giovedì 9 febbraio 2017

Ella è felice quando può consolare un'afflizione ed Io la voglio fare felice


....
Amate con riconoscenza il Signore e non temete. Dio dà il cento per uno a chi lo ama». 
Gesù avrebbe finito. Ma tutti gridano: 
«Benedici, benedici! La tua benedizione su noi!». E Gesù si alza in piedi, apre le braccia e tuona: 
«Il Signore vi benedica e custodisca, vi mostri la sua faccia e abbia di voi pietà. Il Signore volga su voi il suo volto e vi dia la sua pace. Il nome del Signore sia nei vostri cuori, sulle vostre case e sui vostri campi».

 
La folla, la piccola folla adunata, ha un gridio di gioia e di acclamazioni al Messia. Ma poi tace e si fende per lasciare passare una madre che ha sulle braccia un bambino di circa dieci anni, paralitico. Ai piedi della scala lo tende, come lo offrisse a Gesù. 
«Una mia serva. Il suo maschio cadde lo scorso anno dall'alto della terrazza ed ebbe spezzate le reni. Per tutta la vita giacerà sulla schiena», spiega il padrone. 
«Ha sperato in Te tutti questi mesi...», aggiunge la padrona. 
«Dille che venga a Me». 
Ma la povera donna è così emozionata che pare abbia lei una paralisi. Trema tutta e incespica nella lunga veste montando gli alti gradini col figlio sulle braccia. Maria si alza in piedi, pietosa, e le scende incontro. «Vieni. Non temere. Mio Figlio ti ama. Dammi la tua creatura. Salirai meglio. Vieni, figlia. Sono madre io pure», e le prende il fanciullo, al quale sorride dolcemente, salendo poi col suo pietoso carico che le pesa sulle braccia. La madre del fanciullo le va dietro piangente. Maria è ora davanti a Gesù. Si inginocchia e dice: «Figlio! Per questa madre!». Non altro. 
Gesù non chiede neppure il suo solito: «Che vuoi che ti faccia? Credi che Io lo possa fare?». 
No. Oggi sorride e dice: «Donna, vieni qui». 
La donna va proprio accosto a Maria. Gesù le pone una mano sulla testa e dice solo: 
«Sii lieta», e ancor non ha finito di dire la parola che il fanciullo, fino allora steso pesantemente sulle braccia di Maria e con le gambe ciondoloni, si siede di scatto e, con un grido di festa: 
«Mamma!», corre a rifugiarsi sul seno materno. 


I gridi di osanna sembra vogliano penetrare nel cielo tutto rosso nel tramonto. La donna, col figlio stretto al cuore, non sa che dire e lo chiede: 
«Che, che devo fare per dirti che son felice?». 
E Gesù, carezzandola ancora: «Essere buona, amare Dio e il tuo prossimo, e allevare in questo amore il figlio tuo». Ma la donna non è ancor contenta.Vorrebbe... vorrebbe... e infine chiede: 
«Un bacio tuo e di tua Madre al mio bambino». 
Gesù si china e lo bacia, e Maria pure. E mentre la donna va via felice, fra un codazzo di amici acclamanti, Gesù spiega alla padrona: «Non è occorso di più. Egli era nelle braccia di mia Madre. Anche senza parola lo avrei sanato, perché Ella è felice quando può consolare un'afflizione ed Io la voglio fare felice». 
E fra Gesù e Maria va uno di quegli sguardi che solo chi li ha visti li può capire, tanto sono profondi di significato. 

martedì 7 febbraio 2017

Hermosa doncella delicia de Dios


Madre Mariana de Jesus Torres (1563-1635)



Poema #1

Hermosa doncella
delicia de Dios
camina hacia mi alma
con paso veloz.

en mi cruel amargura
en pena y dolor
sois Vos mi consuelo
y dadme valor.

Cual hoja marchita
del arbol de Dios
me arrastro muy lejos
del arbol Menor.

Oh! arbol bendito
querido de Dios
faltando tu sombra
me falta el armor.

Cual debil barquilla
en mar tempestuoso
fluctua mi alma
sin remo y sin luz.

En sauce extranjero
colgando mi lira
me miro cautiva
y empiezo a llorar.

Mas alla, en lontananza
pasados los siglos
a Francisco y sus hijos
los veo venir.

Trayendo la dicha

la paz, la ventura
que en tanta tristura
se encuentra mi hogar.

