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sabato 10 marzo 2018

PIO XII -il 7.7.1952- consacrò la RUSSIA al Cuore Immacolato di Maria, sia pure senza tutti i Vescovi

IT  - LA ]
Venerabile Pio XII 
(Maria Giuseppe Giovanni Eugenio Pacelli)
PIO XII
LETTERA APOSTOLICA
SACRO VERGENTE ANNO
CONSACRAZIONE DELLA RUSSIA
AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA
7 luglio 1952(1)

Mentre l'anno santo volgeva felicemente verso il suo termine, dopo che per divina disposizione a Noi fu dato di definire solennemente il dogma dell'assunzione in anima e corpo al cielo della gran Madre di Dio Maria vergine, moltissimi da ogni parte del mondo Ci espressero la loro vivissima esultanza; fra questi non mancò chi, nell'inviarCi lettere di ringraziamento, supplicò istantemente affinché Noi consacrassimo l'intero popolo della Russia, nelle angustie del momento presente, al Cuore immacolato della medesima vergine Maria.
Tale supplica tornò a Noi oltremodo gradita, poiché, se il Nostro affetto paterno abbraccia tutti i popoli, in modo particolare si rivolge a coloro che, sebbene nella massima parte separati per vicende storiche da questa sede apostolica, conservano tuttavia ancora il nome cristiano e si trovano in condizioni tali che non solo è loro difficilissimo ascoltare la Nostra voce e conoscere gli insegnamenti della dottrina cattolica, ma sono spinti con arti ingannevoli e perniciose a rigettare perfino la fede e il nome di Dio.

1. Costante ricordo nella preghiera
Non appena fummo elevati al supremo pontificato, il Nostro pensiero si rivolse a voi, che costituite un immenso popolo, insigne nella storia per gloriose imprese, per amore patrio, per laboriosità e parsimonia, per pietà verso Dio e la vergine Maria.
Non abbiamo mai cessato di elevare le Nostre suppliche a Dio, affinché sempre vi assista con la sua luce e con il suo divino aiuto, e conceda a voi tutti di poter raggiungere, insieme ad una giusta prosperità materiale, anche quella libertà, per cui ognuno di voi sia in grado di tutelare la propria dignità umana, conoscere gli insegnamenti della vera religione, e prestare il debito culto a Dio non solo nell'intimo della propria coscienza, ma anche apertamente, nell'esercizio della vita pubblica e privata.
Del resto ben sapete che i Nostri predecessori, ogniqualvolta se ne presentò loro la possibilità, niente altro ebbero più a cuore che manifestarvi la loro benevolenza e porgervi il loro aiuto. Sapete che gli apostoli degli slavi occidentali, i santi Cirillo e Metodio, i quali insieme con la religione cristiana portarono agli antenati di quelli anche la civiltà, si diressero verso quest'alma città, perché la loro attività apostolica fosse avvalorata dall'autorità dei romani pontefici. E mentre essi fanno il loro ingresso in Roma, il Nostro predecessore Adriano III di felice memoria «va loro incontro con grande testimonianza di onori, accompagnato dal clero e dal popolo»(2) e, dopo aver approvato e lodato il loro operato, non solo li eleva all'episcopato, ma vuole egli stesso consacrarli con la solenne maestà dei sacri riti.

2. A un millennio dai primi incontri
Per quanto riguarda i vostri antenati, i romani pontefici, ogni volta che le circostanze lo permisero, cercarono di stringere o consolidare con essi vincoli di amicizia. Così nell'anno 977 il Nostro predecessore Benedetto VII di felice memoria inviò suoi legati al principe Jaropolk, fratello del celebre Vladimiro; e allo stesso gran principe Vladimiro, sotto i cui auspici rifulsero per la prima volta fra la vostra gente il nome e la civiltà cristiani, furono inviate legazioni da parte dei Nostri predecessori Giovanni XV nel 991 e Silvestro II nel 999; il che fu cortesemente contraccambiato dallo stesso Vladimiro, il quale a sua volta mandò ambasciatori ai medesimi romani pontefici. Ed è degno di nota che nel tempo in cui questo principe portò questi popoli alla religione di Gesù Cristo, la cristianità orientale e quella occidentale erano unite sotto l'autorità del romano pontefice, quale supremo capo di tutta la chiesa.
Anzi, non pochi anni dopo, cioè nel 1075, il vostro principe Isjaslav inviò il proprio figlio Iaropolk al sommo pontefice Gregorio VII; e questo Nostro predecessore di immortale memoria così scrisse a questo principe e alla sua augusta consorte: «Il vostro figlio, mentre visitava le sacre soglie degli apostoli, venne da Noi, e poiché voleva ottenere quel regno per mano Nostra come un dono di san Pietro, avendo fatto professione di fedeltà allo stesso principe degli apostoli, lo richiese con devote suppliche, assicurando senza alcun dubbio che la sua richiesta sarebbe stata da voi ratificata e confermata, qualora avesse avuto il favore e la protezione dell'autorità apostolica. Siccome questi voti e queste richieste sembravano legittime, sia per il vostro consenso e sia per la devozione del richiedente, noi infine le abbiamo accolte, e gli abbiamo consegnato da parte di san Pietro il governo del vostro regno, con questa intenzione e con questo ardente desiderio, che il beato Pietro con la sua intercessione presso Dio custodisca voi, il vostro regno e tutte le vostre cose, e vi faccia possedere quel medesimo regno in tutta pace e anche con onore e gloria fino al termine della vostra vita. ...».(3)
Così pure è da notare e da tenere in somma considerazione che Isidoro, metropolita di Kiev, nel concilio ecumenico si Firenze, sottoscrisse il decreto con cui veniva solennemente sancita l'unione della chiesa orientale e occidentale sotto l'autorità del romano pontefice, e questo per tutta la sua provincia ecclesiastica, cioè per l'intero regno della Russia; e a tale sanzione di unità egli, per quanto lo riguardò, rimase fedele fino al termine della sua vita terrena.

3. Pagine mirabili di generosità e di amore
E se nel frattempo e in seguito, a motivo di un cumulo di circostanze avverse, da una parte e dall'altra le comunicazioni divennero più difficili, e per conseguenza più difficile l'unione degli animi - quantunque fino al 1448 non si abbia alcun documento pubblico che dichiari la vostra chiesa separata dalla sede apostolica - ciò tuttavia in linea generale non è da attribuirsi al popolo slavo, né certamente ai Nostri predecessori, i quali sempre circondarono di un amore paterno queste popolazioni, e quando fu loro possibile ebbero cura di sostenerle e di aiutarle in ogni maniera.
Tralasciamo non pochi altri documenti storici dai quali appare la benevolenza dei Nostri predecessori verso la vostra nazione, ma non possiamo non accennare brevemente a ciò che fecero i sommi pontefici Benedetto XV e Pio XI, quando, dopo il primo conflitto europeo, specialmente nelle regioni meridionali della vostra patria, ingenti moltitudini di uomini, di donne, di innocenti fanciulli e fanciulle vennero colpite da una terribile carestia e da un'estrema miseria. Essi infatti, spinti da paterno affetto verso i vostri connazionali, inviarono a queste popolazioni viveri, indumenti e molto denaro raccolto dall'intera famiglia dei cattolici, per venire incontro a tutti quegli affamati e infelici, e poter alleviare in qualche modo le loro calamità. E i Nostri predecessori provvidero, secondo le proprie possibilità, non solamente alle necessità materiali, ma anche a quelle spirituali; infatti, non paghi d'innalzare suppliche a Dio, padre delle misericordie e fonte di ogni consolazione (cf. 2 Cor 1,3), vollero altresì che fossero indette pubbliche preghiere per la vostra condizione religiosa così sconvolta e turbata dai negatori e nemici di Dio, decisi a sradicare dagli animi la fede e la nozione stessa della Divinità. Così il sommo pontefice Pio XI nel 1930 stabilì che nel giorno della festività di san Giuseppe, patrono della chiesa universale, «fossero innalzate comuni preghiere a Dio . . . nella Basilica Vaticana, per le infelici condizioni della religione in Russia»;(4) ed egli stesso volle esservi presente, circondato da una foltissima e pia moltitudine di popolo. Inoltre nella solenne allocuzione concistoriale esortò tutti con queste parole: «Bisogna pregare Cristo . . . redentore del genere umano, affinché venga restituita la pace e la libertà di professare la fede agli infelici figli della Russia . . . e vogliamo che secondo questa intenzione, cioè per la Russia, vengano recitate quelle preghiere che il Nostro predecessore Leone XIII di felice memoria ha imposto ai sacerdoti di dire insieme al popolo dopo la santa messa; i vescovi e il clero regolare e secolare con ogni cura cerchino d'inculcare quanto sopra ai loro fedeli o a chiunque assista alla santa messa, e spesso ciò richiamino alla loro memoria».(5)

