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lunedì 2 maggio 2016

LA FEDE EROICA DI UNA FANCIULLA CILENA... che difende la santità del Matrimonio

Beata Laura del Carmen


Laura del Carmen Vicuna, questo il suo nome completo, nacque nella capitale cilena, Santiago, il 5 aprile 1891,primogenita di José Domingo e di Mercedes Pino. La città era attraversata da tensioni politiche e militari ed a causa di ciò fu necessario atendere quasi due mesi per procedere alla celebrazione del suo battesimo, che ebbe luogo il 24 maggio successivo. Tra gli antenati di Laura figuravano parecchi personaggi illustri e per tal motivo la rivoluzione imperante si scagliò anche sulla famiglia di Laura. Il padre fu forzatamente costretto all’esilio e dovette trasferirsi verso sud, alla frontiera con l’Argentina sulle Ande. L’intera famiglia traslocò dunque a Temuco. La famiglia si ritrovò repentinamente in una triste situazione di precarietà a seguito della morte del padre avvenuta nel 1893. Alcuni mesi dopo, l’anno successivo, nacque una seconda bambina, Giulia Amanda. La madre si ritrovò così sola con due figlie a dover vincere la fame e la disperazione.

Nel 1899 il residuo nucleo familiare si trasferì nella vicina regione argentina del Neuquén. La madre potè così trovare lavoro nella tenuta agricola di Manuel Mora, uno dei tanti colonizzatori che avevano intrapreso lo sfruttamento dei terreni incolti della Patagonia. In seguito a pressioni subite dal datore di lavoro, ne divenne la compagna. Ciò conseguentemente influì purtroppo negativamente sull’educazione delle due bambine. Laura, seppur ancora piccola, si rese conto della precarietà e dell’irregolarità dal punto di vista religiosa della mamma, che in tal modo non poteva essere ammessa ai sacramenti.

Nonostante ciò la mamma non abbandonò mai completamente le figlie e tentò nei limiti del possibile di educarle anche religiosamente. Al fine di assicurare loro un’istruzione adeguata e continua, le affidò nel gennaio 1900 ad un piccolo collegio missionario tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, situato a Junin de los Andes ai confini con il Cile, patria natia di Laura.

Di quest’ultima, nel consegnarla alla superiora, la madre assicurò: “Non mi ha mai dato dispiaceri. Fin dall’infanzia è stata sempre obbediente e sottomessa”.
Repentinamente catapultata in questo nuovo ambiente, Laura si trovò comunque subito a proprio agio. Il suo animo fu tempestivamente conquistato dalle verità evangeliche infusele mediante la catechesi e ciò la portò a rendersi maggiormente conto della contrarietà della situazione di convivenza della madre rispetto alla legge divina. Il 2 giugno 1901 potè ricevere la prima Comunione, ma in tal giorno divenne ancor più profonda la sua sofferenza nel vedere la mamma non accostarsi ai sacramenti. Non potè dunque astenersi dal pregare intensamente per la pacifica conclusione di tale relazione. Purtroppo la sua speranza non ebbe compimento, ma ciò non toglie che questa esperienza fu decisiva nel provocare una grande svolta nella sua vita, che fu così descritta: “Notammo in lei da quel giorno un vero e solido progresso”.

Il giorno della prima Comunione scrisse alcuni propositi, molto simili a quelli del santo allievo di don Bosco, Domenico Savio: “O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono la mia anima, il mio cuore, tutto il mio essere. Voglio morire piuttosto che offenderti col peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto ciò che mi allontanerebbe da te. Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia conosciuto e amato, e per riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia. Mio Dio, dammi una vita di amore, di mortificazione, di sacrificio”.


Con questi propositi Laura si abbandonò totalmente al Signore pur di ottenere la conversione di sua madre e le Figlie di Maria Ausiliatrice non tardarono a comprendere di trovarsi dinnanzi ad una bambina eccezionale.
Sin dal suo primo anno di permanenza nel collegio si distinse per la volenterosa applicazione nello studio e per l’intensità della sua vita interiore. Dall’8 dicembre 1900 si iscrisse alla Pia Unione delle Figlie di Maria.
Nel secondo anno le sorelle Vicuna furono mandate in vacanza dalla madre, ma Laura restò negativamente scossa dall’impatto con il suo convivente. Era sofferente fin nel più profondo della sua intimità, ma ciò non traspariva se non nei momenti di maggiore amarezza. Una di queste occasioni fu per esempio la mancata partecipazione della mamma alla missione popolare che fu predicata a Junin de los Andes. L’anno successivo le due sorelle raggiunsero nuovamente la mamma a Quilquihué nel periodo delle vacanze. Mora esternò un eccessivo interesse nei confronti di Laura, la quale se ne accorse prontamente e si cinse come di una corazza di ferro per combatterne i malvagi propositi. Questi reagì crudelmente e si vendicò rifiutandosi di pagare la retta del collegio. Mossa da pietà e comprensione la direttrice accolse ugualmente le due bambine.

