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sabato 13 agosto 2016

ROSARI... ROSARI... ANCORA ROSARI... CON QUELLI MIA MADRE DEI FIORI MI DA'


ASSUNZIONE DELLA PERFETTA SANTA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

Il beato Transito di Maria 10.649 all'entrare del suo settantatreesimo anno di vita. (Quest'ultima data colta da: Josefa Menendez "Invito all'amore". Berruti, Torino 1948, p. 550). 
L'Assunzione di Maria Santissima in Cielo 10.650


*

649 • Transito beato di Maria Ss. 10 35
650 • Assunzione gloriosa di Maria Ss. 10 36
651 • Riflessioni sul Transito di Maria Ss., sulla sua Assunzione e sulla sua Regalità.


 10 37

martedì 9 giugno 2015

L'ASSUNTA. Festa solennissima

Rallegriamoci nella contemplazione di Maria SS.ma 
pregando e leggendo questo discorso di 
San Bonaventura

SULL’ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA
SERMONE SESTO

«Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (Ap 12,1).
Se per cielo si intende la Chiesa trionfante, allora qui si tratta dell’assunzione della beata Vergine; se invece si intende la Chiesa militante, allora si tratta della nascita della beata Vergine.
Ella è comunque un segno, segno del cammino, dell’alleanza e dell’amore
È segno del cammino, perché è Stella del mare: è colonna di nube durante il giorno e colonna di fuoco durante la notte. 
È segno d’alleanza, prefigurata dalla colomba fatta uscire dall’arca. «Il mio arco pongo sulle nubi e ricorderò l’alleanza» (Gn 9,13.15); anzi, ella è la tenda dell’alleanza. 
È segno di amore, «il roveto tanto ardeva, ma non si consumava» (Es 3,2). Come pure il germoglio fiorito che produce fronde e frutti: «Un germoglio è spuntato sulla radice di lesse» (Is 11,1). E ancora: «Dalla luna viene il segno indicativo delle feste» (Sir 43,7). 
E si tratta di un segno che è pronostico, dimostrativo e commemorativo: pronostico della liberazione, dimostrativo dell’amore, commemorativo dell’umiliazione. 
Pronostico della liberazione; per cui si legge in Isaia: «Pertanto il Signore stesso vi darà un segno» (Is 7,14); e nel Cantico dei Cantici si dice: «Chi è costei che sorge [insieme] come l’aurora?» (Ct 6, 9); «aurora», in quanto recò al mondo il sole; «che sorge insieme», in quanto con la sua ha determinato anche la nostra elevazione. 
Ella è segno dimostrativo di carità; bella come la luna; «testimone fedele nei cieli» (Sal 88,38). Nel Cantico dei Cantici viene detta «amica» per eccellenza (cf. Ct 2,2). Per cui nel Vangelo di Giovanni si legge: «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù» (Gv 2,1), quasi a significare che a Cana si sono celebrate le nozze dell’Incarnazione, vale a dire in un luogo di esilio. E nel libro dei Salmi: «Là li precedette Beniamino, il più giovane, come in estasi»(Sal 67,28). In ciò ella è anche segno commemorativo di umiltà; infatti: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Infatti la Chiesa canta: «Ricordati, o autore della salvezza» ecc.
Se dunque la beatissima Signora fu «un segno grandioso», lo fu per novità, dignità ed efficacia
Per novità; infatti: «Né prima né dopo di lei vi fu mai donna paragonabile a lei»e nella Lettera agli Ebrei si legge: «Attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo» (Eb 9,11); e Geremia dice ancora: «Il Signore ha fatto una cosa nuova sulla terra: una donna avvolgerà l’uomo» (Ger 31,22). Dionigi e il Damasceno dicono che un Dio che si fa uomo e una madre vergine rappresentano una novità assoluta; tale novità è prefigurata dal «roveto ardente» dell’Esodo (Es 3,2), dalla «porta chiusa» di Ezechiele (Ez 44,2), dal «manufatto meraviglioso, opera dell’Altissimo», di cui parla il Siracide (Sir 43,2). 
Fu un segno grandioso per dignità; per cui venne prefigurata dal «trono di Salomone» (1 Re 10,18), dalla «casa che la sapienza edificò a se stessa» (Prov 9, 1), «dal tempio», sul quale si posò «la maestà del Signore» (2 Cr 7,1.2), dalla cui presenza venne illuminata tutta la terra. Di lei si può ancora dire che era adombrata nel «propiziatorio che i Cherubini contemplavano con le facce rivolte verso il coperchio» (Es 25,20). 
Fu inoltre un segno grandioso per efficacia; e come tale venne prefigurata dal «vello di Gedeone» (Gdc 6,38), dal «piccolo ruscello che divenne un fiume immenso» (Est 11,10, Vulgata; cf. anche Ez 47); «dal fiume che usciva da Eden e formava quattro corsi d’acqua» (Gn 2,10); come pure dalla terra buona e ottima: buona per creazione, ottima per contemplazione; buona perché produsse frumento, migliore perché diede l’argento, ottima perché diede l’oro; buona e ottima, perché offrì tutte queste cose insieme. 
Questo è dunque il segno grandioso, cioè la beata Vergine, che a lungo rimase nascosta all’ombra della Legge, avvolta nel manto delle Scritture, celata in varie figure, predetta dagli oracoli e dai proclami dei profeti, evocata dalle invocazioni dei santi, come questa di Isaia: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi piovano il giusto» (Is 45,8); oggi «è apparsa nel cielo», uscita dal grembo con grande gioia degli angeli; «rivestita di sole», ossia non passibile di peccato, in quanto santificata fin dal grembo materno, e inattaccabile dal diavolo, perché «rivestita di sole», ed esente da ogni tentazione: luminosa nel corpo a motivo della sua castità, agile per la sua carità. Queste sono le quattro proprietà della beata Vergine, che illustrano e rivestano sontuosamente la sua altissima condizione. 
Da questo sole venne a noi il calore che dà la vita e lo splendore che illumina: il calore che illumina e vivifica, che conserva e fa crescere, ossia colui che è venuto «perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10); lo splendore che illumina, ossia colui che «illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1,9).
Il testo continua: «con la luna sotto i suoi piedi»; per «luna» si deve intendere tutto ciò che brilla di luce altrui, ossia ogni creatura, e «sotto i suoi piedi» sta a indicare che è sottomessa al suo potere, in quanto colei che «ha posto la sua dimora lassù» (Sir 24,4), ossia colei che «prima dei secoli, fin dal principio fu creata» (Sir 24,14), supera in dignità ogni creatura, come elegantemente viene detto di Ester, quando Assuero rivolgendosi a lei puntualizza: «Questa legge vale per tutti, ma non per te» (Est 15,13, Vulgata), come a dire: tu non sei una qualsiasi, ma sei superiore a tutti, in quanto «generata prima di ogni altra creatura» (Sir 24,5, Vulgata).

Poi si dice: «e sul capo una corona di dodici stelle»
Le «dodici stelle» stanno a indicare i santi. Si legge infatti nella Prima Lettera ai Corinzi: Ogni stella differisce da un’altra nello splendore (1 Cor 15,41); e nel libro di Daniele: «Risplenderanno come le stelle per sempre» (Dn 12,3). 
Le «dodici stelle» stanno a indicare la totalità dei santi, ossia tutti coloro che nelle quattro parti del mondo, coronati dalla fede nella santissima Trinità, si salvano. Dire che porta «sul capo una corona di dodici stelle» equivale a dire che la sua corona è costituita da tutti i santi, i quali a loro volta riconoscono di dovere a lei, dopo che a Dio, il fatto di essere incoronati, come si legge nell’Apocalisse: «I ventiquattro vegliardi gettavano le loro corone davanti al trono» (Ap 4,10), dove per «i ventiquattro vegliardi» è da intendersi la totalità dei santi, come per i dodici patriarchi si deve intendere l’insieme dell’Antico Testamento e per i dodici Apostoli l’insieme del Nuovo Testamento; e ciò in ragione del fatto che ventiquattro è il prodotto di sei per quattro, come spiega una Glossa relativa ad Ap 4,4. Tutti i santi quindi gettano le loro corone «ai piedi di colui che siede sul trono», perché tutti si riconoscono incoronati da Dio e dalla Madre sua, rappresentati appunto dal trono.

