morendo. Ma quando pregava era spesso confortato da apparizioni dal Cielo. In quel momento la sua testa era dritta, ma non appena la faceva cadere sul petto vedevo un certo numero di persone che guardavano rapidamente a destra e a sinistra, cioè in direzione del mondo."
"Vedo il Santo Padre in grande angoscia. Egli vive in un palazzo diverso da quello di prima e vi ammette solo un numero limitato di amici a lui vicini. Temo che il Santo Padre soffrirà molte altre prove prima di morire. Vedo che la falsa chiesa delle tenebre sta facendo progressi, e vedo la tremenda influenza che essa ha sulla gente. Il Santo Padre e la Chiesa sono veramente in una così grande afflizione che bisognerebbe implorare Dio giorno e notte." (10 agosto 1820)
"La scorsa notte sono stata condotta a Roma dove il Santo Padre, immerso nel suo dolore, è ancora nascosto per evitare le incombenze pericolose. Egli è molto debole ed esausto per i dolori, le preoccupazioni e le preghiere. Ora può fidarsi solo di poche persone; è principalmente per questa ragione che deve nascondersi. Ma ha ancora con sé un anziano sacerdote di grande semplicità e devozione. Egli è suo amico, e per la sua semplicità non pensavano valesse la pena toglierlo di mezzo. Ma quest’uomo riceve molte grazie da Dio. Vede e si rende conto di molte cose che riferisce fedelmente al Santo Padre. Mi veniva chiesto di informarlo, mentre stava pregando, sui traditori e gli operatori di iniquità che facevano parte delle alte gerarchie dei servi che vivevano accanto a lui, così che egli potesse avvedersene." (Agosto 1820)
"La Chiesa si trova in grande pericolo. Dobbiamo pregare affinché il Papa non lasci Roma; ne risulterebbero innumerevoli mali se lo facesse..." (1 ottobre 1820)
"Mentre attraversavo Roma con San Francesco e altri santi, vedemmo un grande palazzo avvolto dalle fiamme, da cima a fondo. Avevo tanta paura che gli occupanti potessero morire bruciati perché nessuno si faceva avanti per spegnere il fuoco. Tuttavia, mentre ci avvicinavamo il fuoco diminuì e noi vedemmo un edificio annerito. Attraversammo un gran numero di magnifiche stanze, e finalmente raggiungemmo il Papa. Era seduto al buio e addormentato su una grande poltrona. Era molto ammalato e debole; non riusciva più a camminare.
Gli ecclesiastici nella cerchia interna sembravano insinceri e privi di zelo; non mi piacevano. Parlai al Papa dei vescovi che presto dovevano essere nominati. Gli dissi anche che non doveva lasciare Roma. Se l’avesse fatto sarebbe stato il caos. Egli pensava che il male fosse inevitabile e che doveva partire per salvare molte cose... Era molto propenso a lasciare Roma, e veniva esortato insistentemente a farlo..." (7 ottobre 1820)
1820, profezie della Beata Anna Caterina Emmerich [f, o]

"Ho visto uno dei miei successori che fuggiva scavalcando i corpi dei suoi fratelli. Egli troverà rifugio in incognito da qualche parte e dopo un breve periodo di isolamento morirà di morte violenta."
1909, profezia di Papa Pio X [a, f, o]

"...il Santo Padre avrà molto da soffrire..."
1917, profezia tratta dalla prima parte del segreto di Fatima rivelato a Suor Lucia dalla Madonna [q]

"...Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni...".
1917, visione tratta dalla terza parte del segreto di Fatima rivelato a Suor Lucia dalla Madonna [q]

"La Chiesa resterà vacante per lunghi mesi."
XIX-XX secolo, messaggio di Gesù a Maria Giulia Jahenny, Blain in Francia [x]