4. Imparzialità del sommo pontefice
Noi volentieri confermiamo e rinnoviamo questa esortazione e questo comando, dal momento che la situazione religiosa al presente presso di voi non è certamente migliore, e poiché verso queste popolazioni Ci sentiamo animati dal medesimo vivissimo affetto e dalle stesse premure.
Quando scoppiò l'ultimo tremendo e lungo conflitto, abbiamo fatto tutto ciò che era nelle Nostre possibilità, con la parola, con le esortazioni e con l'azione, affinché i dissidi fossero sanati mediante un'equa e giusta pace, e affinché i popoli tutti, senza differenza di stirpe, si unissero amichevolmente e fraternamente, e insieme collaborassero per raggiungere una maggiore prosperità.
Mai, anche in quel tempo, uscì dalla Nostra bocca una parola che potesse sembrare ingiusta o aspra ad una parte dei belligeranti. Certamente abbiamo riprovato, come si doveva, qualsiasi iniquità e qualsiasi violazione di diritto; ma ciò facemmo in maniera da evitare con ogni diligenza tutto ciò che poteva divenire, sebbene ingiustamente, causa di maggiori afflizioni per i popoli oppressi. E quando da qualche parte si faceva pressione perché Noi in qualche modo, a voce o per iscritto, approvassimo la guerra intrapresa contro la Russia nel 1941, mai acconsentimmo di fare ciò, come apertamente ci esprimemmo il 25 febbraio 1946, nel discorso tenuto dinanzi al sacro collegio e a tutte le rappresentanze diplomatiche presso la Santa Sede.(6)

5. Per la libertà delle anime e per la giustizia
Quando si tratta di difendere la causa della religione, della verità, della giustizia e della civiltà cristiana, certamente nonpossiamo tacere; a questo però sono sempre rivolti i Nostri pensieri e le Nostre intenzioni, che cioè non con la violenza delle armi, ma con la maestà del diritto tutti i popoli siano governati; e ciascuno di essi, in possesso della dovuta libertà civile e religiosa entro i confini della propria patria, sia condotto verso la concordia, la pace e quella vita laboriosa, per cui i singoli cittadini possano procurarsi le cose necessarie al vitto, all'abitazione, al sostentamento e al governo della propria famiglia. Le Nostre parole e le Nostre esortazioni riguardarono e riguardano tutte le nazioni, e quindi anche voi, che sempre siete presenti al Nostro cuore, e le cui necessità e calamità desideriamo alleviare secondo le Nostre forze. Coloro che amano non la menzogna ma la verità sanno che durante tutto il corso del recente durissimo conflitto Ci siamo dimostrati imparziali verso tutti i belligeranti, e di ciò abbiamo spesso dato prova con le parole e con le azioni; e abbiamo compreso nella Nostra ardentissima carità tutte le nazioni, anche quelle i cui governanti si professavano nemici di questa sede apostolica, e quelle pure in cui i negatori di Dio osteggiano fieramente tutto ciò che sa di cristiano e di divino, e cercano di cancellarlo dagli animi dei cittadini. Infatti, per mandato di Gesù Cristo, che affidò l'intero gregge del popolo cristiano a san Pietro, principe degli apostoli (cf. Gv 21, 15-17) - di cui siamo indegno successore - Noi amiamo con intenso amore tutti i popoli e desideriamo procurare la prosperità terrena e la salute eterna di ognuno. Tutti perciò, sia in guerra tra loro con le armi, sia in contesa per gravi dissidi, da Noi sono considerati come altrettanti figli carissimi; e niente altro desideriamo, niente altro chiediamo a Dio per loro con la preghiera, se non la loro mutua concordia, la giusta e vera pace, e una prosperità sempre maggiore. Anzi, se alcuni, perché ingannati dalle menzogne e dalle calunnie, professano aperta ostilità nei Nostri riguardi, Noi siamo animati verso costoro da una maggiore commiserazione e da un più ardente affetto.

6. Condanna dell'errore e carità per gli erranti
Senza dubbio abbiamo condannato e respinto - come esige il dovere del Nostro ufficio - gli errori che i fautori del comunismo ateo insegnano e si sforzano di propagare con sommo danno e rovina dei cittadini; ma gli erranti, ben lungi dal respingerli, desideriamo che ritornino alla verità e siano ricondotti sul retto sentiero. Abbiamo anzi messe in luce e riprovate queste menzogne, che spesso si presentavano sotto false apparenze di verità, appunto perché nutriamo verso di voi affetto paterno e cerchiamo il vostro bene. Noi infatti abbiamo la ferma certezza che a voi da questi errori non possono derivare che ingentissimi danni, poiché non solo tolgono dalle vostre anime quella luce soprannaturale e quei supremi conforti che provengono dalla pietà e dal culto verso Dio, ma vi spogliano anche della dignità umana e della giusta libertà dovuta ai cittadini.

7. Il potente presidio della Madre di Dio
Sappiamo che molti di voi conservano la fede cristiana nell'intimo santuario della propria coscienza, che in nessuna maniera si lasciano indurre a favorire i nemici della religione, ma anzi desiderano ardentemente professare gli insegnamenti cristiani, unici e sicuri fondamenti del vivere civile, non solo privatamente, ma se fosse possibile, come conviene a persone libere, anche apertamente. E sappiamo ancora, con somma Nostra speranza e grandissimo conforto, che voi amate e onorate con ardentissimo affetto la vergine Maria Madre di Dio, e che venerate le sue sacre immagini. Ci è noto che nello stesso Clemlino venne costruito un tempio - oggi purtroppo sottratto al culto divino - dedicato a Maria santissima assunta in cielo; e questa è una testimonianza chiarissima dell'amore che i vostri antenati e voi portate verso la gran Madre di Dio.
Orbene, Noi sappiamo che non può venir meno la speranza di salvezza là dove gli animi si volgono con sincerità e ardente pietà verso la santissima Madre di Dio. Infatti, quantunque gli uomini si sforzino, per quanto empi e potenti, di svellere dai cuori dei cittadini la santa religione e la virtù cristiana, quantunque satana stesso cerchi di promuovere con ogni mezzo questa sacrilega lotta secondo la sentenza dell'apostolo delle genti: «. . . non abbiamo da lottare contro la carne e il sangue, ma contro i prìncipi e le potestà, contro i dominanti di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti maligni . . . » (Ef 6, 12); tuttavia, se Maria interpone il suo valido patrocinio, le porte dell'inferno non potranno prevalere. Essa infatti è la Madre benignissima e potentissima di Dio e di tutti noi, e mai si è udito al mondo, che alcuno abbia fatto ricorso supplichevole a lei, e non abbia sperimentato la sua validissima intercessione. Continuate, dunque, come siete soliti, a venerarla con fervente pietà, ad amarla ardentemente e ad invocarla con queste parole, che a voi sono familiari: «A te soltanto è stato concesso, santissima e purissima Madre di Dio, di vederti sempre esaudita».(7)