Le «dodici stelle» possono anche rappresentare le dodici prerogative o privilegi di cui è insignita la beata Vergine e che la rendono superiore a qualsiasi altra pura creatura. 
La prima prerogativa consiste nell’immunità dal peccato, dal momento che ella non peccò mai, né mortalmente né venialmente. Scrive a tale proposito Agostino: «Quando parlo di peccato, per rispetto del Signore, non intendo in alcun modo riferirmi alla beata Vergine Maria. Infatti sappiamo che le fu concessa una sovrabbondanza di grazia proprio perché evitasse il benché minimo peccato e così potesse concepire e partorire senza ombra di peccato. Fatta eccezione della Vergine, quindi, se fosse possibile radunare tutti i santi e le sante per domandare loro se hanno commesso qualche peccato, non potrebbero fare altro che rispondere di sì». Infatti nella Prima Lettera di Giovanni si legge: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (1 Gv 1,8). Pertanto la Vergine fu preservata dal peccato per una grazia singolare, di cui fu anche riempita perché il frutto del suo grembo fosse opera esclusiva del Signore e non della natura. Grazie a tale prerogativa ella è dunque superiore non solo agli esseri umani, ma anche a quelli angelici, perché se ebbe una natura umana, visse una vita angelica
In entrambe si distinse in modo singolare per tre aspetti specifici di questa prerogativa. 
In primo luogo: gli angeli non possono peccare, ma neppure meritare in vista di un premio, e quindi non possono né perdere né guadagnare, mentre gli uomini possono meritare e demeritare, e quindi possono perdere o guadagnare. La beata Vergine è superiore tanto agli uni quanto agli altri perché potè guadagnare e meritare. Potè guadagnare grazie alla sua condizione viatrice; ma non potè perdere perché immune dal peccato. E che non potesse peccare risulta chiaramente dalla condizione del suo libero arbitrio che, come dicono i santi Padri, non fu inquinato da alcuna predisposizione o inclinazione al male, ma fu, per pienezza di grazia, sempre incline al bene. 
In secondo luogo: se la condizione degli angeli è indubbiamente più nobile per il fatto che non possono peccare, quella degli uomini è più gloriosa perché lottando possono conseguire la gloria della vittoria. La condizione della beata Vergine fu insieme nobile e gloriosa: nobile perché non potè peccare; gloriosa perché, pur appartenendo alla natura umana, schiacciò la testa al serpente (cf. Gn 3,15). 
In terzo luogo: la condizione degli angeli è più stabile, dal momento che non possono cadere, mentre quella degli uomini è più fruttuosa perché agendo sotto la spinta della carità possono conquistare il regno dei cieli. La condizione della beata Vergine fu stabile e fruttuosa insieme, poiché se da una parte non potè peccare, dall’altra potè meritare.
La seconda stella è costituita dalla seconda prerogativa, che consiste in una sublime purezza, purezza che nella beata Vergine conobbe quattro aspetti o gradi: la santificazione fin dal grembo materno, la pratica di tutte le virtù, l’intervento fecondatore dello Spirito Santo e il concepimento del Figlio di Dio. 
Quanto al primo grado, ella fu purificata a tal punto da rimanere esente dall’inclinazione a qualsiasi genere di peccato; e in ciò fu superiore a tutti gli altri che furono santificati fin dal grembo materno. In questi, infatti, rimase almeno una certa predisposizione e inclinazione al peccato veniale, come sembra evidente in Giovanni Battista, del quale fu detto che «tra i nati di donna non è sorto uno più grande di lui» (Mt 11,11), ma che, pur essendo stato santificato fin dal grembo materno, tuttavia fuggì in seguito nel deserto «per evitare di macchiare la propria vita col sia pur minimo peccato di lingua»
Quanto al secondo grado, ella fu purificata non tanto per assenza di impurità, quanto piuttosto per la presenza della massima purezza. 
Similmente, quanto al terzo grado, ella venne consacrata con l’acqua benedetta e il crisma santificante dello Spirito Santo come il sancta sanctorum, nel quale potesse accedere una sola volta il sommo pontefice nell’anno della misericordia (cf. Sal 64,12, Vulgata). 
Quanto al quarto grado, la maestà di Dio ha fatto il suo ingresso in lei come nel tempio. Nel primo grado venne conferita alla beata Vergine la perfezione della grazia sacramentale; nel secondo, la perfezione delle virtù e delle beatitudini; nel terzo la pienezza dei doni; nel quarto l’eccellenza dei frutti. 
A proposito del primo grado, nel Cantico dei Cantici si legge: «Tutta bella sei, amica mia», tutta bella per l’assenza del peccato originale e attuale mortale, «e in te non v’è macchia alcuna», per l’assenza anche di qualsivoglia peccato veniale (Ct 4,7). 
A proposito del secondo grado, sempre nel Cantico si legge: «Come sei bella, amica mia, quanto sei bella! facendo astrazione da quello che nascondi dentro» (Ct 4,2); «quanto sei bella» in ciò che fai sospinta dalla carità, «quanto sei bella» nel corpo a motivo della castità; «facendo astrazione da quello che nascondi dentro», nel cuore, grazie alla tua umiltà. 
A proposito del terzo grado di purezza, „nel Salmo si legge: «L’Altissimo ha santificato la sua abitazione» (Sal 45,5); Nel Vangelo di Luca: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» (Lc 1,35); e ancora nel libro di Isaia: «Un germoglio spunterà dal tronco di lesse; su di lui poserà lo Spirito del Signore» (Is 11,1), e indubbiamente anche su di lei. 
A proposito del quarto grado, come se un recipiente contenesse acqua e vino senza che ne risultino mescolati, Ezechiele dice: «La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente» (Ez 43,4); e da allora la terra rifulse della maestosa presenza della divinità; non fa meraviglia quindi se rifulse in colei nella quale abita la luce di tutti gli esseri celesti e sovraccelesti. Ecco perché Giuseppe non potè sostenere la sua vista; non dobbiamo stupircene, dal momento che l’occhio della civetta non è in grado di fissare la ruota infuocata del soleInfatti il cerchio del sole si è nascosto dietro la luna, così che l’annientamento della divinità è da ritenersi una vera e propria eclissi. Per manifestare con degli esempi la grazia ineffabile di tale sublime purezza, Geremia e Giovanni Battista vennero santificati fin dal grembo materno. Geremia stesso ne da la spiegazione in questi termini: «Il Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donna cingerà l’uomo…» (Ger 31,22), alludendo sottilmente a colui che doveva venire, e che Giovanni segnò a dito. A proposito di tale sublime purezza, Anselmo dice che «rifulgeva di una purezza di cui è impossibile pensarne una maggiore in una creatura».
La terza stella consiste nella pienezza di grazia, che comporta tre caratteristiche: 
primo, essa è tale che non se ne può immaginare una maggiore; 
secondo, non manca di alcun bene; 
terzo, è affluita in lei in modo tale da riempirla tutta e da renderla stabilmente piena. Così ella non potè contenerne di più; infatti, dopo Dio, nessun bene è maggiore di quello di essere Madre del Signore. Perciò si dice nel Vangelo di Luca: «Ave, o piena di grazia» (Lc 1,28). Non mancò di alcun bene, per cui in Luca si legge ancora: «Maria si è scelta la parte migliore in assoluto [=optimum]» (Lc 10,42). Fra i molteplici beni terrestri e celesti condivisi da tutti, ella «ha scelto la parte migliore in assoluto» di ciascuno. 
In primo luogo si distinse quanto ai beni comuni a tutti. Negli uomini infatti vi sono due tendenze buone: la tendenza all’operare e la tendenza al contemplare. Ma se è cosa buona l’agire, è cosa migliore il contemplare, ed è cosa migliore in assoluto dedicarsi a entrambe. Ora, la beatissima Maria scelse per sé di dedicarsi a entrambe. Ciò che il Signore chiama la parte migliore in assoluto è pertanto rappresentato da Marta e da Maria. Se infatti avesse voluto che l’atteggiamento contemplativo prescindesse dall’operatività, avrebbe dovuto dire: Maria si è scelta la parte migliore (= meliorem); ma avendo detto la parte migliore in assoluto (= optimam), volle significare che la beata Vergine incarnò in modo perfetto sia il modello della vita contemplativa sia quello della vita attiva. 
In altro modo ancora ella si distinse quanto ai beni condivisi da tutti gli uomini. Questi infatti possono scegliere uno dei seguenti stati di vita: coniugale, vedovile e verginale. La vita coniugale è buona, la condizione vedovile è migliore, ma lo stato di verginità è migliore in assoluto. Ebbene, la santa Vergine ha scelto la parte migliore in assoluto, non solo perché ha optato per lo stato verginale, ma perché ha sperimentato tutti questi stati di vita.
In terzo luogo ella si è distinta rispetto alle vergini e alle madri. La parte delle madri è buona, ma è migliore quella delle vergini, perché possiedono la dignità verginale; ma anche qui la beata Vergine ha scelto la parte migliore in assoluto, dal momento che fu ornata e della fecondità della madre e della dignità della vergine.
In quarto luogo ella si distinse nello stare dalla parte di Dio e delle creature. L’essere creatura fu per lei cosa buona, perché potè accogliere il Signore Gesù Cristo come suo Dio; migliore fu il suo stare dalla parte di Dio Padre, perché potè accogliere il Signore Gesù Cristo come proprio Figlio: scelse dunque la parte migliore in assoluto, dal momento che il Signore Gesù Cristo fu per lei Dio e Figlio insieme. In quinto luogo si distinse nei confronti dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo procede dal Figlio e non il Figlio dallo Spirito Santo; la beata Vergine invece procede dal Figlio e il Figlio da lei. In sesto luogo si distinse nei confronti del Figlio, col quale ha condiviso il regno dei cieli, che è costituito da due aspetti: la giustizia e la misericordia. La beata Vergine si è scelta la parte migliore in assoluto, poiché è diventata regina di misericordia, mentre il Figlio suo è costituito Re di giustizia; ora la misericordia è migliore della giustizia, infatti «la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,13), e: «la misericordia del Signore si espande su tutte le sue creature» (Sal 144,9). Da ultimo si distinse ancora nei confronti del Figlio, in quanto, se questi siede alla destra del Padre, ossia fu messo a parte dei migliori beni del Padre, ella si è assisa Regina alla destra del Figlio, ossia è stata resa partecipe dei migliori beni del Figlio; ma tra le cose migliori questa rappresenta l’ottimo: Maria ha dunque scelto per sé la parte migliore in assoluto. Ed è evidente, dal momento che non mancò di alcun bene.
La terza caratteristica della pienezza di grazia consiste in questo: che in lei la grazia è affluita in modo tale da riempirla tutta e da renderla stabilmente piena. Perciò ebbe quella pienezza tipica della fonte traboccante, di cui si legge nel libro di Ester: «Un piccolo ruscello divenne un fiume immenso, ecc.» (Est 11,10, Vulgata). E ancora, si tratta di una pienezza come quella di un vaso, ma di un vaso stupendo, come quello di cui si legge nel libro dell’Ecclesiastico: «Vaso stupendo è l’opera dell’Altissimo» (Sir 43,2, Vulgata). Per due motivi è detta vaso stupendo: primo, perché ha contenuto chi è infinitamente più grande di lei: «Hai portato nel tuo grembo colui che i cieli non possono contenere»; secondo, perché contenne realtà diverse, senza confusione e senza commistione: infatti portò dentro di sé il vino della divinità e l’acqua dell’umanità senza che perdessero la rispettiva natura e le specifiche proprietà.
Salus nostra in manu tua est, o Maria!
La quarta stella consiste in una perfetta conoscenza contemplativa di Dio e nella conoscenza del mistero dell’Incarnazione, conoscenze che la beata Vergine ebbe nella condizione viatrice, ma non dalla condizione di viatrice, come è possibile arguire dal fatto che in seguito non beneficiò di alcun’altra rivelazione. Se ella non fu presente al momento della trasfigurazione, né fu fatta oggetto di una qualche apparizione dopo la risurrezione, è appunto perché non aveva bisogno di essere confermata nella fede, dal momento che fu sempre al corrente di tutti i segreti, come risulta evidente dall’episodio delle nozze di Cana (cf. Gv 2,1ss.). In quella circostanza, infatti, sapendo in anticipo quello che il Figlio intendeva fare, disse ai servi: «Fate quello che vi dirà». Dice bene Bernardo: «„Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (Lc 1,35)? „Chi può capire, capisca” (Mt 19,12). Chi infatti, tranne forse colei che sola meritò di farne felicissima esperienza, potrebbe comprendere e razionalmente spiegarsi in che modo lo splendore inaccessibile si sia addentrato nelle viscere di una vergine, e come, affinchè ella fosse in grado di sopportare che l’inaccessibile le si avvicinasse, a partire da una piccola parte vitale di quel corpo al quale si unì, egli abbia coperto della sua ombra tutto il resto? E forse proprio per questo le fu detto: „su te stenderà la sua ombra”, perché la realtà era mirabilmente avvolta nel mistero, e ciò che da sola la Trinità volle operare unicamente nella Vergine e con la sua esclusiva collaborazione, fu dato di conoscere soltanto a chi ne ha fatto diretta esperienza». E ancora: «La potenza e la sapienza di Dio (cf. 1 Cor 1,24), cioè Cristo, coprirà e nasconderà, adombrandolo nel suo arcano disegno, il modo in cui concepirai dallo Spirito Santo, così che sia noto soltanto a lui e a te. E come se l’angelo rispondesse alla Vergine: „Perché mi domandi quello che tra poco sperimenterai in te? Lo saprai, lo saprai, e sapendolo ne godrai, ma te lo rivelerà lo stesso autore”… Soltanto il donatore può spiegarlo e soltanto chi lo riceve può comprenderlo». È dunque evidente che ella ebbe una perfetta contemplazione di Dio e una adeguata conoscenza dell’Incarnazione. Ora, questa prerogativa comporta tre primati: 
in primo luogo ebbe una conoscenza superiore a quella dei profeti, per cui era in grado di dare una risposta alla domanda di Isaia: «Chi racconterà la sua generazione?» (Is 53,8), potendo dire consapevolmente a se stessa: certamente colei che fu scelta come madre. Ella potè dunque raccontare, come fece Luca, che scrisse narrando di lei. 
In secondo luogo superò in tale conoscenza anche Giovanni Battista, che fu profeta e più che profeta (cf. Mt 11,9). Per cui ella fu degna di sciogliere il legaccio del sandalo (cf. Gv 1,27) del Figlio suo, ciò che invece non era degno di fare Giovanni Battista. 
In terzo luogo, in tale conoscenza fu superiore anche agli angeli; per cui fu in grado di rispondere alla domanda che essi si ponevano: «Chi è costui che viene da Edom? ecc.» (Is 63,1). Chi fosse costui, lo sapeva bene colei che per lui aveva intessuto una tunica dalle lunghe maniche (cf. Gn37, 3). Si badi però che tale conoscenza non fu temporanea, cioè concessa per un determinato tempo, quasi un’intuizione fuggente, ma fu continua e inalterata, come si conviene a colei che è il trono di Dio e la mensa della Trinità. A lei si addicono dunque in sommo grado le prerogative che Dionigi attribuisce ai Troni: «Siedono in modo immutabile ed equilibrato, con la totalità delle loro potenze, nella parte più sublime e intorno a colui che è veramente l’Altissimo; e ricevono l’illuminazione tearchica impassibilmente e immaterialmente; e portano Dio; e si aprono premurosamente ai doni divini». Allo stesso modo ritengo che la Vergine abbia goduto fin da quaggiù di una sublime contemplazione, di cui furono resi partecipi anche i sentimenti e gli affetti del cuore, così che tutte le sue facoltà furono rese in qualche modo deiformi. Non è possibile dunque che su questa terra qualcun altro abbia potuto conoscerlo ed essergli familiare più di quanto non lo conobbe e gli fu familiare sua Madre. In favore di ciò depone tutto quanto è scritto nel libro sapienziale dell’Ecclesiastico, se viene letto e spiegato in riferimento a nostra Signora. Il Signore stesso, del resto, volle esprimersi attraverso le figure, quando fece deporre il libro e la manna nell’arca santa (cf. Dt 10,2 e Es 16,33), quasi a dire: Quanto vi è di gustoso e di sapida conoscenza è stato riposto nella Madre mia, la quale «conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).