"Oh, che orribile visione vedo! Sta succedendo una grande rivoluzione a Roma! Stanno entrando in Vaticano. Il Papa è da solo, sta pregando. Stanno tenendo il Papa. Lo prendono con la forza. Lo picchiano fino a farlo cadere. Lo stanno legando. Oh Dio! Oh Dio! Gli stanno dando dei calci. Che scena orribile! E’ terribile!...Nostra Signora si sta avvicinando. Quegli uomini malvagi cadono a terra come cadaveri! Nostra Signora aiuta il Papa ad alzarsi prendendolo per il braccio, lo copre con il Suo mantello e gli dice: - Non temere!"
Venerdì Santo 1961, visione della Beata Elena Aiello, Calabria [k]

"...il Papa dovrà molto soffrire."
22 agosto 1969, messaggio della Madonna alla Beata Elena Aiello, Calabria [m]

"...vediamo stare una bianca figura d'uomo che s'innalza per la sua statura morale e spirituale come un gigante e regge da solo con mano ferma un Vessillo; è il Vessillo della Chiesa di Cristo che molti e potenti nemici vorrebbero strappargli ma che Egli tiene con mano sicura mentre indica a tutti la Via della Salvezza. Questo invitto Condottiero che non teme di nulla cadrà, gloriosissimo Martire, arrossando col suo sangue l'immacolata veste che indossa, irrorando così anche la Chiesa ... molti di coloro infatti che dovrebbero essere al fianco del fiero e glorioso guerriero lo hanno abbandonato passando al Nemico e anche se esternamente fingono fedeltà e obbedienza, contemporaneamente congiurano contro di Lui, ma tutte le mene e i raggiri dei nemici di Cristo, sommo ed invincibile Re dei secoli eterni, cadranno nel vuoto perché «non prevarranno»."
2 gennaio 1979, messaggio di un'anima del Paradiso a Mons. Ottavio Michelini, Italia [t]

Patricia riferisce alcuni particolari che la Madonna le avrebbe rivelato a proposito della guerra: "La guerra è vicina... Inizialmente anche la Polonia verrà coinvolta, ma quando il Santo Padre lascerà Roma, andando prima in Francia e poi in Polonia, la Polonia sarà protetta... ecco perché la conversione adesso è così importante."
La veggente Patricia Talbot, Cuenca, Ecuador [c]


 Continua nella terza parte con "Dio darà agli uomini avvertimenti e segni prodigiosi per scuoterli dal loro torpore spirituale; la «illuminazione delle coscienze»"

Ascoltate Dio.

Ascoltate Dio (Eliseo)

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17 giugno 2006

GESÙ:   Ascoltate, voi tutti che dubitate di ciò che Io faccio con i Miei profeti di oggi, i Miei amici fedeli che Io mando a voi. Con loro, Io farò cose ancora più grandi di quelle che fecero i Miei profeti di un tempo con il Mio intervento.

Perché ogni profeta é un ispirato da Dio.

L'Ispirato riceve l'influsso divino. Così, quello che deve dire o fare é la rivelazione dei Disegni di Dio. Io svelo la Mia Santa Verità a un Ispirato, uomo o donna. Lo Spirito Santo parla in lui. Quello che lui può dire si dirà per tutti. Quello che deve compiere, si compirà così come ve lo dirà, per voi tutti o per uno solo. La Mia Parola sta nel vero profeta che vi porta la Mia Santa Verità.

« Elia fu rapito da un carro di fuoco e da cavalli di fuoco. Elia salì nel turbine verso il Cielo.»

Solo Eliseo vide ciò che era velato agli occhi umani. E Dio glielo ha permesso affinché sapesse che Dio stesso l'aveva scelto come profeta. Lo spirito profetico non può venire che da Dio. Nessuno può trasmetterlo ad un altro.