8. Fervido appello alla pace
Noi pure insieme con voi solleviamo ad essa la Nostra supplica, affinché la verità cristiana, decoro e sostegno della convivenza umana, si rafforzi e vigoreggi fra i popoli della Russia, e tutti gli inganni dei nemici della religione, tutti i loro errori e le loro perfide arti siano respinte da voi lontano; affinché i costumi pubblici e privati ritornino ad essere conformi alle norme evangeliche; affinché coloro specialmente che presso di voi si professano cattolici, benché privati dei loro pastori, resistano con fortezza impavida contro gli assalti dell'empietà fino alla morte; affinché quella giusta libertà che spetta alla persona umana, ai cittadini e ai cristiani, sia a tutti restituita, come è loro diritto, e in primo luogo sia restituita alla chiesa, che ha il divino mandato di ammaestrare tutti gli uomini nelle verità religiose e nelle virtù; e infine affinché la vera pace rifulga alla vostra dilettissima nazione e a tutta l'umanità, e questa pace fondata sulla giustizia e alimentata dalla carità diriga felicemente tutte le genti a quella comune prosperità dei cittadini e dei popoli che deriva dalla mutua concordia degli animi.
Si compiaccia l'amorevolissima Madre nostra di guardare con occhi benigni anche a coloro che organizzano le schiere degli atei militanti e danno ogni impulso alle loro iniziative. Voglia essa illuminare con la luce che viene dall'alto le loro menti, e dirigere con la grazia divina i loro cuori alla salvezza.


9. Consacrazione dei popoli della Russia al Cuore immacolato di Maria
Noi, pertanto, affinché più facilmente le Nostre e le vostre preghiere siano esaudite, e per darvi un singolare attestato della Nostra particolare benevolenza, come pochi anni fa abbiamo consacrato tutto il mondo al Cuore immacolato della vergine Madre di Dio, così ora, in modo specialissimo, consacriamo tutti i popoli della Russia al medesimo Cuore immacolato, nella sicura fiducia che col potentissimo patrocinio di Maria vergine quanto prima si avverino felicemente i voti, che Noi, che voi, che tutti i buoni formano per una vera pace, per una fraterna concordia e per la dovuta libertà a tutti e in primo luogo alla chiesa; in maniera che, mediante la preghiera che Noi innalziamo insieme con voi e con tutti i cristiani, il regno salvifico di Cristo, che è «regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace»,(8) in ogni parte della terra trionfi e si consolidi stabilmente.

E con supplice invocazione preghiamo la medesima Madre clementissima, perché assista ciascuno di voi nelle presenti calamità e ottenga al suo divin Figlio per le vostre menti quella luce che proviene dal Cielo, e impetri per le anime vostre quella virtù e quella fortezza, per cui, sorretti dalla divina grazia, possiate vittoriosamente superare ogni empietà ed errore.
Roma, presso San Pietro, 7 luglio 1952, festa dei santi Cirillo e Metodio, anno XIV del Nostro pontificato.
PIO PP. XII

(1) PIUS PP. XII, Epist. apost. Sacro vergente anno de universae Russorum gentis Immaculato Mariae Cordi consecratione, [Ad universos Russiae populos], 7 Iulii 1952: AAS 44(1952), pp. 505-511.
(2) LEO XIII, Epist. enc. Grande munus, 30 sept.1880: Acta Leonis XIII, II, p. 129; EE 3.
(3) GREGORII VII Registrum, 1, 2, n. 74: MGH Epist. select. II, I, p. 236.
(4AAS 22(1930), p. 300.
(5AAS 22(1930), p. 301.
(6) Cf. AAS 38(1946), p. 154.
(7) Acathistus Festi Patrocinii SS. Dei Genitricis: Kondak 3.
(8) Praef. in festo Iesu Christi Regis.

domenica 30 aprile 2017

UN GIOIELLO DI DISCORSO DIMENTICATO. E' GRANDE!

Santa Caterina Patrona d'Italia. Insieme a San Francesco di Assisi.

Discorso di Pio XII

Il 29 Aprile 1380 si concludeva la vita terrena di santa Caterina da Siena. Ecco come Pio XII ci presenta la Patrona della nostra Italia che festeggiamo oggi, nel Discorso sui Patroni d'Italia a Santa Maria sopra Minerva, 5 maggio 1940. Santa Caterina, intercedi per noi!

Ammirevole spettacolo e al tutto degno della universale paternità apostolica, Venerabili Fratelli e diletti Figli, fu più volte, in secoli dal nostro lontani, il vedere in questo insigne tempio di Santa Maria sopra Minerva i Successori di Pietro, Nostri Antecessori, venuti con solenne corteo a celebrare i divini misteri nella dolce festività della Santissima Annunziata, e onorare con mano amorevole la pubblica distribuzione alle fanciulle di doti claustrali e nuziali, estimatori, com’erano, della verginità sacra a Dio e della onesta maternità familiare, vegliante, insieme con gli angeli celesti, sulle candide culle, nidi di angeli umani. A tale lieta storica ricordanza l’animo Nostro esulta in mezzo al Nostro amato popolo che Ci circonda devoto; e nella visione del passato, se pur bello di altra luce, contempliamo rinnovato e ripresentato, in festa di duplice e novissima aureola, lo splendore di questo altare, sotto cui dormono le venerate spoglie di una vergine eroica, sposa di Cristo, paladina della Chiesa, madre del popolo, angelo di pace all’italica famiglia. Al Nostro sguardo accanto a lei leva la fronte un poverello, vestito di saio e cinto di una corda, dall’aspetto serafico, dalle mani e dai piedi segnati di cicatrici, dall’occhio che contempla il cielo, i monti e le valli, il valico dei fiumi e dei mari, e nel suo amore e nel suo saluto abbraccia l’agnello e il lupo, gl’infelici e i felici, i concittadini e gli estranei. Sono questi, o Italia, i tuoi alti Patroni al cospetto di Dio, il quale pure ti ebbe privilegiata fra tutte le sponde del Mediterraneo e degli oceani, stabilendo in te, attraverso le mirabili vicende di un popolo prode, ignaro del consiglio e della mano divina, la sede e l’impero pacifico del Pastore universale delle anime redente dal sangue di Cristo. Caterina e Francesco, sotto il beatificante ciglio di Dio, guardano Roma e le regioni italiche, perché l’amore, che nutrirono quaggiù vivendo e operando, non si spegne nel cielo, ma si rinfiamma nell’imperituro amore di Dio.

lunedì 2 maggio 2016

LA FAMIGLIA E' LA CULLA della nascita e dello sviluppo di una nuova vita

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ES IT ]

RADIOMESSAGGIO DI 
SUA SANTITÀ PIO XII 

IN OCCASIONE DELLA
«GIORNATA DELLA FAMIGLIA»
Domenica, 23 marzo 1952


La famiglia è la culla della nascita e dello sviluppo di una nuova vita, la quale, affinché non perisca, ha bisogno di essere curata ed educata: diritto, questo, e dovere fondamentale dato e imposto immediatamente da Dio ai genitori. Contenuto e scopo dell’educazione nell’ordine naturale è lo sviluppo del bambino per divenire un uomo completo: contenuto e scopo dell’educazione cristiana è la formazione del nuovo essere umano, rinato nel battesimo, a perfetto cristiano. Tale obbligo, che fu sempre costume e vanto delle famiglie cristiane, è solennemente sancito dal canone 1113 del Codice di diritto canonico, che suona così: «Parentes gravissima obligatione tenentur prolis educationem tum religiosam et moralem, tum physicam et civilem pro viribus curandi, et etiam temporali eorum bono providenti ». « I genitori hanno il gravissimo obbligo di curare con tutte le loro forze l’educazione, così religiosa e morale, come fisica e civile, dei loro figli, e di provvedere anche al loro benessere temporale ».

