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domenica 31 luglio 2016

Papa Benedetto XVI ci insegna a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede

DE EN ES FR HR IT PT ]
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 7 marzo 2010
  
Cari fratelli e sorelle,

la liturgia di questa terza domenica di Quaresima ci presenta il tema della conversione. Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, Mosè, mentre pascola il gregge, vede un roveto in fiamme, che non si consuma. Si avvicina per osservare questo prodigio, quando una voce lo chiama per nome e, invitandolo a prendere coscienza della sua indegnità, gli comanda di togliersi i sandali, perché quel luogo è santo. “Io sono il Dio di tuo padre – gli dice la voce – il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”; e aggiunge: “Io sono Colui che sono!” (Es 3,6a.14). 

Dio si manifesta in diversi modi anche nella vita di ciascuno di noi. Per poter riconoscere la sua presenza è però necessario che ci accostiamo a lui consapevoli della nostra miseria e con profondo rispetto. Diversamente ci rendiamo incapaci di incontrarlo e di entrare in comunione con Lui. Come scrive l’apostolo Paolo, anche questa vicenda è raccontata per nostro ammonimento: essa ci ricorda che Dio si rivela non a quanti sono pervasi da sufficienza e leggerezza, ma a chi è povero ed umile davanti a Lui.

Nel brano del Vangelo odierno, Gesù viene interpellato circa alcuni fatti luttuosi: l’uccisione, all’interno del tempio, di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti (cfr Lc 13,1-5). 
Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina, Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male, e mettendo in guardia dal pensare che le sventure siano l’effetto immediato delle colpe personali di chi le subisce, afferma: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,2-3). 

Gesù invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione: le sventure, gli eventi luttuosi, non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare la vita. 

Di fronte al peccato, Dio si rivela pieno di misericordia e non manca di richiamare i peccatori ad evitare il male, a crescere nel suo amore e ad aiutare concretamente il prossimo in necessità, per vivere la gioia della grazia e non andare incontro alla morte eterna. 

Ma la possibilità di conversione esige che impariamo a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede, animati cioè dal santo timore di Dio. In presenza di sofferenze e lutti, vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande.

Cari amici, preghiamo Maria Santissima, che ci accompagna nell’itinerario quaresimale, affinché aiuti ogni cristiano a ritornare al Signore con tutto il cuore. Sostenga la nostra decisione ferma di rinunciare al male e di accettare con fede la volontà di Dio nella nostra vita.

AVE MARIA

giovedì 14 luglio 2016

CAVILLI


I cavilli che si fanno sui “Messaggi” se son veri…
Sono perdita di tempo per potersi convertire.
Sursum corda


venerdì 1 gennaio 2016

GESU' PREFERI' MORIRE PER TE CHE VIVERE SENZA DI TE

AVE MARIA, gratia plena, Dominus Tecum...

Gesù Cristo ha preferito morire per noi 
che vivere senza di noi
AUGURI!
ANNO DOMINI 2016

«Guardate oggi la sofferenza come benedizione, come passaggio necessario per la vostra Salvezza e conversione!» (23.2.1997)


< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa >
LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!
AMDG et BVM

giovedì 22 ottobre 2015

venerdì 4 settembre 2015

Grande scontro. Basta bugie.

5 Settembre 2012 – 
Un grande scontro diventerà evidente 
e l’uomo si separerà dall’uomo. 
Fratello contro fratello.


Mia amatissima figlia, una dopo l’altra ogni nazione sta attraversando una fase di transizione in questo momento. Nessuna nazione può non capire che ci sono molti cambiamenti nell’aria.

Non solo le leggi che governano i loro paesi cominciano a cambiare, ma la fede che esse hanno avuto una volta sembra essersi evaporata.

Meno preti, meno servitori nella Mia Chiesa Cristiana si fanno avanti per difendere le Leggi di Dio. Né essi proclamano la loro fedeltà a Me. Invece le loro voci non sono che mormorii in mezzo al rumore delle voci che declamano e incoraggiano l’amore di sè.

La Parola di Dio è divorata dalle voci degli atei che dissimulano le loro voci dietro il mantello di leggi governative che sono modificate in nome di una cosiddetta giustizia o tolleranza, per il bene di tutti.

Le menzogne presentate davanti a voi sono concepite per distruggere non solo la Parola di Mio Padre, ma anche il Cristianesimo nel mondo.

L’apostasia si è diffusa a macchia d’olio e ha quasi raggiunto il punto di rottura.

Questo è il momento per l’intervento di Dio. Basta bugie. Il padre della menzogna inganna i figli di Dio dovunque. Non seguite i vostri governi che proclamano che la Parola di Dio è una bugia.

Non accettate le nuove leggi che condonano il peccato mortale. Lottate, tutti voi. Difendete ciò che è giusto. Non lasciate che le leggi incoraggiate dal padre della menzogna trascinino voi e la vostra famiglia, in un pozzo senza fondo.

Se consentite alle leggi che bandiscono la pratica della vostra fede, soffrirete. La vostra anima mancherà del nutrimento e voi vi allontanerete da Me.

Ma se voi accettate l’omicidio e l’aborto e non rifiutate un tale delitto, allora il vostro paese sarà punito dalla mano di Dio.

Sebbene l’apostasia si diffonda dappertutto, dall’altra parte anche la conversione cresce e presto si scontreranno.

Un grande scontro diverrà evidente e l’uomo si separerà dall’uomo. Fratello contro fratello. Vicino contro vicino. Ci saranno due campi: quelli che amano Dio e coloro che non lo amano.

Io darò ad ogni anima la possibilità di decidere a quale campo vuole appartenere, nella speranza che tutte scelgano Me, il loro amato Salvatore.