Il 29 marzo 1902 le due sorelline ricevettero la cresima, presente la madre che però perseverò nell’astensione dai sacramenti. In tale occasione Laura fece richiesta di poter essere ammessa tra le postulanti delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ma ottenne una risposta negativa a causa della situazione familiare. Dovette dunque rassegnarsi, senza però desistere dal suo intento.


Il mese successivo, infatti, emise privatamente i voti di castità, povertà ed obbedienza, consacrandosi così a Gesù ed offrendogli la propria vita. Verso fine anno iniziò a manifestarsi in Laura un leggero deperimento fisico.
Trascorse l’intero anno successivo rinchiusa nel collegio e nel settembre 1903 non riuscì neppure a prendere parte agli esercizi spirituali, tanto era diventata cagionevole la sua salute. Tentò un cambiamento climatico, tornando dalla madre, ma ciò non si rivelò alquanto salutare. Allora tornò a Junin e vi si trasferì anche la madre, alloggiando però privatamente.

Nel gennaio 1904 giunse in visita il Mora, con il proposito di trascorrere la notte nella medesima abitazione. “Se egli si ferma qui, io me ne vado in collegio dalle suore” minacciò Laura scandalizzata, e così dovette fare seppur stravolta dal male. Mora la inseguì e, raggiuntala, la percosse violentemente lasciandola traumatizzata. Giunta poi in collegio si confessò dal suo direttore spirituale, rinnovando l’offerta della propria vita per la conversione della madre.

Il 22 gennaio ricevette il Viatico e quella sera fece chiamare la madre per trasmetterle il suo grande sogno: “Mamma, io muoio! Io stessa l’ho chiesto a Gesù. Sono quasi due anni che gli ho offerto la vita per te, per ottenere la grazia del tuo ritorno alla fede. Mamma, prima della morte non avrò la gioia di vederti pentita?”. Questa le promise allora di cambiare completamente vita. Laura potè allora spirare serenamente dopo aver pronunciato queste ultime gioiose parole: “Grazie, Gesù! Grazie, Maria! Ora muoio contenta!”


In occasione del funerale la mamma tornò ad accostarsi ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia.
La tomba di Laura è collocata nella cappella del Collegio Maria Ausiliatrice di Bahia Blanca, in Argentina, dove è metà di pellegrinaggi in particolare per le popolazioni cilena ed argentina.


Venerata fin dalla sua morte, l’apertura della sua causa di canonizzazione avvenne solo il 19 settembre 1955, portando al riconoscimento delle virtù eroiche ed al conferimento del titolo di “venerabile” il 5 giugno 1986.
A seguito del riconoscimento ufficiale di un miracolo avvenuto per sua intercessione, Laura del Carmen Vicuna, poema di candore, di amore filiale e di sacrificio, fu beatificata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 3 settembre 1988 sul Colle delle beatitudini giovanili, presso Castelnuovo Don Bosco. Il nuovo Martyrologium Romanum la commemora dunque il giorno della sua morte, nel quale è fissata anche la sua memoria liturgica per la Famiglia Salesiana.

Con il riconoscimento di un ulteriore miracolo, verificatosi dopo la beatificazione, Laura potrà essere la più giovane santa non martire della storia della Chiesa.


PREGHIERA PER LA CANONIZZAZIONE

Concedimi, Signore, nella tua immensa bontà e misericordia,
le grazie che fiduciosamente imploro per intercessione di Laura Vicuna,
eletto fiore di santità sbocciato sulle Ande Patagoniche.
Della sua tenera esistenza la Tua grazia fece un modello
di pietà, di obbedienza, di vittoriosa purezza; l’ideale della Figlia di Maria;
la vittima nascosta e gradita dell’amor filiale più sollecito e fecondo.
Degnati, pertanto, di esaltare anche in terra l’emula di Agnese, Cecilia e Maria Goretti:
e fa che alla luce dei suoi esempi si accresca il numero
delle giovani forti nel combattimento spirituale e pronte al sacrificio,
per la Tua gloria, la gloria dell’Immacolata e i trionfi della chiesa.