Le questioni più urgenti di così vasto argomento sono state chiarite in diverse occasioni dai Nostri Predecessori e da Noi stessi. Pertanto Ci proponiamo ora non di ripetere quel che è già stato ampiamente esposto, ma piuttosto di richiamare l’attenzione sopra un elemento, che, pur essendo la base e il fulcro dell’educazione, specialmente cristiana, sembra invece ad alcuni, a prima vista, quasi estraneo ad essa. Vorremmo cioè parlare di ciò che vi è di più profondo ed intrinseco nell’uomo: la sua coscienza. Vi siamo indotti dal fatto che alcune correnti del pensiero moderno cominciano ad alterarne il concetto e ad impugnarne il valore. Tratteremo dunque della coscienza in quanto oggetto della educazione.
La coscienza è come il nucleo più intimo e segreto dell’uomo. Là egli si rifugia con le sue facoltà spirituali in assoluta solitudine: solo con se stesso, o meglio, solo con Dio — della cui voce la coscienza risuona — e con se stesso. Là egli si determina per il bene o per il male; là egli sceglie fra la strada della vittoria e quella della disfatta. Quando anche volesse, l’uomo non riuscirebbe mai a togliersela di dosso; con essa, o che approvi o che condanni, percorrerà tutto il cammino della vita, ed egualmente con essa, testimone veritiero ed incorruttibile, si presenterà al giudizio di Dio. La coscienza è quindi, per dirla con una immagine tanto antica quanto degna, un άδυτον un santuario, sulla cui soglia tutti debbono arrestarsi; anche, se si tratta di un fanciullo, il padre e la madre. Solo il sacerdote vi entra come curatore di anime e come ministro del Sacramento della penitenza; né per questo la coscienza cessa di essere un geloso santuario, di cui Dio stesso vuole custodita la segretezza col sigillo del più sacro silenzio.
In che senso dunque si può parlare della educazione della coscienza?

ESSENZA DELLA COSCIENZA CRISTIANA

Occorre rifarsi ad alcuni concetti fondamentali della dottrina cattolica per ben comprendere che la coscienza può e deve essere educata.
Il divin Salvatore ha arrecato all’uomo ignaro e debole la sua verità e la sua grazia: la verità per indicargli la via che conduce alla sua meta; la grazia per conferirgli la forza di poterla raggiungere.
Percorrere quel cammino significa, nella pratica, accettare il volere e i comandamenti di Cristo, e conformare ad essi la vita, cioè i singoli atti, interni ed esterni, che la libera volontà umana sceglie e fissa. Ora qual è la facoltà spirituale, che nei casi particolari addita alla volontà medesima, affinché scelga e determini, gli atti che sono conformi al volere divino, se non la coscienza? Essa è dunque eco fedele, nitido riflesso della norma divina delle umane azioni. Sicché le espressioni, quale «il giudizio della coscienza cristiana », o l’altra «giudicare secondo la coscienza cristiana », hanno questo significato: la norma della decisione ultima e personale per un’azione morale va presa dalla parola e dalla volontà di Cristo. Egli è infatti via, verità e vita, non solo per tutti gli uomini presi insieme, ma per ogni singolo [1]: è tale per l’uomo maturo, è tale per il fanciullo ed il giovane.
Da ciò consegue che formare la coscienza cristiana di un fanciullo o di un giovane consiste innanzi tutto nell’illuminare la loro mente circa la volontà di Cristo, la sua legge, la sua via, e inoltre nell’agire sul loro animo, per quanto ciò può farsi dal di fuori, affine di indurlo alla libera e costante esecuzione del divino volere. È questo il più alto impegno della educazione.

PRESUPPOSTI E FONTI DELLA EDUCAZIONE DELLA COSCIENZA

Ma dove troveranno l’educatore e l’educando, in concreto e con facilità e certezza, la legge morale cristiana? Nella legge del Creatore impressa nel cuore di ciascuno [2], e nella rivelazione, nel complesso, cioè, delle verità e dei precetti, insegnati dal divino Maestro. Ambedue, sia la legge scritta nel cuore, ossia la legge naturale, sia le verità e i precetti della rivelazione soprannaturale, il Redentore Gesù ha rimesso, come tesoro morale della umanità, nelle mani della sua Chiesa, affinché essa le predichi a tutte le creature, le illustri e le trasmetta, intatte e difese da ogni contaminazione ed errore, dall’una all’altra generazione.

ERRORI NELLA FORMAZIONE E NELLA EDUCAZIONE
DELLA COSCIENZA CRISTIANA –
PRETESA REVISIONE DELLE NORME MORALI

Contro questa dottrina, incontrastata per lunghi secoli, emergono ora difficoltà ed obiezioni che occorre chiarire.
Come della dottrina dommatica, così anche dell’ordinamento morale cattolico si vorrebbe istituire quasi una radicale revisione per dedurne una nuova valutazione.
Il passo primario, o per dir meglio il primo colpo all’edificio delle norme morali cristiane, dovrebbe essere quello di svincolarle — come si pretende — dalla sorveglianza angusta ed opprimente dell’autorità della Chiesa, cosicché, liberata dalle sottigliezze sofistiche del metodo casistico, la morale sia ricondotta alla sua forma originaria e rimessa semplicemente alla intelligenza e alla determinazione della coscienza individuale.
Ognuno vede a quali funeste conseguenze condurrebbe un tale sconvolgimento dei fondamenti stessi della educazione.
Omettendo di rilevare la manifesta imperizia e immaturità di giudizio di chi sostiene simili opinioni, gioverà mettere in evidenza il vizio centrale di questa «nuova morale ». Essa, nel rimettere ogni criterio etico alla coscienza individuale, chiusa gelosamente in sé e resa arbitra assoluta delle sue determinazioni, ben lungi dall’agevolarle il cammino, la distoglierebbe dalla via maestra che è Cristo.
 Il divin Redentore ha consegnato la sua Rivelazione, di cui fanno parte essenziale gli obblighi morali, non già ai singoli uomini, ma alla sua Chiesa, cui ha dato la missione di condurli ad abbracciare fedelmente quel sacro deposito.
Parimente la divina assistenza, ordinata a preservare la Rivelazione da errori e da deformazioni, è stata promessa alla Chiesa, e non agli individui. Sapiente provvidenza anche questa, poiché la Chiesa, organismo vivente, può così, con sicurezza ed agilità, sia illuminare ed approfondire le verità anche morali, sia applicarle, mantenendone intatta la sostanza, alle condizioni variabili dei luoghi e dei tempi. Si pensi, per esempio, alla dottrina sociale della Chiesa, che, sorta per rispondere a nuovi bisogni, non è in fondo che l’applicazione della perenne morale cristiana alle presenti circostanze economiche e sociali.
Come è dunque possibile conciliare la provvida disposizione del Salvatore, che commise alla Chiesa la tutela del patrimonio morale cristiano, con una sorta di autonomia individualistica della coscienza?
Questa, sottratta al suo clima naturale, non può produrre che venefici frutti, i quali si riconosceranno al solo paragonarli con alcune caratteristiche della tradizionale condotta e perfezione cristiana, la cui eccellenza è provata dalle incomparabili opere dei Santi.
La «morale nuova » afferma che la Chiesa, anzi che fomentare la legge della umana libertà e dell’amore, e d’insistervi quale degna dinamica della vita morale, fa invece leva, quasi esclusivamente e con eccessiva rigidità, sulla fermezza e la intransigenza delle leggi morali cristiane, ricorrendo spesso a quei « siete obbligati », «non è lecito », che hanno troppo sapore di un’avvilente pedanteria.