Mi dia dichoso

de santa alegria!
venid presuroso
que ansio por ti!

Pidiendote Madre

sosten en mi lucha,
consuelo en mi pena,
alivio en mi mal.

Que salves tu Casa!

fundada por Ti,
do ocultos residen
la paz y el amor.

Oh! Padre Llagado

Francisco de Asis
sed Vos mi abogado
en lance fatal.

Cuidad de tus hijas

que tristes llorosas
te piden,amorosas
valor y fervor.

Maldito mil veces

quien no ame a Francisco,
Alferez de Cristo
mi Padre y mi amor.

Mas yo, en este suelo

de tanto quebranto
do bebo el llanto
no espero gozar.

Cuando haya acabado

mis dias mortales
terminan mis males
y empiezo a gozar.

Y ya desde el Cielo

con santo desvelo
la santa observancia
de aqui celare.

Y en todos los siglos

tendre buenas hijas
que, amantes, prolijas,
a Dios serviran.

Braccia profumate - Una sola goccia



BRACCIA PROFUMATE


Don Bosco era andato a visitare una nobile famiglia, nella speranza di essere aiutato nelle opere di carità. Mentre si intratteneva a colloquio con la signora, si accorse che la figlia di costei stava allo specchio ed era intenta a profumare le braccia.
- Signora, sua figlia non vuol bene alle sue braccia!
- Tutt'altro! E' vanitosa e non pensa che a profumarsi! Ama troppo le braccia! - Eppure, non è così! Se le amasse, non farebbe ciò che adesso fa! Chi sa quanto avrà da soffrire in Purgatorio. - Grandi sono le pene riservate a quelle mancanze che si chiamano leggerezze. Esaminiamo qualche apparizione.


Una sola goccia

Il Padre Stanislao Koscoa, domenicano, pregava un giorno per le anime del Purgatorio, quand'ecco presentarsegliene una, tutta avvolta nelle fiamme. Inorridì il Santo Sacerdote e domandò: Il fuoco che tu soffri è più forte di quello della terra? - Ahimè, rispose la misera gridando; tutto il fuoco della terra paragonato a quello del Purgatorio, è come un soffio di aria freschissima! Non c'è paragone tra il fuoco terreno, creato per misericordia, e quello soprannaturale, creato per la Divina Giustizia!
- Bramerei farne la prova! -
Il Padre Stanislao, senza sgomentarsi, stese la mano ed il defunto vi fece cadere una goccia del suo sudore, o almeno un liquido che sembrava tale. Il Religioso emise un grido acuto e cadde tramortito. Accorsero i Confratelli e lo fecero rinvenire. Gli si formò sulla mano una piaga, che lo accompagnò alla tomba. Prima di morire disse alla Comunità:


·         Ah! Se ognuno di noi conoscesse il rigore dei divini castighi, non peccherebbe giammai! Facciamo penitenza in questa vita, per non doverla poi fare nell'altra! Combattiamo i nostri difetti e correggiamoli; guardiamoci dai piccoli falli, perchè il Giudice. Divino ne tiene stretto conto. La Maestà Divina è tanto santa, che non può soffrire nei suoi eletti la minima macchia! -

Anima privilegiata

Ci sono nel mondo delle anime privilegiate, cioè scelte direttamente da Dio per una missione particolare. A costoro Gesù si presenta sensibilmente e le mette nello stato di vittima straordinaria, rendendole partecipi anche dei dolori della sua Passione. Queste vittime riparano certe categorie di peccati e soffrono moltissimo nel corpo e nello spirito. Perchè possano soffrire di più e salvare più peccatori, Iddio permette che talune di esse siano trasportate, sebbene viventi, nell'ordine soprannaturale e che stiano a penare nel Purgatorio ovvero nell'inferno. Come avvenga il fenomeno, non possiamo spiegarlo. Queste vittime, quando ritornano dall'al di là, sono afittissime e sogliono piangere dirottamente; qualche volta restano con delle scottature e piaghe nel corpo. Le anime privilegiate scompaiono improvvisamente dalla propria camera, alla presenza anche di testimoni, o dopo una notte o parecchie ore riappaiono. Sembrano cose incredibili, ma sono storiche.