Voi, Miei discepoli, con le vostre preghiere, specialmente con la recita delle Litanie della Grazia dell’Immunità, potrete portarmi molte anime.

Allora prenderò i buoni nel Mio Cuore, come predetto, e in un batter d’occhio saranno messi al sicuro. La Mia Promessa è di salvare l’Umanità.

La scelta finale spetterà ad ogni singola anima, attraverso il suo libero arbitrio. Il vostro Gesù.

AMDG et BVM


martedì 21 luglio 2015

MARIA DI MAGDALA

Maria di Magdala


i
Sorella di Lazzaro e di Marta di Betania, invocata in testa alle vergini per la sua totale conversione ed il suo totale amore. 

Incontri prima della sua conversione 2.098 - 2.135 - 2.136 - 3.174 - 3.183. Conversione e perdono in casa di Simone il fariseo a Cafarnao 4.236Ritiratasi dalla Madonna, torna con Lei a Cafarnao 4.238 e Gesù la impone agli apostoli abbattendo le loro possibili prevenzioni e riluttanze, la farà conoscere alle sue "sorelle" discepole e la porterà nei luoghi dove maggiormente aveva mancato, perché affronti subito il mondo e strozzi ogni rispetto umano che potrà paralizzare la sua eroica conversione 4.239. Maria di Magdala viene condotta da Gesù ed accompagnata dalle sorelle discepole a Betsaida dove incontrerà Porfirea, moglie di Pietro apostolo, Salome e le donne di Bartolomeo e Filippo 4.240, a Magdala in una casa, dove una madre ha sofferto per causa sua e dove Gesù racconta la parabola della dramma ritrovata 4.241, a Tiberiade dove molti la riconoscono e la scherniscono, mentre il vecchio Crispo la ringrazia d'aver per lei conosciuto Gesù 4.242, a Cana dove Susanna l'accoglie con amore4.243. "Nazaret è già in subbuglio per l'arrivo di Gesù con quell'appendice di Maria di Magdala" 4.245, ma Maria d'Alfeo l'accoglie e la bacia felice d'averla per sorella e la vuole con tutti in casa sua. Maria Vergine ammaestra la Maddalena 4.247 sulla via verso Betlemme di Galilea 4.248. A Sicaminon 4.250 la comitiva viene attesa da molti discepoli, ai quali Gesù parla della Maddalena e dei grandi peccatori convertiti 4.250. Vi è presente anche Giovanni di Endor.

Vanno verso Cesarea Marittima e Maria sta sulle spine, avendo là molte conoscenze del passato. "Più soffrirai e meglio sarà. Perché dopo non soffrirai più di queste inutili pene... Ti lavorerò col fuoco e sull'incudine... Ti concedo di piangere per pentimento e per amore non per altro!" 4.253. A Cesarea è vista da Lidia che cerca di trattenerla e da un giovane che le chiede: "È la tua ultima pazzia?" "No, è la mia unica saggezza" 4.254. Un carro di Lazzaro preordinato da Gesù 4.239 attende vicino a Cesarea e porterà le sorelle con Sintica a Betania dal fratello 4.255. Maria di Magdala con molte discepole nel grande viaggio apostolico nella Perca e nella Decapoli 4.285 - 4.294. A Betania, avanti la Pasqua del terzo anno, in una discussione sull'Iscariota sempre più enigmatico, la Maddalena prorompe: "Io l'ho capito più di tutti: è l'obbrobrio vicino alla perfezione. E non c'è altro da dire!" 6.365.

Forte è anche la reazione della Maddalena furente di vedere che la paura di Giona del Getsemani, un dipendente di Lazzaro, costringa Gesù ad astenersi dall'alloggiare ancora nel Getsemani 6.372. Maria al guado di Betabara per mettere Gesù in guardia 5.361. Maria a Betania ai piedi di Gesù lo ascolta; Marta insiste che l'aiuti e Gesù: "Maria ha scelto la parte migliore, quella che non le sarà mai più tolta" 6.377. Durante la malattia di Lazzaro nasce il sospetto di lebbra; Maria si accerta che non lo è 8.519. Maria e i farisei che vogliono salutare Lazzaro moribondo 8.542.


Maria non vuole fare avvertire Gesù, quando il medico lo consiglia e Marta lo vorrebbe ad ogni costo, perché Egli ha detto: "Quando sarà morto fatemelo sapere" 8.543. Maria alla risurrezione di Lazzaro 8.548. Maria a Gesù dopo la risurrezione di Lazzaro: "Questo voglio. Che Tu metta in me un amore senza limiti" 8.550.

Maria di Magdala alla Cena di Betania sente che Gesù va incontro alla morte e gli unge il capo e i piedi con nardo prezioso 9.586.

Sul Calvario e al Sepolcro 10.610 - 10.611. Risurrezione di Gesù: Maria di Magdala al Sepolcro 10.619, Gesù la chiama: "Maria" ed essa: "Rabbonì" e lo riconosce 10.619.



Una o più Marie ?


iNel contesto generale dell'esame delle tradizioni, conviene fare piazza pulita di certe affermazioni, gratuite e recenti, su Maria Maddalena: una scuola -ahimè ascoltata!- di "moderni" spande in effetti l'idea che Maria, sorella di Lazzaro, e Maria Maddalena (o di Magdala), siano due persone distinte.

Taluni, nella folla di pseudo-rivelazioni private, giungono perfino ad attribuire a Lazzaro e Marta una o due sorelle oltre a Maria. E perfino il Dizionario Biblico Universale di Monloubou e Buit, che fa autorità, scrivono (a pag. 454): "Maria di Betania non può essere confusa né con Maria di Magdala, e ancor meno con l'anonima peccatrice nella casa di Simone il fariseo".