Al sollevamento di Elia nel cielo, Eliseo raccolse il mantello che era caduto ad Elia e tornò sulla riva del Giordano. Prese il mantello di Elia e colpì con esso le acque che si separarono di qua e di là; così Eliseo passò dall’altra parte, come fece Elia prima di lui, e come Mosè quando attraversò il Mar Rosso.

Eliseo venne nella città di Gerico, e i suoi abitanti dissero: "Le acque sono cattive e la terra è sterile.” Disse loro Eliseo: "Portatemi una pentola nuova e mettetevi del sale. " Gliela portarono. Eliseo si recò alla sorgente dell'acqua e vi versò il sale, pronunziando queste parole: "Dice il Signore: Rendo sane queste acque; da esse non si diffonderanno più morte e sterilità." Le acque rimasero sane fino ad oggi, secondo la parola pronunziata da Eliseo.

Non crederete mica che una potenza magica sia venuta in aiuto a Mosè, a Elia o ad Eliseo. No ! Sappiate che nulla si è potuto fare senza la Preghiera e l'intervento del profeta che porta in sé il Disegno di Dio.

La Moltiplicazione dei pani per opera di Eliseo

Da Baal-Salisa venne un individuo che offrì primizie ad Eliseo, venti pani d'orzo e farro. Eliseo gli ordinò: "Dallo da mangiare alla gente." Ma colui che serviva disse: "Come posso mettere questo davanti a cento persone? " Eliseo replicò: "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche".

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la Parola del Signore. Eliseo fece molti miracoli.

Il profeta é investito del Potere stesso di Dio che parla a lui nello spirito come pure al cuore. La Fiducia dell'Onnipotente gli è concessa senza riserve.



GESÙ diede lo stesso ordine ai Suoi Apostoli: "Date loro da mangiare". Con cinque pani e due pesci, tutti mangiarono e furono saziati. Erano 5000 uomini e avanzarono 12 ceste di pane e di pesci. GESÙ é Dio, il miracolo viene da Dio. Il profeta parla e agisce solo per la Volontà dell'Onnipotente.

Colui che viene scelto per portare il Progetto di Dio, lo porta totalmente scritto nel proprio cuore. Al momento opportuno, quando deve intervenire un cambiamento, come un ventaglio che si dispiega, appare nel suo spirito, la fase che deve attuarsi. Il profeta parla allora come se ciò gli fosse annunciato in quel momento. Ogni cosa si scopre a suo tempo.

Il profeta ha parlato nel passato, come parla oggi. Dio ha parlato attraverso i Suoi profeti di ogni tempo.

Poiché mettono in dubbio la Parola che Io ti dono, tu dirai loro: «Sì, Io ti ho chiesto di mandare al Mio Vescovo una richiesta esponendogli di nuovo, dopo 33 anni, i fatti che sì sono svolti a Dozulé dal 1972 al I978. Voi l'avete chiamata petizione. Essa è circolata nei paesi come lo ho desiderato, lasciando libera la popolazione di seguirla. La Mia Parola è irrefutabile Gli sarà rivolta questa seconda supplica. E questo sarà il Mio intervento finale, che verrà contato come terzo:

«Se l'uomo non fa elevare la Croce Gloriosa, Dio la farà apparire ma non ci sarà più tempo.» Per tre volte Io ho interrogato Pietro : «Pietro, Mi ami tu ?», come per tre volte ho gettato la rete per ripescare il SÌ della Mia Chiesa. Era necessario che la Testimonianza di Dio si compisse. Io sono ancora lo Sconosciuto che interpella: «Ehi, ragazzi! Avete del pesce?»... «Ahimè, Signore abbiamo lavorato tutta la notte senza prendere nulla.» Tre giorni di tenebre, come giorni oscuri, attendono che la Croce illumini il Mondo. Io non vi ho ancora detto: «Gettate le vostre reti a destra.» La pienezza verrà con l'Ora di Dio. AttendeteMi. Ed ecco che Io vengo. Amen, vieni, Signore GESÙ!