La quinta stella consiste nella perfezione della carità. Il Cantico ce la presenta piena di carità e di amore; ora tale pienezza di triplice natura. Possedette in sommo grado l’amore naturale, l’amore acquisito e l’amore gratuito, sia singolarmente presi che nel loro insieme, al punto che è impossibile trovarne l’eguale nelle altre creature. L’amore naturale più grande è quello che nutre la madre per un figlio, come si legge: «Più che amore di donna…» (2 Sam 1,26). Ora, la beata Vergine ebbe tale amore al massimo grado. Mai nessuna donna amò il proprio figlio quanto nostra Signora amò il suo e di amore naturale. La natura dell’amore è come quella del fuoco: quanto più lo si divide e lo si sparge, tanto più diminuisce, e quanto più lo si raccoglie e lo si mette insieme, tanto più aumenta. Così tutte le altre madri, che ebbero dei figli, dovettero dividere il loro amore tra questi e gli uomini dai quali li ebbero. Inoltre, le madri che ebbero diversi figli e figlie hanno dovuto dividere il loro amore, dandone un po’ a ciascuno. Nostra Signora fu la sola madre a non avere un uomo e un altro figlio o un’altra figlia, per cui potè riversare tutto il proprio cuore con l’intera sua potenzialità affettiva naturale sul suo Unigenito. Ella quindi possedette in sommo grado l’amore naturale più grande. L’amore acquisito più grande è quello che una sposa nutre per il proprio sposo; e la Vergine Maria ebbe anche questo al massimo grado nei confronti del Figlio suo. Infatti, se le vergini sono spose di Cristo, la Vergine delle vergini fu Sposa dello Sposo in modo superlativo, per cui non solo ella seguì l’Agnello dovunque andasse (cf. Ap 14,4), ma l’Agnello stesso seguiva lei dovunque andasse. L’amore gratuito più grande è la carità; e anche questo ella ebbe al massimo grado. Ella infatti fu piena, come è detto, di carità e di amore: di carità verso Dio e di amore verso il prossimo. In lei questi tre massimi amori si trovano uniti al punto da costituire un unico grandissimo amore, come non è mai avvenuto in nessun’altra creatura. Ogni altra creatura infatti ama il proprio figlio e ama Dio: ma si tratta di due amori diversi. Soltanto la Madre di Dio potè amare di un unico medesimo amore il proprio Figlio e Dio, dal momento che il Figlio suo era anche il suo Dio. Da ciò appare evidente che ella conobbe la perfezione della carità.
La sesta stella consiste nella comunicazione del gesto della più alta carità, quale fu la redenzione del genere umano attraverso la passione; gesto gloriosissimo e di immensa carità che compì colui che disse con autorevolezza: «Nessuno ha un amore più grande…» (Gv 15,13). Tale fu riconosciuto dal Padre delle misericordie, sia che per condiscendenza della somma misericordia la Madre stessa lo abbia compiuto, sia che sia stata di aiuto al Figlio nel compierlo, affinchè si adempisse quanto profeticamente è detto nella Genesi: «Facciamogli un aiuto che gli sia simile» (Gn 2,18). 
Ella infatti, a somiglianza del Figlio suo, provò sotto la Croce e presso la Croce un’immensa gioia e un immenso dolore, come il Figlio crocifisso. Provò un immenso dolore naturale a motivo della morte del Figlio e un immenso gaudio razionale a motivo della redenzione del genere umano che attraverso tale morte veniva operata. 
A proposito del primo, nella prima Lamentazione si legge: «O voi tutti che passate per via» (Lam 1,12). 
A proposito del secondo possiamo addurre come argomento eloquentissimo quanto si legge in Luca: «Il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra» (Lc 22,44); tale sudore infatti non fu determinato dalla paura ma dall’amore. La paura infatti fa contrarre il cuore, frena il fluire del sangue e della vita, raggela le estremità degli arti, produce tremore e raccapriccio; il gaudio invece accresce la vitalità e fa scorrere il sangue per tutto il corpo, dilata i pori e riscalda le estremità del corpo. Da ciò si può naturalmente arguire che il sudore di sangue fu motivato dall’ineffabile gioia che il Redentore provò per il fatto che ci salvò nel modo più amichevole di quanto non si potesse pensare. Similmente, anche la Madre sua benedetta provò un grandissimo dolore naturale a motivo dell’amore che nutriva per il Figlio messo a morte, mentre assisteva al di lui supplizio; ma provò anche un grandissimo gaudio razionale per il fatto che colui che era nato da lei salvò il genere umano con una così grande attestazione di carità. Quanto al primo, nel Vangelo di Luca si legge: «Una spada ti trapasserà l’anima» (Lc 2,35). Quanto al secondo, Ambrogio dice che «stava presso la croce non a conforto del Figlio sofferente ma in attesa che si operasse la salvezza del genere umano».
La settima stella consiste nell’esaltazione al di sopra di ogni altra pura creatura. Per cui, se l’onore che rendiamo agli altri santi è di normale convenienza, quello che dobbiamo alla beata Vergine è esigito dalla sua alta dignità. Per cui giustamente è detto: «con la luna sotto i suoi piedi», come sopra; e i Cherubini contemplano con le facce rivolte verso il propiziatorio, come sopra; e ancora «i ventiquattro vegliardi gettavano le loro corone», come sopra. Tutti segni attestanti che come Dio è detto nostro Signore per eccellenza, così Maria è giustamente chiamata nostra Signora. Infatti ella è al di sopra di tutte le creature, essendo Madre del Creatore. E proprio perché il Signore riconosce questa sua sovreminenza, vuole che sia tributato anche a lei tutto l’onore che gli è dovuto su questa terra. Così ha stabilito che si celebrassero in suo onore quattro feste distinte, una per ciascuna delle quattro parti dell’anno, quasi a dire: come per l’intero anno vi dedicate al mio servizio, così dovete servire pure la mia carissima Madre. Non contento di ciò, volle che fosse dedicato al ricordo di lei un giorno alla settimana, quel sabato che gli sta tanto a cuore e a proposito del quale ha espressamente detto: «Ricordati di santificare il giorno di sabato» (Es 20,8), mentre destinò in modo speciale il seguente al proprio culto. E come se ciò non bastasse, volle che la Madre sua venisse onorata, come viene onorato Lui stesso, con un servizio quotidiano distribuito nelle diverse ore del giorno e della notte, così che risultasse evidente quanto l’avesse esaltata al di sopra di ogni altra creatura; e ciò, non solo in teoria ma con una reale sua elevazione, come si legge nel libro di Ester: «Il terzo giorno Ester si adorno splendidamente…»; e poco più oltre: «quindi, attraversate una dopo l’altra le varie porte che ve la separavano, si introdusse alla presenza del re, che se ne stava assiso sul suo trono in abiti regali, splendenti di oro e di gemme preziose» (Est 15,4.9, Vulgata). 
Le «porte» di Assuero altro non sono che le porte delle beatitudini, che il Signore elenca nel Vangelo di Matteo: «Beati i poveri in spirito…» (Mt 5,3ss.), enumerando in tal modo le porte che la beata Vergine attraversò, come risulta evidente dalla sua condotta di vita. 
La settima beatitudine: «Beati i pacifici…», ha per oggetto la pace, che non è più una porta da attraversare, ma piuttosto la sede, il trono sul quale riposare. Alla prima porta stanno i confessori; alla seconda i martiri; alla terza i profeti; alla quarta i patriarchi; alla quinta gli apostoli; alla sesta le vergini e gli angeli. Ritengo che chiunque concordi con questa interpretazione. La beatissima Vergine, «oltremodo piacente, appoggiata al suo diletto» (Ct 8,5), attraversando per ordine queste porte, superò tutte le schiere degli angeli, acclamanti al suo passaggio: «Avanza per la verità, la mitezza e la giustizia» (Sal 44,5), e così potè assidersi ‘in trono accanto al Figlio suo, al di sopra di ogni altra creatura: «Fece collocare un trono per la madre del re, la quale sedette alla sua destra» (1 Re 2,19). Quale mai donna è stata altrettanto esaltata al di sopra di tutte le creature?
L’ottava stella consiste nell’assunzione di quella dignità che viene espressa con l’immagine di «porta del cielo». Ciò significa che nessuno entra in cielo, come pure che nessun dono di grazia è mai venuto dal cielo, se non per mezzo suo: infatti, senza la fede nel Figlio di Dio fatto Uomo dalla Vergine Maria mai nessuno è entrato o entrerà in cielo, come pure nessun dono di grazia è mai uscito dal cielo. 
Ne consegue che il Signore non accoglie chicchessia se non tramite lei. Si legge infatti nel libro della Sapienza: «Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni»; e ancora: «ignoravo che di tutti i beni essa è madre» (Sap 7,11.12). Questa è dunque «porta del cielo»; ma come è possibile ciò, dal momento che il Signore ha detto: «Io sono la porta» (cf. Gv 10,7)? Non vi è comunque contraddizione, dal momento che ogni ingresso è munito di porta, come si dice chiaramente a proposito del tempio, alla cui navata si accedeva attraverso un portale munito di due battenti che si aprivano insieme (cf. 1 Re 6,34). Ma nella fattispecie, di che porta si tratta? Giovanni nell’Apocalisse vide dodici porte (cf. Ap 21,12), ma tutte e dodici riconducibili a quest’unica porta che, per merito, per esempio e per potenza di intercessione, metteva in comunicazione con ogni parte del mondo. È essa quindi la porta Bella e luminosa del vero tempio (cf. At 3,10), che guarda verso Oriente, la porta spalancata che invita i passanti a entrare dicendo: «Venite a me, voi che mi desiderate…» (Sir 24,18), ossia che li lusinga come il vino del Signore.
La nona stella consiste nel parto indolore di tale Madre. E tale prerogativa è triplice, dal momento che la beata Vergine, unica tra tutte le madri, andò esente dall’onta fisica, dall’onta del bisogno degli altri, dall’onta della colpa e della pena. L’onta fisica di una qualsiasi madre è triplice: nel concepire perde la verginità; durante la gestazione perde l’avvenenza del corpo; al momento del parto si isola dal consorzio umano. La beata Vergine invece nel concepire acquisì una purezza tale che è impossibile immaginarne una più grande dopo quella di Dio; durante la gestazione divenne ancora più bella, tanto che Giuseppe non osava guardarla; al momento del parto godette della compagnia degli angeli e di Dio, come del resto le aveva detto Gabriele: «Il Signore è con te» (Lc 1,28). 
In ogni altra madre, l’onta di dover avere bisogno degli altri è pure triplice: per concepire ha bisogno del maschio; durante la gestazione ha bisogno di stare tranquilla; al momento del parto necessita dell’aiuto di un’ostetrica. La beata Vergine invece concepì per intervento dello Spirito Santo; durante la gestazione, anziché essere servita si recò a servire, come si legge in Luca: «Si mise in viaggio verso la montagna» (Lc 1,39); al momento del parto, diede alla luce alla presenza degli angeli adoranti. 
Anche l’onta della colpa e della pena nelle altre madri ha una triplice manifestazione: nel concepire pecca di libidine; durante la gestazione soffre di pesantezza; al momento del parto geme nel dolore. La beata Vergine invece concepì senza alcuna libidine, durante la gestazione non si sentì appesantita, e partorì senza dolori di sorta. Si legge infatti in Isaia: «Ecco, la vergine concepirà» (Is 7,14); e ancora: «Prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce» (Is 66,7).
La decima stella consiste nel fatto che ella fu insieme madre e vergine. Anche questa prerogativa presenta tre aspetti: si tratta evidentemente di un grande privilegio, dal momento che la verginità comporta un inestimabile merito, un ineffabile premio, un incomparabile valore e dignità: quanto al valore può essere paragonata al «tesoro nascosto in un campo» (Mt 13,44), più prezioso del mondo intero, anzi di mille mondi messi insieme, poiché «non si può valutare il peso di un’anima pudica» (Sir 26,15). Infatti il voto di castità non è passibile né di quantificazione né di compenso adeguato: è semplicemente ineffabile. Quanto a dignità e merito supera di quattro gradini la stessa condizione degli angeli: la verginità umana è molteplice rispetto a quella degli angeli; negli esseri umani infatti essa riguarda il corpo e lo spirito, mentre quella degli angeli riguarda soltanto lo spirito. È inoltre più nobile: negli uomini essa è frutto della grazia, mentre negli angeli è un fatto naturale; in quelli è volontaria, mentre in questi è necessaria. In terzo luogo è più gloriosa: negli uomini essa è frutto di una lotta vittoriosa, mentre negli angeli non comporta né lotta né vittoria. In quarto luogo è più utile, in quanto nei primi è meritoria, mentre nei secondi non lo è perché costituisce una dote naturale.
Al di sopra della decima stella vi è l’undicesima, la quale consiste nel fatto che la Madre di Dio è tanto superiore alla stella precedente quanto Dio è superiore all’uomo. Già sarebbe stata grande cosa se la Vergine avesse generato un uomo santo. Ma per l’eccellenza della grazia di cui fu ricolmata gli va riconosciuta una triplice grandezza. 
Grande cosa sarebbe stata per lei essere vergine e madre di un uomo santissimo; 
cosa infinitamente più grande l’essere Madre di Dio; 
ma cosa più grande ancora delle due precedenti, e quindi grandissima, fu per lei il fatto di essere Madre di un Uomo santissimo e insieme di Dio. Tutto ciò la colloca indubbiamente a un’altezza vertiginosa e incomparabile.
La dodicesima stella consiste nel fatto che ella oltre ad essere Madre di Dio secondo la carne, fu anche Madre degli uomini secondo lo spirito. Come Eva generò tutti per questa terra, così nostra Signora generò tutti per il cielo. Si legge infatti nell’Ecclesiastico: «Avvicinatevi a me voi che mi desiderate ed entrate nel numero dei miei figli» (Sir 24,26, Vulgata). Dice «figli» perché, pur avendone generato uno solo nella carne, ne ha generati una moltitudine di altri nello spirito. Per questo giustamente in Luca si legge: «Maria diede alla luce il suo figlio primogenito» (Lc 2,7), perché, mentre ne partorì uno solo fisicamente, partorì tutti noi spiritualmente. A ragione quindi Isaia ha potuto esclamare ammirato: «Forse che la terra partorirà in un solo giorno, o darà alla luce un intero popolo in un istante? Chi ha mai udito una cosa simile?» (Is 66,8). Questo privilegio della beata Vergine comporta tre aspetti: ella è madre spirituale di tutti, è madre dell’universo, ed è madre dell’angelica restaurazione. Per cui Bernardo scrive: «Giustamente, o mia Sovrana, gli occhi di tutte le creature sono rivolti a te, poiché per te, in te e a partire da te la benignissima mano di Dio ricreò quanto aveva creato». Del resto, nel libro della Sapienza si legge: «Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza mi guidava, ma ignoravo che di tutti essa è madre» (Sap 7,12). Ci conduca alle regali abitazioni del cielo l’intercessione di questa beatissima Madre e l’intervento salutare di nostro Signore Gesù Cristo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
AVE MARIA PURISSIMA!
[Orig. lat.: Opera Omnia, t. IX, ediz. Quaracchi, Ad Claras Aquas, 1902, pp. 700-706. Trad. ital.:Testi mariani del secondo Millennio, t. IV Autori medievali dell’Occidente. Secoli XIII-XIV, a cura di L. Gambero, Citta Nuova Editrice, Roma 1996, pp. 275-288]