Sarebbe interessante sapere su cosa si basano questi specialisti per fare tali affermazioni, se non per l'idea... che non può essere altrimenti perché gli evangelisti non lo precisano!

Vi sono molti modi per ritrovare nei testi sacri delle realtà non esplicitate direttamente, e il caso di Maria di Magdala sembra esemplare a questo riguardo. Cosa dicono gli evangelisti?

• la peccatrice anonima della casa del fariseo era una nota peccatrice, molto audace (Luca 7,37 e 38 - 7,47) sulla via del pentimento, e l'incidente si situa verso il centro della vita pubblica di Gesù.

• In seguito (Luca 8,1) Maria di Magdala, guarita da 7 demoni, segue Gesù.

• Più tardi (Luca 10,39) Marta, sorella di Lazzaro, riceve in casa Gesù. Sua sorella Maria è là, ai piedi di Gesù, che beve letteralmente le sue parole, e questo avviene prima della morte di Lazzaro. Poco prima della fine della vita pubblica di Gesù, muore Lazzaro, e la sua resurrezione farà scattare la decisione dei giudei di assassinare Gesù (Gv 11,5), e Maria, sua sorella, è sempre là.

• E, come abbiamo già visto in precedenza, il sabato, vigilia delle Palme, è con un profumo di grande valore che Maria unge i piedi di Gesù (Gv. 12,3), in un gesto del tutto simile, e anche qui incompreso tranne che da Gesù, a quello della peccatrice anonima della casa del fariseo.

• Infine Maria di Magdala (l'ex Maria di Magdala, guarita da Gesù, e che quando poteva era sempre presente al suo seguito), la si ritrova ai piedi della Croce (Matteo 27,56), alla sepoltura di Gesù (Marco 15,47), e alla tomba il mattino della Resurrezione (Gv. 20,1 - Matteo 28,1). In cosa c'è incompatibilità che si tratti della stessa persona?

- non incompatibilità nel tempo
- non incompatibilità nell'audacia
- non nelle attitudini

Non è infine una grazia data a una grande peccatrice pentita quella di far sentire quale è "la parte migliore" (Luca 10,42) a colei che si è poi rivolta unicamente verso l'amore del Suo Dio?

Se questo insieme di compatibilità molto diverse, che ha poche probabilità di essere puramente casuale, non basta a trascinare l'adesione del lettore, io gli propongo di rispondere a questa domanda
:
Come mai Maria, sorella di Lazzaro, sempre in atteggiamento adorante verso Gesù, Maria, sorella di Lazzaro, che sfida il giudizio degli apostoli alla cena di Betania, alla vigilia della Domenica delle Palme, ha lo stesso atteggiamento forte verso Gesù della peccatrice di Simone il fariseo; come questa donna, sei giorni più tardi, sarebbe stata in prima linea tra coloro che sfidarono la folla eccitata ai piedi della Croce? Come poteva non essere tra le prime, se non la prima, a portarsi alla tomba il mattino della Risurrezione?

Ora, cosa ci dicono i quattro evangelisti? Che Maria di Magdala era là. Chi sarebbero dunque queste due Marie, una che scompare quando l'altra appare, se non, evidentemente, la stessa persona?

Infine, dopo quello che abbiamo visto sui fatti relativi all'arrivo in Provenza Lazzaro e delle sorelle, se Maria Maddalena non è Maria di Betania, sorella di Lazzaro, la stessa domanda sorge spontanea: che fine ha fatto quest'ultima, mentre Maria Maddalena accompagna Lazzaro e Marta?

O ancora: perché Maria Maddalena, ritiratasi al Sainte Baume, ha scelto di continuare i suoi giorni nella stessa attitudine, contemplativa e adorante, nel suo eremitaggio, attitudine che era quella di Maria di Betania quando ancora Gesù era in vita ?

Ecco il tipo di ragionamento, e l'unico, che dovrebbe essere usato per trattare in profondità tutti i problemi relativi al vissuto dei personaggi presentati dai redattori dei testi sacri della fede cristiana. É il solo in effetti che elimina la soggettività a priori, questa insidiosa nemica degli esegeti.

Quante affermazioni gratuite che si rivelano spesso per lo meno dubbie all'analisi, vengono sparse ai nostri giorni, senza un briciolo di spiegazioni, di confronti, di comparazioni su dei fatti precisi, e questo sotto l'apparenza di un'esegesi che osa dirsi scientifica e che non è - nella migliore delle ipotesi - che soggettività letteraria o filosofica.

É proprio il caso di citare la definizione del Concilio Vaticano I:

"Quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con cura, pietà, moderazione, essa acquista col dono di Dio un'intelligenza assai fruttuosa dei misteri, tanto per l'analisi delle cose che essa conosce naturalmente, che per l'associazione dei misteri tra loro e col fine ultimo dell'Uomo."


 

Maria Maddalena in Provenza


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in foto: reliquie di Maria Maddalena conservate nella Basilica di Saint-Maximin, la Sainte-Baume)

La sua festa è il 22 luglio. Secondo una consolidata tradizione, si è esiliata in Provenza con tutta la famiglia di Betania dopo la risurrezione di Gesù e spinta probabilmente dalla persecuzione emergente.

Questa emigrazione non deve sorprendere in quanto la Gallia Narbonnese (Francia meridionale dell'epoca romana) era, a quel tempo, un luogo di esilio, come confermato anche da fonti storiche. Vi troviamo infatti degli esiliati quali Erode Antipa ed Erodiade (St Bertrand de Comminges nei Pirenei), Pilato (Vienna di Francia), e Claudia Procula (Narbonne)... Non è quindi strano che questo luogo abbia dato rifugio alla famiglia perseguitata.