Per conoscere più diffusamente questi fatti, si legga il volume « Invito all'amore » edito dalla Libreria L.I.C.E. - Berruti - Torino. E' la storia di Suor Josefa Menendez, morta nel 1923. Ecco alcuni episodi:

- La notte dal primo al due novembre l'assalto diabolico mi aveva lasciata spossatissima. Mentre quasi ogni notte ero stata a soffrire nell'inferno tra i dannati, il Signore volle che nel mese dei morti andassi nel Purgatorio. Chiesi a Gesù se realmente fosse l'inferno o il Purgatorio il luogo ove vado a soffrire, oppure una semplice figura dell'oltre tomba. Gesù mi rispose: E' il vero inferno ed il vero Purgatorio. Le anime però le vedi in sembianze umane, per distinguerle. Ti porto in questi luoghi affinché tu resti invogliata a soffrire sempre più, per strappare anime all'eterna perdizione. -

Nella notte del primo novembre, verso le ore due, mi sentii leggera leggera come se non avessi avuto il corpo. Mentre a trasportarmi nell'inferno suole venire il demonio, il quale in un volo vertiginoso mi lancia tra i dannati, questa volta mi sentii trasportare da mano invisibile, senza vedere alcuno, e dopo un poco, invece di trovarmi sul letto, mi trovai in Purgatorio, vicino alle anime che spasimavano dal desiderio di vedere Dio e per altri dolori. II luogo era grandissimo; si vedeva dove cominciava, ma non dove finiva. Poi vidi un'immensa folla di anime, in maggioranza persone consacrate. Appena la mano invisibile mi posò vicino a costoro, tutte provarono gran gioia e dissero: Prega, prega per noi e per la nostra liberazione! - Un tale -disse: Se tutti sapessero com'è tormentoso il fuoco del Purgatorio, veramente ci verrebbero presto in aiuto! -

In quel momento cominciai a provare le pene del Purgatorio. Mi sentii come esasperata nell'anima e provai un forte calore in tutto il corpo. Però non è tanto la sofferenza del corpo che fa soffrire, quanto il rimorso di avere offeso Dio sì grande e la privazione di vederlo. Si sente fortemente Dio e non si può andare a Lui. Che terribile sofferenza!... Vidi le anime rassegnatissime; non dimostravano alcun segno di disperazione. Erano tanto pentite del male fatto e avrebbero voluto ritornare nel mondo per dire a tutti: Non fate peccati, perchè veramente c'è l'inferno ed il Purgatorio e le pene che vi si soffrono sono immense!

Mi si avvicinò un uomo, gridando: Non ne posso più di questi tormenti! Ormai sono nove anni che soffro e mi sembrano novecento anni! Per pietà liberatemi presto da queste pene!... Peccai, è vero!... Mentr'ero in vita, quando la miseria copriva la mia famiglia, imprecai contro Dio e contro i Santi. Sebbene me ne fossi confessato, ho da scontare la pena! -

Un Sacerdote era afflittissimo e chiedeva suffragi: Sto soffrendo molto, perchè in vita sono stato molto indulgente a tanti piccoli piaceri! -

Una donna diceva: Avevo la vocazione religiosa e la perdetti per una cattiva lettura. Ringrazio Dio che non sono piombata nell'inferno! -

Una suora esclamò: Sto riparando alcune mancanze di fiducia in Dio. Il giudizio di una religiosa è rigoroso, perchè non è il nostro Sposo Gesù che ci giudica, ma il nostro Dio!

- Il mio Purgatorio, diceva un'altra anima, sarà lungo poichè non ho accettato la volontà di Dio, né ho fatto con sufficiente rassegnazione il sacrificio della mia vita durante l'ultima malattia. La malattia è una grande grazia di purificazione, ma se non si fa attenzione, può essere occasione di maggior Purgatorio. -

Un'anima ringraziava: Iddio ti ricompensi la carità! Tu hai abbreviato il mio Purgatorio. Oh, se tutti riflettessero fin dove può condurre un affetto poco mortificatoo, come si applicherebbero a dominare la natura ed a reprimere le passioni! -


Da quanto si è esposto, si vede com'è delicata la Divina Giustizia nel purificare le anime che hanno peccato.

Se fosse concesso a tutti di visitare un momento il Purgatorio, quanti si farebbero santi!

AMDG et BVM

Oggi, la santità, non è la preghiera, né le visioni, né le rivelazioni, né la scienza del parlare bene, né i cilici, né le penitenze, è la regola vissuta e l'umiltà.

Viola tricolor comunemente conosciuta come
viola del pensiero 


"Desidero che quelli che mi circondano non abbiano altro bene che l'Altissimo... Siamo gelose della gloria dell'Altissimo...