Se aveste Fede, come quel piccolo granello di senape, non avreste potuto dire No a Cristo GESÙ, poiché la Mia Croce Gloriosa, è GESÙ Risuscitato.

GESÙ Cristo
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Le visioni profetiche

Le visioni profetiche

Quando Pio XII concluse il suo cammino terrestre, nel 1958 venne chiesto a Teresa Neumann chi sarebbe salito al trono pontificio. E lei, dopo una breve meditazione disse:
"Sul trono di Pietro siederà l’angelo proveniente dal mare. Porterà il nome di un papa che non fu papa e regnerà oltre il mio tempo".
La profezia si rivelò esatta, in modo impressionante. Venne eletto difatti il cardinale Angelo Roncalli, proveniente da Venezia (l’angelo proveniente dal mare). Il nuovo pontefice assunse il nome di Giovanni XXIII. Nel 1410 fu il cardinale Cossa che, dopo essersi fatto eleggere, assunse il nome di Giovanni XXIII. Ma le elezioni non erano state una libera scelta, tanto che cinque anni dopo venne dichiarato decaduto e condannato per simonia, Papa Roncalli scelse pertanto il nome di un papa che non fu papa. E il suo pontificato andò oltre il tempo terreno di Teresa. Questa morì difatti nel 1962, mentre Giovanni XXIII concluse il pontificato nel 1963.

Nel 1959 Teresa disse testualmente: "Fra dieci anni, o poco più, l’uomo guarderà la Terra dalla Luna". E nel 1969, Armstrong, il primo astronauta della storia, scese sulla luna. E, come aveva profetizzato la Veggente, "guardò il pianeta Terra, dal suo satellite". Durante una sua estasi, "vide" anche l’attentato a Giovanni Paolo II: "Ho visto il Santo Padre con le vesti macchiate di sangue, esclamò un giorno. L’ho visto su una piazza gremita di gente... Ho sentito gridare e ho sentito il rumore di un’autovettura che si stava allontanando"
E così avvenne in quel fatidico 1981, quando Ali Agca sparò in piazza San Pietro al pontefice.
La parte più significativa dei vaticini di Teresa riguardano però il nostro tempo futuro, Al termine della seconda guerra mondiale, quando le persone esultavano per la fine delle dittature (una fine che Teresa aveva profetizzato quando, alla vigilia del conflitto, venne stipulato tra l’Italia e la Germania il Patto d’Acciaio) la Veggente disse: "E' giustificata la gioia, perché l’incubo é finito.. ma la grande piaga si aprirà nel 1999 e sanguinerà per diciotto anni: sarà questo il tempo di Caino" (1999-2017).

Alcune delle sue visioni profetiche:
"Ho visto rovesciare sulla terra ceste piene di serpenti, che strisciavano sulle città e sulle campagne, distruggendo tutto.
E quando l’opera di distruzione è stata compiuta ho visto scendere sulla terra degli angeli, sotto forma di uomini".
"Il mondo intero sarà affidato a bestie orrende".

"L’ignoranza, il disprezzo per la cultura, la violenza, il lassismo, il materialismo, saranno i piedi dello scranno sul quale siederà il serpente dei serpenti.
Vedrete allora l’asino dettare legge al leone. Vedrete gli allievi insultare i loro insegnanti; vedrete la cultura bruciare sulla pubblica piazza, in nome della cultura.
Troppi leoni avranno il cuore dell’asino, e si lasceranno trarre in inganno. Ho visto il mondo affidato a bestie orrende, con la testa d’asino e il corpo da serpente. Ho visto l’orrenda strage degli uomini di pietà e degli uomini d’intelletto.
Quando poi l’epidemia avrà contaminato ogni casolare, si renderà necessaria una purificazione generale. L’acqua dovrà lavare ogni granello di sabbia che copre la terra.
Ho visto san Bernardo e tanti altri spiriti eletti ritornare sulla terra, per istruire le genti. E le genti, finalmente, sapranno fare tesoro dell’insegnamento.
E l’armonia del tutto si fonderà nella verità e nell’amore".

