Ho la gioia di offrirvi pagine stupende della Storia della nostra Salvezza. C'è un sito semplicissimo: MariaValtorta.info che in PDF offre molti tesori a tutti i lettori di lingua italiana. Fin'ora pensavo esistesse solo in lingua spagnola. OGGI vi presento una riflessione di Gesù sullo sposo di Sant'Anna madre della B.V. Maria
“GIOACCHINO AVEVA SPOSATO LA SAPIENZA DI DIO
CHIUSA NEL CUORE DELLA DONNA GIUSTA”*
“I giusti sono sempre dei sapienti perché, essendo amici di Dio, vivono in sua
compagnia e sono da Lui istruiti; da Lui; Infinita Sapienza. I miei nonni erano giusti e
possedevano perciò la sapienza. Potevano dire con verità quanto dice il Libro, cantando
le lodi della Sapienza nel libro di essa: ‘Io l’ho amata e ricercata fin dalla giovinezza e
procurai di prenderla in sposa’.
Anna d’Aronne era la donna forte di cui parla l’Avo nostro. E Gioacchino, stirpe del
re Davide, non aveva cercato tanto avvenenza e ricchezza quanto virtù. Anna
possedeva una grande virtù. Tutte le virtù unite come mazzo fragrante di fiori per
diventare un’unica bellissima cosa che era: la Virtù. Una virtù reale, degna di stare
davanti al trono di Dio.
Gioacchino aveva dunque sposato due volte la sapienza ‘amandola più di ogni altra
donna’: la sapienza di Dio chiusa nel cuore della donna giusta.. Anna d’Aronne altro
non aveva cercato che di unire la sua vita a quella di un uomo retto, certa che nella
rettezza è la gioia delle famiglie. E ad esser l’emblema della ‘donna forte’ non le
mancava che la corona dei figli, gloria della donna sposata, giustificazione del coniugio,
di cui parla Salomone, come alla sua non mancavano che questi figli, fiori dell’albero
che ha fatto un sol uno con l’albero vicino e ne ottiene dovizia di nuovi frutti, in cui le
bontà si fondono in una, perché, per conto dello sposo, mai nessuna delusione le era
venuta.
Ella, ormai volgente a vecchiezza, moglie da più e più lustri a Gioacchino, era sempre
per lui ‘la sposa della sua giovinezza, la sua gioia, la cerva carissima, la graziosa
gazzella’, le cui carezze avevano sempre il fresco incanto della prima sera nuziale e
affascinavano dolcemente il suo amore, tenendolo fresco come fiore che una rugiada
irrora e ardente come fuoco che sempre una mano alimenta. Perciò, nella loro afflizione
di senza figli, l’un l’altro si dicevano ‘parole di consolazione nei pensieri e negli
affanni’. E su loro la Sapienza eterna, quando fu l’ora, dopo averli istruiti nella vita, li
illuminò con i sogni della notte, diana del poema di gloria che doveva da essi venire e
che era Maria Santissima, la Madre mia.
Se la loro umiltà non pensò a questo, il loro cuore però trepidò nella speranza al primo
squillo della promessa di Dio. Già è certezza nelle parole di Gioacchino: “Spera,
spera.... Vinceremo Dio col nostro fedele amore”.
Sognavano un figlio: ebbero la Madre di Dio. Le parole del libro della Sapienza
paiono scritte per loro: “Per lei acquisterò gloria davanti al popolo.... per essa otterrò
l’immortalità e lascerò eterna memoria di me a quelli che dopo me verranno”. Ma per
ottenere tutto questo, dovettero farsi re di una virtù verace e duratura che nessun evento
lese. Virtù di fede. Virtù di carità. Virtù di speranza. Virtù di castità.
La castità degli sposi! Essi l’ebbero, ché non occorre esser vergini per esser casti. E i
talami casti hanno a loro custodi gli angeli e da essi scendono figli buoni, che della virtù
dei genitori fanno norma della loro vita.
Ma ora dove sono?
Ora non si vogliono figli, ma non si vuole però neppure la castità.
Onde Io dico che l’amore e il talamo sono profanati.”
* 4. Continuazione A, 3447-3450.
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