Eremita nei monti della Sainte Baume, è morta all'età di 70/75 anni circa1. La sua tomba, a Saint Maximin (Var), gestito dai Domenicani, è la terza tomba della cristianità. Vedi "Il primo secolo cristiano" di Jean Aulagnier, sull'autenticità probabile di questa tradizione (edizioni Résiac). L'ostentazione delle sue reliquie ha luogo nella Basilica di Saint-Maximin a partire dal 22 luglio e dura otto giorni. È anche possibile fare un pellegrinaggio alla grotta della Sainte-Baume, che è lì vicino.



La "Legenda Aurea" di Iacopo da Varazze, (Jacobus da Varagine)2


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In questa celebre recensione del XIII secolo, Maria Maddalena viene così presentata:
"Maria, detta Maddalena  - dal Castello di Magdalon - nacque da genitori ​​illustri poiché erano di razza reale.
Suo padre si chiamava Siro e sua madre Eucheria. Maria possedeva, in comune col fratello Lazzaro e sua sorella Marta, il Castello di Magdalon, situato a due miglia da Genezareth, Betania, che è vicina a Gerusalemme, e una grande parte di Gerusalemme. 
Essi si divisero tuttavia i loro beni in questo modo: Maria ebbe Magdalon, per cui è stata chiamata Maddalena; Lazzaro ebbe i possedimenti di Gerusalemme, e Marta Betania. Ma mentre Maddalena cercava tutto quel che lusingava i sensi, e Lazzaro impiegava il suo tempo nel servizio militare, Marta, che era piena di prudenza, governava con cura gli interessi di sua sorella e del fratello, e forniva inoltre il necessario ai soldati, ai servi e ai poveri. Essi vendettero però tutti i loro beni dopo l'ascensione di Gesù." (The Golden Legend - Volume 2 - Pagina 243)



Conversione di Maria Maddalena


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Vedo alzarsi la ricca tenda che copre il vano della porta ed entrare una donna giovane, bellissima, riccamente vestita e accuratamente pettinata. La sua abbondantissima chioma bionda le fa sulla testa un vero ornamento di ciocche intrecciate con arte. Pare porti un elmo d'oro tutto a rilievi, tanto la chioma splende ed è abbondante. Ha una veste che, se la confronto con quella sempre vista alla Vergine Maria, direi che è molto eccentrica e complicata. Fibbie sulle spalle, gioielli per trattenere le increspature al sommo del petto, catenelle d'oro per delineare il petto stesso, cintura a borchie d'oro e gemme. Una veste procace che mette in rilievo le linee del bellissimo corpo. Sulla testa un velo così leggero che... non vela niente. È un'aggiunta ai suoi vezzi e basta. Ai piedi, sandali molto ricchi con fibbie d'oro, di pelle rossa e con lacci intrecciati sulla caviglia.

Scarica l'opuscolo     (BELLISSIMO)




1 Maria Valtorta, nella sua visione del 30 marzo 1944, conferma questo esilio nella grotta della Sainte-Baume (anche se i dettagli non sono dati). Questa visione descrive, in particolare, la morte di Maria Maddalena. Tuttavia una domanda rimane per la posizione della grotta: Maria Valtorta crede di vedere il riflesso del mare. La grotta sarebbe dunque sul versante opposto al santuario attuale, a meno che questo riflesso non indichi un lago o un fiume. Da notare anche che, contrariamente alla tradizione, Massimino (l'intendente) non è presente alla sua morte.

2 Iacopo da Varazze fu un frate domenicano che visse tra il 1228 ed il 1298 circa, e che fu vescovo di Genova. É diventato famoso per la sua opera intitolata Legenda aurea (o Legenda sanctorum), una raccolta delle vite dei santi, scritta in latino e distribuita in altre versioni volgarizzate. Quest'opera fu importante, in quanto influenzò molto la successiva letteratura religiosa. Altre opere di Iacopo da Varazze furono Chronicon Ianuense (ovvero Cronaca Genovese) che fu scritta in latino, ed i Sermoni moraleggianti che furono scritti in volgare.

lunedì 13 luglio 2015

Sana virilità

Don Elia. Ascolta figlio...

Ausculta, o fili, praecepta magistri…
(san Benedetto abate)

Nessun vantaggio per noi dal meditare la Parola del Signore e dal nutrirci del Suo Corpo e Sangue, se poi non ne viviamo nell’esistenza di ogni giorno; tanta grazia e degnazione nei nostri confronti deve pur produrre, con la nostra cooperazione, un effetto di santificazione: «Portate dunque un frutto degno della conversione» (Mt 3, 8). Ma com’è difficile riconoscere, momento per momento, la volontà di Dio! A seconda delle singole inclinazioni di carattere, oscilliamo dal lassismo più permissivo al rigore più scrupoloso, con tutto un ventaglio di atteggiamenti che, salvo quello equilibrato, sono espressione della nostra natura ferita o dei suggerimenti menzogneri del demonio. Quest’ultimo, con quanti sono avviati sulla via del bene, si trasforma spesso in angelo di luce per spingerli a rovinosi eccessi o in falso paraclito per giustificarne i cedimenti; una volta ottenuto lo scopo, in ogni caso, si manifesta per quello che è: implacabile accusatore.