"Ho visto scendere dal cielo un’enorme quantità di foglie secche. E su ogni foglia c’era una scintilla di fuoco.
Un uomo che mi stava vicino, gridò a gran voce: scostatevi, perché piove la pestilenza stellare.
Molti cercarono di fuggire, ma vennero ugualmente raggiunti dalle foglie secche.
E quando una di queste si posava sulla pelle, si formava una macchia nera, e dalla macchia nera usciva uno zampillo di sangue".

"Ho visto fiumi enormi rompere gli argini, trascinando cose, uomini e cavalli. Ho visto la terra aprirsi come una vecchia ferita, e da questa sgorgare del sangue marcio... Mi sembra che la terra fosse diventata un tappeto sospeso nell’aria... Tutto tremava e sobbalzava, rendendo difficile mantenersi in equilibrio... Poi ho visto aprirsi una voragine... Ho visto aprirsi la terra, afferrare case e uomini e poi richiudersi".

"Ho visto la terra schiumeggiare come il mare. Ho visto contadini scavare alcune buche per piantare alberi, ma da queste buche usciva un liquido nerastro, schiumoso. E quando la pianta veniva messa nella terra si copriva a sua volta di schiuma. E la schiuma avanzava, come un mare in tempesta, coprendo montagne e pianure".

"Ho visto sulla strada, molta gente che respirava a fatica, mentre nel cielo si stavano addensando nubi gialle. Ho visto uomini salire sugli alberi per cercare un po’ d’aria. Ho visto uomini tagliarsi la gola, nella disperazione e nella speranza di succhiare un po’ d’aria".

"Ho visto un cimitero nel quale venivano sepolti i sogni dell’uomo. E ogni sogno aveva una lapide. E su ogni lapide c’era un epitaffio...
Su una pietra era scritto: ‘Qui giace il sogno dell’uomo, di correre più veloce del vento’. Altrove, ho visto scritto: ‘Qui giace il sogno dell’uomo di prolungare all’infinito la sua vita’. C’era poi la grande tomba, che racchiudeva il grande sogno. E l’epitaffio diceva: -Qui giace l’uomo che si credeva un dio- ".

"Ho visto un cielo pieno di stelle. Sembrava un enorme accampamento, con i fuochi accesi, in attesa dell’alba e della battaglia. A un certo punto ho visto una stella brillare di una luce eccezionale, tra il rosso e il viola.
E la stella iniziò a muoversi, e dietro a lei si accodarono tante altre stelle, tanto da formare una chioma. -Seguite la stella-, mi disse una voce...".
"Quando la purificazione sarà completata, riprenderà la vita. Ma l’uomo nuovo indosserà un abito nuovo: l’abito dell’umiltà e della fede". (Fine) 

mercoledì 20 giugno 2018

SUOR Maria CONSOLATA BETRONE


SUOR CONSOLATA BETRONE E L’INFERNO
Suor  Consolata (Pierina Betrone) nasce il 6 aprile 1903 a Saluzzo (Cuneo) in una semplice e numerosa famiglia. A 13 anni con intensità improvvisa e misteriosa sente in cuore l’invocazione: “Mio Dio, ti amo!”. Nella festa dell’Immacolata del 1916 Pierina avverte distintamente in sé le parole: “Vuoi essere tutta mia?” e con slancio risponde: “Gesù, sì”. L’anno seguente con la famiglia si trasferisce a Torino e attende fino a 21 anni per poter chiarire e realizzare la propria vocazione. Finalmente il 17 aprile 1929 entra nel monastero delle Clarisse cappuccine di Torino e la domenica in Albis, 8 aprile 1934, emette i voti perpetui con il nome di Suor Maria Consolata. 
In Comunità si dona generosamente nei servizi di cuoca, portinaia, ciabattina e infermeria. Per lo sdoppiamento dell’ormai troppo numerosa Comunità, il 22 luglio 1939 Suor M. Consolata viene trasferita al nuovo monastero di Moncalieri, frazione Moriondo, continuando la sua vita operosa nella preghiera e nella nascosta immolazione a Dio. ...
... Conquista alla piccola via d’amore di Santa Teresa di Lisieux, Suor Maria Consolata ne integra la dottrina rivestendola di forma concreta: “la piccolissima via d’amore”. E’ la via dell’unione costante con Gesù e Maria, unione che ci guida alla perfezione. 