martedì 19 agosto 2014

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (II) 11. La visitazione. 12. Nascita di Gesù Cristo. 13. Presentazione e purificazione. 14. Patimenti e rassegnazione di Maria. 15. Assunzione e trionfo di Maria. 16. Dio e gli uomini desideravano la nascita del Messia. 17. L'universo ai piedi di Maria. 18. Maria riferisce tutto a Dio. 19. Amore di Maria per il ritiro. 20. Maria madre e modello dei vergini.

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (II)
11. La visitazione.
12. Nascita di Gesù Cristo.
13. Presentazione e purificazione.
14. Patimenti e rassegnazione di Maria.
15. Assunzione e trionfo di Maria.
16. Dio e gli uomini desideravano la nascita del Messia.
17. L'universo ai piedi di Maria.
18. Maria riferisce tutto a Dio.
19. Amore di Maria per il ritiro.
20. Maria madre e modello dei vergini.






11. LA VISITAZIONE. 

- «Dopo l'incarnazione, Maria, partendo di casa sua, andò frettolosa ad una città posta tra i monti della Giudea» (Luc. I, 39). Maria se ne parte

1° per annunziare che il Figlio di Dio si è incarnato in lei e per procurare ai suoi congiunti i favori del Verbo fatto uomo; avendo Gesù voluto cominciare, fin dal primo istante del suo concepimento, il ministero suo di Salvatore...; 
2° affinché il Verbo cancellasse il peccato originale contratto da S. Giovanni che trovavasi tuttora nel seno materno e li colmasse ambedue, madre e figlio, dei doni dello Spirito Santo; 3° per congratularsi con Elisabetta del miracoloso concepimento del Battista...; 
4° per porgere ai secoli avvenire un memorabile esempio di umiltà e carità; perché divenuta madre di Dio, regina del cielo e dell'universo, Maria fece visita a S. Elisabetta sua inferiore... Non c'insegna forse questo atto di Maria, che è nostro dovere visitare i poveri e gli inferiori?

La Beata Vergine si avvia ai monti - ad montana. - Un'anima piena di Dio, qual era la sua, s'innalza al più alto grado di virtù... Ben poteva Maria ripetere con Abacuc: «Il Signore Iddio è la mia forza: egli darà ai miei piedi la velocità del cervo; mi ricondurrà trionfante su le altezze, dove inneggerò alla sua gloria» (III, 19).


Maria se ne va frettolosa - cum festinatione. - La Beata Vergine va di passo affrettato alla sua meta per non restarsene troppo lungo tempo in pubblico fuori di casa. «Dal che imparate, o vergini, commenta S. Ambrogio, a non fermarvi a ciarlare per le strade e per le piazze. Maria, grave in casa, va frettolosa in pubblico (In Luc. l. II, n. 19)». Un'anima piena di Spirito Santo, non conosce indugi, non dorme, ma corre e vola per la strada dei divini precetti e della perfezione.


«Maria entra in casa di Zaccaria e saluta Elisabetta» (Luc. I, 40). Questa casa è una casa santa, poiché è la dimora di S. Zaccaria, di S. Elisabetta sua consorte e di S. Giovanni Battista loro figlio... Impariamo a non frequentare che case di buon nome, a non praticare che persone intemerate; fuggiamo a tutto potere le case e le persone di dubbia fama o pericolose. Maria poi è la prima a porgere il saluto; infatti conveniva, dice S. Ambrogio, che fosse tanto più umile, quanto più era pura e favorita da Dio (In Luc. lib. II, n. 19). Che bell'esempio per noi, da imitare! e quale spinta a profittare di ogni occasione per radicare in noi la virtù dell'umiltà.
«E come Elisabetta udì il saluto di Maria, ecco che il figlio le tripudiò in seno ed Elisabetta fu riempita di Spirito Santo» (Luc. I, 41). Per il tripudio del suo figlio, Elisabetta conobbe che Maria aveva concepito il Verbo di Dio. Questo esultare di Giovanni Battista fu cosa soprannaturale, come anche l'uso della ragione che gli fu in quel punto conceduto dal Verbo presente nel seno di Maria. Osservate qui come utile ed efficace è il saluto dei santi, la preghiera che loro si dirige e soprattutto quella. che essi fanno per noi; ma non vi è divozione che sia da paragonare alla devozione verso Maria, né protezione che valga la sua.