PREGHIERE PER OTTENERE GRAZIE

*Ci rivolgiamo a te, Laura Vicuna, che la Chiesa ci propone
come modello di adolescente, coraggiosa testimone di Cristo.
Tu che sei stata docile allo Spirito Santo e ti sei nutrita di Eucaristia,
concedici la grazia che con fiducia ti domandiamo…
Ottienici fede coerente, purezza coraggiosa, fedeltà al dovere quotidiano,
fortezza nel vincere le insidie dell’egoismo e del male.
Fa che anche la nostra vita, come la tua, sia totalmente aperta alla presenza di Dio,
alla fiducia in Maria e all’amore forte e generoso verso gli altri. Amen.

*O beata Laura Vicuna,
tu che hai vissuto fino all’eroismo la configurazione a Cristo
accogli la nostra fiduciosa preghiera.
Ottienici grazie di cui abbiamo bisogno…
E aiutaciad aderire con cuore puro e docile alla volontà del Padre.
Dona alle nostre famiglie pace e fedeltà.
Fa che anche nella nostra vita, come nella tua,
risplendano fede coerente, purezza coraggiosa,
carità attenta e sollecita per il bene dei fratelli. Amen.

PREGHIERA

Signore nostro Dio,
ti lodiamo per i doni di grazia che hai effuso
nell’anima dell’adolescente Laura Vicuna.
Glorifica questa tua fedele serva
E fa che il suo cammino di fede coerente,
di purezza coraggiosa, di eroismo nella carità filiale
sia per le giovani di oggi richiamo efficace
all’impegno di vita cristiana.
Concedi a noi le grazie che per sua intercessione ti domandiamo
e dona alle famiglie la pace e l’unione,
frutto del vero amore. Amen.

COLLETTA

Padre d'immensa tenerezza,
che nell'adolescente Laura Vicuña
hai unito in modo mirabile
la fortezza d'animo e il candore dell'innocenza,
per sua intercessione
donaci il coraggio di superare le prove della vita
e di testimoniare al mondo la beatitudine dei puri di cuore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Autore: 
Fabio Arduino
Dal  santiebeati.it >

LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!

LAUDETUR  CUM  MARIA!

SEMPER  LAUDENTUR!

martedì 2 ottobre 2012

Domenica 27, Tempo Ordinario, anno B: Marco 10, 2-16. «Benedici le nostre creature, Tu benedetto, perché siano amanti della Luce! », dicono le madri.


«Fermati, Tu che parli. Il soggetto te lo diamo noi », urla un pugno di farisei che si fanno largo fra la gente.
Quasi subito riappare la scorta armata e si ferma all’angolo più vicino. I farisei sono ora di fronte a Gesù.
«Sei Tu il Galileo? Gesù di Nazaret sei? ».
«Lo sono ».
«Lode a Dio che ti abbiamo trovato! ». Veramente hanno certi ceffi così astiosi che non mostrano di essere in gioia per l’incontro…
Il più vecchio parla: «Ti seguiamo da molti giorni, arrivando sempre dopo che Tu sei partito ».
«Perché mi seguite? ».
«Perché sei il Maestro e vogliamo essere ammaestrati in un punto oscuro della Legge ».
«Non vi sono punti oscuri nella Legge di Dio ».
«In essa no. Ma, eh! eh!… Ma sulla Legge sono venute le “sovrapposizioni”, come Tu dici, eh! eh!… e hanno fatto oscurità ».
«Penombre, al massimo. E basta volgere l’intelletto a Dio per distruggere esse pure ».
«Non tutti lo sanno fare. Noi per esempio, rimaniamo in penombra. Tu sei il Rabbi, eh! eh! Aiutaci dunque».

«Che volete sapere? ».
«Volevamo sapere se è lecito all’uomo ripudiare per un motivo qualsiasi la propria moglie. È una cosa che spesso avviene, ed ogni volta crea molto rumore là dove avviene. Si rivolgono a noi per sapere se è lecito. E noi, a seconda del caso, rispondiamo ».