Con l’atto d’amore: “Gesù , Maria vi amo, salvate anime”, noi ci uniamo al nostro progetto di Dio: la salvezza delle anime. 
Si offre per le anime ed in particolare per implorare la misericordia di Dio per i “Fratelli e le Sorelle”, cioè per il recupero alla grazia divina dei Sacerdoti e dei Religiosi/e vinti dal peccato e per i “moribondi” induriti dal rifiuto dei Sacramenti. In questo olocausto d’amore si consuma, spegnendosi a soli 43 anni, all’alba del 18 luglio 1946. Il suo corpo riposa nella cappella esterna del monastero di Moncalieri. Una consorella cappuccina che visse al fianco di suor Betrone ha annotato con scrupolo i dialoghi della pia suora con Cristo e poi li affidò al direttore spirituale del convento. 

In alcune rivelazioni alla pia suora Gesù parla dell’inferno e dichiara il 15 dicembre 1935 : “Consolata, sovente, anime buone, anime pie e molto spesso anime a me consacrate, con una frase diffidente feriscono l’intimo del mio Cuore: “Chissà se mi salverò?”. Apri il Vangelo e leggi le mie promesse: “Alle mie pecorelle io do’ loro la vita eterna e non andranno mia perdute, e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Gv 12, 28), leggi ancora: “Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può  strapparmi un’anima… in eterno non periamo… perché allora l’insoluto: “Chissà se mi salverò?”. 

Pensa come è stolto il vostro timore di dannarvi: dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio Sangue, dopo che per un’intera esistenza l’ho  circondata di grazie, di grazie e di grazie… all’ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione, e quindi  quest’anima sta per amarmi eternamente, Io, proprio Io che nel Santo vangelo ho promesso di dare ed esse la vita eterna, me le lascerò rubare dal mio peggiore nemico? Ma, Consolata, si può credere ad tale mostruosità?”. 

“O Consolata, tu confida sempre; credi ciecamente che io adempirò tutte le grandi promesse che ti ho fatte, perché Io sono buono, sono immensamente buono e misericordioso e non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. 

7 dicembre 1935: “Le anime sono mie, per esse ho dato tutto il mio Sangue! Comprendi allora quanto ferisce il mio Cuore materno ciò che è giudizio severo…Tu non giudicare mai…ma consola il mio Cuore, distoglimi dalle mie tristezze, fammi vedere con le industrie della carità, solo il lato buono di un’anima colpevole, e Io ti crederò e poi ascolterò la tua preghiera in suo favore”. 

15 dicembre 1935: “Vedi Consolata all’inferno ci va chi vuole andarvi…Vedi, l’impenitenza finale l’ha quell’anima che vuole andare all’inferno di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia misericordia, perché io non rifiuto mai il mio perdono a nessuno, a tutti offro la mia immensa misericordia, perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! 

No, non è la moltitudine dei peccati che danna l’anima, perché io li perdono se essa si pente, ma è l’ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare. San Disma, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me, e tanti e tanti peccati; ma in un istante è perdonato e lui, nel giorno stesso del suo ravvedimento, entra a possedere il mio Regno ed è un Santo! Vedi il trionfo della mia misericordia e della confidenza in Me!”.

AMDG et BVM