Notate ancora con S. Ambrogio, che «sebbene Elisabetta sia stata la prima a udire la voce della Vergine, tuttavia Giovanni fu il primo a sentire la grazia. Il bambino tripudiò e la madre fu in quel mentre ricolma di grazia. La madre non ricevette la grazia prima del figlio; ma dopochè il figlio si trovò colmo di grazia, la comunicò alla madre sua (In Luc. lib. II, n. 19)».

L'angelo salutando Maria le aveva detto: Ave, piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra le donne (Luc. I, 28); Elisabetta aggiunge alla salutazione angelica queste altre parole: «E benedetto il frutto del ventre tuo» - Benedictus fructus ventris tui. - Poi soggiunse: «E donde mai a me tanta fortuna, che venga in casa mia la madre del mio Signore?» (Luc. 42-43); quasi volesse dire: Voi siete la donna prescelta da tutta l'eternità per schiacciare la testa al serpente, per dare alla luce il Verbo divino, per chiudere l'inferno, per aprire il cielo... Voi siete benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del vostro seno. Né fu sola Elisabetta col bambino che provò i prodigiosi effetti della visita di Maria; anche Zaccaria vi ebbe parte, perché profetizzò dicendo: «Benedetto il Signore Iddio d'Israele, perché ha visitato e redento il popolo suo ed ha risuscitato in mezzo a noi un potente Salvatore, della famiglia del servo suo David» (Luc. I, 68, 69).

«In voi sola, esclama S. Bernardo, in voi sola, Maria, il re dell'universo si cela e si annienta: l'Altissimo si abbassa, l'Immenso s'impicciolisce. Il vero Dio, il Figlio di Dio si è incarnato, e perché? Per arricchirci tutti con la sua povertà, per rialzarci ed innalzarci con la sua umiltà, per ingrandirci col suo annientamento, per unirci a Dio con la sua incarnazione, e perché cominciamo ad essere un solo e medesimo spirito con lui» (Sup.Missus).
Dobbiamo riconoscere che il Salvatore è un Dio nascosto, la cui virtù opera sui cuori in modo segreto ed impenetrabile. Qui noi vediamo Gesù e Maria, Elisabetta e Giovanni. Elisabetta saluta Maria come madre di Dio, e si umilia; Giovanni sente la presenza di Gesù e balza di gioia; Maria riferisce tutto a Dio, Gesù solo pare non faccia nulla; eppure è lui che muove Elisabetta, Maria, Giovanni.

Quante volte Dio ci visita segretamente!... E quanto più spesso ci visiterebbe se non vi mettessimo ostacolo!... E quante volte Gesù viene in noi, suscita in cuor nostro, come già in Elisabetta, sentimenti di fede, di riverenza, di amore, di adorazione alla maestà divina...; ci porta ad umiliarci...; ci spinge e solleva a pii desideri, a santi trasporti, come già fece esultare il Battista...; ci trae finalmente a darci interamente a lui, a benedirlo, lodarlo, amarlo ad imitazione di Maria.

L'abbraccio di Maria e di Elisabetta figura l'unione della legge antica con la nuova, le quali si fusero insieme alla venuta di Gesù Cristo... Elisabetta figura la legge antica, Maria rappresenta la nuova, Giovanni denota il fine delle profezie, egli è l'ultimo dei profeti... Il Salvatore compare, il ministero dei profeti è terminato...

Nell'istante del suo abbracciamento con Elisabetta, Maria sciolse il labbro al sublime cantico del Magnificat. Nel quale dopo aver detto che l'anima sua loda ed esulta nel Signore, confessa che se le generazioni tutte la chiameranno beata, se tutti i secoli gareggeranno nell'esaltarla, è perché Dio aveva guardato con occhio benigno la bassezza e l'umiltà della sua serva e mostrato la potenza del suo braccio facendo in lei cose strepitose ed inaudite; sicché rovesciò i grandi ed innalzò i piccoli, colmò di beni i poverelli affamati e immiserì i ricchi. E tutto ciò fece per sua misericordia e in adempimento delle promesse date ad Abramo ed alla sua progenie (Luc. I, 46-55).



12. NASCITA DI GESÙ CRISTO. - Il parto di Maria fu, secondo l'unanime insegnamento dei padri, dei dottori, dei teologi, della Chiesa, come senza dolore, così senza lesione dell'integrità del suo seno verginale... Quale afflizione per Maria non trovare che una stalla ed una greppia per mettervi al mondo il suo divin bambino!... Correva la stagione più rigida dell'anno, era notte avanzata e Maria trovavasi priva di ogni soccorso allorché diede alla luce colui che era la salute del mondo, il Messia, l'Aspettato dalle nazioni, il Verbo fatto carne ...«Ella partorì il Figliuol suo; e involtolo in fasce, l'adagiò in una mangiatoia» (Luc. II, 7).

Chi descriverà la gioia, la contentezza, l'estasi di Maria nell'accogliere la prima e per la prima volta il divino infante tra le sue braccia?... Di che carezze non l'avrà colmato!... Quali dolci lagrime non avrà versato su di lui!... che soavi baci, che teneri abbracci non gli avrà dato!... Come grande era l'amore del celeste bambino per sua madre e come sviscerato l'amore di Maria per Gesù!... Che cari e dolci sorrisi da una parte, che teneri sfoghi dall'altra!... «O solo parto senza dolore, esclama S. Bernardo, solo puro, solo esente da corruzione! O nascita soprannaturale! Chi narrerà le tue meraviglie?» (Serm. I in vig. Nativ.).


Il censo ordinato da Cesare Augusto ebbe luogo in un tempo in cui il mondo godeva di così universale e profonda pace, che si era chiuso il tempio di Giano. Ora questo avvenne per singolare disposizione di Dio il quale voleva mostrare che Gesù Cristo, nascendo, portava la pace tra il cielo e la terra. Narra la tradizione, che la vergine Maria apparve, con in braccio il figliuol suo, a Cesare Augusto e che in memoria appunto di tale apparizione il romano imperatore fece innalzare sul Campidoglio un'ara portante l'iscrizione - Altare del primogenito di Dio (SUID. - NICEP. ­BARON. - Lex. Hist. et Annal. Eccl.). È opinione di non pochi dottori che gli angeli ricevessero Gesù nella sua nascita e lo rimettessero nelle braccia di Maria... La mangiatoia in cui fu collocato Gesù dopo la sua nascita, si trova al presente in Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

Maria accolse i pastori inviati dagli angeli e gelosamente custodiva e meditava in cuor suo tutto quello che del bambino si andava dicendo (Luc. II, 19).




13. PRESENTAZIONE E PURIFICAZIONE. - «Maria e Giuseppe portarono Gesù a Gerusalemme per offrirlo al Signore» (Luc. II, 22). Che obbedienza assoluta! che umiltà profonda non manifesta Maria nella sua purificazione!... Essa vergine, essa immacolata, non disdegna di prendere posto tra le donne comuni... Né solamente di obbedienza e di umiltà ci porge esempio Maria nel tempio, ma anche di eroica rassegnazione, poiché là le fu squarciato il seno dalla spada del dolore, secondo la parola del vecchio Simeone (Luc. II, 35).


Maria offerse a Dio, nel giorno della purificazione, il suo distacco dalle cose terrene, la sua sommissione e la sua penitenza. Per la cerimonia della purificazione ella si assoggettò al giogo della legge antica, legge di servitù dalla quale ella era formalmente esente... Il silenzio di Maria che taceva il grande mistero della sua maternità divina, non ostante che un lembo del velo già avesse alzato Simeone, era prova sicura, certo indizio di una riserbatezza straordinaria, di una impareggiabile modestia. La sua presenza al tempio, l'offerta che vi faceva, dava argomento a credere che ella fosse madre come tutte le altre... O umiltà incredibile ed ineffabile!... Simeone la loda e ne proclama la gloria; Anna, la profetessa, ne divulga le grandezze: ella sola tace, adorando Iddio... Essa è vergine; Dio lo sa, Gesù lo sa, lo sa Giuseppe e questo a lei basta...





14. PATIMENTI E RASSEGNAZIONE DI MARIA. - La predizione fatta da Simeone alla Beata Vergine, il giorno della sua purificazione, che cioè avrebbe l'anima trapassata dalla spada del dolore (Luc. II, 35) ebbe pieno il suo avveramento; poiché in cento occasioni e in mille modi l’acuta punta del dolore fece lo strazio del cuore di Maria.

1° Maria sofferse dei patimenti di suo figlio e le pene di lei furono uguali al suo amore... Nei martiri e nei santi, l'amore fu sempre dolce sollievo nei dolori, fu balsamo divino che cicatrizzò le loro piaghe benché profonde. Più essi amavano Dio, meno sentivano i loro dolori... Al contrario, quanto più Maria ha amato, tanto più ha sofferto e siccome il suo amore era in certo qual modo infinito, anche infiniti furono i patimenti di lei. 2° Maria soffrì per effetto di compassione...; tutti i dolori di Gesù Cristo ebbero in essa la loro ripercussione... ; 3° Ella ha patito in ragione della sua dignità... 4° Ha sofferto in proporzione della lunga durata dei suoi patimenti... Dal punto della sua incarnazione, Gesù vide e sostenne tutta la sua passione; da quel momento ancora, Maria conobbe e sofferse tutte le pene di suo figlio, del suo Dio... 5° Ha patito per sollecitudine... Vide Gesù soffrire tutto da solo, abbandonato dai suoi apostoli, dagli uomini e dagli angeli... 6° Ha sofferto delle bestemmie e delle calunnie orribili lanciate contro Gesù Cristo... 7° Ha patito per la vista e la presenza continua del caro suo figlio crocefisso.

Ecco perché i dottori insegnano che la Beata Vergine fu martire e più che martire. Il dolore dei martiri lacerò il loro corpo, il dolore di Maria, come quello di Gesù, lacerò la loro anima. - Come Gesù Cristo sofferse infinitamente più che ogni martire e che tutti i martiri insieme, così i dolori di Maria la vincono su tutti i dolori dei martiri... Gesù fu crocifisso; anche sua madre lo fu con lui, a cagione degli indicibili spasimi da lei provati ai piedi della croce!... Perseguitando Gesù, si perseguita anche la sua tenera madre; perché della morte di Gesù essa ha fatto la morte sua. «Il dolore della Vergine fu sì grande, scrive San Bernardino, che diviso fra tutti gli uomini, basterebbe dare loro in su l'istante la morte (Tom. II, serm. LXI)».