Signore Gesù, diceva un'altra volta nel coro, davanti al santo Sacramento, che debbo fare per amarti?" Una voce le rispose: Servi il prossimo e mi servirai; ama il prossimo e mi servirai. È da questo che riconoscerò che mi ami veramente».


Incoraggiando una suora molto provata, le diceva che, fintanto che avrebbe avuto fiducia in Dio, fintanto che sarebbe stata umile e aperta verso i suoi superiori, il buon Dio l'avrebbe protetta. Parlò poi dell'umiltà:

«Oggi, la santità, non è la preghiera, né le visioni, né le rivelazioni, né la scienza del parlare bene, né i cilici, né le penitenze, è la regola vissuta e l'umiltà.
Il Signore ha detto: È il secolo in cui il serpente ha preso le ali, ed è per questo che sto per purificare la terra! Chi potrà dunque essere salvato? Colui che domanda l'umiltà e che la pratica.

L'umiltà è la pace!... L'anima umile è regina. È sempre felice. Nella lotta, nella sofferenza, si umilia, crede di meritare di più, domanda ancora di più, è sempre in pa­ce... L'orgoglio dà il turbamento. Il cuore umile è il vaso, il calice che contiene Dio!...

Il Signore dice: un'anima umile, veramente umile, farà più miracoli degli antichi profeti.
In cielo, gli alberi più belli sono quelli che hanno più peccato, ma si sono serviti delle loro miserie come un concime che circonda il piede.

Se tu vedi, aggiunse rivolgendosi alla Priora, giovani suore, novizie avide di re­stare in preghiera al di fuori di quello che è di regola, falle occupare nei lavori più umili».

Diceva, il 19 aprile 1874, la domenica del Buon Pastore: «Se una novizia fa dei miracoli e non si sottomette, o se ha portato un milione e in seguito ne voglia dispor­re o soltanto attaccarsi ad una immaginetta, Madre Teresa dice: Rimandatela con ciò che ha portato.
Colui che non ha dato la sua volontà a Dio non gli ha dato niente.

Quando si è dato qualche cosa a Dio, non bisogna riprenderla. Siete uscite nude dal seno di vostra madre e ritornerete nude nel seno della terra.

Quando Dio vi ha create, eravate nude, e se volete ritornare nel seno di Dio, siate nude, non abbiate alcuna proprietà. Se voi avete qualche cosa, non entrerete, ma re­sterete fuori. Non occorre neppure la proprietà di una immagine, di una penna». Ri­prese ben presto: «Margherita Alacoque dice: Se i figli della terra comprendessero che le umiliazioni, che tutto sulla terra è come un lampo che passa!... Se potessi ave­re un rimpianto, sarebbe di non aver fatto di più».

Sempre in estasi, ella aggiunse: «Beati tutti quelli che lavorano alla fondazio­ne!...».` «Il Signore mi ha promesso che i miei giorni saranno brevi!... Mi ha detto il giorno e il mese in cui mi verrà a cercare, ed a che ora, e quanti giorni ho ancora da vivere».


Il giorno della festa della santa Trinità di quello stesso anno (1874), ebbe una vi­sione e delle comunicazioni soprannaturali, che Dio l'obbligò a sottomettere al Su­periore.

Dettò ciò che segue:
«Sto per dire, Padre mio, ciò che mi è stato ordinato di far sapere. Questa mattina, prima della messa, mi sentivo presa, atterrata, senza sapere perché, da una potenza nemica che mi perseguitava; il mio cuore si innalza verso Dio più che mai e grido: Signore, è possibile che abbandoniate la mia anima? Mio Dio, spero in te! Immediatamente, mi sono vista davanti a Dio. Lui, su un'alta montagna, molto alta, ed io, in una fossa profonda. Mi sentivo le gam­be rotte, le braccia tagliate ed ero quasi cieca; potevo appena guardare davanti a me. Vedo allora una luce che l'immaginazione dell'uomo non può raffigurarsi, né comprendere. È un fuoco ed un refrigerio. Sento che è Dio. Non ho alcun dubbio che non sia Dio; dico tra me, è Dio e comincio a gridare: Mio Dio, tirami dall'abisso in cui sono, tirami dall'abisso!
Da "Il piccolo nulla/ B.Maria Baouardy".