Ecco perché ci è così necessario un maestro di vita interiore che ci insegni a discernere fra i movimenti dell’anima e ad individuarne l’origine: così potremo distinguere tra ciò che viene realmente da Dio e ciò che invece nasce dalla nostra psiche o è insinuazione del nemico. Sia ben chiaro: a nessun risultato potremo mai pervenire in questo campo senza aver dapprima conformato la nostra vita e i nostri atti all’universale volontà divina, valida per tutti in ogni circostanza ed espressa nei Comandamenti come la Chiesa li ha sempre spiegati e applicati. Ciò che la legge morale proibisce va escluso a priori dall’orizzonte delle possibili scelte e non dev’essere mai fatto da nessuno, per nessun motivo e in nessuna situazione; le nostre orecchie siano sorde a qualsiasi discorso “teologico” o “pastorale” che apra surrettiziamente spiragli all’immoralità, soprattutto in materia grave, se non vogliamo farci trascinare nel baratro dell’incosciente suicidio collettivo in cui si è gettata la società moderna.

La scelta della guida spirituale richiede a sua volta acuto discernimento; per questo è necessaria una preghiera insistente, pressante, offerta con forti grida e lacrime (Eb 5, 7), sostenuta da opere di carità e, se possibile, culminante in un pellegrinaggio: il Signore non farà mancare la Sua risposta. È evidente che tocca pure a ciascuno esprimere il proprio giudizio mediante l’esercizio della ragione e del sensus fidei: un direttore di coscienza che non sia cristallino nella sua fedeltà alla dottrina definita o manifesti cedimenti sul piano morale va subito scartato, a prescindere da qualsiasi altra considerazione; sarebbe come affidare la propria salute ad un medico incompetente. Certo, molti risponderanno che questa, oggi, è merce rarissima: ne convengo pienamente, ma proprio per questo rinnovo il mio invito ai sacerdoti a segnalarsi e i fedeli stessi a far loro conoscere la parrocchia virtuale. È anche possibile collaborare senza iscriversi sulla lista, ma offrendo semplicemente la propria disponibilità a ricevere persone della zona da me indirizzate.

Un’insidia particolarmente sottile, anche per sacerdoti molto sinceri e ben formati, è quella di cui ho dovuto prender coscienza io stesso nel corso degli anni. Non mi riferisco allo spontaneismo grezzo che impazza da decenni in parrocchie, associazioni e movimenti; chiunque abbia iniziato un vero cammino spirituale sa bene che, per la nostra natura corrotta, ciò che è spontaneo è l’egoismo e il peccato, mentre la virtù e l’amore richiedono una lunga purificazione e un paziente allenamento. Penso piuttosto a quell’illusione, così diffusa, che spinge a guardare subito alle vette senza prima aver risollevato la persona dal pantano della valle – in altre parole, senza averne prima verificato le condizioni morali e la vita di preghiera. Chiudere una ferita senza purgarla è il miglior modo perché l’infezione si diffonda fino a provocare la morte… in questo caso dell’anima. Senza aver almeno cominciato a correggere le cattive abitudini e a combattere vizi e peccati, non si va da nessuna parte nel mondo dello spirito, ma si nutrono soltanto orgoglio e presunzione. Non si affronta una scalata con le gambe rotte, né si attacca in prima linea se il nemico è nelle retrovie.

Un vero padre, in vista del loro bene, non risparmia ai suoi figli lotte e sudori. Va anzitutto bandita con decisione quella tenerezza morbosa – e in fondo egoistica e peccaminosa – che non fa maturare i piccoli e fa regredire i grandi, ma che nell’odierna società ha contaminato le relazioni di ogni genere o quasi. Una sana virilità incute generalmente timore, anziché infondere fiducia e sicurezza; ad attrarre è per lo più quella malintesa virilità violenta, propinata da cinema e videogiochi, che è piuttosto una reazione alla paura e alla frustrazione. Un atteggiamento fermo e deciso viene spesso percepito e giudicato come troppo rigido e severo da chi vorrebbe unicamente conferme che lo esimessero dal rimettersi in discussione; ma non per questo bisogna rinunciare – almeno con chi è abbastanza intelligente da accettarle – a porre esigenze morali e opportune proibizioni di quanto è dannoso. Ciò risulta più facile con i bambini, almeno con quelli non ancora troppo guastati dagli stessi genitori e dall’ambiente sociale; con i giovani e gli adulti è meglio mettere in chiaro le cose fin dall’inizio, per evitare di perdere tempo e di farne perdere.

Certo, non si può non tener conto del fatto che nella cultura attuale, dopo la demolizione della pedagogia tradizionale e l’imposizione di teorie educative aberranti, non si possono applicare tali e quali i metodi del passato, che sono improponibili alla nostra debolezza; bisogna tuttavia coglierne i princìpi ispiratori e le dinamiche metodologiche per adattarli con equilibrio alle necessità di oggi. Il ricorso ai vecchi trattati di ascetica, di primo acchito, provoca un’acuta e dolorosa consapevolezza delle altezze da cui siamo precipitati; ma, senza scoraggiarsi troppo presto, fa bene inoltrarvisi a poco a poco per distillarne almeno gli elementi essenziali, indispensabili per ricostruirsi una sana disciplina. Che parola desueta! Eppure qualunque sportivo vi si sottopone per poter sviluppare le proprie capacità fisiche e ottenere dei risultati… Se tenessimo alla salute dell’anima almeno quanto a quella del corpo, quali diete e privazioni non le infliggeremmo! «Il Regno di Dio soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).