I PRECETTI MORALI DELLA CHIESA PER LA EDUCAZIONE
 DELLA COSCIENZA NELLA VITA PERSONALE…

Ora invece la Chiesa vuole — e lo mette in luce espressamente quando si tratta di formare le coscienze — che il cristiano venga introdotto nelle infinite ricchezze della fede e della grazia, in modo persuasivo, così da sentirsi inclinato a penetrarle profondamente.
La Chiesa però non può ritrarsi dall’ammonire i fedeli che queste ricchezze non possono essere acquistate e conservate se non a prezzo di precisi obblighi morali. Una diversa condotta finirebbe col far dimenticare un principio dominante, sul quale ha sempre insistito Gesù, suo Signore e Maestro. Egli infatti ha insegnato che per entrare nel regno dei cieli non basta dire « Signore, Signore », ma deve farsi la volontà del Padre celeste [3]. Egli ha parlato della « porta stretta » e della « angusta via » che conduce alla vita [4], ed ha aggiunto: « Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare e non vi riusciranno » [5]. Egli ha posto come pietra di paragone e segno distintivo dell’amore verso Se stesso, Cristo, l’osservanza dei comandamenti [6]. Similmente al giovane ricco, che lo interroga, Egli dice: « Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti » e alla nuova domanda « Quali? » risponde: « Non uccidere! non commettere adulterio! non rubare! non fare testimonianza falsa! onora il padre e la madre! e ama il prossimo tuo come te stesso! ». Egli ha messo come condizione a chi vuole imitarlo, di rinunziare a se stesso e di prendere ogni giorno la sua croce [7]. Egli esige che l’uomo sia pronto a lasciare per Lui e per la sua causa quanto ha di più caro, come il padre, la madre, i propri figli, e fin l’ultimo bene, la propria vita [8]. Poiché Egli soggiunge: « A voi dico, amici miei: non temete quei che uccidono il corpo, e dopo tanto non possono fare di più. Vi mostrerò io chi dovete temere: temete Colui, che, dopo tolta la vita, ha il potere di mandare all’inferno » [9].
Così parlava Gesù Cristo, il divino Pedagogo, che sa certamente, meglio degli uomini, penetrare nelle anime e attrarle al suo amore con le infinite perfezioni del suo Cuore, « bonitate et amore plenum » [10].
E l’Apostolo delle genti San Paolo ha forse predicato altrimenti? Col suo veemente accento di persuasione, svelando l’arcano fascino del mondo soprannaturale, egli ha dispiegato la grandezza e lo splendore della fede cristiana, le ricchezze, la potenza, la benedizione, la felicità in essa racchiuse, offrendole alle anime come degno oggetto della libertà del cristiano e meta irresistibile di puri slanci d’amore. Ma non è men vero che sono altrettanto suoi gli ammonimenti come questo: «Operate con timore e tremore la vostra salute » [11], e che dalla medesima sua penna sono scaturiti alti precetti morali, destinati a tutti i fedeli, siano essi di comune intelligenza, ovvero anime di elevata sensibilità. Prendendo dunque come stretta norma le parole di Cristo e dell’Apostolo, non si dovrebbe forse dire che la Chiesa di oggi è inclinata piuttosto alla condiscendenza che alla severità? Di guisa che l’accusa di durezza opprimente, dalla «nuova morale » mossa contro la Chiesa, in realtà va a colpire in primo luogo la stessa adorabile Persona di Cristo.
Consapevoli pertanto del diritto e del dovere della Sede Apostolica d’intervenire, quando bisogni, autorevolmente nelle questioni morali, Noi nel discorso del 29 ottobre del passato anno Ci proponemmo d’illuminare le coscienze intorno ai problemi della vita coniugale. Con la medesima autorità dichiariamo oggi agli educatori e alla stessa gioventù; il comandamento divino della purezza dell’anima e del corpo vale senza diminuzione anche per la gioventù odierna. Anch’essa ha l’obbligo morale e, con l’aiuto della grazia, la possibilità di conservarsi pura. Respingiamo quindi come erronea l’affermazione di coloro, che considerano inevitabili le cadute negli anni della pubertà, le quali così non meriterebbero che se ne faccia gran caso, quasi che non siano colpa grave, perché ordinariamente, essi aggiungono, la passione toglie la libertà necessaria, affinché un atto sia moralmente imputabile.
Al contrario, è norma doverosa e saggia che l’educatore, pur non trascurando di rappresentare ai giovani i nobili pregi della purezza, in guisa da avvincerli ad amarla e desiderarla per se stessa, inculchino tuttavia chiaramente il comandamento come tale, in tutta la sua gravità e serietà di ordinazione divina. Egli così spronerà i giovani ad evitare le occasioni prossime, li conforterà nella lotta, di cui non nasconderà loro la durezza, li indurrà ad abbracciare coraggiosamente quei sacrifici che la virtù esige, e li esorterà a perseverare e a non cadere nel pericolo di deporre le armi fin dal principio e di soccombere senza resistenza alle perverse abitudini.