Che ambascia strinse il cuore della Vergine, quando conobbe che Giuseppe aveva concepito il disegno di abbandonarla!... Che trafittura per lei, vedersi rigettata dalla gente, così che è costretta a partorire il figliuol suo in una capanna, alla campagna, collocarlo in una mangiatoia fra due animali!... Che stretta, vedere già stillare il sangue di Gesù Cristo sotto il coltello della circoncisione!... Che ansia non le cagiona la fuga in Egitto!... Che angoscia, avere smarrito il suo Gesù e cercarlo per tre giorni!... Che puntura, udirlo accusato di malefizi, d'incantesimi, di sobillazioni, di delitti, lui che era l'innocenza e la mansuetudine per essenza!... Che strazio, quando conobbe il tradimento di Giuda, la negazione di Pietro, l'abbandono degli apostoli!... Che affanno, al suono delle calunnie e delle false testimonianze portate al tribunale del sommo sacerdote!... Che ineffabile tormento, essere testimonio dell'agonia, degli schiaffi, degli sputi, degli oltraggi, delle beffe, dei sarcasmi, delle invettive, delle maledizioni, delle grida di rabbia, della flagellazione, dell'incoronazione di spine, della presentazione di Gesù al popolo, della sua condanna, della sua andata al luogo del supplizio con la croce su le spalle e bagnando del suo sangue il cammino!

Ma ecco Gesù al Calvario, ed eccovi Maria anch'essa!... Gesù è su la croce e Maria gli sta ai piedi (IOANN. XIX, 25). O Dio, che inenarrabili patimenti per l'anima sua! Col figlio sta crocefissa la madre; i chiodi che trapassarono le mani e i piedi di Gesù giunsero con la loro punta a trafiggere il Cuore di Maria; la veste che fu staccata a brandelli dalla carne del Salvatore, riaprendone le piaghe, il fiele di cui fu abbeverato, le ingiurie, le imprecazioni, i ludibrii a cui fu fatto segno, furono altrettanti colpi di spada che trapassarono il cuore della Vergine!... Qual pena per lei sentirsi sostituito Giovanni invece del figlio Gesù!... Qual sommo dolore finalmente, vedere questo suo Gesù dare l'ultimo respiro su la croce!...

No, no, i patimenti dei martiri sono un nulla in confronto del martirio di Maria... S. Bernardo dice: «Nessuna mente può comprendere, nessuna lingua può esprimere gli ineffabili strazi che lacerarono il cuore di Maria. Voi pagate su la croce, o Vergine benedetta, egli dice, con larga usura quel tributo di dolore da cui andaste esente nel vostro parto. Provarono le vostre viscere, sotto la croce del vostro figlio che moriva, ben più crudo lo scempio che non avevano provato in Betlemme, quand'egli da voi nasceva (Serm. XXIX in Cant.)».

Ai piedi della croce Maria, secondo l'espressione del Crisostomo, affogava in un mare di patimenti (Serm. in Pass.). Ciò non di meno, sotto il peso di tanta angoscia, Maria non apre la bocca a un lamento; ella si uniforma con intera rassegnazione alla volontà di Dio...




15. ASSUNZIONE E TRIONFO DI MARIA. - Quando i giorni della vita della madre di Dio giunsero al loro tramonto terreno, gli apostoli tutti che erano sparsi per il mondo, si trovarono, per speciale tratto di provvidenza, radunati in Gerusalemme e fecero corona al suo letto. Il vescovo Giovenale di Gerusalemme e S. Giovanni Damasceno, con non pochi altri autori, fanno preciso ricordo di questo fatto. La tradizione ancora ci dice che la Beata Vergine completò sua vita l'anno 58 dell'Era volgare, ventiquattro anni dopo la morte di Gesù Cristo e contandone essa settantadue.

È certo che Maria non è morta. Ma che bella, che dolce estasi, o gran Dio! dopo una vita così santa, così perfetta, così sublime! Non fu che un'estasi d'amore. In lei si avverò alla lettera quel detto dello Spirito Santo: «Forte come la morte è l'amore» (Cant. VIII, 6).

Il cielo si aprì alla Vergine Immacolata e Gesù Cristo le andò incontro accompagnato da tutta la corte celeste a riceverla... «Il tempio di Dio si aprì nel Cielo, dice l'Apocalisse, e fu veduta l'arca dell'alleanza di Dio nel proprio tempio» (Apoc. XI, 19). Quest'arca dell'alleanza di Dio è Maria. Di lei pure si dice nel medesimo libro, a dinotarne l'assunzione al cielo: «Una stupenda meraviglia risplendette in Cielo; una donna vestita di sole, con sotto i piedi la luna, e una corona di dodici stelle in capo» (Ib. XII, 1). 
Di lei pure, diceva il Salmista: «La regina vostra sposa, o Signore, si è assisa alla vostra destra in manto d'oro e splendente di ogni sorta di gemme» (Psalm. XLIV, 9). Sì, o Vergine Santa, il re celeste è preso dalla vostra bellezza (Ib. 11). Presentatevi a lui nella vostra sfolgorante bellezza, o Maria, montate al cielo, seduta sul carro del trionfo e regnate lassù in eterno (Ib.).

Rapiti di ammirazione, i cori degli angeli, se le affollano riverenti sul passaggio e dicono: «Chi è costei che s'avanza come aurora nascente, bella come la luna, splendida come il sole? - Chi è costei che se ne viene dal deserto, tutta vaga e ricca, abbracciata al suo diletto?» (Cant. VI, 9); (Ib. VIII, 5).

Scrive S. Pier Damiani, che la gloria tra cui è ricevuta l'augusta regina Maria al suo uscire da questo mondo, non conosce né cominciamento né fine (Serm. de Assumpt. Virg.) ; di lei possiamo dire con la Sapienza: «La vostra magnificenza, o Dio, splende sul diadema che le cinge le tempia» (Sap. XVIII, 24). Ma come può un mortale parlare del trionfo e delle glorie di Maria? Qui si possono ripetere le espressioni di S. Paolo: che «occhio mai vide, orecchio mai udì, cuore di uomo non mai comprese quello che Dio ha preparato a coloro che l'amano» (I Cor II, 9). Siccome Maria ha più amato Dio essa sola, che non tutti gli angeli e gli uomini insieme, ricevette corona più ricca, gloria più splendida di quella che godono ili angeli e i santi tutti... Ammiriamo e taciamo...

Riferisce la Scrittura che levatosi in piedi Salomone al comparire della madre sua, le andò incontro, poi sedutosi sul suo trono e fatta sedere anche lei su un altro trono alla sua destra, le disse: Chiedi a tuo piacere, o madre, che già non conviene che io ti disgusti (III Reg. II, 19-20). Ecco una languida ombra del trionfale ricevimento di Maria in cielo e del modo con cui Gesù Cristo accolse la madre sua. 

Ne è pure un'immagine il fatto di Ester; di costei si racconta che il re Assuero l'amò al di sopra di tutte le vergini presentategli in ispose: e che essa incontrò grazia e favore presso di lui, il quale le cinse il diadema e la costituì regina (ESTH. II, 17). Al vostro ingresso nel cielo, o Maria, il vostro figlio vi ha ammantata di gloria, cinta di splendore, vestita di maestà incomparabile; dimodochè a giusto titolo potete applicarvi quelle parole del Savio: «La ricchezza e la gloria sono mio retaggio» (Prov. VIII, 18).

Essendo Maria stata piena di grazia, come mai non sarebbe essa ricolma di onori e di gloria? Avendo avuto in terra più virtù e perfezioni e meriti che tutte le creature, conviene che goda in Cielo una gloria di gran lunga superiore a quella di tutte le creature angeliche e umane.

Il Padre l'accolse e coronò a titolo di figlia diletta, divenuta l'augusto santuario del Verbo eterno... Il Figlio l'accolse e le diede potenza e titolo di madre... Lo Spirito Santo l'abbracciò e colmò di gloria a titolo di sposa... Tutti gli ordini angelici la ricevettero e venerarono e celebrarono come loro padrona e regina. Tutti le vennero attorno per farle corona, ammirarla e renderle onore. Il cielo e la Santissima Trinità la dichiararono regina e regina in eterno. O trionfo unico di grandezza, di maestà, di gloria!... O Maria madre nostra, traeteci a voi; otteneteci la grazia d'imitarvi su la terra e di andarvi a contemplare nel cielo!...




16. DIO E GLI UOMINI DESIDERAVANO LA NASCITA DEL MESSIA. 

- Lo Spirito Santo mette, nella persona della Sposa dei Cantici, su le labbra di Maria queste parole: «Ecco che il mio diletto mi viene a dire: Lèvati, affrèttati, o mia diletta, o mia colomba, tu che sei tutta bella agli occhi miei, lèvati, e vieni» (Cant. 11, 10). Questo diletto che parla a Maria, è Dio il quale vuole e desidera salvare il mondo per mezzo di lei...

E infatti, non appena Adamo pecca, egli dà prova di questo suo desiderio, che Maria compaia al mondo, promettendogliela come riparatrice del suo peccato. L'annunzia ad Abramo, ad Isacco a Giacobbe ai profeti; la colma di grazie quando arriva, le spedisce un angelo a dirle che l'Onnipotente l'ha scelta per madre...

Maria è, insieme al Salvatore del mondo, l'oggetto dell'aspettazione delle genti per quattro mila anni. «Signore, diceva l'Ecclesiastico alludendo a Maria, fate comparire prodigi non mai più veduti, cangiate le vostre meraviglie. Glorificate la vostra mano e il vostro braccio destro. Distruggete Satana e riducete all'impotenza il vostro nemico (per colei che deve schiacciarle il capo). Affrettate l'ora e ricordatevi dello scopo, affinché il mondo narri le vostre meraviglie» (XXXVI, 6-7, 9-10). «O cieli, esclamava Isaia, guardando a Gesù e alla Beata Vergine Maria, versate la vostra rugiada; lasciate, o nubi, piovere il giusto; apriti, o terra, e germina il Salvatore» (XLV, 8). La terra è sterile e disseccata; non produce che rovi e spine; il profeta desidera una nuova terra, cioè il seno verginale di Maria, il quale produrrà un nuovo frutto, un frutto divino...

La sacra Scrittura è ripiena di testimonianze, di voti, di gridi di speranza, di sospiri, delle preghiere rivolte al Signore perché inviasse il Messia, e colei da cui questi doveva nascere. «O Sapienza che siete uscita dalla bocca dell'Altissimo, venite ad insegnarci la via della prudenza» (Eccli. XXIV. - ISAI. XL). «O Adonai, capo della casa d'Israele, venite a riscattarci con la forza del vostro braccio» (Exod. VI).

Gli angeli desideravano la venuta di Maria al mondo, acciocché finalmente fossero occupate le sedi lasciate vuote in cielo dagli angeli ribelli... Nel limbo, le anime dei giusti; sulla terra, le nazioni affrettavano ansiose la comparsa di Maria.