Cerca dunque un buon maestro per ascoltare i suoi precetti e, soprattutto, per metterli in pratica. In attesa di trovarne uno reale, puoi anche reperirne uno virtuale procurandoti il libro di un certo fra’ Semplice, intitolato Il setaccio, nel catalogo in linea delle Edizioni Segno; puoi altresì scrivere all’autore all’indirizzo di posta elettronica riportato dietro il frontespizio. Non sarà come aprire il cuore, di presenza, ad uno starec che ti legge nell’anima e ti risponde proprio quella parola che avevi bisogno di ricevere; ma per cominciare è già qualcosa… Se poi la Provvidenza vorrà, potrai fare la sua conoscenza o – se avrai pregato con tutto il cuore – trovare un angelo in carne e ossa vicino a casa tua, là dove Dio ti ha posto a far brillare la Sua luce in questo mondo tenebroso che Lo rifiuta, ma non sa di averne una nostalgia indicibile.

venerdì 13 marzo 2015

13. Intelligentemente commossi diventiamo autentici missionari, educatori alla preghiera secondo il cuore della Chiesa


Il rito autentico, l'educazione, la conversione.


  Non c'è nessun fatto puramente esterno a noi che possa garantire il rinnovamento della Chiesa o la rinascita della vita cristiana.

  Quando parliamo della crisi della fede nei tempi moderni, quando desideriamo il rifiorire della vita cristiana del nostro popolo, dobbiamo avere ben presente che non è possibile affidarci a nessun automatismo garantito da qualcosa che accade solo fuori di noi: la rinascita partirà sempre dal nostro nascere di nuovo alla grazia di Dio. Sì, è dalla conversione personale che dobbiamo sperare il rifiorire della Chiesa tra noi.

  È proprio partendo da un errore di prospettiva che si è pensato di diffondere il cristianesimo a suon di riforme. È stato, crediamo, l'errore degli anni conciliari. Cerchiamo di spiegarci.

  C'era bisogno di un rinnovamento della vita cristiana negli anni ’50 e ’60? Certamente sì. C'era bisogno di una maggiore verità nella vita sacerdotale, nei conventi, nelle associazioni laicali, nelle scuole cattoliche, nelle famiglie? Non facciamo fatica ad ammetterlo: un certo formalismo stava mettendo in pericolo la vita di fede... c'era bisogno di una freschezza data dall'autenticità.

  Ma il grave errore è stato quello di illudersi di trovare l'autenticità e la freschezza della vita cristiana in tutta una serie di riforme, che hanno radicalmente cambiato, se non stravolto, il volto della Chiesa. E non ne è venuto fuori un rinnovamento, una primavera, ma un lungo autunno che ha portato fino all'inverno della fede, inverno che ha ucciso la vita di grazia nei nostri paesi, nelle nostre terre di antica cristianità.

  Ci si è messi a cambiare tutto, a modernizzare la messa e con essa tutti gli altri aspetti della vita cattolica, pensando di fermare così la fuga dalle chiese, con il risultato, ed è sotto gli occhi di tutti, che le chiese hanno terminato di svuotarsi; chi è poi rimasto a frequentarle, non è certamente più autenticamente cattolico degli uomini di un tempo.

  Ne è esempio lampante proprio la riforma della Messa: l'hanno cambiata per renderla meno difficile alla gente, per renderla meno pesante. Ne è nato un rinnovamento? No, ma un impoverimento, uno svuotamento ambiguo di contenuto: è come se lo “ scheletrito” nuovo rito della messa non educasse più, lasciando spazio a tutte le nostre piccole e grandi eresie.

  La strada da percorrere era un'altra, quella di un appassionato lavoro quotidiano per educare le anime a vivere della messa, comprendendone l'inestimabile valore e l'incommensurabile bellezza. Occorrevano preti intelligentemente appassionati, comunità ferventi, capaci di preghiera, studio e sacrificio; occorrevano anime commosse. Ci si è invece affidati alla via ingannevole di una riforma esterna che facilitasse i riti per i preti e per i fedeli... illudendosi che accomodando le cose esterne le anime si convertissero. E tutto è crollato in uno spaventoso impoverimento: per inseguire i fedeli senza fervore, si è banalizzata la messa riducendola quasi a un rito degno di una religione puramente naturale.

  E invece la Chiesa aveva bisogno della santità, e la santità nasce dalla conversione personale.

  Il rito non va cambiato, deve cambiare invece il nostro cuore. Il rito deve essere la roccia sicura su cui posare tutta la nostra vita. Per questo siamo tornati alla Tradizione, per questo custodiamo la “Messa di sempre”. Il rito deve custodire la retta fede, la vera preghiera cattolica, deve metterci nella posizione giusta difronte a Dio: solo così la grazia potrà operare la nostra conversione.

  Sono i santi, commossi per l'opera di Dio, che rinnovano la Chiesa e la vita cristiana, e non i giochi umani dei cambiamenti continui.

Chi vuole i cambiamenti continui è semplicemente un uomo annoiato; e con gli uomini annoiati in cerca di novità esteriori, fossero anche religiose, non si fa una Chiesa santa.

  Il vero movimento liturgico, quello di Gueranger e di San Pio X per intenderci, voleva favorire proprio un'autenticità di preghiera nei sacerdoti e nei fedeli. Voleva che le anime immergendosi nella santa liturgia, pregando veramente con la Chiesa, rinascessero ad una vita cristiana più autentica e intelligente. Invece nel movimento liturgico si operò il tradimento, consumato da chi pensava che facilitare equivalesse ad aiutare a pregare: così non fu, ed è sotto gli occhi di tutti il disastro... i cristiani sanno ormai raramente pregare.

  Nulla di esterno può sostituirsi alla nostra conversione, al sincero fervore personale, all'autentico amore per Cristo. Ma la nostra conversione, operata dalla grazia, scaturirà dalla preghiera della Chiesa che la Tradizione ci ha consegnato, che è la preghiera di Cristo stesso.