.… E NELLA VITA PUBBLICA

Anche più che nel campo della condotta privata, vi sono oggi molti che vorrebbero escludere il dominio della legge morale dalla vita pubblica, economica e sociale, dall’azione dei pubblici poteri nell’interno e all’esterno, nella pace e nella guerra, come se qui Dio non avesse nulla da dire, almeno di definito.
L’emancipazione delle attività umane esterne, come le scienze, la politica, l’arte, dalla morale viene talora motivata in sede filosofica dall’autonomia che ad esse compete, nel loro campo, di governarsi esclusivamente secondo leggi proprie, benché si ammetta che queste collimano d’ordinario con quelle morali. E si reca ad esempio l’arte, alla quale si nega non solo ogni dipendenza, ma anche ogni rapporto con la morale, dicendo: l’arte è solo arte, e non morale né altra cosa, da reggersi quindi con le sole leggi della estetica, le quali peraltro, se sono veramente tali, non si piegheranno a servire la concupiscenza. In simile maniera si discorre della politica e della economia, che non hanno bisogno di prendere consiglio da altre scienze, e quindi dall’etica, ma, guidate dalle loro vere leggi, sono per ciò stesso buone e giuste.
È, come si vede, un sottile modo di sottrarre le coscienze all’imperio delle leggi morali. In verità, non si può negare che tali autonomie siano giuste, in quanto esprimono il metodo proprio di ciascuna attività e i confini che separano le loro diverse forme in sede teorica; ma la separazione di metodo non deve significare che lo scienziato, l’artista, il politico siano liberi da sollecitudini morali nell’esercizio delle loro attività, specialmente se queste hanno immediati riflessi nel campo etico, come l’arte, la politica, la economia. La separazione netta e teorica non ha senso nella vita, che è sempre una sintesi, poiché il soggetto unico di ogni specie di attività è lo stesso uomo, i cui atti liberi e coscienti non possono sfuggire alla valutazione morale. Continuando a osservare il problema con sguardo ampio e pratico, che fa talora difetto a filosofi anche insigni, tali distinzioni ed autonomie sono volte dalla natura umana decaduta a rappresentare come leggi dell’arte, della politica o dell’economia ciò che invece riesce comodo alla concupiscenza, all’egoismo e alla cupidigia. Così l’autonomia teorica dalla morale diviene in pratica ribellione alla morale, e si spezza altresì quella armonia insita alle scienze e alle arti, che i filosofi di quella scuola acutamente riscontrano, ma dicono casuale, mentre è invece essenziale, se considerata dal soggetto, che è l’uomo, e dal suo Creatore, che è Dio.
Perciò i Nostri Predecessori e Noi stessi, nello scompiglio della guerra e nelle turbate vicende del dopoguerra, non abbiamo cessato d’insistere sul principio che l’ordine voluto da Dio abbraccia la vita intera, non esclusa la vita pubblica in ogni sua manifestazione, persuasi che in ciò non vi è alcuna restrizione della vera libertà umana, né alcuna intromissione nella competenza dello Stato, ma una assicurazione contro errori ed abusi, dai quali la morale cristiana, se rettamente applicata, può proteggere. Queste verità debbono essere insegnate ai giovani e inculcate nelle loro coscienze da chi, nella famiglia o nella scuola, ha l’obbligo di attendere alla loro educazione, ponendo così il seme di un avvenire migliore.

ESORTAZIONE FINALE

Ecco quanto intendevamo oggi di dirvi, diletti figli e figlie che Ci ascoltate, e nel dirvelo non abbiamo nascosto l’ansia che Ci stringe il cuore per questo formidabile problema, che tocca il presente e l’avvenire del mondo e l’eterno destino di tante anime. Quanto conforto Ci darebbe d’essere certi che voi condividete questa Nostra ansia per la cristiana educazione della gioventù! Educate le coscienze dei vostri fanciulli con tenace e perseverante cura. Educatele al timore, come all’amore di Dio. Educatele alla veracità. Ma siate veraci per primi voi stessi, e bandite dall’opera educativa quanto non è schietto né vero. Imprimete nelle coscienze dei giovani il genuino concetto della libertà, della vera libertà, degna e propria di una creatura fatta ad immagine di Dio. E ben altra cosa che dissoluzione e sfrenatezza; è invece provata idoneità al bene; e quel risolversi da sé a volerlo e a compierlo [12]; è la padronanza sulle proprie facoltà, sugl’istinti, sugli avvenimenti. Educateli a pregare e ad attingere dalle fonti della Penitenza e della Ss.ma Eucaristia ciò che la natura non può dare: la forza di non cadere, la forza di risorgere. Sentano già da giovani che senza l’aiuto di queste energie soprannaturali essi non riuscirebbero ad essere né buoni cristiani, né semplicemente uomini onesti, cui sia retaggio un vivere sereno. Ma così preparati, potranno aspirare anche all’ottimo, potranno darsi cioè a quel grande impiego di sé, il cui adempimento sarà il loro vanto: attuare Cristo nella loro vita.
A conseguire questo scopo Noi esortiamo tutti i Nostri diletti figli e figlie della grande famiglia umana ad essere fra di loro strettamente uniti: uniti per la difesa della verità, per la diffusione del regno di Cristo sulla terra. Si bandisca ogni divisione, si rimuova ogni dissenso; si sacrifichi generosamente — costi quel che costi — a questo bene superiore, a questo supremo ideale, ogni veduta particolare, ogni preferenza soggettiva; « se mala cupidigia altro vi grida », la vostra coscienza cristiana vinca ogni prova, sicché il nemico di Dio « tra voi di voi non rida » [13]. Il vigore della sana educazione si riveli nella sua fecondità in tutti i popoli, i quali tremano per l’avvenire della loro gioventù. Così il Signore riverserà su di voi e sulle vostre famiglie l’abbondanza delle sue grazie, in pegno delle quali v’impartiamo con paterno affetto l’Apostolica Benedizione.

A.A.S., vol. XXXXIV (1952), n. 5 - 6, pp. 270 - 278.
[1] Cf. Io., 14, 6.
[2] Cf. Rom., 2, 14-16.
[3] Cf. Matth., 7, 21.
[4] Cf. Matth., 7, 13-14.
[5Luc., 13, 24.
[6] Io., 14, 21, 24.
[7] Cf. Luc., 9, 23.
[8] Cf. Matth., 10, 37-39.
[9Luc., 12, 4-5.
[10] Lit. de sacr. Corde Iesu.
[11Phil., 2, 12
[12] Cf. Gal., 5,13.
[13Par., 5, 79, 81.

venerdì 15 aprile 2016

ECCO alcune parole del Venerabile Papa PIO XII, mai canonizzato chissà perché... ma così santo

PIO XII: CHI ACCUSA LA CHIESA E LA SUA MORALE DI DUREZZA E RIGIDITÀ, ACCUSA IN REALTÀ GESÙ CRISTO

Pio XII: chi accusa la Chiesa e la sua morale di durezza e rigidità, accusa in realtà Gesù Cristo
Dal radiomessaggio di Pio XII in occasione della «Giornata della famiglia», domenica 23 marzo 1952

[...] La «morale nuova» afferma che la Chiesa, anzi che fomentare la legge della umana libertà e dell’amore, e d’insistervi quale degna dinamica della vita morale, fa invece leva, quasi esclusivamente e con eccessiva rigidità, sulla fermezza e la intransigenza delle leggi morali cristiane, ricorrendo spesso a quei «siete obbligati», «non è lecito», che hanno troppo sapore di un’avvilente pedanteria.

Ora invece la Chiesa vuole — e lo mette in luce espressamente quando si tratta di formare le coscienze — che il cristiano venga introdotto nelle infinite ricchezze della fede e della grazia, in modo persuasivo, così da sentirsi inclinato a penetrarle profondamente.

La Chiesa però non può ritrarsi dall’ammonire i fedeli che queste ricchezze non possono essere acquistate e conservate se non a prezzo di precisi obblighi morali. Una diversa condotta finirebbe col far dimenticare un principio dominante, sul quale ha sempre insistito Gesù, suo Signore e Maestro. 

Egli infatti ha insegnato che per entrare nel regno dei cieli non basta dire «Signore, Signore», ma deve farsi la volontà del Padre celeste. 

Egli ha parlato della «porta stretta» e della «angusta via» che conduce alla vita, ed ha aggiunto: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare e non vi riusciranno». 

Egli ha posto come pietra di paragone e segno distintivo dell’amore verso Se stesso, Cristo, l’osservanza dei comandamenti. Similmente al giovane ricco, che lo interroga, Egli dice: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti » e alla nuova domanda «Quali?» risponde: «Non uccidere! non commettere adulterio! non rubare! non fare testimonianza falsa! onora il padre e la madre! e ama il prossimo tuo come te stesso!». 