<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

L'URGENZA DI UN RICUPERO DEL VERO SENSO DELLA LITURGIA

Padre Tyn 

all'allora Card. Ratzinger, sulla Liturgia


Il Centro Culturale Padre Tomas Tyn di Rieti ha organizzato, il 19 ottobre '12, presso la bella sala della Fondazione Varrone, un convegno dal titolo La forza della verità, del quale avevamo dato notizia quiPadre Tomas Tyn, un aiuto nell’anno della Fede, in occasione del quale è stato presentato il libro La forza della verità. Lezioni di teologia, in cui l’avvocato G. Battisti ha raccolto da registrazioni vocali alcune lezioni del Servo di Dio, Padre Tyn. 

Era presente p. Cavalcoli, Docente di Teologia e di Metafisica, Vicepostulatore della Causa di Beatificazione di Padre Tyn, oltre che suo confratello, che ha ricordato come il 29 giugno 1975, in occasione della sua ordinazione sacerdotale, il Servo di Dio espresse segretamente il voto di offrire la sua vita allo scopo di chiedere, per intercessione della Madonna, la liberazione della sua patria e della Chiesa dal comunismo, senza spargimento di sangue. A 39 anni fu colpito da un tumore terribile, sopportato con infinita pazienza, continuando a scrivere il suo libro Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis, che resterà nella storia della filosofia. Il 1° gennaio 1990, giorno della sua morte, Havel inaugurò lo Stato democratico senza che ci fosse neppure un morto.

In Tomas, ricorda il Padre, c’è la completezza della vocazione domenicana: lo studio, una cultura sterminata, la contemplazione, l’assidua direzione spirituale, e un’attività sorprendentemente intensa, fatta di conferenze, congressi internazionali, sulla quale sorgono ancora materiali di lavoro, inediti. Egli sentiva come missione propria quella di divulgare la retta dottrina cattolica, poiché era consapevole che la corruzione della Fede è uno dei mali più gravi in quanto colpisce direttamente l’anima.

L’urgenza di un ricupero del vero senso della liturgia per approfondire la Fede, secondo le intenzioni espresse dal santo Padre nel Motu Proprio Summorum Pontificum, è stato l’argomento della relazione del dott. Francesco Bernardini, Direttore del Circolo Ragionar Cattolico di Livorno, nella quale si è ricordato il profondo amore per la liturgia, manifestato dal Servo di Dio, allorquando celebrava con grande perfezione e devozione la liturgia gregoriana, secondo le norme dell’Indulto concesso dal Papa Giovani Paolo II
Ed è proprio dal suo intervento che estraggo queste incisive parole di Padre Tyn:
« Infine desidero dire qualcosa sulla sacra liturgia, soprattutto per ringraziare l'E.V. per l'opera compiuta nel favorire l'indulto che permette la celebrazione del divino sacrificio secondo il rito di S.Pio V di venerata memoria. Ho già fatto pervenire, per mezzo del Rev. Padre Priore all'Em.mo Card. Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, una relazione sulle Messe tuttora celebrate nella basilica bolognese di S. Domenico e così dopo aver informato il mio Superiore immediato, Reverendissimo Padre in Cristo, oso esprimere la mia gioia anche a Lei.
Quanto santa e sublime è quella letizia della quale si riempie il cuore tanto del sacerdote celebrante quanto del popolo assistente, allorché quel rito, venerabile per l'antichità, viene compiuto, quel rito, cioè, che tutto e soltanto a Dio si volge, a Cui, come a Padre clementissimo, il Figlio crocifisso, nell'oblazione del suo divino sacrificio, rende somma gloria e lode, un rito tanto sublime in tutte le parole e i gesti di cui fa uso ed infine tanto bello ed elegante, tanto accetto al popolo che partecipa con viva fede (né è noto ai Cristiani un altro modo di vera partecipazione).
Non ho mai potuto capire, e neanche adesso riesco a capire, perché tanta bellezza debba esser stata espulsa dalla Chiesa. Si obietta che essa costituisce un certo diletto accessibile a pochi; ma - e ciò è degno di nota - simili "obiezioni" non è solita muoverle la gente semplice e devota, ma piuttosto una certa pretesa aristocrazia (tuttavia perversa, che meriterebbe piuttosto il nome di "cacocrazia"), fastidiosa e pseudo intellettuale, turbolenta per la sua presunzione, dedita al nichilismo che sostiene e produce il brutto al posto del bello ». (Estratto dalla Lettera di Padre Tyn al Card. Ratzinger, 4 agosto 1985)