  Così è necessario anche per noi che:

  1. si torni alla corretta liturgia secondo la tradizione, perché il tesoro della rivelazione pregata non vada perduto;

  2. che sacerdoti e fedeli intelligentemente commossi diventino autentici missionari, educatori alla preghiera secondo il cuore della Chiesa. Se non ci fosse anche per noi questo secondo punto, cadremmo nello stesso tragico errore dei riformatori conciliari: credere che basti tornare a qualcosa di esteriore (fosse anche la messa antica) perché la vita rinasca.



  Che la Madonna ci aiuti ad essere fedeli al nostro compito.
"Radicati nella fede", Maggio 2014

giovedì 12 febbraio 2015

Opportuna riflessione



Leggo in Battista Mondin "La nuova teologia cattolica" 1978 questa citazione di J. Ratzinger:

"A proposito di vie di salvezza il Ratzinger respinge con grande fermezza la teoria del valore salvifico delle religioni non cristiane, che alcuni teologi cattolici (Rahner, Schelte, Panikkar) considerano la via ordinaria di salvezza"

Tale concezione conduce a concludere che una persona viene salvata ogni volta attraverso la coscienzosa applicazione di quel sistema in cui si trova o al quale è in qualche modo legata.

La coscienza degenera in coscienziosita', i diversi singoli sistemi diventano 'via  della salvezza'. Sa di umano e di longanimita', quando si dice, in questa prospettiva, che un musulmano per essere salvato, dev'essere appunto un 'buon musulmano' ( che vuol dire questo propriamente?), che un indù dev'essere un buon indù, ecc. Ma non si dovra' allora anche dire che un cannibale dev'essere appunto un 'buon cannibale' e che un convinto uomo delle SS dev'essere un uomo delle SS tutto d'un pezzo?

E' evidente: qui c'è qualcosa che non funziona; una 'teologia delle religioni', che si sviluppi in questo senso, puo' portare soltanto ad un vicolo cieco".
(J.R. "Il nuovo popolo di Dio" p. 383).


Probabilmente siamo vittime di una sopravvalutazione delle religioni ed ideologie non cristiane e non cattoliche. Da una considerazione estrema dei non cattolici come destinati inesorabilmente all'Inferno, in pochi decenni siamo passati all'idea che il comportamento etico di un "buon non cattolico" è senz'altro al livello di quello del buon cattolico, o forse anche migliore: una specie di "mito del buon selvaggio" o della "superiore saggezza dei Cinesi" come propalato nel '700.
Davvero migliori di un cattolico devoto, che prega, compie le opere di bene, si confessa coscienziosamente per fare la Comunione?


Una volta era facile assumere la posizione "esclusivista" perché
all'"uomo della strada" non era dato di incontrare il "diversamente credente"; oggi bisognerebbe approfondire l'effetto delle religioni diverse sulla psicologia e sulla vita sociale di quelle culture. A proposito del "buon induista": e il sistema castale con i paria e i roghi delle vedove?

Gandhi, forse troppo mitizzato, ricavò molti elementi dalla conoscenza del Cristianesimo...
Insomma, dal non conoscerli, demonizzandoli, al conoscerli a fondo, per sapere come sono veramente. Questo va oltre il "volemose bene" : occorre documentarsi, studiare, viaggiare.



"ANDATE E FATE MIEI DISCEPOLI
TUTTE LE GENTI..."  

giovedì 22 gennaio 2015

Conversione di San Paolo Apostolo

Benedetto XVI Omelie 9111


25 gennaio 2011: Festa della Conversione di San Paolo Apostolo - Celebrazione dei Vespri

25111
A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI

Basilica di San Paolo fuori le Mura

Martedì, 25 gennaio 2011




Cari fratelli e sorelle,

Seguendo l’esempio di Gesù, che alla vigilia della sua passione pregò il Padre per i suoi discepoli “perché tutti siano una sola cosa” (Jn 17,21), i cristiani continuano incessantemente ad invocare da Dio il dono dell’unità. Questa richiesta si fa più intensa durante la Settimana di Preghiera, che oggi si conclude, quando le Chiese e Comunità ecclesiali meditano e pregano insieme per l’unità di tutti i cristiani. Quest’anno il tema offerto alla nostra meditazione è stato proposto dalle Comunità cristiane di Gerusalemme, alle quali vorrei esprimere il mio vivo ringraziamento, accompagnato dall’assicurazione dell’affetto e della preghiera sia da parte mia che di tutta la Chiesa. I cristiani della Città Santa ci invitano a rinnovare e rafforzare il nostro impegno per il ristabilimento della piena unità meditando sul modello di vita dei primi discepoli di Cristo riuniti a Gerusalemme: “Essi – leggiamo negli Atti degli Apostoli – erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (Ac 2,42). È questo il ritratto della prima comunità, nata a Gerusalemme il giorno stesso di Pentecoste, suscitata dalla predicazione che l’Apostolo Pietro, ripieno di Spirito Santo, rivolge a tutti coloro che erano giunti nella Città Santa per la festa. Una comunità non chiusa in se stessa, ma, sin dal suo nascere, cattolica, universale, capace di abbracciare genti di lingue e di culture diverse, come lo stesso libro degli Atti degli Apostoli ci testimonia. Una comunità non fondata su un patto tra i suoi membri, né dalla semplice condivisione di un progetto o di un’ideale, ma dalla comunione profonda con Dio, che si è rivelato nel suo Figlio, dall’incontro con il Cristo morto e risorto.