Egli ha messo come condizione a chi vuole imitarlo, di rinunziare a se stesso e di prendere ogni giorno la sua croce. Egli esige che l’uomo sia pronto a lasciare per Lui e per la sua causa quanto ha di più caro, come il padre, la madre, i propri figli, e fin l’ultimo bene, la propria vita. Poiché Egli soggiunge: «A voi dico, amici miei: non temete quei che uccidono il corpo, e dopo tanto non possono fare di più. Vi mostrerò io chi dovete temere: temete Colui, che, dopo tolta la vita, ha il potere di mandare all’inferno».

Così parlava Gesù Cristo, il divino Pedagogo, che sa certamente, meglio degli uomini, penetrare nelle anime e attrarle al suo amore con le infinite perfezioni del suo Cuore, «bonitate et amore plenum».

E l’Apostolo delle genti San Paolo ha forse predicato altrimenti? 
Col suo veemente accento di persuasione, svelando l’arcano fascino del mondo soprannaturale, egli ha dispiegato la grandezza e lo splendore della fede cristiana, le ricchezze, la potenza, la benedizione, la felicità in essa racchiuse, offrendole alle anime come degno oggetto della libertà del cristiano e meta irresistibile di puri slanci d’amore. 

Ma non è men vero che sono altrettanto suoi gli ammonimenti come questo: «Operate con timore e tremore la vostra salute», e che dalla medesima sua penna sono scaturiti alti precetti morali, destinati a tutti i fedeli, siano essi di comune intelligenza, ovvero anime di elevata sensibilità. 
Prendendo dunque come stretta norma le parole di Cristo e dell’Apostolo, non si dovrebbe forse dire che la Chiesa di oggi è inclinata piuttosto alla condiscendenza che alla severità? Di guisa che l’accusa di durezza opprimente, dalla «nuova morale » mossa contro la Chiesa, in realtà va a colpire in primo luogo la stessa adorabile Persona di Cristo. [...]
+Christus ab omni malo
nos defendat. Amen

domenica 15 marzo 2015

15. I misteri del Signore


I misteri del Signore

Durante tutto il corso dell'anno la celebrazione del Sacrificio Eucaristico e l'Ufficio Divino si svolgono soprattutto intorno alla persona di Gesù Cristo; e si organizzano in modo così consono e congruo, da farvi dominare il nostro Salvatore nei suoi misteri di umiliazione, di redenzione e di trionfo. 
Rievocando questi misteri di Gesù Cristo, la sacra Liturgia mira a farvi partecipare tutti i credenti in modo che il divin Capo del Corpo Mistico viva nella pienezza della sua santità nelle singole membra. 

Siano, le anime dei cristiani, come altari sui quali si ripetano e si ravvivano le varie fasi del Sacrificio che immola il Sommo Sacerdote: 

i dolori, cioè, e le lacrime che lavano ed espiano i peccati; 
la preghiera a Dio rivolta che si eleva fino al cielo; 
la propria immolazione fatta con animo pronto, generoso e sollecito e, infine, 
l'intima unione con la quale abbandoniamo a Dio noi e le nostre cose e riposiamo in Lui, «essendo il succo della religione imitare colui che adori». 
Conformemente a questi modi e motivi con i quali la Liturgia propone alla nostra meditazione in tempi fissi la vita di Gesù Cristo, la Chiesa ci mostra gli esempi che dobbiamo imitare, e i tesori di santità che facciamo nostri, perché è necessario credere con lo spirito a ciò che si canta con la bocca, e tradurre nella pratica dei privati e pubblici costumi ciò che si crede con lo spirito. 

Avvento 

Infatti, nel tempo dell'Avvento, eccita in noi la coscienza dei peccati miseramente commessi; e ci esorta affinché, frenando i desideri con la volontaria mortificazione del corpo, ci raccogliamo in pia meditazione e siamo spinti dal desiderio di tornare a Dio, che solo può liberarci con la sua grazia dalla macchia dei peccati e dai mali che ne conseguono. 

Natale 

Con la ricorrenza del Natale del Redentore, sembra quasi ricondurci alla grotta di Betlemme, perché vi impariamo che è assolutamente necessario nascere di nuovo e riformarci radicalmente; il che è possibile soltanto quando ci uniamo intimamente e vitalmente al Verbo di Dio fatto uomo, e siamo partecipi della sua divina natura, alla quale veniamo elevati. 

Epifania 

Con la solennità della Epifania, ricordando la vocazione delle Genti alla fede cristiana, vuole che noi ringraziamo ogni giorno il Signore per così grande beneficio, desideriamo con grande fede il Dio vivo, comprendiamo con devozione e in profondità le cose soprannaturali, e prediligiamo il silenzio e la meditazione per potere facilmente capire e conseguire i doni celesti.

 Settuagesima 

Nei giorni della Settuagesima e della Quaresima, la Chiesa, nostra Madre, moltiplica le sue cure perché ognuno di noi si renda diligentemente conto delle sue miserie, sia attivamente incitato alla emendazione dei costumi, e detesti in modo particolare i peccati cancellandoli con la preghiera e la penitenza; giacché l'assidua preghiera e la penitenza dei peccati commessi ci ottengono l'aiuto divino, senza il quale è inutile e sterile ogni opera nostra. 

Passione 

Nel sacro tempo, poi, nel quale la Liturgia ci propone gli atroci dolori di Gesù Cristo, la Chiesa ci invita al Calvario, per seguire le orme sanguinose del Divin Redentore, affinché portiamo volentieri la Croce con Lui, abbiamo in noi gli stessi sentimenti di espiazione e di propiziazione, e perché insieme moriamo tutti con Lui. 

Pasqua 

Con la solennità Pasquale, che commemora il trionfo di Cristo, l'anima nostra è pervasa di intima gioia, e dobbiamo opportunamente pensare che anche noi dobbiamo risorgere insieme con il Redentore da una vita fredda ed inerte, a una vita più santa e fervente, offrendoci tutti e con generosità a Dio, e dimenticandoci di questa misera terra per aspirare soltanto al cielo: «Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, . . . aspirate alle cose di lassù». 

Pentecoste 

Nel tempo di Pentecoste, finalmente, la Chiesa ci esorta con i suoi precetti e la sua opera, ad offrirci docilmente all'azione dello Spirito Santo, il quale vuole accendere i nostri cuori di divina carità, perché progrediamo ogni giorno nella virtù con impegno maggiore, e così ci santifichiamo, come Cristo Signore e il suo Padre celeste sono santi. 

Tutto l'anno liturgico, dunque, può dirsi un magnifico inno di lode che la famiglia cristiana indirizza al Padre celeste per mezzo di Gesù eterno suo mediatore; ma richiede da noi anche uno studio diligente e bene ordinato per conoscere e lodare sempre più il nostro Redentore; uno sforzo intenso ed efficace, un indefesso addestramento per imitare i suoi misteri, per entrare volontariamente nella via dei suoi dolori, e per partecipare finalmente alla sua gloria ed alla sua eterna beatitudine. 

Da quanto è stato esposto appare chiaramente, Venerabili Fratelli, quanto siano lontani dal vero e genuino concetto della Liturgia quegli scrittori moderni, i quali, ingannati da una pretesa più alta disciplina mistica, osano affermare che non ci si deve concentrare sul Cristo storico, ma sul Cristo «pneumatico e glorificato»; 
e non dubitano di asserire che nella pietà dei fedeli si sarebbe verificato un mutamento, per cui il Cristo è stato quasi detronizzato, con l'occultamento del Cristo glorificato che vive e regna nei secoli dei secoli e siede alla destra del Padre, mentre al suo posto è subentrato il Cristo della vita terrena.