«Approvando l’avvenuto nel novanta per cento dei casi. E il dieci per cento che resta disapprovato è nella categoria dei poveri o dei nemici vostri ».
«Come lo sai? ».
«Perché così avviene in tutte le cose umane. E unisco nella categoria la terza classe, quella che, se fosse lecito il divorzio, più ne avrebbe diritto, perché quella dei veri casi penosi, quali una lebbra incurabile, oppure una condanna a vita, o malattie innominabili… ».

«Allora per Te non è mai lecito? ».
«Né per Me, né per l’Altissimo, né per nessuno che sia di animo retto. Non avete letto che il Creatore, nel principio dei giorni, creò l’uomo e la donna? E li creò maschio e femmina; e non aveva bisogno di farlo, che, se avesse voluto, avrebbe potuto, per re della creazione, fatto a sua immagine e somiglianza, creare altro modo di procreazione, e ugualmente buono sarebbe stato, pur essendo dissimile da ogni altro naturale. E disse: “Così per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la moglie e i due saranno una sola carne." Dunque Dio li congiunse in una sola unità. Non sono dunque più “due” ma “una” sola carne. Ciò che Dio ha congiunto, perché vide che “è buona cosa”, l’uomo non lo divida, perché se così avvenisse, cosa non più buona sarebbe ».



«Ma perché allora Mosè disse: “Se un uomo ha preso una donna con se, ma essa non ha trovato grazia ai suoi occhi per qualcosa di turpe, egli scriverà un libello di ripudio, glielo consegnerà in mano e la manderà via di casa sua”? ».

«Lo disse per la durezza del vostro cuore. Per evitare, con un ordine, dei disordini troppo gravi. Per questo vi permise di ripudiare le mogli. Ma dal principio non fu così. Perché la donna è da più della bestia, la quale è, a seconda del capriccio del padrone o delle libere circostanze di natura, sottoposta a questo o a quel maschio,
carne senz’anima che si accoppia per riprodurre. Le vostre mogli hanno un anima come voi l’avete, e non è giusto che voi la calpestiate senza sentirne compassione. Ché se è detto nella condanna: “Tu sarai sottoposta alla potestà del marito ed egli ti dominerà”, ciò deve avvenire secondo giustizia e non con prepotenza che lede i diritti dell’anima libera e degna di rispetto. Voi, ripudiando, come lecito non vi è, portate offesa all’anima della vostra compagna, alla carne gemella che alla vostra si è unita, al tutto che è la donna che avete sposata esigendo la sua onestà, mentre, o spergiuri, andate ad essa disonesti, menomati, talora corrotti, e continuate ad esserlo, cogliendo ogni occasione per poterla colpire e dare maggior campo alla libidine insaziabile che è in voi. 



Prostitutori delle mogli vostre! Per nessun motivo potete separarvi dalla donna che vi è congiunta secondo la Legge e la Benedizione. Solo nel caso che la grazia vi tocchi, e comprendiate che la donna non è un possesso ma un’anima, e perciò ha diritti uguali ai vostri di essere riconosciuta parte dell’uomo e non suo oggetto di piacere, e solo nel caso che sia tanto duro il vostro cuore da non sapere

elevarla a moglie, dopo averla goduta come una prostituta, solo nel caso di levare questo scandalo di due che convivono senza benedizione di Dio sulla loro unione, voi potete rimandarla. Perché allora la vostra non è unione ma fornicazione, e sovente senza onore di figli, perché disciolti contro natura o allontanati come
vergogna. In nessun altro caso. In nessun altro. Perché se figli illegittimi avete dalla vostra concubina, avete il dovere di porre fine allo scandalo sposandola, se liberi siete. 



Non contemplo il caso dell’adulterio consumato ai danni della moglie ignara. Per quello sono sante le pietre della lapidazione e le fiamme dello sceol.


Ma per chi rimanda la propria moglie legittima perché di essa è sazio e ne prende un’altra, non c’è che una sentenza: costui è adultero. E adultero è chi prende la ripudiata, perché se l’uomo si è arrogato il diritto di separare ciò che Dio ha congiunto, l’unione matrimoniale continua, agli occhi di Dio, e maledetto è chi passa a seconda moglie senza essere vedovo. E maledetto è chi riprende la donna prima sua e poi, rimandatala per ripudio e abbandonatala alle paure della vita, onde essa cede a nuove nozze per il suo pane, la
riprende se resta vedova del secondo marito. Perché, anche che vedova sia, ella fu adultera per colpa vostra, e voi raddoppiereste il suo adulterio. Avete compreso, o farisei che mi tentate? ».