In un breve sommario, che conclude il capitolo iniziato con la narrazione della discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, l’evangelista Luca presenta sinteticamente la vita di questa prima comunità: quanti avevano accolto la parola predicata da Pietro ed erano stati battezzati, ascoltavano la Parola di Dio, trasmessa dagli Apostoli; stavano volentieri insieme, facendosi carico dei servizi necessari e condividendo liberamente e generosamente i beni materiali; celebravano il sacrificio di Cristo sulla Croce, il suo mistero di morte e risurrezione, nell’Eucaristia, ripetendo il gesto dello spezzare il pane; lodavano e ringraziavano continuamente il Signore, invocando il suo aiuto nelle difficoltà. Questa descrizione, però, non è semplicemente un ricordo del passato e nemmeno la presentazione di un esempio da imitare o di una meta ideale da raggiungere. Essa è piuttosto affermazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. È un’attestazione, piena di fiducia, che lo Spirito Santo, unendo tutti in Cristo, è il principio dell’unità della Chiesa e fa dei credenti una sola cosa.

L’insegnamento degli Apostoli, la comunione fraterna, lo spezzare il pane e la preghiera sono le forme concrete di vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme riunita dall’azione dello Spirito Santo, ma al tempo stesso costituiscono i tratti essenziali di tutte le comunità cristiane, di ogni tempo e di ogni luogo. In altri termini, potremmo dire che essi rappresentano anche le dimensioni fondamentali dell’unità del Corpo visibile della Chiesa.

Dobbiamo essere riconoscenti perché, nel corso degli ultimi decenni, il movimento ecumenico, “sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo” (Unitatis redintegratio UR 1), ha fatto significativi passi in avanti, che hanno reso possibile raggiungere incoraggianti convergenze e consensi su svariati punti, sviluppando tra le Chiese e le Comunità ecclesiali rapporti di stima e rispetto reciproco, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Sappiamo bene, tuttavia, che siamo ancora lontani da quella unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nel ritratto della prima comunità di Gerusalemme. L’unità alla quale Cristo, mediante il suo Spirito, chiama la Chiesa non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa “nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio” (ibid.UR 2). La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero. Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore. Per questo occorre vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo, che è mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo. Il nostro dovere è proseguire con passione il cammino verso questa meta con un dialogo serio e rigoroso per approfondire il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale; con la reciproca conoscenza; con la formazione ecumenica delle nuove generazioni e, soprattutto, con la conversione del cuore e con la preghiera. Infatti, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, il “santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità di una sola e unica Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane” e, perciò, la nostra speranza va riposta per prima cosa “nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo” (ibid.UR 24).

In questo cammino di ricerca della piena unità visibile tra tutti i cristiani ci accompagna e ci sostiene l’Apostolo Paolo, del quale quest’oggi celebriamo solennemente la Festa della Conversione. Egli, prima che gli apparisse il Risorto sulla via di Damasco dicendogli: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (Ac 9,5), era uno tra i più accaniti avversari delle prime comunità cristiane. L’evangelista Luca descrive Saulo tra coloro che approvarono l’uccisione di Stefano, nei giorni in cui scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani di Gerusalemme (cfr Ac 8,1). Dalla Città Santa Saulo partì per estendere la persecuzione dei cristiani fino in Siria e, dopo la sua conversione, vi ritornò per essere introdotto presso gli Apostoli da Barnaba, il quale si fece garante dell’autenticità del suo incontro con il Signore. Da allora Paolo fu ammesso, non solo come membro della Chiesa, ma anche come predicatore del Vangelo assieme agli altri Apostoli, avendo ricevuto, come loro, la manifestazione del Signore Risorto e la chiamata speciale ad essere “strumento eletto” per portare il suo nome dinanzi ai popoli (cfr Ac 9,15). Nei suoi lunghi viaggi missionari Paolo, peregrinando per città e regioni diverse, non dimenticò mai il legame di comunione con la Chiesa di Gerusalemme. La colletta in favore dei cristiani di quella comunità, i quali, molto presto, ebbero bisogno di essere soccorsi (cfr 1Co 16,1), occupò un posto importante nelle preoccupazioni di Paolo, che la considerava non solo un’opera di carità, ma il segno e la garanzia dell’unità e della comunione tra le Chiese da lui fondate e quella primitiva Comunità della Città Santa, un segno dell’unità dell’unica Chiesa di Cristo.

In questo clima di intensa preghiera, desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i presenti: al Cardinale Francesco Monterisi, Arciprete di questa Basilica, al Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e agli altri Cardinali, ai Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, all’Abate ed ai monaci benedettini di questa antica comunità, ai religiosi e alle religiose, ai laici che rappresentano l’intera comunità diocesana di Roma. In modo speciale vorrei salutare i Fratelli e le Sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali qui rappresentate questa sera. 
Tra essi mi è particolarmente gradito rivolgere il mio saluto ai membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse, la cui riunione si svolge qui a Roma in questi giorni. Affidiamo al Signore il buon successo del vostro incontro, perché possa rappresentare un passo in avanti verso la tanto auspicata unità.

Einen besonderen Gruß möchte ich auch an die Vertreter der Vereinigten Evangelisch-Lutherischen Kirche Deutschlands richten, die unter der Leitung des bayerischen Landesbischofs nach Rom gekommen sind.

Cari fratelli e sorelle, fiduciosi nell’intercessione della Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, invochiamo, dunque, il dono dell'unità. Uniti a Maria, che il giorno di Pentecoste era presente nel Cenacolo insieme agli Apostoli, ci rivolgiamo a Dio fonte di ogni dono perché si rinnovi per noi oggi il miracolo della Pentecoste e, guidati dallo Spirito Santo, tutti i cristiani ristabiliscano la piena unità in Cristo. Amen.