Alcuni, perciò, arrivano fino al punto di voler rimuovere dalle chiese le immagini del Divin Redentore che soffre in Croce. Ma queste false opinioni sono del tutto contrarie alla sacra dottrina tradizionale. «Credi nel Cristo nato in carne - così Sant'Agostino - e arriverai al Cristo nato da Dio, Dio presso Dio». 

La sacra Liturgia, poi, ci propone tutto Cristo, nei vari aspetti della sua vita: il Cristo, cioè, che è Verbo dell'Eterno Padre, che nasce dalla Vergine Madre di Dio, che ci insegna la verità, che sana gli infermi, che consola gli afflitti, che soffre, che muore; che, infine, risorge trionfando sulla morte, che, regnando nella gloria del cielo, ci invia lo Spirito Paraclito, che vive sempre nella sua Chiesa: «Gesù Cristo ieri ed oggi: Egli è anche nei secoli». 

E inoltre non ce lo presenta soltanto come un esempio da imitare, ma anche come un maestro da ascoltare, un pastore da seguire, come mediatore della nostra salvezza, principio della nostra santità, e Mistico Capo di cui siamo membra, viventi della sua stessa vita. 

E siccome i suoi acerbi dolori costituiscono il mistero principale da cui proviene la nostra salvezza, è secondo le esigenze della fede cattolica porre ciò nella sua massima luce, poiché esso è come il centro del culto divino, essendone il Sacrificio Eucaristico la quotidiana rappresentazione e rinnovazione, ed essendo tutti i Sacramenti congiunti con strettissimo vincolo alla Croce. 

Perciò l'anno liturgico, che la pietà della Chiesa alimenta e accompagna, non è una fredda e inerte rappresentazione di fatti che appartengono al passato, o una semplice e nuda rievocazione di realtà d'altri tempi. Esso è, piuttosto, Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da Lui iniziato con pietoso consiglio in questa vita mortale, quando passò beneficando allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri, e farle vivere per essi; misteri che sono perennemente presenti ed operanti, non nel modo incerto e nebuloso nel quale parlano alcuni recenti scrittori, ma perché, come ci insegna la dottrina cattolica e secondo la sentenza dei Dottori della Chiesa, sono esempi illustri di perfezione cristiana, e fonte di grazia divina per i meriti e l'intercessione del Redentore, e perché perdurano in noi col loro effetto, essendo ognuno di essi, nel modo consentaneo alla propria indole, la causa della nostra salvezza. Si aggiunge che la pia Madre Chiesa, mentre propone alla nostra contemplazione i misteri di Cristo, con le sue preghiere invoca quei doni soprannaturali per i quali i suoi figli si compenetrano dello spirito di questi misteri per virtù di Cristo. 

Per influsso e virtù di Lui, noi possiamo, con la collaborazione della nostra volontà, assimilare la forza vitale come rami dall'albero, come membra dal capo, e ci possiamo progressivamente e laboriosamente trasformare «secondo la misura dell'età piena di Cristo». 

Le feste dei Santi 

Nel corso dell'anno liturgico si celebrano non soltanto i misteri di Gesù Cristo, ma anche le feste dei Santi, nelle quali, sebbene si tratti di un ordine inferiore e subordinato, la Chiesa ha sempre la preoccupazione di proporre ai fedeli esempi di santità che li spingano ad adornarsi delle stesse virtù del Divin Redentore. 

È necessario, difatti, che noi imitiamo le virtù dei Santi, nelle quali brilla in vario modo la virtù stessa di Cristo, come di Lui essi furono imitatori. Poiché in alcuni rifulse lo zelo dell'apostolato; in altri si dimostrò la fortezza dei nostri eroi fino all’effusione del sangue; in altri brillò la costante vigilanza nell'attesa del Redentore; in altri rifulse il verginale candore dell'anima e la modesta dolcezza della cristiana umiltà; in tutti, poi, arse una fervidissima carità verso Dio e verso il prossimo. 

La Liturgia pone davanti ai nostri occhi tutti questi leggiadri ornamenti di santità perché ad essi salutarmente guardiamo, e perché «noi che godiamo dei loro meriti siamo accesi dai loro esempi». 

È necessario, dunque, conservare «l'innocenza nella semplicità, la concordia nella carità, la modestia nell'umiltà, la diligenza nel governo, la vigilanza nell'aiutare chi soffre, la misericordia nel curare i poveri, la costanza nel difendere la verità, la giustizia nella severità della disciplina, perché nulla in noi manchi di ogni virtù che ci è stata proposta ad esempio.

Queste sono le tracce che i Santi, nel loro ritorno alla patria, ci lasciarono, perché seguendo il loro cammino, possiamo seguirli nella beatitudine». E perché anche i nostri sensi siano salutarmente impressionati, la Chiesa vuole che nei nostri templi siano esposte le immagini dei Santi, sempre, però, allo stesso fine, che cioè «imitiamo le virtù di coloro dei quali veneriamo le immagini». 

Ma c'è ancora un altro motivo del culto del popolo cristiano per i Santi: quello di implorare il loro aiuto, e di «esser sostenuti dal patrocinio di coloro delle lodi dei quali ci dilettiamo». Da ciò facilmente si deduce il perché delle numerose formule di preghiere che la Chiesa ci propone per invocare il patrocinio dei Santi. 

Tra i Santi, poi, ha un culto preminente Maria Vergine, Madre di Dio

La sua vita, per la missione affidatale da Dio, è strettamente inserita nei misteri di Gesù Cristo, e nessuno, di certo, più di lei ha calcato più da vicino e con maggiore efficacia le orme del Verbo Incarnato, nessuno gode di maggiore grazia e potenza presso il Cuore sacratissimo del Figlio di Dio, e, attraverso il Figlio, presso il Padre celeste. 

Essa è più santa dei Cherubini e dei Serafini, e senza alcun paragone più gloriosa di tutti gli altri Santi, essendo «piena di grazia», Madre di Dio, e avendoci dato col suo felice parto il Redentore. A Lei, che è «Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra» ricorriamo tutti noi «gementi e piangenti in questa valle di lacrime», e affidiamo con fiducia noi e tutte le nostre cose alla sua protezione. Essa è diventata Madre nostra mentre il Divin Redentore compiva il sacrificio di Sé, e perciò, anche a questo titolo, noi siamo figli suoi. Essa ci insegna tutte le virtù; ci dà suo Figlio, e, con Lui, tutti gli aiuti che ci sono necessari, perché Dio «ha voluto che tutto noi avessimo per mezzo di Maria». 

Per questo cammino liturgico che ogni anno ci è aperto di nuovo, sotto l'azione santificatrice della Chiesa, confortati dagli aiuti e dagli esempi dei Santi, soprattutto della Immacolata Vergine Maria, «accostiamoci con cuore sincero, con pienezza di fede, purgati il cuore da coscienza di colpa e lavati il corpo con acqua pura», al «grande Sacerdote», per vivere e sentire con Lui, e penetrare per suo mezzo «fino al di là del velo» ed ivi onorare il Padre celeste per tutta la eternità. 

Tale è l'essenza e la ragione d'essere della sacra Liturgia: essa riguarda il Sacrificio, i Sacramenti e la lode di Dio; l'unione delle nostre anime con Cristo e la loro santificazione per mezzo del Divin Redentore, perché sia onorato Cristo, e per Lui ed in Lui la Santissima Trinità: Gloria al Padre, al Figliolo e allo Spirito Santo. 

AMDG et BVM