Questi se ne vanno scornati, senza rispondere.




«Severo è l’uomo. Se fosse a Roma vedrebbe però che il fango ribolle ancor più fetente », dice un romano.




Anche alcuni di Gradara brontolano: «Dura cosa essere uomini, se bisogna essere casti così!… ».

E alcuni più forte: «Se tale è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, meglio stare senza nozze ».



E questa ragione ripetono anche gli apostoli mentre ripigliano la via verso la campagna, dopo aver lasciato quelli di Gadara.


Lo dice Giuda con scherno. Lo dice Giacomo di Zebedeo con rispetto e riflessione; e Gesù risponde a l’uno e all’altro:



«Non tutti capiscono questo, né lo capiscono bene. Alcuni infatti preferiscono il celibato per essere liberi di secondare i vizi. Altri per evitare di poter peccare essendo mariti non buoni. Ma solo alcuni, ai quali è concesso, comprendono la bellezza di essere scevri di sensualità e di anche onesta fame di donna. E sono i più santi, i più liberi, i più angelici sulla Terra. Parlo di coloro che si fanno eunuchi per il Regno di Dio. Ci sono negli uomini quelli che nascono tali. Altri che tali vengono fatti. I primi sono mostruosità che devono

suscitare compassione, i secondi abusi che vanno repressi. 

Ma c’è infine la terza categoria: gli eunuchi volontari che, senza usarsi violenza, e perciò con doppio merito, sanno aderire alla richiesta di Dio e vivono da angeli perché l’abbandonato altare della Terra abbia ancora fiori e incensi per il Signore. Costoro negano alla parte inferiore soddisfacimento per crescere la parte superiore, onde fiorisca in Cielo nelle aiuole più prossime al trono del Re. E in verità vi dico che non sono dei mutilati, ma sono degli esseri dotati di ciò che manca ai più fra gli uomini. Non oggetto perciò di stolto scherno, ma anzi di grande venerazione. Comprenda ciò chi deve, e rispetti, se può ».



Gli ammogliati fra gli apostoli bisbigliano fra di loro.

«Che avete? », chiede Gesù.
«E noi? Noi non sapevamo questo e abbiamo preso donna. Ma ci piacerebbe essere come Tu dici… », dice per tutti Bartolomeo.
«Né vi è interdetto farlo d’ora in poi. Vivete in continenza, vedendo nella compagna la sorella, e grande
merito ne avrete agli occhi di Dio. Ma affrettate il passo. Per essere a Pella prima della pioggia ».






«Maestro, bada! Ti tendono qualche tranello! », dicono in diversi.
Gesù fa un gesto, come dire: «Lasciateli fare! », e si china ad accarezzare dei fanciulli che piano piano si sono accostati a Lui lasciando i parenti. Alcune madri li imitano, portandogli quelli che sono ancora troppo incerti nel passo o poppanti del tutto.
«Benedici le nostre creature, Tu benedetto, perché siano amanti della Luce! », dicono le madri.

E Gesù impone loro le mani, benedicendo. Ciò origina tutto un movimento tra la folla. Tutti quelli che hanno fanciulli vogliono la stessa benedizione e spingono e urlano per farsi largo. Gli apostoli, parte perché sono innervositi dalle solite cattiverie degli scribi e farisei, parte per pietà di Lazzaro, che rischia di essere travolto
dalla ondata dei parenti che portano i piccoli alla divina benedizione, si inquietano e urlano sgridando questo e quello, respingendo questo e quello, specie i fanciulloni venuti lì da soli.

Ma Gesù, dolce, amoroso, dice: «No, no! Non fate così! Non impedite mai ai fanciulli di venire da Me, né ai loro parenti di portarmeli. Proprio di questi innocenti è il Regno. Essi saranno innocenti del gran delitto e cresceranno nella mia fede. Lasciate dunque che ad essa Io li consacri. Sono i loro angeli che a Me li
conducono ».
Gesù ora è in mezzo ad una siepe di fanciulli che lo guardano estatici: tanti visetti alzati, tanti occhi innocenti, tante boccucce sorridenti…
Le donne velate hanno approfittato della confusione per girare dietro alla folla e venire alle spalle di Gesù, come se la curiosità le spronasse a questo.