17. L'UNIVERSO AI PIEDI DI MARIA. 

- Ma non solamente la Scrittura ci ha lasciato monumenti e ricordi della universale aspettazione di Maria, ma anche magnifiche profezie dell'omaggio che le avrebbe prestato il mondo, omaggio di invocazione, di preghiera, di lodi. Se toccò ai Giudei la bella sorte di vedere paghi i voti dell'aspettazione, fu riservata a noi cristiani l'invidiata fortuna di vedere l'umanità prostrata ai piedi di Maria in atto d'invocarla e lodarla, l'adempimento della glorificazione profetizzata.

Accennando alla Vergine, il Salmista aveva detto che le figlie di Tiro l'avrebbero regalata di ricchi presenti e che i grandi della terra avrebbero sollecitato, come segnalata grazia, il favore di poterne mirare il volto (Psalm. XLIV, 12) Il Signore afferma nei Cantici, che la sua colomba (Maria), è unica, è perfetta, che avendola veduta le fanciulle, l'acclamarono avventurata; le matrone e le regine ne celebrarono le lodi (VI, 8). Nelle province che si accalcavano attorno al seggio di Giuseppe in Egitto, per comprare grano e quietare la fame (Gen. XLI, 57), non vedono forse gli interpreti sacri l'immagine delle nazioni affollate intorno all'altare della Vergine, invocandone protezione e aiuto?

«Voi siete benedetta dal Signore, o figlia mia, disse Booz a Ruth: tutto il popolo sa che siete una donna sopra ogni altra virtuosa » (RUTH. III, 10-11). Ruth non era che la figura di Maria alla quale in verità, meglio, che a Ruth, convengono nel più ampio senso le citate parole. Come anche a lei alludeva il vecchio Tobia, quando pronunziava quell'oracolo: «Di fulgidissima luce splenderete e i più lontani popoli della terra vi venereranno. A voi trarranno le nazioni dai più remoti lidi portandovi regali; in voi esse adoreranno il Signore e voi chiameranno terra santa, perché in voi invocheranno il grande nome del Signore... E voi vi rallegrerete e godrete dei vostri figli, perché saranno tutti benedetti e raccolti ai piedi di un medesimo Signore» (TOB. XIII, 15-17).

La Scrittura ci narra come ritiratasi Giuditta in Betulia, dopo la morte di Oloferne, tutto il popolo, dai ragazzi ai vecchi, le corse incontro e le si serrò attorno giulivo a festeggiarla e lodando Dio la chiamavano benedetta dal Signore sopra tutte le donne della terra, perché egli aveva reso in quel giorno così chiaro ed illustre il nome di lei, che le sue lodi non sarebbero mai cessate su le labbra di quanti avrebbero ricordato la potenza dell'Altissimo (IUDITH. XIII, 15, 22-25). Non è forse questo che noi vediamo adempirsi e rinnovarsi tutti i giorni, da diciannove secoli, dall'universo prostrato agli altari dell'immacolata? Si, noi udiamo ogni giorno l'umanità cristiana esclamare rivolta a Maria: «Voi siete la gloria di Gerusalemme, la gioia d'Israele, l'onore del vostro popolo; voi la benedetta da Dio fra tutti i padiglioni di Giacobbe; perché il Signore sarà glorificato in voi da tutte le nazioni che udiranno pronunziare il vostro nome» (IUDITH. XV, 10 - XIII, 31). Maria è lodata, esaltata, benedetta, invocata ovunque è conosciuto, lodato e invocato il nome di Gesù Cristo.

Verrà tempo, dice Maria nel sublime cantico del Magnificat, che «tutte le nazioni mi chiameranno beata» (Luc. I, 48). La chiameranno beata, perché il Signore ha eletto in essa la sua dimora (Psalm. CXXXI, 14). La chiameranno beata, perché il Verbo si è in lei Incarnato. La chiameranno beata, finalmente, perché umiliandosi ha meritato di diventare la madre di Dio e la corredentrice del genere umano (Luc. I, 48).

Maria qui annunzia e predice la sua grandezza presente e futura; e questa sua profezia si è in modo mirabile adempita in tutti i secoli e si adempirà fino alla fine del mondo e per tutta l'eternità. I templi, le cappelle, gli altari innalzati a Maria, gli onori a lei resi, le tabelle votive a lei offerte, i pellegrinaggi, le preghiere, i canti, ecc. che in tutti i luoghi e in tutti i tempi ebbero per iscopo o d'invocarla o di ringraziarla, sono altrettanti monumenti che attestano l'adempimento delle parole della Beata Vergine: - Beatam me dicent omnes generationes. - L'eternità si unisce al tempo per renderle quest'omaggio. Nel soggiorno della gloria, gli angeli e i beati le si affolleranno eternamente intorno per lodarla, onorarla, benedirla e proclamarla beata. L'augusta Trinità anch'essa unirà la sua voce a quella della corte celeste.

Non vi è angolo di terra, dove non sorga una chiesa o una cappella dedicata alla Madonna. Quelle che torreggiano su l'altezza dei monti, furono là innalzate per tenere lungi la folgore e la tempesta dai sottoposti Plani e per attirare sopra di loro la pioggia benefica, immagine della pioggia celeste della grazia che discende nei cuori... In fondo alle valli, ricordano che Maria viene là per benedire gli umili e i deboli... In mezzo alle foreste ed alle cupe solitudini, servono di faro al viaggiatore che scorge di lontano le loro torri, e sente la campana di Maria dare il rintocco dell'Angelus. I popoli accorrono a questi santuari per invocare Maria e proclamarla beata.

Non vi è chiesa nel mondo, dove non si veda un altare consecrato a Maria; dappertutto il culto e l'altare di Dio si uniscono al culto ed all'altare della Vergine... Anzi la maggior parte delle più sontuose basiliche, dei più magnifici templi che ornino le capitali dei regni e degli stati, sono consecrate a Maria. Non è dunque vero che tutte le nazioni la proclamano beata? - Beatam me dicent omnes generationes.

Ludibrio di spaventosa tempesta, già in sul punto di affogare, il marinaio scorge, dall'alto dei marosi, un punto culminante: è un santuario eretto a Maria da altri naviganti che qualche secolo innanzi, furono liberati da certo naufragio, per il voto fatto alla Vergine d'innalzarle quel modesto monumento della propria riconoscenza. A tal vista il marinaio volge con fiducia lo sguardo da quel lato; invoca Maria e campa da certa morte. 
Migliaia di tali santuari sorgono cosi in vista ai lidi, per glorificare e ringraziare colei che la Chiesa invoca sotto il nome di Stella del mare. Le mura di queste chiesuole si mostrano coperte di tavolette, indizio e dei voti fatti e dei soccorsi ottenuti. Qui è la Vergine del Carmelo, là è la Madonna di Loreto; su quel promontorio sorge la Madonna della Neve; su quell'altro s'innalza la Madonna della Guardia; più lungi biancheggia la cupola di Nostra Donna del Soccorso e via dicendo; e sotto le volte di tutti questi edifizi risuona la voce del popolo, che divoto e riconoscente, proclama beata la Vergine, salutandola stella del mare: - Beatam, me dicent omnes generationes - Ave, maris stella.

Tutte le età, tutti gli stati, tutti i secoli, tutte le lingue; giudei, gentili convertiti, uomini e donne, ricchi e poveri, tutti pregano, tutti invocano, tutti onorano Maria, tutti ad una voce la decantano beata.

- Beatam me dicent omnes generationes. - «A lei volgono l'occhio, dice S. Bernardo, e quelli che dimorano nel cielo e quelli che peregrinano su la terra e quelli che passano per il purgatorio; desiderando i primi che siano riempiti i seggi lasciati vacanti tra loro dagli angeli ribelli; implorando i secondi la loro riconciliazione con Dio; chiedendo i terzi di essere liberati (Serm. II de Pentec)».

«O Vergine santa» esclama il cardinal Ugone, tutte le generazioni vi dicono beata, perché avete partorito per tutti la vita, la grazia, la gloria: la vita ai morti, la grazia ai peccatori, la gloria agli infelici. Un mirabile concerto di voci a voi rivolge le lodi già date a Giuditta. Voi siete la gloria di Gerusalemme, la letizia di Israele, l'onore del popolo; voi avete operato con fortezza. La prima parola viene dagli angeli, di cui Maria ha riparato la rovina; la seconda dagli uomini, la cui tristezza fu da essa mutata in gaudio; la terza dalle donne le quali furono per lei tolte all'infamia e al disonore; la quarta dai morti ai quali ha sciolto le catene (In lib. Iudith) ».

Ecco che tutte le età mi chiameranno beata. Questa parola Ecco - Ecce -dinota l'ammirazione. Ecco una cosa nuova, un fatto sconosciuto a tutti i secoli, meraviglioso sopra ogni dire, che una donna sia benedetta e felice; anzi più felice degli uomini e degli angeli medesimi. Infatti fino a quel giorno tutte le donne erano state umiliate da Dio nella persona di Eva e condannate a sopportare tre pene: la schiavitù, il dolore, il lavoro... Ecco - Ecce - significa il cominciamento, il principio. Ecco che da questo istante sono dichiarata beata e continuerò ad esserlo per tutti i secoli... Ecco - Ecce ­ suona ancora avvertimento; quasi dica: fate attenzione, o miseri mortali che cercate la felicità, e imparate da me com'essa si trovi nell'umiltà, nell'obbedienza, nella grazia di Dio; sappiate che e quelle e questa voi otterrete per mezzo mio. Perché io sono stata la prima a gustare la felicità, io sono quella per cui Dio vuole rendere felici tutti gli uomini. Correte dunque al mio seno, implorate il mio patrocinio se volete sottrarvi all'infelicità e raggiungere la felicità...

Permettetemi, gridava il pio Gersone, permettetemi, o Vergine santa, che vi lodi e vi esalti come più che tre volte beata. 

Infatti: 
1° siete beata, secondo la parola di Elisabetta, perché avete creduto: - Beata quae credidisti. - 
2° Siete beata, perché piena di grazia, secondo la salutazione angelica: - Ave, gratia plena. 3° Siete beata, perché benedetta a cagione del frutto del vostro seno, che è la benedizione per essenza: - Benedictus fructus ventris tui. - 
4° Siete beata, perché l'Onnipotente ha operato in voi mirabili cose: - Fecit mihi magna qui potens est. - 
5° Siete beata per essere la madre di Dio. - 
6° Siete beata, per aver unito la fecondità alla verginità... - 
7° Siete beata, perché non avete avuto chi vi uguagliasse prima di voi, né vi sarà chi vi pareggi dopo. Sì, tutte le nazioni vi diranno beata: ­ Beatam me dicent omnes generationes (Tract. IV, not. I supMar.).

Ancora una volta: Maria ha predetto che sarebbe proclamata beata, onorata ed invocata come tale da tutte le genti, in tutti i luoghi e per tutti i secoli, e questa profezia si vede adempita pienamente. Tutto ne fa fede, le chiese, le cappelle, gli altari, i monumenti, i pellegrinaggi, le congregazioni religiose, le confraternite laicali istituite in suo onore, le preghiere, le processioni, i canti dei fedeli. A lei sola si porge il culto di iperdulìa, e il culto della Vergine vince in isplendore, in estensione, in frequenza, il culto che si presta agli angeli ed ai santi tutti insieme; su la terra e sul mare, nei paesi civili e nei barbari, dappertutto echeggia glorioso e venerato, amato e invocato il nome della gran madre di Dio, Maria.