"LASCIATE 
CHE I BAMBINI VENGANO A ME!"




martedì 16 agosto 2011

I Santi Nonni di Gesù SS.mo



Ho la gioia di offrirvi pagine stupende della Storia della nostra Salvezza. C'è un sito semplicissimo: MariaValtorta.info che in PDF offre molti tesori a tutti i lettori di lingua italiana. Fin'ora pensavo esistesse solo in lingua spagnola. OGGI vi presento una riflessione di Gesù sullo sposo di  Sant'Anna madre della B.V. Maria



“GIOACCHINO AVEVA SPOSATO LA SAPIENZA DI DIO
CHIUSA NEL CUORE DELLA DONNA GIUSTA”*

Dice Gesù:


“I giusti sono sempre dei sapienti perché, essendo amici di Dio, vivono in sua
compagnia e sono da Lui istruiti; da Lui; Infinita Sapienza. I miei nonni erano giusti e
possedevano perciò la sapienza. Potevano dire con verità quanto dice il Libro, cantando
le lodi della Sapienza nel libro di essa: ‘Io l’ho amata e ricercata fin dalla giovinezza e
procurai di prenderla in sposa’.


Anna d’Aronne era la donna forte di cui parla l’Avo nostro. E Gioacchino, stirpe del
re Davide, non aveva cercato tanto avvenenza e ricchezza quanto virtù. Anna
possedeva una grande virtù. Tutte le virtù unite come mazzo fragrante di fiori per
diventare un’unica bellissima cosa che era: la Virtù. Una virtù reale, degna di stare
davanti al trono di Dio.


Gioacchino aveva dunque sposato due volte la sapienza ‘amandola più di ogni altra
donna’: la sapienza di Dio chiusa nel cuore della donna giusta.. Anna d’Aronne altro
non aveva cercato che di unire la sua vita a quella di un uomo retto, certa che nella
rettezza è la gioia delle famiglie. E ad esser l’emblema della ‘donna forte’ non le
mancava che la corona dei figli, gloria della donna sposata, giustificazione del coniugio,
di cui parla Salomone, come alla sua non mancavano che questi figli, fiori dell’albero
che ha fatto un sol uno con l’albero vicino e ne ottiene dovizia di nuovi frutti, in cui le
bontà si fondono in una, perché, per conto dello sposo, mai nessuna delusione le era
venuta.


Ella, ormai volgente a vecchiezza, moglie da più e più lustri a Gioacchino, era sempre
per lui ‘la sposa della sua giovinezza, la sua gioia, la cerva carissima, la graziosa
gazzella’, le cui carezze avevano sempre il fresco incanto della prima sera nuziale e
affascinavano dolcemente il suo amore, tenendolo fresco come fiore che una rugiada
irrora e ardente come fuoco che sempre una mano alimenta. Perciò, nella loro afflizione
di senza figli, l’un l’altro si dicevano ‘parole di consolazione nei pensieri e negli
affanni’. E su loro la Sapienza eterna, quando fu l’ora, dopo averli istruiti nella vita, li
illuminò con i sogni della notte, diana del poema di gloria che doveva da essi venire e
che era Maria Santissima, la Madre mia.


Se la loro umiltà non pensò a questo, il loro cuore però trepidò nella speranza al primo
squillo della promessa di Dio. Già è certezza nelle parole di Gioacchino: “Spera,
spera.... Vinceremo Dio col nostro fedele amore”.


Sognavano un figlio: ebbero la Madre di Dio. Le parole del libro della Sapienza
paiono scritte per loro: “Per lei acquisterò gloria davanti al popolo.... per essa otterrò
l’immortalità e lascerò eterna memoria di me a quelli che dopo me verranno”. Ma per
ottenere tutto questo, dovettero farsi re di una virtù verace e duratura che nessun evento
lese. Virtù di fede. Virtù di carità. Virtù di speranza. Virtù di castità.


La castità degli sposi! Essi l’ebbero, ché non occorre esser vergini per esser casti. E i
talami casti hanno a loro custodi gli angeli e da essi scendono figli buoni, che della virtù
dei genitori fanno norma della loro vita.


Ma ora dove sono? 
Ora non si vogliono figli, ma non si vuole però neppure la castità.
Onde Io dico che l’amore e il talamo sono profanati.”


* 4. Continuazione A, 3447-3450.
/http://www.mariavaltorta.info/
AMDG et BVM