In ogni tempo e in ogni luogo, i cristiani e la Chiesa tutta celebrarono e celebreranno, o Vergine augusta, la vostra concezione immacolata, la verginità illibata, la maternità divina, l'umiltà, l'obbedienza, la pazienza, la santità ed ogni virtù vostra; la vostra potenza, la bontà, la misericordia, le grazie che ottenete ai vostri servi, i miracoli che a loro soccorso operate: - Beatam me dicent omnes generationes. - Deh! prosperi, aumenti e si dilati il vostro culto fino a che vi saranno uomini in terra e angeli in cielo! fino a che Dio sarà Dio, per tutta l'eternità ed oltre! (Exod. XV, 18). Così sarà certamente ed io me ne compiaccio, o madre mia! perché voi ne siete degna. Ottenetemi che vi onori, vi preghi, vi ami e v'imiti quaggiù, affinché possa godere per sempre della vostra vista e compagnia nel cielo...

Se Maria fosse stata una donna qualunque e non in realtà la madre di Dio, come avrebbe potuto annunziare che sarebbe esaltata a tanta grandezza e che tanto grande, tanto universale, tanto costante sarebbe stata la devozione e il culto suo? Se ella non fosse stata madre di Dio, si sarebbero le sue profezie adempite così pienamente, come attesta la voce di diciannove secoli? avrebbe Iddio permesso che una tale impostura regnasse in tutti i tempi e su tutta la Chiesa, a tal punto da accecare e sedurre e traviare tutti i teologi, tutti i dottori, tutti i vescovi, tutti i padri, tutti i concili, tutti i papi, tutti i santi, in una parola tutta la Chiesa e sempre?
Ah, viva Maria! viva il suo nome, il suo culto, il suo amore! Oh come è dolce il pregarla, onorarIa, amarla, imitarla! Tanta sapienza e tanta felicità sta riservata ai suoi servi, che io voglio e anelo e sospiro e protesto di vivere in Maria e per Maria, affinché mi sia dato di morire tra le materne sue braccia.




18. MARIA RIFERISCE TUTTO A DIO.

 

- L'angelo esalta Maria dicendole: «Io vi saluto, o piena di grazie, il Signore è con voi, voi siete benedetta tra tutte le donne» (Luc. I, 28); - e Maria riferisce subito quest'onore a Dio, dichiarandosi l'umile ancella del Signore (Luc. I, 38). 

Elisabetta glorifica Maria chiamandola benedetta tra le donne, perché benedetto è il frutto delle sue viscere e professandosi, indegna dell'alto onore di accogliere in casa sua la madre del suo Signore (LUC. I, 43). Ora che fa Maria, udendo tanto elogio? tutto lo rifonde in Dio cantando: «L'anima mia glorifica il Signore » (Luc. I, 46). Maria dà a Dio le lodi che a lei sono tributate e le riversa in Dio, come nell'unica vera sorgente di ogni bene. Voi, o Elisabetta, pare che dica, voi esaltate la madre del Signore, ma l'anima mia esalta e glorifica Iddio. 

Con queste, parole: - Magnificat anima mea Dominum - Maria annunzia e proclama la bontà, la misericordia, la potenza, la maestà di Dio. Con quelle altre: - Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo - il mio spirito si è rallegrato in Dio mio Salvatore, ella fa conoscere la dolcezza e le delizie che ha attinto in Dio al tempo della concezione del Verbo. Essa imitava in questo modo gli angeli i quali meritano, esaltano e decantano la maestà incomprensibile di Dio e godono a un tempo stesso della sua dolcezza. Ammirano per amare ed esaltare.


In un modo Dio esalta l'uomo innalzandolo al disopra degli altri uomini per mezzo delle ricchezze, degli onori, delle grazie e dei doni speciali; ma l'uomo non può in questa maniera esaltare Dio, perché non ha potere di aggiungere nulla alla grandezza divina. Egli dunque l'esalta lodandolo, proclamandone la bontà, la maestà, la potenza, la santità, la misericordia, la provvidenza, la scienza, la gloria, l'immensità, l'eternità, insomma tutti gli attributi divini... Iddio allora è glorificato dall'uomo quando questi l'onora e lo serve con le sue virtù... E glorificato quando noi ci conformiamo a Gesù Cristo e in lui ci specchiamo come nel nostro modello... L'anima nostra glorifica il Signore con l'uso delle mani, degli occhi, della lingua, del cuore, della memoria, della volontà, dell'intelligenza... Ciascuno può, dice S. Agostino, concepire il Verbo credendo in lui, partorirlo annunziandolo agli altri, esaltarlo amandolo; allora può ripetere con Maria: L'anima mia glorifica il Signore (Super Magnificat).

Maria disse: «L'anima mia» - Anima mea, - perché: 
1° ella possedeva tutt'intera l'anima sua; così non è, pur troppo! di noi nei quali il demonio o la carne, l'orgoglio o l'accidia, ecc. sono padroni e tiranni. 
2° Essa aveva dato senza riserva tutta l'anima sua a suo figlio; ora, dare l'anima propria senz'eccezione a Dio vuol dire esserne interi ed assoluti padroni noi medesimi... 
3° Essa amava infocatamente Iddio: ora quanto più si ama Dio, tanto più si possiede interamente l'anima propria...

Maria ha in tutto il corso della sua vita glorificato Iddio e riferito a lui ogni cosa, fino alla sua estasi finale, proclamando la grandezza di Dio... «Quegli che è potente ha fatto in me grandi cose e il suo nome è santo» - Fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen eius (Luc. I, 49). Maria riferisce tutto a Dio solo e niente a se stessa, dei grandi fatti di cui Elisabetta la encomiava; essa benedice il nome del Signore e dice che Dio l'ha santificata perché la destinava a madre sua... Giacché noi tutto abbiamo da Dio, corpo e anima, vita e sanità, beni temporali e spirituali, dobbiamo ad esempio di Maria, attribuire tutto a Dio. lui riconoscere e confessare e ringraziare come datore di ogni cosa. E’ questo il vero, il sicuro mezzo di piacergli e di meritarci sempre più abbondanti i suoi doni.





19. AMORE DI MARIA PER IL RITIRO. 

- Nessuno fu più di Maria amante del ritiro e della solitudine... Sua occupazione è il lavoro... Non conosce che il tempio e la casa, Dio e i suoi genitori... Parla di rado, non si mostra mai in pubblico... Schiva il mondo e cerca Dio solo... 
Una sola visita leggiamo che ella abbia fatto; e questa fu a S. Elisabetta, sua cugina, per farle conoscere il grande mistero dell'incarnazione del Verbo... Una sola volta la troviamo ad un convito, ma vi è condotta dalla carità verso il prossimo e dall'onore di suo figlio che voleva per mezzo di lei manifestare la sua potenza agli uomini... 

L'angelo che va ad annunziarle la sua destinazione a: madre di Dio, la trova sola e ritirata nella sua cameruccia... Quando l'incontriamo fuori di casa, è avviata o al tempio o al Calvario o dietro le orme del Figliuol suo... Dal Vangelo non possiamo rilevare che Maria abbia parlato più che quattro volte: 
1° quando l'Angelo la richiese del suo consenso per l'incarnazione del Verbo; 
2° quando s'innalzò a volo così sublime nelle lodi verso Dio e si abbassò così profonda in umiltà, nel cantico del Magnificat
3° quando trovò il figliuol suo nel tempio; 
4° nelle nozze di Cana... 

Ora chi potrebbe dire tutto ciò che di meraviglioso e di divino avvenne nel sacro cuore di Maria, in mezzo al profondo silenzio e raccoglimento in cui visse per settantadue anni?.. Che preghiere fervorose! Che atti di fede, di speranza, di carità, di umiltà, di obbedienza, di pazienza, di prudenza, di modestia, di vigilanza, di purità, di zelo!... Che meditazioni, che contemplazioni, che estasi!... Che intima unione con Dio!... Ah! impariamo da Maria ad avere caro il silenzio, il ritiro, la solitudine...




20. MARIA MADRE E MODELLO DEI VERGINI

- La regina sta alla destra del re, dice il Salmista, ed al suo seguito si vedrà una moltitudine di vergini; o re, le compagne della sposa vi saranno presentate. Saranno condotte con gioia e festa e introdotte negli appartamenti reali. O Maria; sposa e vergine immacolata, in luogo dei vostri maggiori vi nacquero dei figli; voi li costituirete principi su tutta la terra. Essi eterneranno la memoria del vostro nome a traverso le generazioni e i popoli vi glorificheranno ed encomieranno per tutti i secoli e nell'eternità (Psalm; XLIV, 9, 14, 17). Per questi figli ai quali è promesso l'impero del mondo, il profeta intende principalmente i vergini di ambo i séssi, che tengono il primo luogo nella gerarchia dei santi, e che per la loro volontaria rinunzia ai diletti ed alle gioie passeggere del secolo, vengono collocati al di sopra di tutte le cose terrene.

A Maria convengono pure quelle parole di Tobia: «Voi vi rallegrerete nei vostri figli, perché saranno tutti benedetti e raccolti attorno al Signore» (Tob. XIII, 17). Infatti chi non vede in questi figli benedetti da Dio a cui fanno corona, i vergini e le vergini ritirate all'ombra del tempio cristiano, cantanti le lodi di Dio e della Vergine nel silenzio dei chiostri e dei monasteri, raccolti intorno al tabernacolo santo che racchiude il re dei vergini?

S. Gerolamo illustra la dignità di questi prediletti figli di Maria, quando dice: La morte è venuta per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria; Maria ha dato alla luce una famiglia tutta affatto nuova, ha formato una famiglia di cuori vergini, affinché suo Figlio, adorato nel cielo dagli angeli, avesse anche su la terra, nei vergini, angeli che l'adorino (Ad Eustoch. de Cust. Virg.).

Prima di Maria, la verginità volontaria e perpetua era virtù del tutto ignota... Questa incomparabile Vergine ha prodotto col suo esempio milioni di vergini di ogni stato, età e condizione, che fiorirono e fioriscono ovunque attecchisce l'albero del culto cattolico e che menano in terra la vita degli angeli nel cielo... Ma che dico? avanzano in merito gli spiriti celesti; poiché il rimanere vergine in un corpo corrotto, è un portare la virtù al più eroico grado... Doppia corona, della verginità e del martirio, cingeranno i vergini; se è vera la sentenza dei padri, i quali chiamano la conservazione della verginità un lungo martirio e degno di ricevere il premio assegnato al martirio di sangue... «I vergini, dice l'Apocalisse, seguono l'Agnello (e l'angusta sua madre) dovunque vada, perché sono senza macchia innanzi al trono divino» (Apoc. XIV, 4, 5). Che trionfo, che gloria, che gioia, che corona non è per Maria e in cielo e in terra, quest'innumerabile popolo di vergini!...


<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>